N° 5 - Maggio 2021
Storie dei lettori
  Dal Diario di un Pellegrino
di Gualtiero Sollazzi


DICE IL SAGGIO ….

La saggezza è in crisi. Spia ne sono i vecchi, considerati i tradizionali serbatoi e ora umiliati, da certe trasmissioni come “sciocchi inutili.” Regnano, invece, in TV, finti saggi in poltrona, con ricco gettone, che pontificano su tutto: dalla lumaca indonesiana, all’alimentazione spaziale e anticipano la Magistratura nel imbastire processi con tanto di sentenza. Con grande sprezzo del ridicolo, purtroppo, vista l’inconsistenza culturale dei più ( fake news ). Formano come una “compagnia di giro” che passa da una trasmissione all’altra, col muto benestare di chi dovrebbe mettere qualche pezza all’indecenza. Eppure il bisogno c’è di persone sagge. In politica come in ogni altra istituzione.
I giovani sono quelli che sentono di più questo vuoto, e ne pagano un prezzo assai alto. Così, il discorso sulla saggezza si è fatto battuta da cabaret: “ Dice il saggio…

Se è per un sorriso, vada; ma se attraverso una pungente ironia se ne celebra il funerale, sono guai. Non siamo, però, alla frutta. Esistono persone che nel silenzio di un monastero, su un divanetto di casa o in una modesta canonica, danno tanto: basta cercarle. Ricordando un consiglio del Siracide:

“Se vedi una persona saggia, il tuo piede logori i gradini della sua porta.”


  Il mio paese
di Romano Parodi


Il mio paese


Anche le pietre mi parlano: qui, è casa mia. Ed io seduto sul solito muretto
della rotonda, ti guardo come se fosse la prima volta.
Non c'è molto, qui. Ma questa è casa mia.
Sono stato sempre qui, faccio parte dell’ambiente, come un albero.
Paese mio, uno ad uno hai germinato i miei geni nella terra :
a tempo debito farai con me lo stesso, e mille altre albe
vedrò da questo colle.


La mia terra

(Un lontano ortonovese)

Mio padre non mi ha mai perdonato ch’io abbia lasciato la terra; ma non potevo più sopportare il passo del mio asino sull’acciottolato dei sentieri e le ruote traballanti del carro carico di miseria o di nulla.
Tre piane di ghiaia riarsa ai Calisciari non sono la terra.
Non è lavoro, non è raccolto quando il granturco ingiallisce senza granire, e con la marra si ritrova senza figli la fetta di patata che s’era messa per seme.
Non è bello né giusto quando gli alberi si stancano subito dopo la primavera e si sbracciano sfiniti come se avessero già fatto il loro dovere.
Non è vivere quando i poggi di Ortonovo si sfaldano al sole.
Nessuno sa quanto io abbia sofferto a lasciare la mia terra, ma la terra non è il digiuno a tutto quello che si desidera, la terra non è che i giovani non possano mai sorridere.
Io non ho lasciato la terra, ho lasciato la millenaria tristezza dei contadini poveri della mia terra.

 

