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Ognuna è di troppo
di Giuseppe
La prima ondata di covid 19 aveva risparmiato la nostra
piccola comunità di Ortonovo paese, la seconda ci ha già privato di due
belle persone e ognuna è di troppo: Carlo e Giorgina. A questa triste lista si
è aggiunto anche Flavio per altri gravi problemi di salute. Di ognuno di loro
ho ricordi molto cari. Carlo è stato, quasi a dispetto della sua indole
riservata, un personaggio pubblico di Ortonovo paese perché, per qualche
anno, ha gestito il bar sulla piazza San Lorenzo. La sua persona e la sua
gestione erano caratterizzate da un tratto di pacatezza e distinzione davvero
unici. Sempre sorridente, Carlo sapeva conservare un sincero tono di
bonomia anche quando doveva rimproverare qualcuno che non si comportava a
dovere. A Carlo mi legano però anche dei ricordi più personali.
Durante gli anni dell'università andavo a prendere il treno ad Avenza in
vespa ma, quando pioveva forte, mi facevo trovare davanti alla sua
auto alle 6,20 e Carlo mi accompagnava alla stazione per poi proseguire per la
zona industriale dove lavorava. Carlo in quel modo mi faceva un grosso favore
ma il suo atteggiamento era quello di chi è quasi lusingato della
compagnia che gli facevi.
Uomo tutt'altro che loquace era, per empatia e curiosità
intellettuale, sempre molto interessato alle vicende altrui e mi chiedeva
dei miei studi con sincera partecipazione. Pensare a lui è ricordare una
persona perbene e immagino che mancherà tantissimo alla sua famiglia come a
tutti quelli che lo hanno conosciuto e frequentato.
Dei carissimi ricordi personali mi legano anche alla figura di Giorgina.
Quando avevo otto anni sono rimasto un mese ricoverato all'ospedale di La
Spezia per una epatite virale. Ero in camera con Lorenzo, Elisabetta e
Loredana.
Giorgina rimaneva spesso all'ospedale con la figlia Loredana e in quel periodo
è nato un sincero legame d'affetto, una profonda simpatia che nel tempo è
rimasta immutata.
Durante tutti questi anni e fino all'estate scorsa, quando passavo davanti
a casa sua e la vedevo fuori dell'uscio -da persona socievole e solare amava
stare piuttosto fuori che in casa- mi fermavo a parlare un po' con lei e ogni
volta evocavamo i giorni insieme all'ospedale di più di mezzo secolo fa' e
le figure di suo marito e di mio padre, entrambi fondatori dell'AVIS di
Ortonovo e sempre pronti a spendersi per gli altri.
A Giorgina e a tutta la sua famiglia vanno un ricordo affettuoso e tutta la mia
vicinanza.
E poi c'è Flavio, il Pedro. Oltre dieci anni mi separavano da lui e in effetti Flavio era sempre
stato amico dei miei fratelli più grandi e in particolare di Piero
col quale aveva speso anche qualche ora sui campi di tennis del circolo di
Sarzana. Con Piero aveva tante cose in comune e soprattutto la capacità di
stare bene con se stesso, di trovarsi sempre un'occupazione da svolgere con
un'attenzione meditata e profonda.
A dispetto della differenza d'età ho avuto la fortuna di trascorrere col Pedro
tanto tempo e in stagioni diverse della mia vita - a pensarci bene la scarsa
importanza che ha l'età nelle amicizie è uno dei privilegi che riserva il vivere
in paesini come il nostro. L'estate dei mie 16 anni ho lavorato in un
magazzino di materiali edili a Sarzana. Non avevo ancora la vespa e avrei
dovuto andare a Sarzana con la corriera ma sapevo che Flavio
lavorava là e il suo orario d'entrata coincideva con il mio.
