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Padre Damarco
di Giuseppe Pedroni
In una mail di qualche tempo fa, a proposito della partecipazione
ad un convegno su padre Vincenzo Damarco, Gaetano Lettieri mi scriveva che, per
via di impegni accademici, familiari e altri, gli era difficile
ritagliarsi un paio di giorni per salire ad Aosta ma aggiungeva che la
figura di padre Damarco, “Sacerdote e
insegnante che sapeva parlare ai cristiani e non… e la cui vita fu spesa per il
rinnovamento della fede nella chiesa sarzanese seguendo l’insegnamento del
ConcilioVaticano2”, e l'affetto dimostratogli dagli
organizzatori costituivano un grosso stimolo a partecipare Concludeva
che comunque era praticamente impossibile rifiutarsi a Paola Gari.
Gaetano Lettieri è professore ordinario di Storia del
Cristianesimo e delle Chiese alla Sapienza di Roma ma anche direttore del
Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo e infine
Accademico Pontificio del Comitato di Scienze Storiche nominato da papa
Francesco, avrebbe avuto un sacco di scuse per declinare l'invito ma c'era
di mezzo Paola Gari e dunque...
La sua mail mi è venuta in mente perché mi è piuttosto difficile
scrivere della giornata dell'undici luglio 2016 e del convegno sulla
figura di padre Damarco al quale avevo
partecipato, quasi trascinandovi Walter, soltanto perché caldamente
invitato da Paola. Mi è difficile perché proprio da
quella commemorazione ero partito per ricordare mio fratello in un
articolo su questo stesso giornale. Tornare a parlare di quella
occasione mi mette in imbarazzo non soltanto perché si tratta di una
ripetizione ma soprattutto perché la cosa rimanda a Walter
e dunque quello che contava è stato scritto in quell'articolo. Rimane
che, si parva licet, come per Gaetano Lettieri, mi è difficile rifiutare una
sollecitazione di Paola che, in mancanza di un commento sulla giornata
commemorativa del 45°anniversario della morte di padre Damarco del 14 novembre
scorso e a cui mi è stato impossibile partecipare, mi ha chiesto un ricordo di
quella di tre anni fa. Inoltre se in quell'articolo parlavo di
quella giornata e di quanto l'aveva preceduta, oggi posso ricordare
come, attraverso quel convegno, abbia potuto stringere delle
amicizie che mi sono molto care e delle quali sono davvero onorato. Tra le
tante belle persone conosciute in quel convegno, non posso non ricordare Pino
Lena che troppo generosamente mi mantiene ancora nel cerchio dei suoi amici.
Pino è una forza della natura ed è capace di mettere in relazione le
figure più disparate. Laico, laicissimo, dubitante, per usare
un eufemismo, è appassionato della figura di padre Damarco e spesso vicino
a religiosi nella sua lotta contro le ingiustizie del mondo e a
fianco degli esclusi. Ha operato molti anni come volontario nella cooperazione
anche in Africa e oggi si occupa soprattutto di aiuto agli immigrati. Vicino al
mondo del volontariato anche religioso, Pino è molto impegnato anche con
il Museo della Resistenza di Fosdinovo e grazie a lui ho potuto
conoscere lo Storico gramsciano Angelo D'Orsi. D'Orsi è una delle maggiori
autorità nell’ambito degli studi su Gramsci e non solo ed è professore
ordinario presso il Dipartimento di Studi Storici dell'università di
Torino. Non è facile farlo muovere da Torino ma, anche grazie all'opera di
persuasione di Pino, non passa anno che D'Orsi non intervenga alla
manifestazione di Fino al Cuore della Rivolta a Fosdinovo, in genere
insieme a Maurizio Maggiani che di Pino è amico intimo da
tanti anni, e al geniale Bobo Rondelli. Una volta Pino è riuscito
perfino a organizzare un incontro a Roma tra D'Orsi e Lettieri e da allora i
due sono rimasti in costante contatto. A quell'incontro ho avuto l'onore di
partecipare anch'io; Pino era accompagnato dal caro Giorgio Pellitti, un altro
esponente della favolosa banda degli amici di padre Damarco che
comprende anche Egidio Banti.
