Addì, 13 novembre dell'Anno del Signore 2010

            Eccellenza,

noi siamo, ancora, la Comunità nella quale i figli vengono indicati coi nomi dei padri ed i padri, a loro volta, col nome dei loro padri, o ci si indica per il lavoro svolto: quello che lavora nella tale Azienda, o è nel commercio, o è in Provincia, Comune... . Ci si chiama con dei soprannomi e questi diventano, nel corso della vita, così fortemente identificativi che nel momento della morte questo "nomignolo" che, a volte, non ricorda minimamente il nome vero, trova dignità nel manifesto che annuncia la scomparsa della persona per meglio comunicarla a tutto il paese, perché solo così è conosciuta ai più.

            Siamo in un "piccolo mondo", dunque. Di questa Comunità, di questo "piccolo mondo" fanno parte tutti, in modo più significativo il sindaco, il medico, il farmacista, l'avvocato, l'operaio, il commerciante, il direttore delle poste ed i parroci appunto; coloro cioè che svolgono un ruolo "particolare". E quando qualcuno di loro scompare è tutta la Comunità che si riunisce nell'estremo saluto ed è giusto così.

            Una Comunità destinata a cambiare, nella quale col tempo non si arriverà più a definirne i componenti col nome dei padri perché vivono in Paesi lontani e  i figli sono giunti qui per trovare un lavoro, una casa, per compiere una missione.             Già vediamo  nuovi parroci chiamati da altri Paesi che ci fanno riflettere e ci aiutano a capire cosa sarà negli anni a venire il nostro Paese. Comunità significherà unione di persone diverse per credo religioso, per cultura, abitudini, ma questa "differenza" dovrà essere occasione di arricchimento e non di divisione. Gli uomini e le donne di buona volontà troveranno altri "modi” per capirsi e per rimanere uniti e saranno i problemi, le gioie, i dolori ad unire perché così sono fatti gli uomini e le donne, così è impastata la nostra esistenza.

            Oggi, ad esempio, ci unisce un evento tristissimo: la perdita di una cara persona che vedevamo tutti i giorni, ma soprattutto sapevamo che c'era. Ecco cos'è Comunità: questo "esserci", qui ed ora, con gli abitanti di sempre come con gli emigrati. E’ la presenza, è la parola. Ci confortano le antiche frasi di un antico libro “c’è un tempo per vivere, un tempo per morire”, l'Ecclesiaste, che fermamente ci indica la vanità delle cose e questa vanità, oggi, cozza fortemente contro l'essenzialità della morte.

            Don Capellini è stato trentadue anni ad Qrtonovo. Sono tanti: una vita. Ed ha costruito tanto: qui siamo venuti a tenere dei Concerti, nell'ampia Sala adiacente la chiesa abbiamo organizzato dei Convegni; eventi felici, con lui "brontolone", ma contento. Qui abbiamo portato i nostri alunni ed alunne della Scuola Elementare, con le loro maestre, quando stavamo ricostruendo un plesso scolastico. Quello che lui ha realizzato rimarrà alla sua Comunità. Nulla andrà perduto, caro don Capellini, stai tranquillo. Lo guarderemo con nostalgia che in greco (e i greci erano precisi nelle definizioni) significa il dolore che deriva dalla rievocazione. Il dolore che fa parte della nostra vita e oggi è giusto che tutta la Comunità sia nel dolore e che questo sia un giorno triste.

            Don Capellini era il classico parroco che molti di noi serbano nei ricordi giovanili: i parroci con la tonaca che ti riprendevano a voce alta o dei quali temevi un'occhiata che, per chi ha frequentato gli oratori, valeva più di un richiamo. Io vengo dall'alta Lunigiana e qualche ricordo, in merito, l’ho anch'io di parroci di campagna con tanta fede ed una bicicletta per girare nei vari paesini. Con affetto li ricordo ora, e in questo momento l'affetto è ancora più struggente.

            Eravamo diversi noi due ma quello che ci “salvava” era il dialogo che bisogna sempre tenere aperto. Ti salutiamo con affetto, don Lodovico e siamo in tanti, vedi: come è giusto che sia. Un grazie particolare a tutti coloro che lo hanno aiutato nei momenti della malattia.

            A Lei, Eccellenza Reverendissima, ai molto reverendi parroci di Ortonovo, al Capitolo di Sarzana, erede della nostra cara Luni, il saluto mio personale, che si fa, in questo tristissimo momento, abbraccio e quello di tutta la Comunità ortonovese. Valgano per tutti, sia per coloro che hanno una visione naturale della vita, sia per quelli che possiedono la fede in Cristo, le parole del canto che spesso accompagna la liturgia dei defunti "Ricordati Signore che l'uomo è come l'erba, come il fiore de/ campo...".     

            Questo don Capellini lo sapeva bene: noi lo impareremo, lo dovremo imparare.