Durante gran parte di quell'estate salii sulla sua 500 L blu e con
lui andavo a Sarzana ma allungando fino ad Avenza per accompagnare al lavoro la
moglie Anna Maria. Sentivamo radio Monte Carlo e scambiavamo poche parole che a
me sembravano distillati di saggezza ed erudizione nei campi più diversi. Quell'estate credo mi abbia preso in simpatia per via di
Piero ma qualche anno dopo ho avuto l'occasione di passare davvero tante
ore con lui. Flavio aveva deciso di convertire dei locali che aveva nella sua
aia a ridosso del vigneto, in un miniappartamento. Fece fare i lavori di
muratura essenziali ad un muratore di Fontia, io facevo da manovale
e ho continuato a farlo a Flavio durante tutto il resto dei
lavori che condusse a termine da solo, e che compresero gli impianti e le
rifiniture. Come succedeva in genere allora, ci si dedicava a quel tipo
di lavori durante le ferie e i fine settimana e, lavorando con lui, ebbi
conferma delle impressioni della mia estate dei 16 anni. Le sue competenze pratiche
e teoriche erano sterminate e potei valutare ed apprezzare pienamente la sua
natura essenzialmente speculativa. Il Pedro non si limitava ad osservare la realtà, le diverse realtà, cogliendone
velocemente i dati peculiari ma, attraverso una felice combinazione di
induzione e deduzione, sapeva trarre da quelle osservazioni le implicazioni più
profonde e di sistema. Una volta mi parlò a lungo - a lungo con il Pedro
significava molte informazioni pregnanti senza fronzoli- di un serpente che da
anni viveva nel suo vigneto. Alla mia domanda se non fosse il caso di ucciderlo mi spiegò l'utilità di un
animale che si nutriva di roditori e non faceva male a una mosca e inoltre
l'interesse di un animale bello, longevo e intelligente. Di quel serpente conosceva non soltanto la tana principale e i gli altri buchi
dove si rifugiava ma anche le abitudini, gli spostamenti eccetera. Quelle cose
le aveva naturalmente osservate empiricamente ma altre informazioni le aveva
dedotte dalla conoscenza teorica della natura dei serpenti in generale e di
quello in particolare. Animale a sangue freddo si muoveva nel vigneto come le linee
d'ombra su una meridiana e il Pedro poteva dirmi dove esso si
trovava senza il bisogno di andare a disturbarlo per verificare.
Sempre in quegli anni ebbi modo di frequentare il Pedro anche al di fuori dei
lavori di edilizia. Uscivamo spesso la sera con Lorenzo -il Pamo- e Dino -il Gru. Andavamo insieme
verso il mare a farci un dopocena con del vino e degli stuzzichini,
un'estate ci invaghimmo del Gewutztraminer e il Pedro sapeva dirci
delle caratteristiche del vino, dei vitigni e delle diverse lavorazioni che lo
rendevano più o meno fruttato ecc. Ci spiegava anche le differenze tra i
metodi Charmat e Classico o Champenoise e del perché, prima dell'invenzione
della sboccatura attraverso la ghiacciatura del collo di bottiglia dove
inclinandolo si depositavano i lieviti e il torbido, lo champagne fosse
praticamente impossibile da commercializzare. Il Gru, Pamo e io potevamo speculare o
blaterare per minuti poi interveniva il Pedro e chiudeva la discussione con il
suo parere autorevole ma espresso quasi sottovoce e e lateralmente, in modo da
non farlo pesare neppure un po'. Le serate dalle parti del mare venivano
spesso replicate da altre meno condite ma non meno interessanti, sui gradini
del sagrato della chiesa in piazza. Raramente ho avuto la sensazione di un benessere così calmo e giusto come
durante quelle serate e non c'è dubbio che la preziosa compagnia del Pedro -
non era tipo da uscita abituale, bisognava un po' stanarlo- ne costituiva
l'ingrediente principale. Inoltre il Pedro, fin dall'inizio della mia storia con la ragazza che sarebbe
diventata mia moglie, era
entrato nell'immaginario della nostra vita insieme. Mia moglie era, è,
molto bella e io, invece, ero allora quello che, mutatis
mutandis, sono oggi. Per compensarla del dislivello estetico, le
avevo assicurato che i Pedroni invecchiano bene e a riprova le dicevo di un mio
cugino che era il più bel quarantenne del paese. Questa cosa doveva averla colpita perché, quando l'estate del 1990 venne a
passare l'estate e gli ultimi mesi di gravidanza a Ortonovo, volle
conoscere il mitico Pedro. Per una felice coincidenza erano venute a trovarci due sue amiche di Roma e
anche loro vennero informate della millantata singolarità dei Pedroni e
del suo rappresentante più autorevole. Una sera, dopo
cena, sapevo che il Pedro era in piazza, uscimmo quasi apposta e lo
trovammo in compagnia di Dino sul sagrato. Né mia moglie né le sue amiche
rimasero deluse. Il Pedro non era meno bello di quello che io pretendevo e la sua bellezza non
era dovuta soltanto dalla regolarità dei suoi lineamenti o alla forza
gentile che esprimeva la sua persona ma anche e soprattutto dalla
rara combinazione di arguzia e mitezza che avevano il suo
sguardo e il suo sorriso. L'arguzia risulta spesso beffarda e la mitezza
pacioccona e invece quella specie di ossimoro somatico di una mitezza
arguta o di una mite arguzia nel Pedro riusciva incarnarsi. Da allora, e in particolare dopo i miei '40, mia moglie mi ha spesso
rimproverato della mancata promessa fattale a Londra ma ormai mi aveva
sposato e poi io non avrei mai preteso di diventare bello come il Pedro, mi ero
limitato a dire, magari un po' ambiguamente, che noi Pedroni invecchiavamo
bene, troppo spesso poco ma bene. L'ultima volta che ho avuto modo di
spendere un po' di tempo con il Pedro è stata questa estate. In più
di una mattinata ci siamo ritrovati insieme allo stesso stabilimento balneare.
