N° 9 - Novembre 2011
Cristo Re.
di Antonio Ratti

 

 

 

La centralità della figura di Gesù nel Nuovo Testamento è assoluta. Egli unisce in sé eterno e storia, infinito e spazio finito, divino e umano: è il Logos, il Verbo che è Dio, ma è anche sarx, che è la carne dell’uomo, cioè, la realtà legata al tempo (Gv1,1-14). Queste due dimensioni della natura di Gesù non devono scindersi o contrapporsi, ma s’intrecciano intimamente nel mistero dell’Incarnazione e nella persona di Gesù stesso (Fil 2, 5-11). Analizzando alcuni titoli cristologici (cioè, nomi attribuiti a Gesù) del Nuovo Testamento si tratteggia il volto autentico di Cristo. Il primo appellativo “Cristo” lega Gesù all’Antico Testamento. Infatti, il termine deriva dal greco chrìo, che significa ungere, consacrare. Cristo è l’unto con l’olio sacro simbolico che consacrava re e sacerdoti. In ebraico “unto, consacrato” è mashiah, da cui il nostro “messia”. Per questo, Gesù è visto come il Messia/Cristo sperato e atteso da Israele biblico e a lui il Nuovo Testamento attribuisce le antiche profezie messianiche. Nel significato cristiano il titolo “Cristo” trascende, cioè, va oltre, il valore originario, perché il Messia di Israele era una creatura umana, l’inviato supremo di Dio, il condottiero in grado di realizzare la promessa fatta ai padri–patriarchi, ma non è partecipe della natura divina. Per fare netto il distinguo, nei Vangeli compare un altro appellativo Figlio dell’uomo, che è fatto proprio da Gesù stesso. Nel libro di Daniele è presente una figura misteriosa “simile ad un Figlio dell’uomo” a cui Dio “gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno che non sarà mai distrutto” (7, 13-14). La tradizione giudaica  attribuiva al Figlio dell’uomo un significato messianico, cioè, la figura del Messia atteso che appariva dotata di altissime qualità, superiori a quelle legate al Figlio di Davide, risultando, in qualche modo, vicino alla sfera di Dio. E’ in questo senso che Gesù l’assume per sé, suscitando lo scandalo di chi l’ascoltava, degli ortodossi farisei, soprattutto durante il processo davanti al sommo sacerdote Caifa che lo accusa di bestemmia e blasfemia (Mt 26, 64-66). Il terzo titolo è “Figlio di Dio”. Nell’Antico Testamento aveva un valore assai modesto, tant’è vero che era genericamente attribuito ai re, agli Israeliti o agli angeli. Nel Nuovo Testamento acquista un valore sostanziale e “letterale”. Per averne la conferma basta ricordare il Battesimo di Gesù o la sua Trasfigurazione quando la voce forte e decisa di Dio-Padre proclama: “Questi è il mio Figlio prediletto…”. Dai tre appellativi descritti ne consegue il quarto: re. Anche per questo titolo di regalità non ci sono dubbi se ricordiamo l’interrogatorio di Pilato. Al magistrato romano che gli chiedeva se era veramente il re d’Israele, Gesù risponde in modo netto “Tu lo dici” e aggiunge, ma “il mio regno non è di questo mondo”, altrimenti i miei servitori si darebbero da fare per liberarmi.  Paolo, nella già citata lettera ai Filippesi ci propone la definizione della regalità di Gesù: “Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sottoterra, e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.”(Fil 2, 6-11) Nelle lingue greca e latina basileus e dominus sono gli attributi di chi ha ogni potere  e  nessuno può dubitarne. Gesù è un sovrano assoluto un po’ anomalo, perché non spadroneggia, ma vuole il dialogo e il coinvolgimento a tal punto da scegliere la croce quale strumento per garantire il massimo dei beni a ogni suo suddito; quindi, qualcosa di più di un sovrano illuminato e disponibile: ci troviamo di fronte ad un sovrano che serve l’uomo fino alla morte di croce, chiedendogli di seguirlo, non di obbedirlo forzosamente. La libertà è un altro dono immenso di questo particolare re: la responsabilità di scegliere, dopo averci spiegato in ogni modo i comportamenti corretti, i vantaggi e gli svantaggi, le opportunità da cogliere e le situazioni da rifiutare, non può essere che nostra. Gesù, re e sovrano, non potrebbe essere più costituzionalmente democratico. Anche questo è un titolo da aggiungere.

                                                                                                                                                         

 

 


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