Quelli che sfioro - affrontare è un’altra cosa - sono due gravi temi apparentemente distanti tra loro anni luce, in realtà hanno la medesima origine: il vuoto esistenziale per l’assenza di un vero progetto di vita che funzioni da bussola ai comportamenti del singolo inserito nella società civile. La rivoluzione che si sta verificando sul significato da dare alle virtù civiche, perché una società civile, globalizzata nelle dimensioni, possa realmente progredire nel darsi equilibri di giustizia e di rispetto delle regole nella reciprocità, non può prescindere da un’idea trascendente della vita dell’uomo. In questa visione la fede cristiana, che non è un prodotto filosofico né etico, acquista una rilevante collocazione nella moderna società mondiale, poiché il suo progetto esistenziale indica in modo chiaro e preciso come costruire corretti rapporti tra i singoli, le famiglie, i popoli, le Nazioni; cioè, sa educare al rispetto reciproco fino all’amore.
Altruismo apparente.
Quando si crede di sentirci nel momento massimo di altruismo, è necessaria molta attenzione, perché, in realtà, potrebbe essere il livello più alto di egoismo. Un’attenta analisi è in grado di notare quanto l’altruismo possa essere solo apparente. Vengo al nocciolo. E’ convinzione comune che le parole pronunciate da un uomo alla donna per dichiararsi, rappresentino l’apice del donarsi. Le cose non stanno sempre così. Più o meno consapevolmente il nostro soggetto esprime:
1) la presunzione di conoscere benissimo, dentro e fuori, la persona oggetto delle sue attenzioni;
2) la presunzione di sapere perfettamente tutto ciò che lei ritiene inderogabile per una felice vita di coppia;
3) la presunzione di possedere in abbondanza quanto desiderato dalla possibile partner;
4) la presunzione di sentirsi pronto e disponibile a titolo gratuito;
5) la presunzione che i punti precedenti non possano da lei essere respinti, nel qual caso scatterebbe la rivalsa dell’io offeso per non veder accolto cotanto dono, ovvero il maschilismo più becero. Se i tanti, troppi, casi di violenza a danno delle donne da parte di uomini che dichiarano a discolpa di non sopportare il rifiuto o distacco subìti, li leggiamo nell’ottica dei miei 5 punti, i conti tornano. Non si potrà pensare che le cose migliorino fino a quando non si riuscirà a comprendere che l’unione tra un uomo e una donna è stata nobilitata a sacramento per renderla stabile e feconda nella reciprocità dell’amore.
Ludomania e ludopatia.
Ricordo a Las Vegas – la città dei casinò e delle sale del gioco d’azzardo – la confusione cosmopolita dal tramonto a notte tarda nei locali destinati al gioco, diffusi ovunque, negli alberghi, nei ristoranti, nei bar. Se la sera la situazione poteva essere immaginabile e persino comprensibile, ciò che mi sconcertava era il mattino presto (6,30-7), quando donne con evidenti segni di miseria o poveri disperati, chiaramente male in arnese, erano già inchiodati alle slot machine, immobili come maschere di cera, con l’immancabile bottiglia di birra o di wiskie ai piedi, per giocarsi i pochi dollari disponibili. Spesso quell’agonia dura a lungo, perché una piccola vincita suscita l’effetto di una boccata di ossigeno per continuare. “Americanate destinate a rimanere localizzate nella città dell’effimero e dell’inutile”. Così ero convinto. Nel giro di pochi anni il fenomeno si è presentato anche in Europa e in Italia, in modo tanto virulento da diventare una nuova patologia con specifici segni clinici e psichici e inquadrata come disturbo permanente dell’umore e del carattere a causa della dipendenza che si instaura.
E’ vero che nei periodi di crisi economica la tentazione di un colpo di fortuna al Totocalcio, alle varie lotterie e al gioco si fa sentire, ma il fenomeno cui assistiamo è diverso: è il gioco per il gioco, come la sigaretta per la sigaretta o la droga per la droga, al fine di goderne il transitorio piacere indotto senza pensare ai guasti che seguono. Le crisi economiche si toccano con mano, perché la vita si fa precaria e insicura, ma rappresentano un angoscioso momento, più o meno lungo, al quale di solito fa seguito una ripresa, perché i burattinai della speculazione mondiale sanno come non andare oltre e sanno come fermarsi prima di essere trascinati dentro la bufera da loro medesimi predisposta ad arte per creare nuovi equilibri di potere. Quindi la domanda che nasce spontanea da questo quadro poco rassicurante è: “La crisi che stiamo subendo è solo economica o si accompagna ad una antecedente profonda crisi totale di valori che colpisce la finanza, la politica, le famiglie, i singoli e, persino, la Chiesa, tanto che papa Benedetto XVI ha ritenuto, con l’Anno della fede, di dover affrontare con forza il rischio di una “eclisse di Dio?”. Secondo un’indagine del Censis in Italia circa 31 milioni di persone sono dedite al gioco legale; di queste più di 100mila sono già colpite da ludopatia grave e altri 3milioni sono ad alto rischio. Anche la nostra provincia sta dando il suo contributo negativo: sono già diversi –quelli palesi – i casi di dipendenza da gioco d’azzardo, che hanno portato gli interessati e le loro famiglie alla rovina socio-economica. Sarebbe privo di senso demonizzare genericamente il settore dei giochi, ma ormai appare inevitabile dover intervenire, perché una normale passione non degeneri in pesanti situazioni di rischio, sempre più diffuse a causa dell’aumento esponenziale dei giocatori. E’ presente in Parlamento la richiesta di apertura di 1000 nuove sale giochi, mentre un canale Tv specializzato si vanta di avere 20mila giocatori.
Come si vede alle parole di allarme seguono fatti che sono l’esatto contrario della prevenzione. Monsignor Alberto D’Urso, segretario della Consulta Nazionale antiusura ha dichiarato che è impensabile che alcuni giochi d’azzardo siano tassati meno degli alimenti di prima necessità: tra un pezzo di pane e un gratta e vinci bisognerebbe dare la priorità ai bisogni della gente. L’unica nota positiva è data dalla prima presa di coscienza dei problemi clinici legati al gioco d’azzardo: l’articolo 5 del Decreto Sanità del 13/9/2012, infatti, riconosce, facendo proprie le sollecitazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la ludopatia come malattia vera. E’ un po’ poco limitarsi a intervenire parzialmente sugli effetti e non sulle cause che tali effetti producono. E’ strano, ma chiaro, che organismi diversi, ma appartenenti alle medesime Istituzioni di governo, abbiano comportamenti opposti: da una parte si stimola l’incremento del gioco per aumentare gli introiti derivanti dalla tassazione, dall’altra si cerca il basso profilo per spendere il meno possibile sulle conseguenze di questa assurda patologia.
Conclusione: certi metodi di affrancamento dalla voce della coscienza guidata dal trascendente non sembrano per niente appaganti nei risultati. Mi torna in mente il buon Collodi, quando descriveva i tentativi di Pinocchio che, per tacitare la propria coscienza, rappresentata dal grillo, cercava di colpirlo con quanto aveva a portata di mano. La voglia di imbavagliare le voci di dentro e della nostra coscienza sembra un esercizio troppo diffuso in tutti i settori della vita pubblica e privata dei singoli e della società “civile” e non è cosa buona.