N° 4 - Aprile 2012
La famiglia e l’educazione nelle linee di pastorale diocesana 2011-12
di Antonio Ratti

 

 

 

Le linee di pastorale diocesana 2011-12 evidenziano tre temi su cui le realtà parrocchiali sono chiamate e sollecitate a prestare la massima attenzione: la famiglia, l’educazione, con particolare riguardo al tempo post-Confermazione e la dottrina sociale della Chiesa, che, se intesa nella sua integralità e globalità, è lo strumento atto a discernere le problematiche sulle quali il cristiano è chiamato a decidere per appartenere a pieno titolo alla società civile nella quale deve vivere e operare attivamente, apportando il proprio specifico contributo, perché essa sia rispondente alla dottrina della Chiesa.

La scelta di questi tre temi non vuole significare che il non scelto sia meno importante e determinante ai fini della crescita nella fede.

La scelta operata ha dato la precedenza alla famiglia e all’educazione perché, insieme alla dottrina sociale, sono temi essenziali per la Chiesa e sono di grande impatto e rilevanza al di fuori dell’ambito ecclesiale, cioè, nella società civile, in quanto la famiglia e l’educazione dei giovani sono temi comuni. Sono temi con i quali ci si incontra e ci si scontra quotidianamente, con la Chiesa che tiene duro nel mantenere la rotta indicata dalla Parola della fede e la società civile ad accettare il massimo delle libertà  per, poi, lamentarsi  e allarmarsi del degrado civico, dei costumi, dei comportamenti stonati, se non violenti.

Sono tematiche di grande consistenza tanto per le singole persone, quanto per l’intera collettività, poiché incidono profondamente sullo sviluppo nel presente e nel futuro.

Inoltre i tre temi sono stati scelti perché a essi vengono date risposte differenti nella sostanza e spesso contrastanti, incidendo in profondità e in modo negativo nella quotidianità dei singoli e del tessuto sociale.

La famiglia e l’educazione, poi, sono un unicum per il loro strettissimo legame, essendo la famiglia il primo organo deputato alla crescita fisica, psichica, morale, culturale, sociale e religiosa dei figli ed è per questa ragione che sono realtà basilari per la Chiesa e per il progredire della società civile. O insieme trovano il modo di collaborare, o insieme cadono nel degrado con tutte le conseguenze che ne seguono.

Non dimentichiamo mai che un buon cristiano è sempre stato un buon cittadino, fin dall’epoca dell’impero romano, cioè, fin da quando la parola di Gesù ha cominciato il suo cammino nel mondo.

Orbene, questi buoni cristiani e buoni cittadini dove trovano la prima fonte di apprendimento teorico e pratico? Nella famiglia. La prima scuola e la prima palestra di vita sono la famiglia e l’ambito familiare. Ne consegue che, come il piccolo atomo è alla base di ogni struttura complessa, così la famiglia è la base insostituibile di ogni comunità religiosa e civile.

Se in una famiglia i genitori assolvono ai loro compiti, i figli, con l’esempio, più che con le parole, troveranno il modo di crescere nella fede e nella esemplarietà di cittadini.

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo a proposito afferma: “La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e dello Stato e come tale deve essere riconosciuta e protetta.” (art.16), mentre la Costituzione italiana dichiara: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (art.29)

E’ difficile trovare espressioni più chiare a tutela della famiglia tradizionale e naturale e il magistero della Chiesa non può che convenirne.

A proposito dell’importanza dell’esempio, ho ancora vive nella memoria le parole di mio padre quando mi esentava dalla recita serale del Rosario, perchè al liceo capitava di dover studiare anche dopo cena. E ancora, la cena, alle 19,30 a TV spenta, era il momento dell’incontro, era il tempo deputato al dialogo, allo scambio di opinioni, a renderci l’un l’altro partecipi del lavoro, delle difficoltà, degli impegni della giornata e dei comportamenti tenuti e da tenere.

Era l’aprirci a un ascolto interattivo altamente educativo.

Era un crescere con la parola e con l’esempio, anche se, allora, non ne avevo la piena consapevolezza e, talora, mordevo il freno.

Oggi qual’è la percentuale di famiglie cosidette “normali” o all’”antica”? Ho la sensazione, che poi è una quasi certezza, che ci rimarrei male a conoscerne il numero.