Bebè, i suoi murales, il suo paese


Un uomo che lavora con le sue mani è un operaio; un uomo che lavora con le sue mani e il suo cervello è un artigiano; ma un uomo che lavora con le sue mani, il suo cervello e il suo cuore è un artista.
Nel linguaggio e nella comunicazione, anche visiva, la cosa più difficile è trovare le giuste parole per trasmettere un messaggio. Nei disegni del nostro artista il messaggio è chiaro e forte: la sua vita, i suoi murales dicono una cosa sola: Amore per il proprio paese.
Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nei sassi, nella terra c’è qualcosa di tuo, e, che anche quando non ci sei, è lì, e resta ad aspettarti.
- “Io ce l’ho nella memoria tutto quanto, sono io stesso il mio paese: basta che chiuda gli occhi e mi raccolga… per sentire che il mio sangue, le mie ossa, il mio respiro, tutto è fatto di quella sostanza; e oltre me e quei sassi non esiste più nulla. Bisogna averci fatto le ossa, averla nelle ossa come il vino e la polenta, allora la conosci senza bisogno di parlarne”. (C.Pavese).   Questo dicono i murales di Albè.
Anch’io, come Albè, quando penso al mio paese, mi sembra di essere io stesso il mio paese, penso che potrei camminare a occhi bendati, come G’ièpe - vi ricordate di G’ièpe! -  Indicare i metri esatti in cui finiscono i vicoli e inizia la piazza, troverei come lui le case di ogni suo abitante, perché i luoghi che amiamo sono come le persone: identificabili da un nonnulla.
Nella mia vecchiaia ho bruciato ogni memoria come un focolare misero, ma non il mio paese.
1910. Un poeta a noi caro, quando passò col treno nella piana di Luni, guardò in su e lo indicò a Viani: “nessuno immagina, cosa sia per me, quel borgo e questa materna terra che attraverso come un traditore”.
1944. Dalla rotonda della Madonna, Carlin d P’k’iè disse: “un giorno laggiù
sarà tutta una città e a Ort’nò resteranno quattro gatti”

 

“Ort’nò a cauado a ‘n bo”


Riflesso sul tuo spicchio di mare lontano,

adagiato sul tuo caval muggente,

sorridi* al tuo strano destino:

guardi a valle la città irredenta, madre,

che ti ha dato la vita e or se la riprende.


(Sorride perché torna nel grembo materno)

Romano

  Un meteorite chiamato COVID19
di Patrizia



Tutto ebbe inizio nel febbraio2019 a Wuhan, una città della Cina. Proprio lì gli abitanti presero a fare i conti con il nuovo Corona virus. Divenuto poi Covid 19 Un terribile virus appartenente ad un nuovo ceppo di Coronavirus ed identificato da un medico cinese, che diede da subito l’allarme.
Questa rivelazione non fu per nulla presa in considerazione. Tanto che da lì a poco il virus attaccò chiunque.
Crebbe così a dismisura il contagio in tutte le nazioni, con gli ospedali al collasso ed i numeri dei decessi spropositati.
Inizialmente si pensò che il contagio fosse scaturito da alcuni esami di laboratorio. Smentito conseguentemente perché appartenente ad una famiglia di virus provenienti da animali.
Anche il medico cinese perse la vita, dopo aver contratto la malattia.
La pandemia comunque è stata accompagnata inizialmente da un’ondata di notizie fuorvianti, che provocarono molto panico.
L’Italia con la data del 21febbraio prese a combattere con il Covid 19 senza sosta. Per arrivare ancora ai giorni nostri.
La sera tramite i telegiornali prendemmo conoscenza che la prima persona contagiata fosse un uomo di Codogno. Paziente n°1 di una interminabile lista.
Nostro malgrado, l’Italia capì che il Covid 19 avrebbe fatto più male di una semplice influenza. Presentandosi tramite polmonite anomala.
Le terapie intensive e le sale rianimazioni della Lombardia, la regione più colpita non erano più in grado di supplire a tutte le richieste di ricovero.
L’emergenza sanitaria si adoperò per organizzare strutture attrezzate ad ospitare pazienti in tutto il paese. Una lotta contro il tempo.
Infermieri e medici, a capofitto sui malati con tanta dedizione e professionalità, continuarono stremati la loro missione.
Innumerevoli medici di famiglia persero la vita anche per la mancanza dei presidi che li preservassero dal contagio.
Già dalle prime notizie riguardanti il Covid 19 ci parve tutto pericoloso ed inquietante. Mai avremmo pensato che in poche settimane fosse sconvolto il mondo intero. Mettendo a soqquadro strutture e pratiche sanitarie.
Abbiamo capito quanto il bene comune dipenda certo dai governanti, ma non dipende meno da ciascuno di noi.
La prima settimana di marzo 2020 l’Italia cambiò! Una chiusura generale fermò tutto il paese. Tranne i servizi essenziali. Si fermò anche l’Europa. Questo primo look down ebbe inizio.
Nel lungo periodo di chiusura che segnò la nostra mente ci rendemmo consapevolmente conto della nostra fragilità. E quanto ciò che possediamo e per il quale corriamo ogni giorno, possa in un attimo svanire.
Abbandonammo le auto gli hobby le agende piene di impegni e tanto altro. Senza se e senza ma.
Nel frattempo il governo stilò decreti ed incollati ai televisori assorbimmo immagini scioccanti. Arrivavano dagli ospedali, dai cimiteri e dalle città deserte.
Le stragi di persone anziane nelle R.S.A. non si contarono più.
In tutta Italia e particolarmente a Bergamo.
I responsabili delle strutture non ebbero il tempo per rendersi conto delle infinità di pazienti ed impiegati contagiati. I decessi, intrapreso così la loro silenziosa ascesa.
Sempre dai nostri telegiornali giunsero strazianti notizie di giovani che prematuramente persero la vita.
Per trascuratezza delle regole e per il caso del destino. Quanto dolore! Vi sono persone che non credono al distanziamento sociale. Altre pensano che la mascherina sia dannosa. Senza riflettere che va a repentaglio la vita di ognuno di noi.
Questa catastrofe ha bloccato il movimento di persone e l’economia mondiale.
Famiglie e famiglie si sono ritrovate in povertà e desolazione.
Ha sconvolto la nostra vita e continua a farlo.
Oltre a seminare morte, tristezza, dolore e rabbia ha radicato e continua a radicare tantissima paura nell’animo di tutti noi.
Oggi siamo ancora dentro la terza pandemia e si spera l’ultima. Ancora troppi decessi al giorno, però affliggono la popolazione.
Fortunatamente siamo in possesso del coltello, ma dalla parte del manico, per sconfiggere il male. Sono i vari vaccini Anticovid che le case farmaceutiche estere hanno per il momento autorizzati. Perché sicuri ed efficaci. Crediamoci!!!
Tanti altri, anche italiani, sono in fase di perfezionamento e sperimentazione.

