12 SEGNI E SIMBOLI CRISTIANI - ABITI LITURGICI.
L’abito fin dalle origini della civiltà, nasce con la funzione di coprire il corpo e di proteggerlo. Nel tempo acquista anche un altro compito specifico: segno di riconoscimento ed espressione visiva di un ruolo o di un incarico civile o religioso. Ancora oggi il camice bianco richiama il medico, così come l’abito talare nero richiama il sacerdote. Nella sfera religiosa i diversi vestiti rituali hanno un’origine funzionale, cioè, rispondono alle esigenze del culto, ma, col tempo, hanno acquisito e rivestono un significato simbolico che intende evidenziare anche contenuti legati alla fede. “Quando indossava i paramenti solenni, quando si rivestiva con gli ornamenti più belli, salendo i gradini del santo altare dei sacrifici, riempiva di gloria l’intero santuario” . (Sir 50, 11-12) Le vesti liturgiche, dunque, danno decoro, dignità e solennità alla celebrazione e rendono gloria a Dio. Il celebrante deve presentarsi al cospetto di Dio con il suo abito, materiale e spirituale, migliore: questo è il vero senso della veste liturgica. E’ altresì fondamentale che le vesti mantengano una dignitosa semplicità, senza orpelli che inducano l’idea di vanità e di sfarzo da parte di chi l’indossa. Una curiosità, le vesti liturgiche attuali, in linea di massima, somigliano molto agli abiti che la gente indossava nella vita quotidiana agli inizi della Chiesa. Infine, le vesti liturgiche sono indicate col nome di Paramenti, latino paramentum dal verbo parare = ornare, preparare.
CAMICE. E’ una lunga tunica bianca che s’indossa sopra il vestito. Esso trae origine direttamente dalla tunica che era l’abito tipico del cittadino romano. Nel Medioevo, per il suo colore bianco, era detto alba (dal latino albus, bianco). Dopo averlo indossato, viene stretto alla vita da una specie di cintura a corda, chiamata cingolo. Il bianco è il colore della luce e della purezza, quindi dei risorti e degli eletti. Bianco è anche il colore dell’abito degli angeli e di coloro che godono della presenza di Dio: “..Il suo aspetto (riferito ad un angelo) era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve.” ( Mt 28, 3 )
AMITTO. Viene indossato sotto il camice ed è costituito da un panno quadrangolare di stoffa bianca che circonda il collo e completa la chiusura del camice.
STOLA. (greco stolè, sopravveste) Paramento a forma di sciarpa che viene vestita dai ministri ordinati. Vescovi e presbiteri la indossano ponendola attorno al collo con i due lati che scendono sul davanti, mentre i diaconi la indossano trasversalmente dalla spalla sinistra al fianco destro. Anticamente si chiamava orarium, dal latino os-oris, bocca ed era un panno che, in modo particolare, gli oratori portavano attorno al collo per asciugarsi la bocca e detergersi il sudore durante le lunghe dispute oratorie. Oggi rappresenta l’insegna propria dei ministri ordinati, cioè, episcopi, presbiteri e diaconi.
CASULA. E’ l’abito della Celebrazione Eucaristica che il celebrante veste sopra l’amitto, il camice e la stola. Cambia colore a seconda dei tempi liturgici come per la stola. Consiste in una larga veste di forma circolare con un foro centrale per far passare la testa. Vuol dire piccola casa o tenda. Una particolarità: viene indossata dal neosacerdote appena ordinato con il significato di essere rivestito di Cristo. Nel mondo romano era una mantella che serviva a proteggere dal freddo e dalla pioggia. Ancora oggi, specie tra i bambini, sono usate mantelle di tessuto impermeabile che nella foggia somigliano alla casula.
PIANETA. (da planeta, veste del pellegrino) E’ la veste liturgica con la stessa funzione della casula. Di fattura più piccola, non copre le maniche del ministro. Come la stola e la casula ha il colore del tempo liturgico. Prima del Concilio Vaticano II era la veste più utilizzata per la S. Messa.
DALMATICA. Veste che il diacono indossa per la funzione eucaristica sopra il camice e la stola. Il nome trae origine dalla Dalmazia, luogo dove veniva impiegata già nel II secolo e dove, forse, venne messa a punto nella forma.
