Mercoledì 9 febbraio, il giorno del funerale di Piero, io e lui dovevamo essere a Chiavari, come tante altre volte, per una iniziativa benefica. Ma impervie vie, come canta Battiato, sono quelle della vita e, spesso, le svolte a gomito, quelle più decisive e radicali, non si scorgono né si intravvedono sino all'ultimo momento.
E' accaduto anche per lui. Ora dunque lo ricordiamo, sapendo che il ricordo, la memoria sono per noi elemento costitutivo della nostra anima immortale.
Ricordiamo un uomo buono, mite, saggio, ed amico.
Non sono parole mie. Sono le parole che Paolo VI pronunciò molti anni fa in morte di Aldo Moro. Ma, se ci pensiamo, esse si attagliano perfettamente alla persona di Piero, a quello che è stato e che certo ancora è, a quello che ci ha dato su questa terra.
Era un uomo buono. Lo sappiamo in tanti. Lo sanno, in particolare, i suoi familiari, Marcella, Francesco e Marco, i fratelli e la sorella, la mamma, l'adorata nipotina. Per loro egli ha sempre dato non quanto poteva, ma di più. Sempre, e specie nei momenti difficili, a costo anche di sacrifici e di sofferenze. Ma era buono con tutti.
Era un uomo mite. Di quella mitezza che non è mai rinuncia alle proprie idee e, se occorre, al combattimento. Ma che risulta tale proprio in forza delle proprie convinzioni, e dell'onestà intellettuale che le accompagna.
Il suo impegno sociale e politico, che era una cosa sola con le sue radici e con le sue idee, e che non lo ha mai lasciato, era efficace proprio per questo. Rifuggiva dall'esposizione pubblica, che oggi va tanto (ahimé) di moda, preferiva lavorare in disparte, si direbbe dietro le quinte (salvo un breve periodo come consigliere comunale della DC), ma nel suo impegno - e nella sua mitezza - era una vera locomotiva... Anche per questo in tanti, a partire dal sindaco di Ortonovo e dagli amministratori comunali di ieri e di oggi, sono saliti a San Lorenzo per dargli il loro saluto, e molti sono venuti anche da lontano.
Era un uomo saggio, come può testimoniare chi lo ha avuto vicino, conoscendolo bene, e come posso testimoniare io, che l'ho avuto come collaboratore prezioso e inseparabile per dieci anni. Grazie a questo nostro sodalizio, egli era conosciuto in tutta Italia e posso dire che in tutta Italia era apprezzato e considerato per le sue doti, per le sue capacità. Sapeva trarre - come indica la teologia dei Padri - "ex malo bonum": anche in ciò che lo urtava o contrariava finiva per comprendere, e per far capire, che se ne poteva trarre del bene. Così era saggio ed onesto nel lavoro: un lavoro difficile, il suo, iniziato a tredici anni, andando tutte le mattine a Spezia e tornando spesso a casa solo tardi la sera, a piedi. Chi lo ha conosciuto in Arsenale, e nel sindacato, sa che non ha mai fatto nulla per sé, che mai si è approfittato di qualcosa.
Era un uomo amico. Di tanti. Di me. E sapeva essere amico in tutti i modi possibili, anche nel silenzio, più spesso nel consiglio e nella solidarietà operosa e tempestiva. Anche di recente, in certi miei cambiamenti, in certi miei turbamenti mi è stato vicino e di conforto. Chi lo conosceva da poco mi ha detto di aver provato rammarico per non poterlo ora frequentare ancora, tanto era il suo carisma con le persone.
Piero ora vive con noi in una forma diversa. Lo sanno i credenti, ma lo sanno anche i non credenti che riflettono sul tema posto da Aldo Capitini (e da altri): la compresenza misteriosa dei vivi e dei defunti.
Piero è con noi, resta con noi. Per questo non gli diciamo "Ciao !", come se fosse uscito dalla nostra vita, dal nostro orizzonte. Credo invece gli si debba dire "Grazie !", con tanto affetto, come si dice a coloro che, in silenzio, portano a compimento un mandato ricevuto, pronti, sempre, a svolgerne altri al servizio del bene comune.
"Grazie !", dunque, amico buono e fraterno, e andiamo avanti insieme !