Di Gaetano Lettieri ci sarebbe moltissimo da dire, ricorderò
soltanto che allora ebbi il privilegio di passare abbastanza tempo con lui da
diventarne in qualche modo amico. Con lui ci siamo visti anche alla Galleria
Nazionale d'Arte moderna dove lavora e in altre occasioni. Gli avevo presentato
Walter per cui, qualche mese dopo quando mi chiese di lui, gli dissi
della sua morte e com'era andata. La cosa lo rattristò molto, mi chiese
i numeri de Il Sentiero che lo ricordavano e li ha letti con
interesse e, mi ha detto, con commozione. Poco tempo dopo fu il suo turno di
parlarmi della precoce scomparsa di sua sorella e il mio di fargli le
condoglianze. Un’altra volta che con Gaetano ci siamo trovati a Sarzana è stata
in occasione di un convegno interculturale e, in qualche modo, interreligioso,
organizzato anche allora dagli amici di padre Damarco, sulle tematiche
dell’incontro con l’altro e in particolare con chi è in cerca di un approdo, di
un rifugio. Un convegno al quale ha partecipato anche l’imam di Trieste Nader
Akkad e che ha avuto un momento particolarmente interessante nell’incontro di
Gaetano e Nader con gli studenti delle scuole medie superiori
Parentuccelli-Arzelà di Sarzana. Infine,
ma non per importanza, quella commemorazione costituì l'occasione per conoscere
don Giovanni Cereti. Anche di lui ci sarebbero pagine da dire; per la
grandissima competenza specifica in diritto canonico e non solo, benché
ancora giovane, ha svolto un ruolo importante nella preparazione del
Concilio Vaticano Secondo. Da allora ha lavorato non senza difficoltà al
rinnovamento della chiesa e proprio un libro su quell'argomento è stata
l'ultima lettura di cui Walter, durante quella sua ultima estate, mi parlò con
entusiasmo. Per questo fu per me un piacere davvero
particolare potergli presentare l'autore. Ho avuto il piacere e
l'onore di andare a trovare don Giovanni altre volte, in via dei Genovesi
a Roma, in un chiostro di una bellezza mozzafiato e davvero inaspettata in
quella stradina di trastevere. L'ultima volta è stata con mia sorella Oriana e
per lei si è trattato di una visita memorabile. Don Giovanni è
stato gentile, caloroso e generoso come sempre. Abbiamo
ricordato Paola, sua amica dei tempi dell'università a Genova dove
entrambi seguivano i corsi di giurisprudenza, e Walter e abbiamo parlato
un po' dei temi del concilio che sono ancora di strettissima attualità.
Accomiatandoci ci ha riempito di libri.
L'insegnamento di padre Damarco, come si può evincere anche dal
suo commento ai vangeli e quello di don Giovanni Cereti, se da una parte
rivelano proprio oggi il loro spirito profetico, hanno, dall'altra,
bisogno di essere costantemente ricordati e, in qualche modo, difesi.
Tutto questo perché, se per un verso l'insegnamento di papa Francesco
sembra proprio volto ad attualizzare lo spirito del Concilio Vaticano
Secondo, non si può tuttavia non rilevare come, quello stesso
insegnamento, incontri molte resistenze e opposizioni anche
aspre.
In questo articoletto ho ricordato alcune figure che mi sono
care ma queste pagine vogliono soprattutto essere un omaggio alla persona che ha
costituito il tessuto connettore di tutte le esperienze ricordate, un omaggio
alla forza trascinante, alla resilienza di Paola.
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LA VENDITRICE
di Marino Bertocci
Quella
signora bionda, elegante ed appariscente, con ai piedi stivali neri dal tacco
sottilissimo ed alto. . le cui mani curate tradivano comunque la sua origine,
che non poteva essere aristocratica.., benché lei fosse alta e slanciata e le
sue unghie , coperte da un generoso strato di smalto, venivano involgarite dal
giallo tipico dell’abuso di nicotina , che copriva buona parte del dito indice
e medio. I capelli sciolti e lunghi coprivano, ondeggianti e tinti, quel
collo di pelliccia di chissà quale animale su un cappotto di panno leggero dal
colore tra il beige ed il marroncino.Insomma. Voleva darsi un’aria di fascino e di mistero ed,
in effetti, ad un primo distratto sguardo. Ci riusciva pure. Ma poi, appena
iniziava a parlare, un forte accento dialettale la tradiva ancora una
volta…quella sua incapacità di usare i verbi giusti nel giusto contesto, quel
congiuntivo assassinato , quel gesticolare continuamente , mettendo bene in
evidenza quelle manone puzzolenti di tabacco.., allora stregavano le donne ,
inducevano in tentazione gli uomini ed accendevano le prime
fantasie adolescenziali dei bambini ma oggi mi spingerebbero ad un moto
di complice tenerezza…Doveva pure campare anche lei!. Onestamente… Tutta l’aria di mistero che la circondava si scioglieva improvvisamente, non
appena rivelava la sua “missione”! Non era una “femme fatale “capitata a
disorientare le menti dei poveri provinciali, era semplicemente una giovane
donna di bell’aspetto impegnata a vendere anonimi fustini di detersivo per
lavatrice, di chissà quale sconosciutissima azienda. La sua scellerata ansia di venditrice, tuttavia, non
reclamizzava le qualità miracolose del detersivo però, tutta la sua arte di
piazzista riusciva a catturare l’attenzione delle 10/15 massaie che le sue
complici, le due proprietarie del negozio di alimentari, vigliacche, avevano
solennemente convocate in quel tardo pomeriggio primaverile, solo ed
esclusivamente perché ogni due fustini avrebbero ricevuto in dono ben un ombrello!