Arrivavamo tra i primi, a stabilimento ancora chiuso, e abbiamo potuto stare un
po' insieme, con poca gente intorno e il lusso calmo del nostro paesaggio, per
me anche della sua presenza. Mi ha chiesto di mia figlia e mi ha detto dei
suoi, di Stefano e di Elena che comunque era con noi e così Anna Maria. Quest'estate l'ho visto in un nuovo ruolo e anche in questo si
confermava impeccabile come in tutti quelli
precedenti. Era quasi sempre con una nipotina in braccio e l'altra
vicina, entrambe beate della compagnia e delle attenzioni di nonno Flavio. Ci
manca già un sacco e ci mancherà sempre
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Chi dice donna dice danno
di Gualtiero Sollazzi
“Chi dice donna dice danno”
afferma un velenoso proverbio. Che ha una beffarda risposta in romanesco: “E
famojelo ‘sto danno! Lasciamoli soli!” Per troppo tempo la donna è stata vista
in negativo: Eva, perenne tentatrice. Quindi, niente cariche significative.
Anche la Chiesa non è stata esente da tale mentalità. Al massimo, la donna
poteva servire per la “bassa cucina”.
Papa Francesco osserva: “La donna non deve avere un ruolo di servitù
nella Chiesa. La Chiesa è donna. A me piace pensare che la Chiesa non è “il”
Chiesa: è donna e madre.” Una suora, nel
1500, scriveva parole impressionanti: “Signore, quando peregrinavi quaggiù, non
aborrivi le donne, anzi, le favorivi con benevolenza e in loro trovavi tanto
amore e maggior fede che negli uomini. Perché, allora, non dovremmo noi donne
riuscire a fare qualcosa di valido per te in pubblico?” Quella donna era Santa
Teresa d’Avila, dottore della Chiesa. Del resto: chi ha acceso le guerre? Chi
nella Chiesa ha seminato eresie? L’uomo soprattutto. Eppure, è quasi intoccabile. Sarebbe bello
che almeno nell’àmbito ecclesiale la donna avesse finalmente ruoli laddove si
esercita l’autorità.
Basta “il” Chiesa. Col bisogno che c’è
di sapiente tenerezza e di generosa accoglienza, occorre che emerga “la”
Chiesa. Non è vero che chi dice donna
dice danno: è vero il contrario: chi dice donna dice dono.
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In ricordo di Viviana Nicodemi
di Stefania Grassi
3.01.2000 ------ 3.01.2021
Nicodemi
Viviana
Cara
mamma, sono trascorsi ventun anni ma sembra ieri.
Ogni
giorno ci accompagni e preghi per noi. Grazie di averci
insegnato ad amare. |
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Auguri per un anno ricco di speranza.
di Marta
Quest’anno per farvi gli auguri di Buon Anno ho scelto una poesia di Pablo
Neruda. Autore amatissimo, che vede nel primo giorno dell’anno il simbolo delle
speranze e delle attese dell’uomo, specialmente, dopo le cose avverse che la
vita ci impone, come una malattia!
Sperare significa voler continuare a vivere, significa riconoscere che
la vita non può mai essere a senso unico.
Vi auguro proprio questo, di non perdere mai il gusto della speranza,
perché significa non perdere il gusto e il sapore della vita.
IL
PRIMO GIORNO DELL’ANNO
Lo
distinguiamo dagli altri
come
se fosse un cavallino
diverso
da tutti gli altri cavalli.
Gli
adorniamo la fronte
con un
nastro,
gli
posiamo sul collo sonagli colorati,
e a
mezzanotte lo andiamo a ricevere
come
fosse
un
esploratore che scende da una stella.
