N° 3 - Marzo 2011
GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA
di Antonio Ratti

 

 

 

Tutti sanno che l’8 marzo è la festa della donna, il giorno della mimosa, ma com’è nata e perché?  A dire il vero ha una lunga gestazione e due paternità geograficamente lontane tra loro, Stati Uniti ed Europa. L’elemento comune e unificante è la condizione della donna, come soggetto civile e come lavoratrice, in quanto priva della parità dei diritti e dei doveri. A essere sinceri, le condizioni di vita anche dei lavoratori maschi, tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900, non sono certo delle migliori. I diritti sindacali devono ancora essere inventati, ma la rapida industrializzazione che occupa masse di lavoratori con ritmi, condizioni ambientali e di sicurezza allucinanti, accelera in tutte le nazioni, che si affacciano alla nuova era economica, la nascita di movimenti di ribellione, a volte anche spontanei, nella consapevolezza di avere dei doveri bilanciati con i diritti irrinunciabili legati alla dignità umana. Come per la schiavitù rurale, nelle periferie metropolitane si va rapidamente formando una nuova schiavitù, quella delle fabbriche, cioè il proletariato urbano. La Chiesa interviene con tempestività e con forza attraverso l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII ( 15-5-1891 ), perché riconosce di “estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni indegne dell’uomo.”   

Il VII Congresso dell’Internazionale socialista a Stoccarda nell’agosto del 1907 vota una risoluzione che impegna il movimento a rivendicare il voto alle donne. Anche negli Stati Uniti il 3 maggio 1908 si svolge a Chicago quello che viene chiamato “Woman’s Day”, il giorno della donna. Si discute dello sfruttamento operato dai datori di lavoro ai danni delle operaie in termini di basso salario, di orari di lavoro intollerabili, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto. Il lunghissimo sciopero indetto dalle oltre 20mila camiciaie newyorkesi, durato dal 22 novembre 1908 al 15 febbraio 1909, nel Woman’s Day, tenutosi a NewYork il successivo 27 febbraio, è considerato un’agitazione che unisce le rivendicazioni sindacali a quelle politiche. Mentre negli Usa la giornata di rivendicazione dei diritti delle donne continua a tenersi l’ultima domenica di febbraio, in Europa non c’è uniformità a causa delle diverse condizioni politiche nei vari Stati.

Durante la prima guerra mondiale le celebrazioni vengono ovunque sospese. A San Pietroburgo l’8 marzo 1917 le donne scendono in piazza e guidano una grande manifestazione che rivendica la fine della guerra e dello zarismo quali condizioni indispensabili per il miglioramento delle condizioni di vita. La II° Conferenza internazionale delle donne comuniste, tenutasi a Mosca il 14 giugno 1921, fissa l’8 marzo come “Giornata internazionale dell’operaia”. Da quanto detto si evidenzia che la ricorrenza aveva una chiara connotazione ideologico-politica e laica, ma bisogna riconoscere che affronta reali e condivisi temi civili e sindacali con l’obiettivo di elevazione sociale e politica delle donne. Le vicende relative alla seconda guerra mondiale e il duro scontro ideologico della guerra fredda, contribuiscono alla perdita della memoria storica  di quelle lontane lotte politico-sindacali e delle origini della manifestazione. Così cominciano a circolare versioni senza riscontri documentali, come la morte di 129 operaie chiuse in una inesistente fabbrica Cotton di camicie a NewYork nel marzo del 1908. Probabilmente si fa confusione con una tragedia realmente accaduta a N.Y. il 25 marzo del 1911 dove in una fabbrica tessile morirono 146 lavoratori, in gran parte giovani donne immigrate. In Italia nel settembre del 1944 l’UDI prende l’iniziativa di tornare a celebrare l’8 marzo la “Giornata della donna” e viene inviata all’ONU una “Carta della donna” che contiene le richieste di reale parità di diritti e di lavoro. L’8 marzo 1946 la Giornata della donna è celebrata in tutta Italia, ormai riunificata dopo le vicende belliche, e fa la sua comparsa la mimosa, il  modesto fiore giallo che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo, e ne diviene il suo simbolo. Dalle Nazioni Unite il 1975 è designato come “Anno Internazionale delle donne” e l’8 marzo le organizzazioni femminili celebrano in tutto il mondo la ricorrenza con manifestazioni che sottolineano l’esigenza della vera eguaglianza dei diritti e dei doveri in tutti gli aspetti della vita civile. A partire da quell’anno l’ONU riconosce l’8 marzo la giornata dedicata alla donna. Nel 1977 l’Assemblea Generale dell’ONU adotta una risoluzione che proclama una “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti della donna e la pace internazionale”.

Con questa risoluzione l’Assemblea riconosce il ruolo paritario della donna e l’urgenza di porre fine a ogni discriminazione delle donne nella vita civile, lavorativa e sociale dei loro paesi.

Conclusione. Dopo più di un secolo di lotte e di ufficiali dichiarazioni d’intenti e risoluzioni da parte di organismi internazionali e dei Paesi aderenti, le donne e i bambini, in tanta parte del mondo, sono ancora discriminati, umiliati e senza il diritto inalienabile alla vita. Anche la civilissima Italia non è senza peccato: basta analizzare la cronaca quotidiana per riconoscere subito la triste realtà.         

 

 

 


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