La nostra società, definita post-moderna, post-cristiana e secolarizzata che valore dà alla famiglia? Quasi nessuno, se pensiamo al numero delle convivenze, delle famiglie allargate, alle interruzioni della vita, per non parlare del considerevole numero di violenze perpetrate dentro le mura domestiche o dei tentativi di dare sostanza giuridica alle coppie unisex, che prima di essere cosa illogica nell’ottica cristiana, è una mostruosità contro  la logica del diritto naturale.

In sostanza, l’uomo moderno non ritiene più il trascendente un valore primario e prioritario: ne segue che quello che raccontano i preti è ritenuto adatto per le vecchiette e non per chi sta correndo dietro al benessere, al divertimento, al piacere, al potere elevati a succo della vita.

E’ fin troppo facile sostenere che l’equazione famiglia sballata = società in declino e fede emarginata sia una lapalissiana realtà.

Si è voluto accennare alle grosse difficoltà in cui versa l’istituto familiare per suscitare la nostra reazione e impegnarci, per quanto possibile, a tenere vivo il desiderio della famiglia intesa come il nucleo essenziale  nel pieno rispetto del  magistero della Chiesa  per il corretto sviluppo della società civile.

Se il singolo ha posto la fede nel dimenticatoio (o nel cestino del cervello come fanno i PC) e la famiglia traballa, cosa potrà accadere dei figli? Gli psicologi definiscono i nostri ragazzi “fragili e violenti insieme” a voler sottolineare le intime contraddizioni che li divorano. E’ frequente ascoltare frasi di questo tipo “chi l’avrebbe mai detto….sembravano bravi ragazzi, del tutto normali…..e poi di famiglie perbene e benestanti” pronunciate con un tono di voce che evidenzia stupore e incredulità, più che sgomento.

Con i genitori impegnati entrambi nel lavoro l’intera giornata, i nostri ragazzi spesso crescono da soli, senza un adeguato sostegno psicologico, educativo e religioso: il surrogato più facile da reperire sono le cattive compagnie, l’uso distorto dell’informatica, l’arte dell’arrangiarsi. Un tempo si diceva che il ladro aveva imparato l’arte del furto rubando il pennino al compagno di banco, oggi le occasioni sono molteplici e tutte sono legate allo stato di salute della famiglia. In questo quadro della situazione poco rasserenante, che vogliamo combattere, se desideriamo trarre qualche conclusione, dobbiamo riconoscere che l’idea di famiglia è in declino e che i genitori sembrano in tutt’altre faccende affacendati, quindi, troppo spesso inesistenti e inadeguati, se non di ostacolo a che i figli frequentino la chiesa e le sue organizzazioni educative, quindi troppo spesso si spezza il filo (diremmo oggi, il feeling) tra famiglia e parrocchia.

Siffatto stato di cose spiega l’enorme difficoltà a tenere in piedi il dialogo con i ragazzi del dopo Cresima, che somigliano ai desaparesidos per la rapidità con cui svaniscono, quasi che, dopo la trafila del Catechismo che li ha preparati alla Comunione e alla Confermazione, non si debba fare nient’altro per tenere viva la fiammella della fede che diventa un elemento molto e molto secondario.

Questo non è solo del parroco, è il problema dell’intera comunità parrocchiale, perché i ragazzi del dopo Cresima sono il nostro futuro di comunità ecclesiale e perché portare l’insegnamento di Gesù a tutti è compito primario di ogni credente.

Se vogliamo dare un senso a queste parole, è indispensabile che tutti si facciano carico del problema con la preghiera innanzi tutto e poi con l’impegno  di ricercare modi e strumenti per invertire la tendenza, che sembra inarrestabile, di considerare la fede un optional del tutto superfluo.

Non dimentichiamo mai che l’indifferenza è una condizione mentale peggiore dell’aperta ostilità.

Concludendo, la comunità parrocchiale non può assistere da semplice spettatrice, deve funzionare da lievito per far sì che il piccolo nucleo si possa ampliare e tornare ad essere la speranza del futuro.

Questa è la nostra sfida per i prossimi anni.

 

 

23 02 2012                                                                

 




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