Meraviglia delle meraviglie! Quando ancora la spesa per un ombrello era
considerata roba da “signori” la bionda non prometteva la solita tazza o
zuppiera di plastica, non il solito strofinaccio da cucina, non il solito
tovagliolo destinato ad una tragica solitudine nel cassetto perché privo della
sua tovaglia. Ma un ombrello! Grande, nero, di nylon! Come resistere alla tentazione? Infatti tutte le massaie, dopo quel mezzo pomeriggio di imbonimento uscivano
fiere da quel negozio con i due fustini di detersivo e con il prezioso
ombrello.., del quale si erano affrettate a controllare l’integrità, prima di
nuovamente con cura riporlo nella sua nera custodia! Sarebbero andate a casa e l’avrebbero gelosamente nascosto per non farlo
prendere dai bambini e l’avrebbero ripreso solo all’arrivo della pioggia…che
presto sarebbe venuta.. (In primavera è frequente che piova) e l’avrebbero
esibito con orgoglioso cipiglio, quel prezioso bene, a testimonianza di una
recente crescita sociale! Naturalmente quella bionda visione mai più sarebbe tornata con il suo
mirabolante dono. Chissà che fine avrà fatto, lei, i suoi fustini ed i suoi
ombrelli.e.chissà se avrà mai smesso di fumare e chissà da dove veniva…piccolo
spaccato di una provincia semplice e credulona sparito con lei nell’incertezza
dei ricordi ma, tutto sommato. Onesto!
Luni, 13 dicembre 2019
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Rosa Montmasson
di Romano Parodi
Ho
cercato nei libri se fra i volontari garibaldini ci fosse anche l’Abate Antonio
Montefiori, come ipotizza un suo lontano parente. Nei mille non c’è, ma non
dobbiamo dimenticarci che all’impresa parteciparono 35 mila volontari: solo
nella decisiva battaglia del Volturno i garibaldini erano più di 20.000 e
c’erano anche cappellani militari). Ho trovato però un personaggio sconosciuto e affascinante, cancellato dalla
storia; prima da Francesco Crispi (fautore di uno stato forte) e poi dal suo successore
e discepolo Benito Mussolini. Era una donna, si chiamava Rosalie Montmasson.
Maria Attanasio nel suo ultimo romanzo, “La ragazza di Marsiglia” (Sellerio
editore, 2018, pag 386, 15 euro), va sulle tracce di quest’eroina, cancellata dalla memoria
collettiva, per restituirle dignità ed esistenza storica. Fu l’unica donna
a ottenere da Garibaldi
l’autorizzazione a imbarcarsi nella spedizione
dei Mille (anche se ce ne furono altre due raccolte lungo la strada:
una, “la guerriera di Garibaldi”, Tonina Masanello, padovana, che si travestì
da uomo, e l’altra Colomba Antonietti
Porzi, definita “l’eroina
di Foligno” da Garibaldi, morta in combattimento). Rosalie, fu moglie per 25 anni di Francesco Crispi. La loro storia
sentimentale poi finì, e Crispi, grazie al suo grande potere politico, la fece cancellare anche dai
suoi diari. Navigando su internet mi sono imbattuto in un sito che racconta l’inaugurazione
di una targa a Firenze: IN QUESTO PALAZZO / ABITO’ CON IL CONSORTE FRANCESCO
CRISPI (ai tempi di Firenze capitale)/ ROSE MONTMASSON/ SBARCATA CON I
MILLE A MARSALA/ FU LA GENEROSA INFERMIERA ROSALIA/ DELLA GIORNATA DI
CALATAFIMI e del Volturno . Nata in Alta Savoia, allora parte del Regno di Sardegna da una famiglia
poverissima, Rosalie Montmasson sapeva leggere, scrivere e fare di conto e si
manteneva lavorando come lavandaia e stiratrice. A Marsiglia, nel 1849,
incontrò Francesco Crispi, esule dalla Sicilia, dove aveva partecipato alla
rivoluzione del 1848. Si rincontreranno a Torino, nacque un grande amore e una passione politica comune:
lui era mazziniano e lei lo diventò, anche più di lui. Si sposarono a Malta nel
1854: il matrimonio durerà 25 anni. Nel 1864 Crispi cambiò fede politica e da
repubblicano diventò monarchico. Lei rimase repubblicana e continuarono a
vivere assieme, ma cominciarono i contrasti di tipo esistenziale e politico.