Come
il pane assomiglia
al
pane di ieri,
come
un anello a tutti gli anelli…..
La
terra accoglierà questo giorno.
Dorato,
grigio, celeste,
lo
dispiegherà in colline,
lo
bagnerà con frecce
di
trasparente pioggia
e poi
lo avvolgerà
nell’ombra.
Eppure
piccola
porta della speranza
nuovo
giorno dell’anno,
sebbene
tu sia uguale agli altri,
come i
pani
a ogni
altro pane
ci
prepariamo a viverti in altro modo
e ci
prepariamo a mangiare, a fiorire
e a
sperare.
Pablo
Neruda
BUON ANNO e serenità, che sia
luminoso e felice, pieno di quell’amore che tutti vogliamo.
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EMOZIONI IN CIASCUNO DI NOI
di Patrizia Giacchè
Anche la generosità è un
insegnamento che avviene all’interno delle famiglie. Arricchisce lo spirito e
gratifica in modo straordinario. Donarsi
ad un familiare, in un momento di fragilità a causa di una malattia, con il
calore di un sentimento di viva affezione, risulta curativo nella stramaggioranza
dei casi.
E’ sensazionale portare la mente al passato, quando da bambina amavo i miei
genitori e il piccolo fratellino in modo smisurato. Momenti in cui le
restrizioni si palpavano. Non pesavano, però. Era talmente grande l’amore e
l’allegria che regnava nella nostra casa da riempirla di contentezza.
Purtroppo, vorrei spostare il pensiero a tutto ciò che vi è di orribile nel
mondo. Dalle perfidie alle atrocità che si consumano giorno dopo giorno. Un’amara tristezza!
Che dire, sarebbe magnifico che ognuno di noi si prefiggesse di avere il
primato di persone più buone e più ricche d’amore? Avremmo un Pianeta in armonia e serenità!
Un abbraccio coccoloso a tutti
e Buon Anno.
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Il pensiero di Stefania
di Stefania Del Nero
Non possiamo vivere nel nostro
pellegrinaggio terreno come se Dio non ci fosse. Perché Dio si è fatto uomo?
Perché festeggiamo il Santo Natale?
Dobbiamo conoscere e poi
decidere come utilizzare la nostra libertà: che senso ha festeggiare il Santo
Natale escludendo il festeggiato in quel Santo Giorno e poi tutti gli altri
giorni che restiamo su questa terra? Dio si è fatto come noi per farci come Lui,
per rimanere con noi nel nostro pellegrinaggio, per donarci tutti gli strumenti
per poter vivere in comunione con Lui;
quindi se lo vogliamo per donarci la vita Eterna, la nostra Salvezza
“Gesù è la vita, la verità e la vita”. La mia “calcarosa ignoranza” non mi
permetteva di impegnarmi a capire perché Dio si è fatto come noi…impedendomi di
sforzarmi di vivere a pieno la mia vita. Da solo una decina d’anni, per me, il
partecipare alla Santa Messa non è più un momento del quale posso farne a meno
perché non lo ritengo un tempo con meno valore degli altri momenti, oppure un
dovere al terzo comandamento da osservare, ma si è trasformato piano piano in
un Volere, in un Desiderare essere presente alla Santa Messa. Questo perché
finalmente ho capito che in quel momento riceviamo ciò che è essenziale per la
nostra vita cristiana e che nessun cristiano né può fare a meno perché è
l’incontro con il nostro Dio dell’amore e che non lo possiamo tenere fuori
dalla nostra vita. Abbiamo bisogno di nutrirci, alimentarci del suo Amore e di
ricevere la sua misericordia per vivere bene tra noi. La sua volontà è “Amatevi
gli uni con gli altri”, ognuno deve rispettare l’altro. Quando il 9 Marzo siamo
entrati in lockdown e anche le chiese sono state subito chiuse, il momento che
mi è mancato di più è stato il tempo impiegato alla partecipazione alla Santa
Messa della domenica, sia a quelle due/tre mattutine infrasettimanali; quando
correvo nella casa del nostro Dio dell’amore per “riempire il mio carrello
della spesa” di cibo spirituale, utile per nutrire la mia anima e per ricevere
la sua consolazione, la sua forza, la sua pace, il suo perdono, la sua grazia,
il suo Amore necessario alla guarigione della nostra anima e per la salute del
