Nessuna morte è per sempre
Davanti ai cancelli dei
cimiteri, in questi giorni, c’è tanta gente. Una processione, un
pellegrinaggio. E’ forte ancora in Italia l’affezione ai propri morti. Ci sono
ancora nonni e padri e madri che quasi ogni domenica passano a portare un fiore
sulla tomba di famiglia; così come si va a trovare i parenti, alla domenica si
va dai propri morti. Qualcuno davanti a quelle tombe parla fra sé con quelli
che ama. In un dialogo semplice che la morte non ha spezzato; nella certezza
che c’è un destino buono che ci attende, dopo.
Mi chiedo però quanto passi, di questa affezione, ai nostri figli. Perché c’è
un abisso fra le feste di Halloween che usano fra i ragazzi oggi, e quel culto
cristiano dei morti. Due sguardi agli antipodi: la morte pagana, tenebre
affollate di spaventevoli spettri e quella cristiana: nel dolore, la certezza
della resurrezione in Cristo.
Portiamoli con noi i figli, il 2 novembre, sciogliamo l’aura di freddo e di
paura che si associa istintivamente ai cimiteri, in questa antica certezza
ereditata: nessuna morte è per sempre. L’oltretomba non è un abisso senza
ritorno, luogo di fantasmi e di nulla, da esorcizzare in un carnevale
falsamente allegro. (Le fondamenta della nostra fede: se Cristo non fosse
risorto dai morti, dice san Paolo, noi cristiani saremmo i più infelici fra gli
uomini).
Che il 2 novembre sia un giorno di memoria ereditata e trasmessa. Dai padri ai
figli.
Da “NOI, genitori e figli”.