La città di La Spezia e la sua diocesi il 13 settembre festeggiano e celebrano San Venerio quale Patrono del Golfo e dei Fanalisti d’Italia.
Non esistono biografie e notizie scritte sulla sua vita.
Sono a nostra disposizione diverse tradizioni costruite secondo gli schemi dell’agiografia medioevale che ci fanno il ritratto della sua vita di cristiano, di monaco-eremita e di missionario.
Venerio nacque intorno al 530 d.C. nel territorio di Portovenere.
Il nome si lega perfettamente alla bellezza della sua terra e al suo mare.
Giovane ed esperto marinaio, pronto a godere della libertà e dei rischi che gli orizzonti infiniti del mare e della navigazione sanno dare, prova grande attrazione per il silenzio, la pace, il clima di contemplazione e povertà del convento benedettino dell’isola Palmaria, dirimpettaia di Portovenere.
In questo luogo di raccoglimento e semplicità decide di dedicare la sua esistenza all’amore di Dio, alla penitenza e alla preghiera con l’aiuto materiale e spirituale della regola benedettina.
Sebbene la moderna critica storiografica sia restia a riconoscergli il titolo, la tradizione vuole che il vecchio abate, sorpreso ed ammirato dei suoi progressi nella vita monastica, lo indicasse come suo successore.
Forse infastidito dalla fama della sua santità e, forse, anche, dalla rilassatezza della tensione religiosa dei suoi confratelli, a cui non riusciva a porre rimedio, abbandonò l’abbazia ritirandosi a vita eremitica sulla vicina isoletta del Tino.
In ogni tempo la “fuga dal mondo”esprime fuga dalle tentazioni, dal potere, dal lusso, dai godimenti, dai piaceri per poter più intimamente e intensamente vivere l’amore di Dio, che è anche amore per gli uomini, che sono, sempre e comunque, fratelli.
Così, mentre prosegue l’approfondimento e la ricerca di Dio, aiuta i vecchi compagni marinai, suggerisce l’introduzione di innovazioni tecniche per rendere meno precaria la vita sul mare, come la “vela latina” più sicura e maneggevole.
Affiancando i pescatori nella loro dura fatica, non può non parlare di quegli altri pescatori che Gesù fece “pescatori di uomini”: la similitudine è logica e spontanea da non poter essere trascurata.
Dal suo eremo del Tino, Venerio partecipa alle vicende del mondo; infatti fu prodigo di consigli e di sostegno agli uomini della terraferma e ai marinai perché potessero dare un senso alle loro esistenze.
A quanti vorrebbero sdebitarsi in segno di gratitudine, li invita a donare ai poveri quanto a lui destinato; per sé basta quanto la propria fatica riesce a procurargli.
Raccoglie legna dalla folta vegetazione dell’isola e accende fuochi nel punto più alto per orientare i naviganti nei giorni di tempesta e nelle notti buie.
Al di là degli aneddoti e dei racconti medioevali, emerge la figura di un uomo dalla santità non astratta, sempre legata alla realtà da cui si è isolato, bisognosa di aiuto.
Sempre la tradizione ci dice che, ancora infastidito dall’eccessiva attenzione verso la sua persona e vicenda spirituale, mise in atto la “seconda fuga” verso la Corsica.
Tornò nella sua piccola isola-eremo poco tempo prima di morire, intorno al 630 d.C. Sulla sua tomba venne edificato un monastero dal quale i monaci continuarono la sua opera di bene presso le popolazioni del mare e dell’entroterra.
Furono decenni di grandi mutamenti politici e sociali: da terra le invasioni barbariche ( in Liguria e Toscana i Longobardi ), dal mare le micidiali incursioni dei Normanni e dei Saraceni, che ebbero la meglio sulla debole flotta bizantina, resero assai complicata e perigliosa la vita delle inermi popolazioni abbandonate a se stesse dai vari e mutevoli poteri politici e militari.
L’unica autorità in grado di alleviare le difficoltà è quella religiosa ed in particolare l’azione dei monasteri, tipo quello di San Venerio.
Anche da morto San Venerio restò nel cuore delle genti del Golfo, tanto che, circa un secolo dopo la sua morte, quando queste terre vennero attaccate dalle navi saracene e poi normanne, per gli abitanti di Portovenere il primo pensiero fu quello di porre al sicuro le spoglie del santo eremita.
Il vescovo di Reggio Emilia, che aveva la giurisdizione sull'area di Luni e di Portovenere, dispose di trasferire la salma di San Venerio a Reggio E., intorno all’anno 830.
Il corpo del Santo venne custodito nell’abbazia benedettina di S.Prospero di Reggio E. e insieme a San Prospero divenne copatrono della città.
Nell’attuale chiesa dei SS.Pietro e Prospero è ancora conservato il corpo, mentre il capo, su disposizione del papa Giovanni XXIII del 1959, venne restituto alla diocesi della Spezia e si trova nella chiesa abbaziale di Santa Maria.
Ogni anno con una solenne processione in mare la reliquia torna nella sua isola per alcuni giorni di celebrazioni.
Appaiono sorprendenti le analogie tra i tempi di Venerio con i presenti: le grandi rivoluzioni e scontri di civiltà, il rimescolamento di culture e di lingue. Allora le invasioni barbariche dopo innumerevoli vicissitudini determinarono nuovi equilibri, oggi le immigrazioni di massa e la globalizzazione indicano che stiamo andando verso un nuovo sistema sociale del quale non è possibile prevedere i contorni.
Per queste ragioni molti insegnamenti e comportamenti di Venerio acquistano nuovo vigore e attualità.
La preghiera a San Venerio suggerisce di dire “si” al Vangelo e trovare in esso la guida e gli strumenti nei rischiosi tempi dei cambiamenti epocali.