Al confine con la Toscana, Ortonovo è il Comune più meridionale della riviera ligure di levante; mutua il suo nome dall’omonimo paesino, al quale si arriva per la tortuosa provinciale, salendo tra ulivi e castagni.
Già lungo il percorso, guardando in basso il panorama della piana di Luni e, lontano, il mare, cominci a sentirti prendere da una sensazione sempre crescente che, gradualmente, ti distacca dalle faccende umane impellenti e ti predispone a considerarle con animo più tollerante e sincero.; la voglia di riconciliazione nella natura comincia a prevalere e il tempo sembra dilatarsi.
Ecco le prime case e, sulla destra, il Santuario del Mirteto; in un soffio si attraversa il paese, finché la strada si allarga nella piazzetta davanti alla chiesa di San Lorenzo, vicino alla torre medioevale del Guinigi. Dignitosamente, quasi acquattato nel mezzo della facciata in corrispondenza della navata destra, salta con sorpresa all’occhio l’esile orologio solare di S. Lorenzo in Ortonovo. Su un quadro ottagonale di ardesia sono ricavate le rette orarie specificate dai numeri romani incisi; null’altro appare ad abbellire: né il motto, né segni zodiacali, né date, né il nome dell’autore; lo stilo polare, in ferro, sostenuto da un falso ortostilo, è anch’esso spartano, unico vezzo il conformarsi a mo’ di piccola sfera della estremità.
Un orologio essenziale, ascetico si potrebbe dire, in grado di fornire il necessario ma non certo il superfluo; e il necessario che la macchina orologio (anche i moderni Swatch e i costosi Patek Philippe) deve produrre è l’informazione oraria e questa l’orologio solare di S. Lorenzo ancora oggi la fornisce, genuina, ecologica, “sharp as a shadow”, disponibile a distanza di vari secoli per chi ne voglia usufruire nella sua forma di ora solare locale vera ma anche precisa per chi, un po’ maliziosamente, voglia e sappia apportare le correzioni per accostare la sua informazione oraria con quella dei suoi tecnologici pronipoti. L’ignoto autore, creando uno strumento utile per i suoi contemporanei, ci ha lasciato un piccolo tesoro artistico (che solo i cattivi restauratori della facciata non hanno saputo apprezzare) e ci trasporta e ci coinvolge nel suo mondo di ansie ed inquietudini vissute con ritmi biologici e naturali…
Presi da queste fantasie non ci eravamo accorti che l’ombra ormai si era allungata parecchio e cominciava a sfumare; il motore, inesorabilmente, concedeva ancora solo poche battute.
Andiamo, andiamo allora, affrettiamoci; con la “Ritmo” scendiamo al piano, al “Fast Food”, al “Just in Time”, al “Tempo Manageriale”, alla “Cultura dei Nanosecondi”… e non è neanche rosso di sera.