Un caro saluto e tanta fortuna a tutti

  Piccola libreria
di Marta



 Nei pochi e sporadici viaggi nella bella nostra Italia, mi sono trovata in un ameno paesino antico, pieno di meraviglie e di storie da raccontare. Quello che ricordo però fu, una libreria! Una bottega completamente anonima, sperduta in quel paesino, con una via, non troppo luminosa del centro, in cui entrare.
E’ stato come perdersi in un altro mondo. Se chiudo gli occhi, ancora la vedo, non tanto grande, e poi tanti ripiani pieni zeppi di scaffali. Piccoli divanetti e tavolini sparsi qua e là; una vera e propria torre di carta dove hai paura di starnutire, per non trovarti qualche libro che ti vola sulla testa. Libri di tutti i colori, di tutte le forme, libricini di poche pagine, veri e propri concentrati di umana saggezza. Tomi, di mille pagine.

Intere enciclopedie del sapere.
Libri per bambini, quelli dalle pagine spesse, che quando li sfogli si aprono giardini e animali colorati e ti ritrovi con la bocca aperta per la meraviglia.

Ancora, libri fotografici, quelli enormi, fatti di immagini meravigliose e ti chiedi come hai potuto non prestare attenzione a immagini e dettagli tanto belli. Ad occhi chiusi sento ancora il profumo, un profumo fatto di carta di muffa, di gelsomino e cannella, come entrare in qualche salotto di quell’epoca mentre ti offrivano il tè.
Quant’è bello parlare di libri, rivivere emozioni, parlare di atmosfere, di personaggi che prendono forma e crescono con il susseguirsi delle pagine.

E’ bello a volta confrontarci con qualcuno mai visto ed incominciare a parlare su una comune lettura, questo è un incontro che sfida il tempo, ove chiudere gli occhi e perdermi nel sogno della piccola libreria. Certamente, io non faccio testo, perché non posso competere con chi libri ne ha letti tanti, ma è bello ascoltare chi ne sa di più, è gratificante e nello stesso tempo si impara.
Nel rientro da quella felice escursione i miei passi sono accompagnati da una musica dolce e nostalgica che un musicista di strada si esibiva in quel via vai di passanti veloci.

