Per quante cose io possa dire, a nome di tutti i parrocchiani, non so se basterà, ma ognuno può fare un bilancio in cuor suo di quanto ha avuto da don Lodovico.
Egli si è distinto come costruttore della Chiesa, edificio per il culto di Dio, dove si riunisce la comunità cristiana nel giorno del Signore e come costruttore di spazi per i giovani, ma soprattutto si è adoperato per costruire la comunità parrocchiale operando a 360°. Ha sempre sentito e curato la parrocchia come luogo dell’evangelizzazione, perché ogni uomo potesse scoprire che l’unico che può cambiare la vita è Gesù Cristo risorto dai morti e vivo e operante nella Sua Chiesa. Dio aveva dato a don Lodovico il dono di Salomone: un cuore in ascolto di Dio e in ascolto dell’uomo.
Il nostro Don, infatti, era molto caritatevole con qualsiasi povero che bussasse alla sua porta ed è andato incontro a ogni bisogno senza giudicarere e senza mezze misure, con grande generosità. Lui che a volte ci faceva morire di freddo durante le celebrazioni invernali! A lui bastava mettere il solito vecchio piumino nero col cappuccio. La lezione umana e spirituale di don Lodovico è stata grande ed è scaturita dalla profonda coerenza fra “ciò che crediamo ed il modo in cui viviamo la nostra esistenza”.
Don Lodovico è morto senza invecchiare: fiducioso nello Spirito e spinto dall’amore alla Chiesa non ha smesso di fare progetti per la sua parrocchia. Fino all’ultimo ha seguito, come faceva da molti anni, le Comunità Neocatecumenali; gli incontri dei giovani e dei catechisti; il gruppo di preghiera che ogni giorno recita il Rosario nella nostra chiesa. Ogni liturgia era per lui una gioia, mai la sentiva come fatica; in particolare, durante i funerali, aveva parole di grande consolazione e speranza: sapeva parlare della Resurrezione. Uno dei più sentiti e seguiti progetti è stato l’oratorio, perché sentiva la sfida educativa dei nostri tempi e cercava un modo convincente di parlare di Dio ai giovani.
Il nostro territorio, dal punto di vista urbanistico, è vasto e dispersivo e il Don, ogni anno, lo ha percorso personalmente per visitare e benedire le famiglie: anche i più lontani. E a tutti ha portato l’annuncio di Pietro.
Durante la sua malattia ha chiesto solo preghiere; ha scandito le ore della sua giornata con la preghiera; anche nei momenti di minor lucidità invocava continuamente il Padre misericordioso. Ha ricevuto visite dai parrocchiani commossi che da anni non frequentavano più la Chiesa e che con lui hanno pregato. E’ riuscito, molto ammalato, a creare una catena di preghiere in tutta la parrocchia: forse è quello che aveva sempre desiderato perché la preghiera ti fa scoprire Dio Padre.
E’ morto serenamente, quasi che il suo cuore gridasse: “Portami in Cielo!”. Intorno a lui, morente, si pregava e la sua anima è tornata al Padre sull’invocazione: “Madre dei sacerdoti, prega per noi!”.
Caro don (è così che noi parrocchiani ti abbiamo sempre chiamato), per noi sei sempre stato una roccia sulla quale ci siamo appoggiati e pensavamo che tu non dovessi mai andartene. Ringraziamo Dio che ti ha donato a noi e ti chiediamo, nella comunione dei Santi, di guardarci dal Cielo.
Le tue spoglie mortali saranno restituite alla tua terra d’origine e all’affetto dei tuoi cari, ma il tuo spirito rimarrà vivo nella nostra comunità parrocchiale. Per questo continueremo a pregare il Signore perché il seme da te gettato con tanta abnegazione nella nostra parrocchia possa dare frutto di vita eterna, possa aprire i nostri cuori all’incontro con Gesù Cristo, l’unico che può rivoluzionare in senso positivo la nostra vita.