E’ un atteggiamento umano largamente diffuso a salvaguardia del clan, della famiglia, di una comunità, di una associazione, di una azienda, di un team cercare di risolvere al proprio interno nella massima discrezione e segretezza eventuali disfunzioni, mancanze, errori, devianze. Trattenere lo scandalo nell’ambito delle mura domestiche rappresenta un comportamento protettivo dell’immagine, della dignità e della credibilità comprensibilissimo a condizione che, “nascosta la marachella”, si attuino con determinazione tutte le misure ritenute idonee alla non reiterazione. A questa considerazione va aggiunto che la Chiesa nel suo magistero promuove ed esige con estrema onestà e senza alcuna possibile riserva, comportamenti etici ben precisi che vanno vissuti e testimoniati, specie, se, vengono scelti liberamente in piena coscienza e con deliberato consenso. In ogni caso Dio si propone, ma non s’impone, pertanto la libera accettazione di determinate regole e norme canoniche, richieste dalla vita consacrata, diventano ancor più vincolanti. Analogamente il laico che sceglie il vincolo sacramentale del matrimonio in assolutà libertà, si assume doveri e comportamenti che non ammettono deroghe. In entrambi i casi, per la vita consacrata e per la vita matrimoniale, sono previsti adeguati periodi di riflessione e meditazione prima di giungere ad una decisione ponderata e definitiva. Nella sua lettera ai Cristiani d’Irlanda, il Papa, da buon “pater familias” che non vorrebbe mai punire i propri figli, neanche i più ribelli ( la parabola biblica del figliol prodigo è pertinente ), riconosce che è giunto il momento di non nascondere né minimizzare un fenomeno decisamente minoritario, ma dai risvolti mediatici devastanti. Non passa giorno che nuovi particolari, quasi cercati con studiata malizia, non aggrediscano la Chiesa e la persona del Papa. Se assieme alla devianza psichica resiste ancora un po’ di rispetto verso la fede che si voleva servire a tempo pieno, costoro ricordino che il Vangelo suggerisce quanto sia meglio legarsi al collo una macina da mulino e gettarsi in mare che restare ostinatamente a dar scandalo nella comunità. L’omosessualità e la pedofilia sono appetibili “conquiste” dell’uomo fin dai tempi preistorici, ma che s’infiltrino nella Chiesa da sempre strenuo difensore di una sessualità positiva finalizzata alla conservazione della specie nel contesto del diritto naturale e dell’equilibrio dinamico che regola il creato, non possono suscitare che sentimenti di sconcerto e di sdegno. Sempre più spesso si sentono pericolosissime e perniciose espressioni del tipo: Io credo, ma come posso offrire la mia credibilità a persone che potrebbero nascondere amare sorprese? Si dice che in ogni buona famiglia non possa mancare l’estroso, il diverso, l’atipico, il ribelle: fondamentale è l’aiuto perchè non si senta emarginato, ma è altrettanto essenziale impedire che il singolo guasti il tutto. Un’ultima considerazione: la Chiesa è una istituzione divina voluta da Gesù, quindi non può soggiacere all’errore del peccato, ma è destinata all’uomo e da lui è gestita. Solo in questa componente umana possono nascondersi errori e manchevolezze, pertanto ogni buon cristiano faccia chiarezza su questo distinguo che è primario e sostanziale. Ci provò Lutero a contestare giustamente i costumi non irreprensibili dell’apparato romano di allora, ma finì col distruggere l’essenza della Chiesa del Vangelo, senza neppure scalfire il satrapismo curiale. Ricordiamo la provenienza del dono della fede, ricordiamo il dono della Grazia che proviene dall’offerta gratuita dell’Unigenito, non trascuriamo i doni salvifici del Corpo e del Sangue, il resto non ci scandalizzi; semmai, rattristati, si chieda perdono per coloro non sanno quello che fanno. Ma è difficile pensare che ci siano individui così cinici e inumani nel fare ciò che non va fatto nella lucidità della fede professata e nella razionalità della conoscenza. Da questa riflessione potrebbe ripartire un percorso di penitenza ed espiazione per i tradimenti multipli commessi nel vivere obiettivi opposti a quelli accolti con l’unzione sacramentale.