MANIPOLO. Indumento legato all’uso della pianeta e della dalmatica, soppresso dal Concilio Vaticano II. Era una striscia di stoffa uguale a quella dell’abito principale, che veniva posizionata sull’avambraccio sinistro del celebrante. Probabilmente aveva la stessa funzione originaria della stola. Sono state formulate anche altre possibili ipotesi. Da sempre e in ogni religione, la classe sacerdotale ha indossato paramenti rituali che hanno anche funzioni pratiche, oltre che simboliche. I sacerdoti del tempio di Gerusalemme, addetti ai quotidiani sacrifici di animali (soprattutto, colombe e ovini) erano soliti e costretti a indossare indumenti che li proteggessero durante la soppressione e l’offerta sull’ara. L’indumento più adatto per questa situazione era da indossare e togliere con facilità, quindi un telo rettangolare di panno con un foro al centro per la testa. In questo caso, il manipolo sarebbe stato un telo, che, oggi, chiameremmo asciugamano. appoggiato sul braccio sinistro per pulire le mani e detergere il sudore del sacerdote davanti al fuoco dell’altare. I primi cristiani di cultura ebraica per il loro sacrificio, sebbene incruento, avrebbero adottato un abito analogo, rivisto opportunamente.
PIVIALE. E’ il lungo mantello dai colori liturgici che viene usato dal vescovo e dal sacerdote durante la benedizione eucaristica o la processione eucaristica. Deriva dal latino pluvialis, mantello da pioggia con cappuccio; infatti, la sua forma s’ ispira al mantello che anticamente era usato per proteggersi dalla pioggia.
COTTA. E’ una specie di camice bianco, ma più corto, perché arriva solo al ginocchio. Dotata di ampie e lunghe maniche, è arricchita da grandi pizzi o ricami. Il suo uso si diffonde nel XVI secolo; normalmente è indossata sopra l’abito religioso, talare o saio. Questa veste viene utilizzata da coloro che prestano servizio nelle varie celebrazioni. Oggi è spesso sostituita dal camice.
VELO OMERALE. Lungo drappo rettangolare normalmente bianco e oro. Viene posto sulle spalle del ministro celebrante in segno di rispetto e amore, quando deve trasportare il SS.Sacramento (es. la processione del Corpus Domini) o benedire con l’ostensorio.
COLORI LITURGICI. La pianeta e la casula variano di colore secondo il tempo liturgico e la particolare festa celebrata. Nella vita quotidiana i colori hanno una loro forza espressiva e simbolica e sono un segno visivo molto potente, tanto che nella nostra cultura acquistano un caratteristico significato che la liturgia fa suo. Il bianco rappresenta la gioia, la vittoria, la luce, la purezza di cuore. Viene utilizzato nel tempo di Natale e Pasqua, per le feste del Signore (eccetto quelle della Passione) per quelle di Maria, degli Angeli e dei Santi non martiri. Il rosso indica amore, slancio incondizionato, sacrificio e martirio, per questo richiama lo Spirito Santo e il fuoco della Pentecoste. Normalmente è usato la Domenica delle Palme, il Venerdi Santo, la domenica di Pentecoste e nelle celebrazioni degli Apostoli, degli Evangelisti e dei Martiri. Il verde, per la sua peculiarità di colore riposante e distensivo come solo la natura sa dare, viene utilizzato nel “tempo ordinario”, cioè, nel tempo in cui non si commemora nessun evento particolare: per questo è il tempo della Chiesa. Il nero è il colore del lutto e della tristezza, così la Chiesa si veste di nero per la commemorazione dei defunti. Il viola (morello, nel rito ambrosiano), mescolanza del rosso e dell’azzurro, richiama la penitenza, l’austerità, la conversione, l’attesa e il suffragio; pertanto è il colore dei tempi penitenziali, Avvento, Quaresima e liturgia dei defunti in alternativa al nero. Il giallo oro, che significa regalità e gloria, è usato per sottolineare l’importanza di certe solennità, quindi può sostituire tutti i colori eccetto il viola e il nero.