"Due vescovi per una diocesi piccola: non saranno un po' troppi ?". Mi è
rimasto impresso questo commento di un sacerdote, pronunciato a caldo, a Bocca
di Magra, nel primo pomeriggio di sabato 15 setembre 1965. Eravamo al monastero
per un ritiro pre-scolastico di Azione cattolica e poco dopo mezzogiorno era
arrivata la notizia, del tutto inattesa, che papa Paolo VI aveva nominato un
vescovo ausiliare per la diocesi di Luni o La Spezia, di Sarzana e di Brugnato,
incaricandolo dell'ufficio di rettore del seminario di Sarzana, dove avrebbe
risieduto. Il nome di quel nuovo vescovo ausiliare, Luigi Maverna, non diceva
niente a nessuno, tra noi. Non potevamo sapere che sarebbe divenuto invece una
delle personalità di maggior spicco della Chiesa italiana di fine Novecento, e
che proprio a Sarzana si sarebbe fatto per così dire le... ossa da vescovo,
prima di proseguire il suo cammino per Chiavari, per Roma (assistente
dell'Azione Cattolica e poi segretario della Conferenza Episcopale) e infine
per Ferrara, come arcivescovo.
A Sarzana rimase poco più di un anno, sino alla fine del 1966, e fu un anno
intenso. "Il sentiero" ha dunque fatto bene, in uno degli ultimi numeri, a
ricordare quel nome e quella presenza.
Io gli fui abbastanza vicino, in quei mesi, non solo come "capo chierichetto"
della cattedrale di Santa Maria, dove celebrò i suoi primi pontificali. Un
ricordo per tutti: nel settembre 1966, a Soviore, invitò come relatore ad un
convegno di giovani il futuro rettore della Cattolica Giuseppe Lazzati, e quel
dialogo con Lazzati io lo porto ancora impresso nella mia mente. Erano gli anni
del Concilio, al quale Maverna riuscì a prendere parte nell'ultima sessione (e
qualcuno sostiene che tra i motivi della sua singolare nomina di ausiliare a
Sarzana ci fosse la volontà di Paolo VI, che lo conosceva ed apprezzava da
quando era rettore del seminario di Pavia, di averlo come padre conciliare
proprio in quel delicato periodo), e un fermento di rinnovamento attraversava
la Chiesa italiana, e i giovani in particolare. Maverna, specie dopo che fu
chiamato a Roma, fu uno degli interpreti di quel fermento, con il vescovo
Bartoletti, cui successe come segretario della Cei ed organizzatore del
convegno ecclesiale del 1976 "Evangelizzazione e promozione umana", con padre
Sorge, con il cardinale Pellegrino  e con tanti altri personaggi, ecclesiastici
e laici.
Aveva il dono della chiarezza e insieme della pacatezza. Tornando da Soviore,
dopo l'incontro con Lazzati, mi dette un passaggio in auto e ci fermammo presso
un anziano parroco della Val di Vara, "arrabbiato" perché l'autostrada, allora
in costruzione, minacciava di separare la sua chiesa dal paese. Maverna lo
ascoltò con affetto, lo consigliò, e lo incoraggiò a non avere paura delle
novità del progresso: la chiesa - gli disse - sarà ancora frequentata come
prima, vedrà ! Esercitava un fascino ed un carisma davvero straordinari. A
Chiavari nominò vicario generale don Giulio Sanguineti, che poi sarebbe divenuto
vescovo proprio alla Spezia.
Maverna venne a Sarzana per l'ultima volta nel 1996, un anno prima di morire,
ospite delle suore del Pavone, suore della Carità la cui casa provinciale è
proprio a Ferrara, dove era stato arcivescovo. Quel giorno era in città anche
Rosy Bindi, appena nominata ministro del governo Prodi, e, saputo della
presenza di Maverna, chiese di poterlo vedere. La accompagnai al Pavone insieme
a monsignor Barbieri: entrambi erano stati giovani dirigenti di Azione
Cattolica a Roma negli anni di Maverna. Fu un incontro bello e commovente, e
l'anziano presule, seduto al tavolo del parlatorio, esortò la neo-ministra ad
operare sempre con la testimonianza di chi è stato a suo tempo dirigente di
Azione Cattolica.
La Chiesa è sempre una realtà molto complessa, e di sicuro Maverna ne ha
interpretato un aspetto, non l'unico. Ma in tanti, me compreso, sentono la
gratitudine verso un uomo che li ha fatti sentire più a loro agio nel
cristianesimo che deve affrontare la sfida di tempi nuovi. Gratitudine che si
estende al "Sentiero" per averlo ricordato.