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Abbiamo perso la memoria
di Stefania Del Nero
Abbiamo perso la memoria di
cosa è avvenuto a Betlemme e il perché di quella nascita…non dobbiamo
dimenticare da dove veniamo.
Abbiamo passato da qualche giorno il Natale e ora riponiamo per un altro anno
tutto quello che abbiamo tirato fuori dalle nostre scatole per fare il presepe,
l’albero e tutto ciò che nella nostra casa ci ha permesso di dare un segno al
Natale. Ma il Natale non è un momento, non è un giorno dell’ anno, non è
apparenza, quel presepe, quell’albero ci dovrebbero aver trasmesso, ogni volta
nel corso degli anni della nostra vita qualcosa di straordinario, che è
avvenuto e che avviene quando lo desideriamo, che è essenziale, prezioso e che
ci accompagna nella nostra vita quotidiana, che è stato donato da 2022 anni a
ciascun uomo – donna…..che lo cerca…..Quell’albero quel presepe ricco di
significato cristiano, nel momento in cui l’ abbiamo iniziato a preparare, o veduto
nei vari luoghi, ci dovrebbe aver portato a non fermarci solo all’apparenza, ma
a rivivere, a riflettere e quindi a meditare ponendoci delle domande molto
importanti per noi, perché lo festeggiamo il Natale ? chi siamo ? da dove
veniamo ? perché siamo qui ???? e dove andremo a finire alla fine del nostro
pellegrinaggio terreno ??? di
conseguenza dovremmo avere il desiderio, la volontà di volerlo rivivere quel
benedetto giorno, per cercare di capire perché Dio si è fatto uomo, perché è
disceso sulla terra ??? ed esserne sempre più alla ricerca e di volerlo
conoscere, di entrare in relazione con Lui, per provare a dare delle risposte
alle nostre domande, anche perché abbiamo la certezza e la sicurezza che un
giorno che non sappiamo quando saremo di fronte a colui che ci ha creato ed al
quale dovremmo render conto della nostra vita vissuta sulla terra, “questo è il
tempo che ci è stato dato e qui dobbiamo operare”…. “Chi ci ha creato senza di
noi, non può salvarci senza di noi. Ma ahimè, se avessimo capito il senso del
natale non avremmo perso il vero suo senso e non avremmo trasformato piano
piano questa preziosa festa cristiana in una sempre più festa pagana, di
conseguenza ci saremmo impegnati sicuramente di più a trasferire il valore del
Natale nel nostro quotidiano 365 giorni all’anno, e ci verrebbe il desiderio di
conoscerlo, di incontrarlo e di non perdere più del nostro tempo prezioso,
prendendo in mano La Sua Parola ( Il Vangelo ), e facendoci anche aiutare dalle
preziose omelie dei nostri preziosi sacerdoti. Parola che ci è stata donata
grazie alla sua venuta tra di noi. Venuta tra di noi per guidarci nelle nostre
azioni – gesti – comportamenti nel nostro stile di vita per volerci veramente
bene l’uno con l’altro ed essere fra noi, grazie a Lui, veri fratelli, ma
fratelli veri non falsi fratelli che si amano uno con l’altro che non si fanno
del male uno con l’altro e si rispettano reciprocamente.” Amerai il tuo
prossimo come te stesso “ci ha detto, quindi non dobbiamo fare agli altri
quello che non vorremmo gli altri facessero a noi, avere il solito metro che
utilizziamo per noi e per gli altri senza distinzioni. Purtroppo nel corso
degli anni, mi voglio ripetere, e ahimè nei miei 54 anni quante, quante volte
purtroppo è successo, nel riporre quelle scatole spesso, senza nemmeno averne
la consapevolezza abbiamo rinchiuso anche Lui come se fosse il vestito di babbo
natale e quindi anche il senso del tutto, il perché Dio si è fatto bambino ed è
venuto sulla terra e perdendone il senso l’abbiamo rifiutato messo da parte e
vissuto i nostri giorni della nostra vita, come se non ci fosse, come se non
fosse mai venuto e di conseguenza spesso ma troppo spesso senza rendercene
conto, ci siamo sempre più allontanati da Lui dal nostro Dio dell’amore
facendoci del gran male, perché comportandoci così non solo non abbiamo
rivissuto quello che è avvenuto a Betlemme 2022 anni fa, ma non ci siamo
neppure impegnati a relazionarci con Lui nel nostro quotidiano. Dio si è fatto
come noi per farsi conoscere, per stare con noi, ogni giorno in tutte le nostre
giornate. Dio si è fatto come noi per farci come Lui. (Come cantiamo nel canto
natalizio) quindi ognuno di noi dovremmo ogni giorno impegnarci a farlo
crescere dentro di noi, resistendo sempre di più al male che ognuno ha dentro e
che ha attorno, che come sappiamo non è poco…siamo peccatori…. Lui è venuto
anche per liberarci dal male …solo un Dio che ci ama alla follia poteva fare
tutto quello che ha fatto per ciascuno, non solo ci ha creato, ci ha donato
l’anima, ma ha cura della nostra anima e ci ha donato attraverso Gesù tutti gli
elementi per cercare di tenerla più sana possibile o per salvarla. Se ci
pensiamo la nostra anima è l’unica cosa che veramente possediamo e quindi la
sola, che ci portiamo via al termine del nostro pellegrinaggio terreno. E’
disceso dal cielo perché ci ama così tanto e sa che siamo fragili, deboli,
siamo uomini e che senza di Lui non possiamo farcela, se no la sua venuta non
sarebbe servita, se fossimo stati in grado di farcela da soli …senza di Lui ….