nostro spirito. D'altronde come diceva Madre Teresa “ogni messa se lo vogliamo
è un’opportunità di guarigione della salute della nostra anima, necessaria al
benessere dell’anima”. La Santa Messa mi è mancata anche perché in quel luogo
sacro avviene l’incontro tra noi
fratelli che entriamo nella casa del nostro unico Padre per il solito motivo
“Entriamo per amare Dio, usciamo per amare il Prossimo”(come è scritto fuori
dalla chiesa del Preziosissimo Sangue di Luni). Mi ricordo che la mancanza era
così grande che mi collegavo a YouTube per assistere alla Messa e ricevere
spiritualmente il pane quotidiano. Quando finalmente è stata riaperta la “sua
casa” , avendo provato cosa significa digiunare di questo grande dono d’amore,
fino allo scorso martedì novembre, ho
avuto il forte desiderio per la prima volta nella mia vita, di entrare nella casa di Dio ogni mattina per
riempire “il carrello” sempre molto
bisognoso per la mia quotidianità. Da mercoledì scorso, questo non è più
possibile non essendoci nel nostro comune messe alla mattina e non potendo io
“sconfinare”in Toscana come facevo quotidianamente ho ripreso a riascoltare la
Santa Messa attraverso YouTube, entrando ogni mattina nel Santuario della Santa
Casa della Nostra mamma celeste a Loreto. Nella casa dove lei nacque, dove è
cresciuta nell’amore grande dei suoi genitori, dove avvenne l’annunciazione
della divina maternità e dove visse la Sacra Famiglia. Maria, la nostra madre
santa che ci ha lasciato nostro Signore e che se glielo permettiamo lei ci
aiuta ad accogliere Gesù nella nostra vita.
E’ di questa relazione personale
con Dio che abbiamo in assoluto più bisogno per affrontare al meglio la
vita quotidiana. Ma Lui ci ha lasciato la libertà di come vogliamo vivere sulla
terra nel nostro pellegrinaggio: da cristiani che si impegnano di cercarlo,
d’incontrarlo e di esserne ogni giorno alla ricerca; oppure di essere Cristiani
sulla carta, vivendo rifiutandolo e comportandoci come se non ci fosse. Ho
sperimentato che con questo mio rifiuto , mi sono fatta e mi posso fare del male, perché non
osservando il primo comandamento , senza rendermene conto, sono stata schiava
di cose e di persone ; tutto questo perché rinunciavo ad impegnarmi a
conoscerlo, a instaurare quotidianamente la mia relazione con Lui. Come ho già
sottolineato nei miei scritti sul “Il Sentiero”, non mi interessava neppure di
colmare la mia lontananza, avvicinandomi a Lui attraverso la sua parola, attraverso quel manuale
prezioso di insegnamenti, di comportamenti
che è il Vangelo. Ma come poteva nascere nella mia mente e nel mio cuore
questo desiderio se la mia “calcarosa ignoranza” non mi permetteva di capire
che aprendo il Vangelo e chiedendogli aiuto possiamo dialogare con Lui? La mia
ignoranza mi accecava e frenava la mia libertà. Fortunatamente il nostro Dio è
il Dio dell’amore che tanto ci ama e che sa quanto abbiamo bisogno di Lui,
appena bussiamo alla sua porta subito ci apre. Noi non stiamo attendendo colui
che deve portare la salvezza, questo per noi popolo del Nuovo Testamento, è già
avvenuto perché Lui c’è, è presente da più di 2000 anni. Gesù è risorto, è
vivo, è presente, spetta solo a noi nella nostra libertà, decidere se vivere
assieme a Lui perché vogliamo la nostra salvezza eterna, oppure rifiutarlo.
Stiamo vivendo un momento particolare e
anche in questo Santo Natale 2020, tutti abbiamo la certezza che Lui
vuole rimanere con noi, entrare nel nostro cuore, nella nostra “chiesa
domestica” cioè la nostra casa dove viviamo con la nostra famiglia e in tutti i
luoghi di lavoro, ovunque! Buon Santo Natale e Buon cammino quotidiano di
conversione a tutti noi, uniti alla nostra guida terrena Papa Francesco, uniti
alla nostra mamma celeste degli angeli custodi e l’intercessione dei nostri
Santi, non possiamo perderci.