«La storia di Rosalie è la storia di un grande amore e di una grande utopia
politica, legata alla militanza mazziniana: le due cose non sono scindibili in
lei», spiega Maria Attanasio. Grazie al
lavoro di stiratrice e lavandaia, poté mantenere se stessa e il marito per
molto tempo. Girava l’Europa da sola per consegnare ai vari “fratelli” le lettere e i
messaggi di Mazzini,
che le voleva bene e aveva fiducia in lei. Lo conobbe a Londra, dove andò a
vivere con il marito, dopo l’esilio da Malta. Lei e Crispi erano entrambi
grandi seguaci di Mazzini. Si pensava, addirittura, che fossero coinvolti
nell’attentato a Napoleone III, anche se Crispi ha sempre negato. Fu amica di Garibaldi; ci
sono lettere che lo testimoniano. Fu una grande protagonista,
sia nella cospirazione, sia soprattutto nell’organizzare la spedizione dei Mille.
In seguito a un colloquio privato con Garibaldi a Genova, ottenne il
consenso a imbarcarsi sul Piemonte. Non si sa esattamente come convinse il
Generale, che aveva dato un ordine tassativo: “né mogli,
né madri, né volontarie”. Probabilmente ottenne il consenso perché fu
tra coloro che avevano costruito la spedizione. All’inizio di aprile infatti fu
mandata in Sicilia e a Malta dal marito e da tutto il gruppo che voleva
organizzare lo sbarco, per organizzare e raccordare i comitati siciliani e
maltesi con quelli della Liguria, e raccogliere soldi per comprare armi. Quindi
fu un’attiva protagonista della spedizione. Il matrimonio di Crispi e Rosalie entrò in crisi perché lui si innamorò di una
giovane donna, Lina Barbagallo, che aveva la metà dei suoi anni. Ancora sposato
con Rosalie, Crispi organizzò un matrimonio clandestino a Napoli con Lina, che venne
scoperto dalla stampa. Scoppiò un grande scandalo. Crispi rischiava la condanna per bigamia. Ci fu un’istruttoria molto
parziale e manipolata, con giudici complici, che egli gestì per
via della sua posizione di potere. Il matrimonio con Rosalie fu dichiarato
nullo per motivi formali, cioè per mancanza delle pubblicazioni. «Era invece
validissimo: ho trovato i documenti a Malta, compresa la dichiarazione di libre consentement del
padre», spiega Maria Attanasio. “Che
mascalzone quel Crispi! Bigamo, preferì una aristocratica alla donna che lo
aveva seguito e mantenuto per tanti anni. Lei di umili origini, fedele e
leale, lo mantenne fino a quando lui non diventò deputato, poi viene mollata
per una donna nobile con un ignobile sotterfugio” scrivono i giornale
dell’epoca. Perfino la regina Margherita si rifiutò di ricevere il primo
ministro: “un mascalzone”, mentre invitò a corte Rosalie. Mentre i memorialisti successivi alla spedizione dei Mille elogiano Rosalie
come un’eroina, tutta la storiografia successiva alla sentenza di annullamento
del matrimonio la cancella in ossequio a Crispi, diventato presidente del
consiglio. Rosalie fu
totalmente rimossa dalla storia, come se non fosse mai
esistita, e Crispi si prodigò di cancellare la presenza di Rosalie dai suoi
diari precedenti, che furono pubblicati negli anni ‘90. Per Mussolini, che vide
in Crispi il suo precursore e mentore, e ne segui le orme politiche e
sentimentali, questa vicenda non poteva trapelare, perché avrebbe macchiato non
solo la figura di Crispi, ma anche la sua. Quindi dal fascismo in poi scompare
di lei ogni minima traccia. In età senile però, dopo che si erano separati in modo così duro a causa
dell’istruttoria manipolata, Crispi tornò da Rosalie (sentimentalmente). Infatti, Maria Attanasio, scopre che nel
museo di Caltagirone c’è un busto
commemorativo dell’eroina dei Mille e uno di Crispi,
commissionato dallo stesso Crispi allo scultore Salvatore Grita. Una cosa
inattesa. «Grazie a quest’opera ho potuto ricostruire per indizi la seconda
parte della vita dell’eroina dei Mille», spiega l’Attanasio, che aveva bisogno
di un dato storico dopo la cancellazione iniziata nel 1878. “La ragazza di Marsiglia” non è solo il
romanzo di Rosalie ma è un romanzo
corale, che vive di questo respiro di libertà: quello che si è
respirato in Italia e a Ortonovo nella seconda metà dell’800.