Ha deciso di nascere in una famiglia, quanto ha a cuore la famiglia, diceva S. Giov.
Paolo II la famiglia è lo specchio in cui Dio ti guarda e vede i due miracoli
più belli che ha fatto: donare la vita e donare l’amore.
Dio desidera che ci amiamo, siamo stati creati per amare ed essere amati. E
quanto vuole che c’è amore all’interno della nostra famiglia, ma amore vero,
per questo è venuto in nostro soccorso, mi ripeto è nato per stare con noi per
aiutarci se lo vogliamo a farlo crescere dentro di noi ma sta alla nostra
libertà deciderlo, libertà che ci ripresenta per ogni giorno che rimarremmo
sulla terra, quindi, libertà di bussare alla sua porta per condividere con Lui
la nostra vita ed impegnarci a seguire la sua strada che è quella della pace, giustizia,
fratellanza dell’amore, oppure scegliere e seguire altre strade.
Quando riponiamo quelle scatole per riaprirle il prossimo anno, non riponiamo
ance Lui, perché è di Lui che abbiamo in assoluto più bisogno nelle nostre
giornate della nostra vita, e non dimentichiamoci mai chi siamo, siamo
cristiani, siamo figli suoi, di Dio, e che abbiamo ognuno il solito padre e la
solita madre, siamo tutti fratelli fra noi, e fra noi dobbiamo ogni giorno
volerci bene, e abbiamo bisogno ora più che mai dell’impegno di ciascuno.
Buon cammino di conversione quotidiano a ciascuno di noi, e quindi Buon anno a
noi tutti con nostro Signore e sua Madre.
Allego una bella preghiera che avevo già scritto al nostro Sentiero qualche
tempo fa di Padre Valfredo ma è per noi molto riflessiva….
“ Madre di Gesù a cui è stato affidato tutto il genere umano, noi tuoi figli
affidiamo nelle tue operose e misericordiose mani tutti i nostri cari, perché
possono avere quella luce che viene dal cuore di Cristo, dalla mente di Cristo
e dallo Spirito Santo. Educa noi tuoi figli e i nostri cari ad essere secondo
il cuore di Dio, cosi la pace regnerà tra noi e i nostri comportamenti saranno
graditi a te come graditi a Gesù, e l’armonia nascerà nelle nostre famiglie:
regno di pace, di serenità e di vero amore e cammino verso la fede.
Madonna delle conversioni, prega per noi
Stefania Del Nero 14/1/22
16 Gennaio 2022
Parole dette dalla nostra guida terrena Papa Francesco all’Angelus “Dio vuole
per noi il meglio ci vuole felici …Per Gesù non ci sono secondi fini.
Da suor Lucia di Fatima lette
da un sacerdote …prese dal messalino.
Non bisogna aver paura “verrà un momento in cui la battaglia decisiva fra il
regno di Cristo e Satana sarà sui matrimoni e sulla famiglia.
E coloro che lavoreranno per il bene della famiglia sperimenteranno la
persecuzione e la tribolazione, ma non bisogna avere paura perché la Madonna
gli ha schiacciato la testa.