Un’emozione che rispecchiava appieno il mio stato d’animo, in quel momento.
Quante belle cose, ci accompagnano nella nostra vita, da poter attingere sia nella poesia come nella musica


  Vedere tutto, sopportare molto…correggere una cosa alla volta..
di Marino Bertocci


 
Chissà quanti fra noi, percorrendo le vecchie vie dei borghi di Luni, hanno visto sopra gli antichi stipiti delle porte la scritta : “JHS”. e chissà quanti ancora si saranno domandati cosa questa significhi.. ebbene quella scritta significa “Jesus hominum salvator”, Gesù salvatore degli uomini.

Nata in questa forma intorno al 1300, questa frase, in un’epoca in cui pochi sapevano leggere e scrivere, veniva insegnata da San Bernardino da Siena, che la faceva scolpire ovunque avesse, lui ed i suoi seguaci, predicato, quale forma di devozione al Nome di Gesù…Questo uso ebbe una tale fortuna nel popolo semplice al punto che Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, più brevemente “i gesuiti”, dalle cui file, peraltro, proviene il nostro Santo Padre Francesco, lo adottò quale stemma della sua gloriosa Congregazione religiosa.

Fino a qui…la storia ma….curiosando tra i vari scritti di san Bernardino, troviamo un’altra frase “vedere tutto, sopportare molto, correggere una cosa alla volta…”.

Un programma di vita!

Il  Santo Papa Buono, Giovanni XXIII, come più volte da Lui stesso scritto , sin dai tempi del suo primo seminario , nel suo “Diario di un anima”, si imponeva di impegnarsi perché queste tre semplicissime frasi si trasformassero in quotidiana regola di vita.

Confesso che, quando insegnavo ad uomini destinati al governo, controllo o amministrazione di territori, uomini e mezzi, mi sono appropriato di questa regola, citandola all’inizio della mia prima lezione , continuamente riferendomi al vissuto quotidiano di ognuno per dimostrare che la sua applicazione poteva rendere migliori prima di tutto le persone e quindi ogni ambito esistenziale, a prescindere dalle idee personali di ognuno.

Oggi, anche se ho terminato , tra gli altri, l’impegno professionale dell’insegnamento , non è raro che mi confronti nella vita pratica con questa regola esistenziale.

Per anni, nel corso della via crucis del venerdì santo, ho letto la meditazione della settima stazione, Gesù ‘ cade la seconda volta sotto la Croce...per rialzarsi, lui...determinato a proseguire il suo cammino verso il Calvario...per giungere al quale cadrà una terza volta...per ancora rialzarsi e proseguire verso il suo orrendo destino.

Cosa c’entra questo con la “regoletta”?

Gesù ha visto, percorrendola tutta,  la strada del Calvario, quindi ha “visto tutto”, anche il dramma che lo stava attendendo:;

 ha sopportato l’umana sofferenza , vivendola prima di tutto su sé stesso, quindi è innegabile che “abbia sopportato molto”,

 ha caricato su di sé  il male dell’uomo, per cancellarlo con il suo sacrificio !...e non è il meraviglioso correggere qualcosa…questo?

Penso a noi tutti: saremo capaci di rialzarci dalle nostre piccinerie al termine dell’attuale nostra via crucis voluta da un virus che vorrebbe solo la nostra fine? E ’vero che alla fine della via crucis la morte avrebbe atteso Gesu ‘ma noi credenti sappiamo che “la storia” non è finita lì...è proseguita con la Resurrezione, con la Vita!

 Ecco perché sono convinto che anche noi, auguriamoci molto presto,  finiremo questa nostra nuova via crucis...per ritornare ad essere uomini consapevoli e padroni del proprio destino.

Dovremo, però, imparando dall’esempio di Gesù, che non è vero che sia inimitabile…vedere tutto, sopportare molto…correggere una cosa alla volta. Anche, se necessario,  facendo sostanziose iniezioni di umiltà,,

Se ci impegnassimo a fare questo, come ci direbbe Sant’Agostino, in breve tempo renderemmo il mondo e l’umanità migliori! e allora…all’opera!

Luni, 23 aprile 2021


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