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SIAMO ON LINE
di Mila
Siamo on line, tutta colpa del
virus, grande dubbio, tutti gli affezionati del Sentiero riusciranno a
leggerlo? Io, per esempio, se non ci fosse mio marito che mi aiuta non ne sarei
capace comunque eccomi qui. Voglio parlare di una cosa e la prendo un po' alla
larga. Nell'ormai lontano 1997 era parroco qui nella parrocchia di San Pietro
Apostolo a Luni Mare, don Giovanni Tassano. Don Giovanni era stato missionario
per anni in Congo e in Ruanda-Burundi. Rimpatriato a causa della salute non più
buona, oltre fare il parroco, era direttore del centro missionario di La Spezia
e ci convinse a fare un'adozione a distanza. Era ed è un' adozione patrocinata
dalla Pontificia Opera Missionaria a favore di quei giovani diciamo “del terzo
mondo” che vogliono entrare in seminario per diventare sacerdoti.
MANDA O DIO OPERAI PER LA TUA VIGNA,NE ABBIAMO
TANTO BISOGNO.
Eravamo un bel gruppetto.
Purtroppo don Giovanni fu trasferito. A lui succedettero vari sacerdoti. Noi
continuammo ma perdendo via via “dei pezzi” per varie ragioni. Rimanemmo in
due. Io mi scoraggiai e ultimamente stavo pensando di mollare ma, un paio di
mesi fa, mi è arrivata una lettera da Missio . (Se qualcuno è interessato può
andare sul sito Missio Spezia. Com e può documentarsi). Nella lettera c'era la
foto di un giovane mentre stava ricevendo il sacramento dell'ordine sacerdotale
e, in fondo alla pagina, i ringraziamenti perché il tutto era potuto avvenire
anche grazie alle nostre offerte. Allora ho detto alla mia amica: “Dobbiamo
continuare.” Dobbiamo continuare anche in memoria di don Giovanni. Don Giovanni
è morto alcuni mesi fa a causa del corona virus. Lui sicuramente pregherà per
questa sua iniziativa e chissà…qualcosa verrà fuori. E poi che razza di
cristiane siamo se ci arrendiamo di fronte agli ostacoli! E sono arrivata al dunque,
perché si ! Ho fatto un po' di brumeggio e se qualcuno vorrà sostenere, anche
con una minima offerta, questa iniziativa sarò contentissima ma per il momento
sono soltanto amareggiata e vi spiego il perché: ho fatto delle fotocopie della
lettera arrivatami, l'ho accompagnata con un'altra lettera scritta da me dove
spiegavo, più o meno, quello che ho spiegato qui sopra e le ho distribuite in
giro. Qualcuno ha aderito e va bene, ma mi sono assorbita anche tanti di quei discorsi
che proprio non avrei voluto ascoltare: Io i preti non li sopporto più...Sono
tutti dei....Farebbero meglio a....e così via... e il brutto è che ne sono
proprio convinti. Io vorrei dir loro:” Si! Gli
scandali in seno alla Chiesa sono tanti. I suo nemici li stanno tirando fuori
proprio tutti. Si tanti preti dovrebbero scendere dal loro piedistallo e farsi
un bell'esame di coscienza e un bagno di umiltà ma gli altri? Quelli che
lavorano giorno e notte in aiuto non solo dei più poveri ma di tutti, perché si
può essere povero pur essendo ricco. Quelli che ti aiutano nella confessione a
perdonare anche te stesso. Quelli che vengono uccisi mentre stanno praticando
la carità. Quelli che ci indicano il cielo facendoci intravedere la Luce che ci
aiuta in questo difficile pellegrinaggio che è la vita. A volte penso a cosa
avrebbero dato quei poveretti, che a causa di questa pandemia sono morti soli
in un lettino d'ospedale, per avere accanto un sacerdote che bisbigliasse loro
che Dio, nonostante tutto, non li aveva abbandonati. Credo avrebbe fatto
piacere anche agli atei. Non vado oltre, solo un'esortazione da una donna che
ha percorso ormai tanta strada....Vogliate bene ai sacerdoti, come volete bene
ai vostri figli. Pregate per loro ma sinceramente come pregate per i vostri
figli. Arrabbiatevi magari con loro ma poi difendeteli e aiutateli così come
fareste con i vostri figli. Considerateli sempre fratelli vostri e noi tutti
fratelli di Gesù.
Buon anno a tutti.