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Giornata mondiale del malato
di Enzo Mazzini
Oggi, 11 febbraio, si celebra
la "Giornata Mondiale del Malato". È questa una festa voluta nel 1992
da Papa Giovanni Paolo II, per non dimenticare chi soffre ed anche chi si
prende cura del malato. Fra l'altro la data scelta per
questo importante appuntamento è molto significativa: in questo giorno ricorre
infatti la festa della Beata Maria Vergine di Lourdes. Maria, la nostra Madre
Celeste non abbandona mai i malati ed è sempre vicina ai suoi figli che
soffrono ed esorta tutti noi ad essere vicini ai nostri fratelli sofferenti e
ad assisterli e consolarli. Anche Papa Francesco ci esorta
ad essere vicini ai malati, ribadendo che "la vicinanza è un balsamo
prezioso, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia. In quanto
cristiani, viviamo la prossimità come espressione dell'amore di Gesù Cristo, il
buon Samaritano, che con compassione si è fatto vicino ad ogni essere
umano". In questa occasione Papa
Francesco esprime tutta la sua partecipazione al dolore dei malati ed invia un
toccante videomessaggio in occasione dell'odierna XXX Giornata Mondiale del
Malato, esternando la sua riconoscenza a tutti
coloro che, nella Chiesa e nella società, stanno con amore accanto ai malati e
rivolgendo "un pensiero pieno di gratitudine a tutti coloro che nella vita
e nel lavoro stanno ogni giorno vicino a loro: ai familiari e agli amici, che
assistono i loro cari con affetto e ne condividono gioie e speranze, dolori e
angosce. Ai medici, alle infermiere e agli infermieri, ai farmacisti e a tutti
gli operatori sanitari, come anche ai
cappellani ospedalieri, alle religiose e ai religiosi degli Istituti dedicati
alla cura degli infermi e ai tanti volontari: ce ne sono tanti dei volontari! A tutte queste persone
assicuro il mio ricordo nella preghiera,
perché il Signore doni loro la capacità di ascoltare i malati, di avere
pazienza con loro, di prendersene cura in modo integrale: corpo, spirito e
relazioni. E prego in modo particolare per tutti i malati, in ogni angolo del
mondo, specialmente per coloro che sono più soli e non hanno accesso ai servizi
sanitari". Molto coinvolgente la Santa
Messa celebrata dal nostro Vescovo, S.E. Rev.ma Mons. Luigi Ernesto Palletti,
nella Chiesa di San Pietro Apostolo di Mazzetta (La Spezia) in occasione della
odierna "Giornata Mondiale del Malato" e davvero profonda la sua
omelia nella quale ha sviluppato il tema indicato dal Santo Padre: "Siate
misericordiosi come anche il Padre vostro è misericordioso", come di
seguito riporto: "Celebriamo dunque anche quest'anno, insieme, questa
festa particolare della Beata Maria Vergine di Lourdes e lo facciamo proprio
con quello che era il suo desiderio,
ovvero la vicinanza alla sofferenza, al malato, quella vicinanza per cui
Lei realmente è apparsa ed ha voluto farci i suoi doni, inviarci il suo
messaggio, donarci la sua presenza e richiamarci alla conversione. Ecco, tutto questo lo vogliamo
vivere insieme, accogliendo anche il tema di questa giornata che vede
particolarmente posta l'attenzione sul malato ma anche su chi lo cura,
ricordandoci come malattia e cura devono sempre andare di comune passo. Se è
giusta e doverosa l'attenzione verso il malato, è altrettanto doveroso avere
l'attenzione verso chi lo cura perché l'uno e l'altro sono persone e dunque
portano con sé una propria identità, una propria caratteristica, una propria
sensibilità. Il malato va accolto non
semplicemente nella sua malattia, ma nella sua storia, perché noi sappiamo che
se la malattia tocca il nostro corpo, di
fatto però interpella tutta la nostra vita e la nostra vita non è fatta di un
solo momento, ma è fatta di un passato, certamente legato a tanti ricordi ma
anche ad effetti che poi si riverberano sul presente ed è fatta in funzione di
un futuro che spesso la malattia rischia di deformare e di far spegnere quella
tensione che normalmente è giusto che noi abbiamo. E dunque la prima scelta è
quella di personalizzare la presenza, personalizzarla perché il malato è
persona e dunque, pur avendo la stessa malattia di altri, non ce l'ha nello stesso
modo di altri. Ognuno la stessa malattia ce l'ha in un modo personalizzato
perché la vive in un determinato modo, perché ha una determinata ricaduta,
perché ha una determinata sensibilità e allora, di conseguenza, anche essere
vicini, o meglio ancora compartecipare,
non può essere uno, per tutti uguale, ma deve cogliere l'attenzione alla
persona e dunque veramente ogni persona è un mondo grande in comunione con gli
altri perché siamo delle persone in relazione. Però, nel contempo, ognuno ha
una sua specificità. Allora se c'è una malattia, che viene così fortemente
personalizzata, richiede per sua natura ancora più attenzione perché sappiamo
che il corpo di una persona e la persona non possono mai essere separati gli
uni dagli altri: quando si tocca uno, si toccano tutti gli altri. E nello stesso tempo ci viene
chiesto, dopo questo messaggio, che nelle parole del Papa è molto forte, di
scegliere proprio quel "toccare", ovvero di non limitarci a capire,
