N° 6 - Giugno-Luglio 2013
La Bibbia: due libri in uno (seconda parte)
di Carlo Lorenzini

 

 

 

 

Qualunque sia la chiave di lettura degli episodi citati nel precedente articolo, come non provare orrore di fronte a questo portavoce del Signore (Elia), che, per fanatismo religioso, superbo della vittoria ottenuta e, approfittando del momentaneo favore della folla, fa arrestare i profeti del dio Baal, li porta al fiume e li scanna tutti quanti?  Sono 450 persone. E come non essere sconcertati di fronte a Eliseo che reagisce così crudelmente alle monellerie di un gruppo di ragazzetti? E poi la caduta e presa di Gerico, il cui racconto biblico ci offre un brutale spaccato di cronaca bellica e ci dice come facevano la guerra quelli di allora. E ancora, la glaciale premeditazione di Caino nell’uccidere il fratello. C’è da dire che questa crudeltà (o indifferenza per la vita umana) la incontriamo frequentemente nei libri del Vecchio Testamento. Le vicende del diluvio, di Sodoma e Gomorra, delle piaghe d’Egitto, dell’accanimento contro Giobbe sono lì a dimostrarlo.

Nella Bibbia del Vecchio Testamento basta aprire un libro per incontrare episodi che turbano la nostra sensibilità. Anche a livello personale c’è il gusto del sangue e dello scannamento, c’è il fascino della morte. “Fermati, o sole!”, grida Giosuè, perché ormai sta calando la notte e lui non ha ancora finito di uccidere fino all’ultimo i nemici vinti e in fuga (Giosuè cap. 10).  Spessissimo nella Bibbia, ogni offesa ricevuta è punita e vendicata con la morte. Morte anche di chi è incolpevole. E Samarago si serve di questi eventi, oggettivamente cruenti, per dire male della Bibbia e di Dio stesso. Ma lo scrittore, da buon ateo, non sa tener conto della prospettiva storica nella quale è inserito il Vecchio Testamento. Noi riteniamo che per un equo giudizio intorno a questi comportamenti, occorre che teniamo presenti due o tre cose.

 Intanto bisognerebbe pensare, con un pizzico di umiltà, che l’istinto alla crudeltà è connaturato alla natura dell’uomo. E’ la Storia che ce lo insegna: dai Sumeri, dagli Assiri e Babilonesi in giù fino alle due guerre del secolo XX è stato un susseguirsi di bagni di sangue. Citiamo così come ci viene in mente: Atene e Sparta; Numanzia, Cartagine e Roma; le invasioni barbariche; le crociate; le colonizzazioni in nome del Cristianesimo e della civiltà e quelle in nome di Allah. Neppure oggi siamo in pace ed in fratellanza coi nostri simili: guerre più o meno vaste  e striscianti sono in atto nelle varie parti del mondo. La politica, le religioni, le controversie private o di bande o di cosche, sembra che non abbiano soluzioni se non nelle armi e nel sangue. La morte per assassinio è protagonista quotidiana dei nostri telegiornali. Anche negli spettacoli di finzione, a scopo distensivo, siamo bombardati da fatti di sangue: i films, in alta percentuale, ci propongono scene di uccisioni e sempre con sadica evidenza di particolari.

Il DNA di Caino sembra essere dentro l’uomo. Poi c’è da tenere presente il fanatismo religioso, di cui l’uomo spesso è vittima e che è caratteristica dei popoli primitivi o culturalmente arretrati. Questo fanatismo contribuisce spesso a renderci spietati. Il vincere una guerra o semplicemente una battaglia può farci credere che abbiamo la divinità dalla nostra parte, con il convincimento che eliminare fisicamente il nemico vinto faccia parte di un adempimento religioso, che sia un contributo dovuto al trionfo del dio vincitore.

