Caro
Gesù Bambino,
ancora una volta mi rivolgo
a Te per esprimere le mie perplessità e, sempre più spesso, la mia non
condivisione degli eventi che caratterizzano l’agire del genere umano, diviso,
ormai in modo radicale, tra i pochi che decidono ( politici, finanzieri, manager,
ricchi ) e i tanti, troppi e ancora troppi, che hanno solo il diritto di subire
in silenzio.
La mia ingenuità -
imbecillità nel giudizio dei potenti di cui sopra – suggerirebbe come
risolutiva una modesta rinuncia, che non intaccherebbe il loro potere, ma che
garantirebbe dignità a chi l’ha persa, a chi gli è stata tolta o non l’ha mai
conosciuta.
Basterebbe che il
neocolonialismo in atto per lo sfruttamento delle immmense ricchezze poste
nelle viscere di nazioni poverissime e le barbare dittature di indecenti
personaggi criticati a parole, ma protetti nei fatti, accettassero l’idea che
ogni cosa ha un limite oltre il quale c’è solo caos e distruzione, perché il
clima politico, sociale, economico e i rapporti tra i popoli migliorerebbero
con evidenti e duraturi vantaggi per tutti, anche per loro. Quando la stessa
sopravvivenza fisica per fame, per malattie persino facilmente curabili, per
mancanza di libertà, per corruzione nelle istituzioni e abusi di ogni genere è
ad altissimo rischio, si fa più complicato cercarTi e trovarTi, anche se, senza
saperlo, Tu sei sempre vicinissimo.
Se analiziamo la situazione
della nostra Italia, a tutti i livelli troviamo corrotti e corruttori,
faccendieri e arrivisti, persone dalla doppia ( anche tripla ) personalità
impegnati a demolire, sebbene la loro collocazione pubblica vorrebbe ben altro.
Sicuramente non avendo letto
il Vangelo, non conoscono il tuo paradosso della cruna dell’ago e del cammello,
per questa ragione papa Francesco insiste nel sottolineare come la corruzione e
l’uso distorto della propria posizione
sociale sia un grave peccato indegno per un cristiano. Ma,“Non c’è peggior
sordo di chi non vuol sentire” era solita suggerire nonna Clelia. La mia,
ormai, lunga esperienza di vita mi insegna che voler bene è a costo zero, e
rende felici; il contrario, invece, impegna tutto noi stessi nella ricerca di
motivi o interessi speciosi idonei a creare divergenze, attriti, liti,
corruzioni e quant’altro portano alla disgregazione del tessuto sociale e dei
rapporti interpersonali. In siffatto clima di contrapposizioni, se non di lotta
aperta, si fa più confuso il pensiero di mettere al primo posto la tua Parola e
il tuo progetto di salvezza, che per trovare interlocutori attenti necessita di
un terreno adatto, cioè, un mondo pacificato e interessato al trascendente.
Purtroppo l’uomo, comunque collocato nella società civile, è attratto
dall’effimero che si può toccare e soddisfa prontamente, anziché pensare in
grande. Se ho sete, mi bevo subito l’acqua del rubinetto che dà sollievo
immediato; per l’acqua che annulla per sempre il problema sete, semmai, ci
penserò: non c’è fretta e non è un problema primario.
Ho riletto tutte le mie
precedenti lettere per capire i cambiamenti di umore col passare degli anni: è
un crescendo di amarezza e di delusione, perché faccio fatica a trovare un’oasi
serena nel mondo d’oggi. L’Africa e l’Asia sono due continenti svuotati del
diritto alla pace; l’Europa, per meglio dare libero sfogo agli egoismi personali
e nazionali, tradendo se stessa, si è limitata a dotarsi di una mediocre e
costosa unità economica e non accetta l’evidente legame con la cultura
cristiana; l’Italia è scossa dai vaniloqui di saccenti inutili, sfacciatamente
incatenatisi al potere e da uno stuolo di bipedi starnazzanti e sgomitanti per
entrare nell’agone. In questa desolazione morale, perché di questo si tratta,
consolaci come hai consolato e tranquillizzato i tuoi discepoli sulla barca nel
mare di Galilea in tempesta. “A passà
a nuttata” diceva con triste ottimismo E. De Filippo.
Pur rispettando la libertà
piena che il Padre tuo ha consegnato all’uomo, trova il modo di farci
riscoprire, magari con due ceffoni – quanto mi sono stati salutari quelli di
mio padre! – che solo il concetto che sottende la parola “amore” è in grado di
portarci a Te attraverso una ritrovata armonia e condivisione con il nostro
prossimo vicino e lontano in un mondo rasserenato. Quanto si starebbe meglio
tutti, ricchi e poveri, e quanto tempo avremmo per pregustare l’eternità,
nostro approdo naturale e definitivo, per merito della tua incarnazione, di cui
stiamo facendo la memoria.
Forse, ho parlato solo dei
nostri problemi terreni, ma l’uomo, per il premio finale, deve operare sulla
terra nel modo che Tu gli hai insegnato e proposto. Aiutaci a tenere alto il
seme della speranza, perché gli uomini di buona volontà possano farsi sentire e
conquistare il mondo. Buon Natale.