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L MICIO E L CAVADO
di Lorenzo Rossi Centori
N’à sera al tempo d noèna dì
morti a ern a veghjo dai nonni. Ma dop l
rosaro l fòco i steo pr morir k ngh’er pù legna da brushar, e pr solito tokeo a
noialtri bin ndarla arcatar ntl fondo. Cod’olta però nishun voleo ndargh, n po’
pr voghja, n po’ prché fora i pioeo, ma pù pr la paura ki gh’ern i spirti a
sptars. Cuscì a festn para e pata pr
vder ki doeo mòrs. Ma la storia la s feo
lunga, e ntanto l fòco dhj’er sempr pù
mòdo e d’er thjara chi ndeo a morir.
La Palmina pr’n po’ la sta a mirars ntanto k d’artizeo la poga brasha armasa.
Po’, straca d sptar, la s’arcont n’ à fòla k la pareo fata aposta pr noialtri. La fòla disheo cuscì: “N’òmo i
ndeo su pr l violo d Fan col micio e l cavado. L micio in porteo la soma e
nveci l cavado i ndeo mptito senza gnent n basto. Ariati n Bolognan l micio, straco d portar
tuta cola soma, i dish al cavado: - A
dhj’ò tropa soma n basto, a n pos pù portarla da me, a dhj’o paura d sguidar;
porten n po’ nk vò, cuscì a m’alg’ rish la sthjiena e a camin pù spdito. L cavado, chi pareo l padron
dl mondo, i fest uso d no sntirdo e i continuest a trotar. Ma ariati al Cardeto l micio, che mo dhj’er
proprio drocato dala fadiga, i n’est pù la forza d mòr i ciampin, e scapuciando
nt’n groto n mez’al violo, lì pr lì i cask n tera morto stchito. E cusc’ l padron i mis tut la soma n gropa al
cavado, e pù i gh mis a cavacin nk la peda dl micio. E adora l cavado i ncomncest a ragnar: - Oh,
me poreto! Che doloro, com’à son dsgraziato. A nd’ò vosuto aidar cod’altro poreto chi dhj’er sthjenco dala fadiga, e mo m
tok portar nk la so peda.” Finito d’arcontar la Palmina
d’artiz col pogo fòco armaso bushiando la brasha con la mòghja, e la dish: “Miré k n capìt nk’à vò com’à col cavado, k
sarei meio aidars da vivi che quand’à san morti a ngh san pù.” E adora noialtri bin, tuti
nsema pr via dì spirti, a ndest’n lesti arcatar la legna. E arento al fòco, chì pareo vivo da tanto
dhj’er bèdo, la Palmina la s’arcontest la fola dl castedo ncantato, ka v’ardirò
n’atr’olta.
L’ASINO E IL
CAVALLO
Una sera al tempo della novena
dei morti eravamo a veglio dai nonni. Ma dopo il rosario il fuoco stava per
morire perché non c’era più legna, e di solito toccava a noi bimbi andarla a
prendere nella legnaia. Quella sera però nessuno voleva andarci. Così facemmo a
pari e dispari per decidere chi doveva andare. Ma la contesa si faceva lunga ed
intanto il fuoco era sempre più debole e si vedeva che andava a morire.
Per un po’ la Palmina ci sta a guardare, intanto che cercava di mantenere la
brace accesa. Poi, stanca di aspettare, ci racconta una favola che sembrava
fatta su misura per noi. La favola diceva così: “Un uomo andava su per il
sentiero di fano con l’asino ed il cavallo. L’asino portava la soma e invece il
cavallo andava impettito senza carico.