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Luni
di Romano Parodi
Magnum
exemplum fugiendae libidinis (Petrarca)
Luni è città romana, e gli scavi lo
attestano senza ombra di dubbio, ma le sue vere origini si perdono nella notte
dei tempi. Secondo la leggenda, fu fondata da Tirreno, figlio del re di Lidia,
1180 anni prima della nascita di Cristo, cento prima della guerra di Troia, 500
prima che Roma vedesse la luce. Causa principale della sua fine fu
l’impaludamento del terreno (acqua e fogne stagnanti). “…sprofondassi il terreno e ne sorse un lago” (G.Obsequente). Ceccardo
parla di 4 metri. Lo stesso cronista racconta di una
pestilenza in “cui mancavano ai morti i
seppellitori”; e là, dove esisteva una splendida città di marmi, si
formarono mefitiche paludi.
Molte sono le leggende che aureolano la sua fine. Una delle più fascinose la
racconta Giovanni Villani: e ripresa da Ceccardi; cioè Luni fu distrutta per
questione di corna. Un potente imperatore dei Goti, nel suo viaggio verso Roma,
vi sostò con la sua giovane sposa. L’ospitalità del principe di Luni fu sontuosa:
spettacoli e gare nel “Coliseo”,
balli e ricevimenti, e il giovane principe era affascinante e di modi gentili,
e il vino Apiano (di Sarticola; così chiamato perché attirava le api), scorreva
a fiumi, e l’imperatrice, giovane e bella, ebbra di vita, si abbandonò nel
vortice delle danze e dei sensi. Impietoso il confronto col vecchio imperatore
sposato per ragion di stato. L’amore li travolse, ed il pensiero di non
rivedersi li spinse ad attuare un piano incredibile. Prima si finse malata per
non partire, poi morta per restare.
Alla disperazione dell’imperatore, le premure del principe che fece dono del
mausoleo di famiglia, e di un funerale solenne con tutto il popolo lunense.
A tumulazione avvenuta, nella notte, il giovane la fece uscire dal sarcofago e
la nascose fino alla partenza dell’imperatore e del suo seguito.
Ma
la loro felicità durò poco. Come si sa le voci corrono, e anche a quei tempi
travalicarono mari e monti e il temerario inganno fu scoperto, e irrefrenabile
il furore dell’imperatore. Prontamente allestì un esercito e marciò alla volta
di Luni.
Impossibile resistere a tanta furia. Catturò i due amanti e dopo dolorose
torture li uccise. Poi disperso che ebbe tutti i superstiti, fece abbattere le
mura e rase al suolo la complice città in modo tale che mai più avesse a
risorgere.
E G. B. Marea così descriveva quel tragico destino:
E dal pian dove fu Luni superba
degli archi illustri, e de sublimi tetti
miserabil vestigio appena or serba.
Ove già furo anfiteatri eretti
ara il bifolco, e il gregge pascia l’erba.
Oh fasto uman, le tue più splendide opre
alfin tempo distrugge, oblio ricopre.
Anche Giovanni Sercampi parla di una città dedita ai piaceri. Ceccardi e
Pertrarca si riferiscono soprattutto a quest’altra. Ceccardo: “ne faccio cenno di altre, ancor più scabrose,
che favorirono l’origine della leggenda cristiana, da me rinnovata, di Luni
peccaminosa e maledetta…Nei primi secoli del mille una tal leggenda era
cresciuta, sì da cambiar Luni in una paurosa Sodoma”.Ceccardo cita Dante: “Dal bel colle di Castelnuovo, che tra il
bruno degli olivi, quando ottobre giunge, splende pur di un pallor purpureo di
vigne; di lassù egli poté sotto nel pian riguardare a lungo Luni deserta, che
gli stagni inghiottivano, e meditar il destino della città. Oh, allora di archi
e di mura dovea essere ancor vasto quello scheletro, campato a specchio
dell’infida acqua morta… Ma Dante non era un archeologo, non era un umanista;
egli, nel grande crepuscolo del medio evo, fu soltanto il poeta grandissimo, né
più altro potea essere, dei regni di vita e di morte; (quel che pensò
dell’Impero romano, e fu una pietra miliare del suo spirito, lo chiarì, senza
veli, nel VI del Paradiso, e lo commentò, in rude latino barbaro, nel De Monarchia);
ed a lui Luni dové apparire come una morta ombra, già passata al di là della
fortuna umana, anzi come un esempio di quant’essa, come le schiatte degli
uomini, come “tutte le altre cose
nostre”, sia caduca. Oh il XVI del Paradiso! Rileggetelo, e questa terribile
vision filosofica vi apparirà davanti intera, da quel suo primo muoversi
proprio col ricordi di Luni ed Urbisaglia che se ne “son ite”, fin a quel suo
conchiudersi con un’immagine così vagamente melanconica, così fantasticamente
poetica come quel
…. Volger del ciel de la luna
(che)
…copre
e iscopre i liti senza posa,
onde
pare che la vision tutta, le terzine istesse onde si svolge, si illuminano di
un morto chiaror lunare !....