 Dice ancora la Bibbia: “In principio Dio creò il cielo e la terra”. Qui abbiamo il Dio che supera ogni cosa, supera lo spazio e il tempo ed è al di là del bene e del male. E’ bene quello che per lui è bene ed è male quello che per lui è male. Di fronte a Dio, di fronte al tutto di Dio, il nostro giudizio non vale più. L’uomo della Bibbia, meglio del Vecchio Testamento, è l’uomo di Dio, è l’uomo che si annulla in Dio. Siamo in una fase primitiva, alogica (non consapevole) della storia dell’uomo, in cui la religione è ancora mitologia, è proiezione favolosa e poetica dei fenomeni della vita e della natura. E’ questa del Vecchio Testamento una religione di un popolo che si deve realizzare per mezzo della guerra e delle conquiste; un popolo non ancora educato al rigore della ragione, ma guidato dall’entusiasmo e dalla passione. Il dio di questo popolo è un dio creatore e quindi signore assoluto del tutto. E’ un dio “issimo”, non concepibile nella sua maestà dalla pochezza degli uomini; è un dio signore e padrone, a cui l’uomo può soltanto obbedire, senza poter chiedere alcun perché.

Noi ci chiediamo perché Dio ha permesso così tanto al serpente, perché sta dalla parte di Abele, perché annebbia la mente del Faraone, perché chiama Saul e poi lo respinge, perché è così duro con Giobbe e perché è così severo con Saul ed è invece tanto generoso con Davide. Noi ci facciamo queste domande perché rimaniamo nel nostro orizzonte di uomini e non siamo all’altezza di concepire il divino in tutta la sua vastità. L’Esodo, i Numeri, il Levitico sono libri in cui il Signore, attraverso Mosè e Aronne, dà ordini precisi al popolo di Israele, il quale ha solo il compito di obbedire.

Stando così le cose, dobbiamo pensare che il negativo nella Bibbia del Vecchio Testamento non è tale nella mente di Dio, che è insondabile da parte dell’uomo.  Ma, soprattutto, dobbiamo pensare che la Bibbia non è solo il Vecchio Testamento; è anche il Nuovo Testamento. La Bibbia non racchiude solo la storia del popolo di Israele, ma, in modo particolare, la storia di tutta l’umanità nella sua evoluzione e realizzazione. Che è soprattutto evoluzione religiosa, la quale procede dalla concezione di un unico Dio monarca assoluto a quella di un collegio trinitario, nel quale ci sono uguali facoltà decisionali. Procede dal concetto assoluto di giustizia a quello, egualmente, assoluto di amore. Procede dal diluvio che si abbatte sugli uomini peccatori per annientarli, allo Spirito Santo che discende per rimanere sempre tra di loro in aiuto fraterno e gratuito. Procede dal Dio che per un solo peccato condanna l’uomo a un’eterna rinuncia, al Dio che questo peccato lo prende su di sé e lo redime, incarnandosi fra gli uomini e morendo Lui stesso sulla croce per la loro salvezza.

La Bibbia è anche un libro in cui sta scritto (e sono parole di Gesù ): “ Avete inteso che fu detto: occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello… Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle. Avete inteso che fu detto: amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori… Il Padre vostro celeste fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani” (Matteo V,38 sg).  Noi, allora, confortati da questi convincimenti, comprendiamo, e, in un certo senso, accettiamo la spietatezza di Giosuè, accettiamo il fanatismo di Elia e la crudeltà gratuita di Eliseo; accettiamo l’egoismo ingannatore di Giacobb… Insomma, tutto il negativo che incontriamo nel Vecchio Testamento, lo accettiamo perché è un negativo che ha una sua logica e, poi, perché è già redento in una dimensione (quella del Nuovo Testamento) in cui abbiamo che Giosuè diventa Gesù, il condottiero che, disarmato, ci guida alla conquista di una terra promessa che non è di questo mondo. Noi riusciamo ad accettare tutto il negativo del Vecchio Testamento, perché sappiamo che si riscatta e si annulla nel mare d’amore del Nuovo Testamento.

 La Bibbia è composta di due libri che diventano un unico libro solo se accettiamo che il primo sia l’anticipazione preparatoria del secondo e che il secondo sia il compimento del primo. La Bibbia è un unico grande libro a condizione che accettiamo come il suo svolgimento rappresenti il cammino dell’umanità verso la logica realizzazione dell’Amore, perché Dio è Amore.

 

 

                                                                                                               


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