ad amministrare la cura, certamente anche indirizzare la persona, ma in un modo
quasi asettico, distaccato, lontano,magari tecnicamente anche perfetto, ma di
fatto non in comunione. Invece, bisogna porre questa attenzione ad una cura che
è capace di "toccare" e ricordiamo che ogni volta che ognuno di noi
tocca qualche cosa, a sua volta è toccato. Non esiste che ci sia un oggetto,
una persona, una realtà che io posso toccare senza che questa realtà tocchi
anche me e questo ci porta, allora, a quella compartecipazione profonda che è
certamente un gesto umano, ma che per noi, nella fede, deve diventare qualcosa
di ben più grande: è il gesto del Signore Gesù che si fa presente, si fa
presente a noi perché ci ricorda: "Ogni volta che avete fatto questa cosa
ai miei fratelli più piccoli, l'avete fatta a me". Ma si fa presente anche al malato perché
ricorda quanto sia importante questa sollecitudine che Lui pone proprio
nell'infondere, nel porre nei fratelli, questa capacità di vicinanza e, di
conseguenza, di speranza sapendo, come ci ha anche ricordato il Santo Padre,
che purtroppo non tutto può essere guarito. Anche se la scienza ha fatto passi
da gigante in questi ultimi decenni, molti sono ancora gli interrogativi e,
risolti i quali, purtroppo lo sappiamo, ne sorgeranno molti altri. Però se da
una parte è vero che non tutto può essere guarito, è ancora più vero che tutto
può essere ben curato e non è un modo di dire. Perché per poter essere curato
bisogna che sia toccata veramente la profondità della persona e ci sono
malattie che sono del corpo, ma ci sono malattie che sono dell'anima, malattie
che sono della mente, malattie che in fondo sono sempre della persona, ma non
di una persona semplicemente che è caduta in questo, ma una persona che,
proprio incontrando la malattia, è chiamata a partecipare profondamente al
mistero del Cristo Crocifisso. E allora riscopriamo veramente quel mistero
grande, sia chi lo partecipa in prima
persona, sia chi deve stare vicino ed
altrettanto chi in prima persona, sia
pure ad un titolo diverso, sia la cura
stessa che deve essere amministrata e somministrata e per cura non intendo
semplicemente quella clinica, la quale è importante e fondamentale, ma sottolineo anche quella della vicinanza,
della relazione, della compartecipazione, a volte anche del silenzio,
certamente del poter toccare. Abbiamo
vissuto per due anni questa situazione del non potersi toccare; ora sembra che
la pandemia pian piano vada diradandosi e speriamo che questo diventi per tutti
motivo di profonda revisione della propria esistenza perché il pericolo invece è che tutto cambi e deve
essere dimenticato e tutto torni come prima. Ecco allora questa attenzione che
noi siamo chiamati ad avere. In questa attenzione allora non ci saranno più
tentazioni di fuga, né tentazioni di morte, né tentazioni di disperazione, ma questo a condizione che vicino a fratelli
e sorelle nella sofferenza ci siano fratelli e sorelle capaci di porgere la
mano, toccare e rimanere presenti. Ecco, accogliamo così il
messaggio di Lourdes, cosa ci viene chiesto nel corpo e nello spirito, secondo
la vocazione che ciascuno di noi ha ricevuto". Alla celebrazione sono
intervenute le rappresentanze delle associazioni del volontariato verso le
persone sofferenti e, fra tutte, l'
Unitalsi che ha la sede provinciale proprio nella Parrocchia di Mazzetta, la
cui Presidente ha anche dato lettura del messaggio di Papa Francesco in
occasione della odierna Giornata Mondiale del Malato, di seguito riportato: "Come non ricordare i
numerosi malati che durante questo tempo di pandemia hanno vissuto, nella solitudine
di un reparto di terapia intensiva, l'ultimo stralcio della loro esistenza,
certamente curati dai generosi operatori sanitari ma lontani dagli affetti più
cari, cioè le persone più importanti
della loro vita terrena! Ecco allora l'importanza di avere
accanto dei testimoni della carità di Dio che, sull'esempio di Gesù per misericordia del Padre, versino sui
malati l'olio della consolazione e il vino della speranza. Penso ai medici, agli
infermieri, ai tecnici di laboratorio, agli addetti all'assistenza e alla cura
dei malati, come pure ai numerosi volontari e quanti operano nelle associazioni
di volontariato, ai medici volontari che dedicano il tempo prezioso a chi
soffre. Cari operatori sanitari e cari
volontari, il vostro servizio accanto ai malati, svolto con amore e competenza,
trascende i limiti della professione per diventare una missione. Le vostre mani
che toccano la pelle sofferente di Cristo possono essere segno delle mani
misericordiose del Padre. Siate consapevoli della grande
dignità della vostra missione, come pure della responsabilità che comporta. A
tal proposito vorrei ricordare che la vicinanza agli infermi e la loro cura
pastorale non è compito solo di alcuni
ministri debitamente dedicati: visitare gli infermi è un invito rivolto da
Cristo a tutti i Suoi discepoli. Quanti malati, quante persone anziane vivono a casa ed
aspettano una visita! Il ministero della consolazione è compito di ogni
battezzato che sia memore della parola di Gesù: "Ero malato e mi avete
visitato".