… e i
pioppi del pian verde con lor argentea riga mi adducean oltre i silenzi di
archi infranti e superstiti abachi…
Ed oggi in quel piano, non più maledetto,
bensì ripurgato per virtù di uomini, dopo mille anni e più, dalle tristi acque
stagnanti, crescono a filari i pioppi dalla tremola foglia argentea;
biancheggiano le case con l’aia popolata di pagliai, pe’ campi dove le viti,
sul confine del colto si raggiungono agli olmi ed agli oppi, o si distendono in
pergole: rimisuram i bovi sotto l’antico giogo, la Terra, aprendola al seme….”
Sdegno….
Rabbia
I Malaspina regnarono sì o no su Ortonovo? No…,
ma… dice Ceccardo:
“Anche
in Ortonovo, che fu un dei borghi che Carlo VIII cedé a Gabriello Malaspina di
Fosdinovo (14 giugno 1495) e che questi rivendé poco dopo alla Repubblica di
Genova (o per dir meglio al Banco di S. Giorgio), si vedea, fino a pochi anni
fa, su una casa rustica, già alle dipendenze del palazzo Ceccardi, un
bassorilievo di marmo, con il cavaliere de’ Santi nel consueto atto eroico di
trapassar coll’asta il drago; e nella cornice si leggeva pur la data: 1495.
Quel bel marmo glorioso fu poi venduto dai nuovi proprietari, per vil prezzo,
ad un antiquario vagabondo, senza che il Comune vi si opponesse e senza che
l’Ispettore de’ monumenti di Val di Magra neppur ne venisse a conoscenza! Ed ancor fremo di sdegno!” …
Caro
Ceccardo, io penso di sapere dov’è finito il tuo San Giorgio. E’ all’interno di
un palazzo a Sarzana, vicino a Porta Parma. Sappiamo anche dov’è lo Stemma
della potente corporazione dei fabbri di Domenico Zaccaria, sparita nel 1994.
Portava la data: 1603; chissà quante volte l’hai visto! Si trova a Firenze in
casa del notaio Scrufari. Sappiamo anche dov’è il San Giovanni Battista del
fonte battesimale: si trova a Roma. Ora
hanno rubato anche tre statuette antichissime alla Madonna.
Anch’io fremo… di rabbia impotente! Ortonovo
perde pezzi da tutte le parti
Oltre tutto, questo Zaccaria è
un personaggio storico. Il suo nome, è nella chiesa di s. Lorenzo e alla
Madonna.
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Dal Santuario
di P. Domingo Daniel Patix Gomez, fmm.
Fratelli e sorelle in Cristo,
in questi giorni di feste giunga a voi il mio saluto e ogni bene del Signore.
Cominciamo un nuovo anno, rendiamo grazie a Dio per benedirci e per
proteggerci. Chiediamo a Lui di non stancarci di amarlo e di servirlo. Di testimoniare
il suo amore. Che la luce di Cristo illumini la nostra strada e la nostra vita
e ci faccia godere della sua presenza.
Che la nostra preghiera di ogni giorno ci incoraggi a vivere la sua volontà
nella nostra vita e ci dia il conforto di vivere ogni giorno il suo amore.
L´amore del Signore ci ha permesso ancora una volta di arrivare a questo nuovo
anno cerchiamo di gradirlo con le nostre parole e azioni. Accogliamo nel nostro
cuore Colui che è venuto in mezzo a noi: Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto carne.
Siamo ancora in un tempo difficile, che questo tempo ci aiuti ad avvicinarci a
Dio, a ripensare la nostra vita. Ad essere più grati a Dio per il dono della
vita e della salute.
Con spirito grato accogliamo il dono di questo anno nuovo e ringraziamo il
Signore per tutto il bene ricevuto nell´anno che è concluso, eleviamo la nostra
preghiera per ricevere la protezione e la benedizione di Dio.
Chiediamo allo Spirito Santo di mantenerci fermi nella fede e nella vita
cristiana. Vi auguro un anno pieno di gioia, pace e amore. Che la intercessione
materna di Maria Santissima vi aiuti a vivere giorno dopo giorno la forza della
fede e della speranza. Giunga a voi la mia benedizione.
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