Giunti in Bolignano l’asino, stanco di portare tutto quel carico, dice
al cavallo: -Ho troppa soma in basto, non posso più portarla da solo, ho paura di
scivolare, dividiamola, così mi alleggerisco la schiena e cammino più sicuro.
Il cavallo, che sembrava il padrone del mondo, fece finta di non sentirlo e
continuò a trottare. Ma giunti al Cardeto l’asino, che era proprio sfinito
dalla fatica, non ebbe più la forza di muoversi, e inciampando in un sasso in
mezzo al sentiero lìm per lì cade a terra morto stecchito. Così il padrone mise
tutta la soma in groppa al cavallo e in più aggiunse anche la pelle dell’asino.
Allora il cavallo cominciò a lamentarsi: -Oh! Povero me, che dolore, come sono
disgraziato. Non ho voluto aiutare quel poveretto che era sfinito dalla fatica
ed ora devo portare anche la sua pelle.”
Finito di raccontare la Palmina riattizza il poco fuoco rimasto rivoltando la
brace con la moglia e dice:“ Guardate che non capiti anche a voi come a quel
cavallo, perché è meglio aiutarsi da vivi che quando siamo morti non ci siamo
più.”
Allora noi bimbi, tutti insieme per paura degli spiriti, andammo di filato a
prendere la legna. E vicino al fuoco che sembrava vivo da tanto era bello, la
Palmina ci raccontò la favola del castello incantato che vi dirò un’altra
volta.
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Quando tornerà Natale
di Enzo Mazzini
Paolo Devoti non finisce mai
di stupirci. Ci ha ormai abituati a farci vivere momenti di vera commozione con
le sue storiche rappresentazioni che ci riserva quasi ogni anno, il Venerdì
Santo, nell'area prospiciente la Chiesa di San Martino ed anche questa estate
(29 luglio) è stata rappresentata una sua creatura che è un vero gioiello
("I TOPAROLA"), di cui ho riferito ampiamente nel Sentiero di
Ottobre.
Ebbene, lunedì 23 Dicembre , in piena atmosfera natalizia, è stata presentata
al pubblico, nell'antica e bellissima Chiesa di San Martino, la novella
natalizia con canzoni e riflessioni, scritta da Paolo Devoti e dallo stesso
interpretata.
La Chiesa è piena di spettatori e, dopo la presentazione di Padre Michele e
l'introduzione di Ottavia, viviamo momenti di profonda commozione. Paolo, nelle
vesti di un anziano nonno ed attorniato da alcuni nipoti, interloquisce con
loro e risponde alle loro domande ed in particolare a quelle di Giovanni,
rivolte ad un vegliardo pieno di esperienza di vita e quindi portatore di
profonda sapienza umana. I monologhi, intervallati da bellissimi canti natalizi
eseguiti dalla Corale di San Giuseppe, diretta da Piergiuseppe, rappresentano
un crescendo davvero coinvolgente.
Una intensa vena poetica ed una dolce malinconia fanno della
novella:"QUANDO TORNERÀ NATALE?", scritta ed interpretata da Paolo
Devoti, un'intensa riflessione sui grandi valori universali, trasportando
soavemente il pubblico alla riscoperta della vera essenza del Natale.
Risulta chiara anche la denuncia di alcuni mali che caratterizzano la società
moderna, come l'uso eccessivo e sproporzionato del mondo virtuale e l'ansia
quotidiana imposta da un vivere frenetico, costretto ad inseguire solo
interessi frivoli e materiali.
Grazie Paolo! C'è davvero tanto bisogno di riscoprire i valori essenziali che
devono essere alla base di una società fondata più sul bene comune che
sull'interesse egoistico del singolo.
E Paolo, attraverso gli insegnamenti che scaturiscono dalla vissuta ed elevata
esperienza di un nonno, munito di profonda saggezza, mira a riscoprire i veri
principi che dovrebbero riformare la consumistica società moderna. Davvero
significativa ed eloquente la funzione riservata alle persone anziane, che non
devono essere considerate un peso per la società, merce di scarto, bensì un
vero tesoro da riscoprire e mai utilizzato a sufficienza. Quanto cammino
dobbiamo ancora fare per raggiungere questo doveroso traguardo! La Chiesa,
attraverso i suoi insegnamenti millenari, ci ha tracciata la via da percorrere:
a noi spetta il compito di dare la nostra misera ma indispensabile risposta
positiva. E Paolo, con le sue significative iniziative, ci dona un prezioso
contributo da non lasciar cadere nel vuoto.
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