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I 5 PRECETTI DELLA CHIESA
di Antonio Ratti
I 5 PRECETTI DELLA CHIESA
La sacra Scrittura sostiene
con chiarezza che il Creatore non ci ha voluto robotizzare come macchinette,
ma ci ha voluto esseri pensanti, lasciandoci liberi di amare, ma anche di
odiare e compiere il male. L’esempio più eclatante è la disobbedienza compiuta
da Adamo ed Eva, che ha capovolto l’esistenza, reso instabile, fragile verso le
tentazioni, orientato all’errore e al male l’intero genere umano. Noi non siamo
in grado neppure di immaginare come sia stata la bellezza del vivere nell’Eden (paradiso
terrestre), mentre i nostri progenitori hanno vissuto il prima e il dopo,
compresa la prima tragedia familiare: l’odio e l’assassinio tra fratelli. Penso che abbiano pesantemente avvertito la
differenza, ma la presunzione e l’arroganza offrono solo bocconi amari. Fatta questa premessa,
ricordiamo che il Compendio del Catechismo dice: “I cinque precetti della
Chiesa hanno come fine di garantire ai fedeli il minimo indispensabile dello
spirito di preghiera, della vita sacramentale, dell’impegno morale e della
crescita dell’amore di Dio e del prossimo.”
( n.431 ) Allora cosa sono i
precetti? Forse i più anziani ricordano
come fino agli anni ’60 del secolo scorso erano oggetto di studio per la
preparazione dei fanciulli alla 1° Comunione e dei ragazzi alla Cresima. I cinque precetti facevano parte del Catechismo promulgato nel 1912 da papa San
Pio X. Il termine precetto ( = comando, ordine ) non è molto simpatico a
nessuno, poiché impone di fare o di non fare qualcosa. Sappiamo dalle Scritture
che neppure nella prima famiglia regnava amore, disponibilità e armonia;
difatti dalle scarne notizie che abbiamo è più che sufficiente comprendere il
clima che vi si respirava. Eppure, è
evidente come in ogni famiglia, oltre alle normali regole della vita umana, siano
necessarie anche specifiche regole che esprimono la consapevolezza di
appartenenza al proprio nucleo familiare e accrescono la reciproca
responsabilità ( orari, ordine delle cose, tradizioni, abitudini consolidate );
in una parola: condivisione. La comunità cristiana, oltre
ai fondamentali 10 Comandamenti e alle norme comportamentali che il Vangelo
suggerisce, nel corso dei secoli ha sentito l’esigenza di darsi alcune regole
per salvaguardare un minimo di vita cristiana e manifestare il proprio legame
con la Chiesa. La partecipazione
all’Eucarestia domenicale ( Messa ), la Confessione dei peccati una volta
l’anno ( molto meglio dire la Riconciliazione con Dio chiedendo perdono ), la
Comunione almeno a Pasqua, il digiuno nei giorni e nei tempi stabiliti, il
sostegno ai bisogni materiali della Chiesa, sono i cinque segni minimali per
dire la propria appartenenza alla comunità cristiana. Non dimentichiamo
che con il minimo si sopravvive, ma non si vive degnamente né nel corpo, né
nello spirito.
Antonio Ratti
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