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E la chiamano festa di Natale. Mah!
di Franco Cerri
Fa una strana impressione
vedere come tanti cristiani, anche praticanti, si apprestano a celebrare il
Natale. Né più né meno come coloro che non credono. Sembra quasi abbiano paura di rimanere indietro, di non adeguarsi. Non si
distinguono per nulla dai "consumatori" natalizi, salvo andare in
chiesa. Tante cose esteriori, acquisti, tavolate con tante specialità e via
dicendo. Tutto passerà sotto l'etichetta natalizia, quasi a garantire, se ce lo
fossimo dimenticato, che è Natale e che così vuole la tradizione. Naturalmente
si parte con il cenone per finire in gloria (non in excelsis Deo) con il pranzo
del 25 dicembre, che è come il sigillo della festa. Per cui uno può dire: "Ho fatto un buon Natale". Quale? Non si sa. A pensarci bene è più un copione da seguire che non una festa cristiana, perché
in tutto questo di cristiano c'è poco o niente. Vi è capitato nei giorni scorsi di leggere le lettere dei bambini a proposito
del Natale, pubblicate su qualche giornale? Se avete fatto attenzione, parlano
di tutto, anche di cose buone, e in particolare di Babbo Natale che viene dalla
Lapponia, ma quasi nessuno ricorda dell'evento Natale di Betlemme, che è la
Nascita Gesù. Non riesco a comprendere come si sia arrivati a rovinare il Natale. E non è per
colpa degli atei e neppure per colpa dei musulmani che sono in Italia e in
Europa, ma per colpa dei cristiani stessi. Una festa ridotta a commercio, a
consumismo. Non mancano dei gesti di amore, di attenzione ai bisognosi, perché anche questo
ormai fa parte del copione, tant'è che
terminato il tempo natalizio, per tanti è un capitolo chiuso, si richiude il
cuore. Tutti bravi e buoni, ma non più di tanto. Del resto non si può essere
buoni tutto l'anno. Non esageriamo. Non poche volte anche il cammino dell'avvento nelle comunità rischia di ridursi
a quei pochi giorni di più o meno intensa preparazione, ma finita la festa, il
tran tran riprende, quando invece le comunità dovrebbero ripartire con slancio,
proprio come i pastori che andarono a vedere il bambino e ne parlavano a tutti.
O non dovrebbe essere visibile la gioia nei credenti di avere contemplato il
Bambino e il gusto di raccontare la propria esperienza di fede ai conoscenti ed
agli amici? Un Natale, "mordi e fuggi" dice poco, anzi pochissimo. E se proprio sotto le feste natalizie succedesse qualcosa di sgradevole, ci
fossero degli intoppi, per esempio qualche malattia che arriva proprio per la
festa, allora si trasforma in un Natale disgraziato o sfortunato, come se la colpa
fosse di Gesù Bambino. Dico "disgraziato" e mi fermo, senza dire
altre espressioni offensive che vengono proferite quando le cose vanno in modo
contrario. Non parliamo di altre stupidità che avvengono in questo periodo, come quella di
non far allestire il presepe nelle scuole o l'altra che nei canti di Natale non
si nomini Gesù, come se si festeggiasse qualcun altro. Sempre per rispettare in
maniera ipocrita quelli che non hanno la fede cristiana, come i musulmani. Del
resto, l'insipienza non ha limiti, anche se uno "ha studiato". Si fa
fare la festa di halloween ai bambini, senza rispettare le tante famiglie che
non sono d'accordo che si facciano queste cose, che per gli italiani c'entrano
"come cavoli a merenda". Via, un minimo di pudore! Celebrare cristianamente il Natale è ripartire ogni volta dai valori che questa
ricorrenza ci trasmette, riscoprendo l'umiltà, il rispetto reciproco,
l'attenzione ai piccoli, ai poveri, agli emarginati. Ripartire dalla dignità di
ogni uomo, a qualunque popolo appartenga. Fermarsi quasi o soltanto agli acquisti, ai regali e al "mangia e
bevi", non occorre aspettare il 25 dicembre. Va bene anche un altro
giorno.
don Franco Cerri
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