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LEGGIAMO LIBRI …. REGALIAMO LIBRI
di MARTA
Ricordo come, dopo aver
imparato a leggere, abbia cominciato a capire il significato delle cose.Ho iniziato con il leggere i
giornalini di Vittorio, mio fratello maggiore.Vittorio, quando poteva, comprava PAPERINO E TOPOLINO. Non sempre aveva i
soldini per comprarli; allora si era nel dopoguerra, tempo di privazioni, ma
con il metodo dello scambio potevamo leggere.Mi affascinava il mondo di Paperina e Minnie, come il fortunato Gastone e gli
altri come Pippo, Pluto, i tre nipotini di Paperino, Qui, Quo, Qua e
Gambadilegno. Poi crescendo si passò alle avventure di Capitan Miki, Gim Tore, Mandrake e Tex
Willer.Il mio primo vero libro, un romanzo con una sua trama ben sviluppata, fu Il
Principe e il Povero, al quale hanno fatto seguito Le avventure di Tom Sawyer e La capanna dello
zio Tom, ovvero i classici della
letteratura per ragazzi. Opere cadute nel dimenticatoio da parte dei genitori
moderni e di cui i ragazzi di oggi non conoscono l’esistenza.Per me era un continuo cercare chi mi poteva aiutare a trovare chi era
disponibile a prestarmi nuovi libri.Ben presto passai ai gialli di Mikey Spillane che si distinguevano per la loro
copertina nera bordata di giallo. Con quei libri mi sono sentita proiettata
nell’America del grande traffico newyorchese. Protagonista era il classico
investigatore dal caratteristico impermeabile (trench) con la cintola stretta
in vita, il cappello in testa e l’immancabile pacchetto di sigarette sempre
pieno. Man mano che il tempo trascorreva non sempre potevo leggere quello che avrei
voluto, ma quello che trovavo. Così conobbi Thomas Mann, Hermann Hesse, Franz
Kafka e il più recente Wilbur Smith con i suoi libri storici e di avventura ambientati
nell’antico Egitto. Ne ha scritti sei di quasi mille pagine ciascuno. Li ho
letti tutti e ho avuto la sensazione che nessuno come lui abbia saputo
descrivere la storia degli Egizi e del loro fiume sacro, il Nilo, da dove nasce
fino al mare. Poi dello stesso autore, non mi sono perso il ciclo dei Courtney
e quello dei Ballantyne, che rappresentano le migliori saghe familiari e di
avventura mai pubblicate. Fatta un po’ la storia di come ho amato la lettura, caliamoci nella realtà di
oggi. Spesso ascolto mamme che si lamentano dei loro figli che non sanno
studiare e che non leggono libri di nessun tipo e non ne sentono il bisogno,
mentre hanno ossessivamente sempre in mano il telefonino. Non sanno cosa si
perdono, perché un buon libro trasmette emozioni, ti fa entrare in mondi nuovi
fatti di fantasia e realtà, ti accompagna dentro la storia e la scienza: sempre
e comunque ti fa conoscere cose nuove e crescere. Quante volte ci siamo sentiti come Anna Karenina
e Lara del Dottor Zivago o, certe volte come don Abbondio dei Promessi Sposi!L’ultimo libro che sto leggendo è Uno, Nessuno, Centomila di Luigi Pirandello,
che già conoscevo per aver letto alcune sue novelle come La giara, Il fu Mattia
Pascal, Liolà. Non ho trascurato di leggere alcune poesie del nostro compaesano Ceccardo
Ceccardi Roccatagliata, del quale quest’anno ricorre il centenario della morte
( 3 agosto 2019 ).La conclusione di queste mie righe a favore della lettura è semplice: quante
volte le parole di un libro prendono forma e diventano realtà? Il mio invito per giovani e
meno giovani è: leggiamo libri, regaliamo libri, fanno bene alla mente e al
cuore.
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LA FINESTRA
di Gualtiero Sollazzi
Mario Vassallo, scrittore,
così ha definito gli occhi: “una finestra
sull’anima”.
La loro espressione, infatti, racconta più di tante parole. Negli occhi, vi si legge l’intelligenza, la
tristezza, la collera, la vergogna.
Pare che dal colore di questi si possa rilevare addirittura il carattere, le
preferenze, le attitudini.
“Te lo leggo negli occhi” cantava
Battiato alla sua donna che “non era sincera”. Lo sguardo di un genitore o di
una persona amata, chi non lo porta ancora in sé? Il Vangelo è pieno di sguardi. Quelli di
Gesù.
A Matteo, agli ammalati, soprattutto a quel giovane che, se ne andò, nonostante
l’atteggiamento del Maestro: “Allora Gesù, fissatolo, lo amò”.
La Chiesa, pregando la madre del Signore non Le dice ogni giorno con fiducia:
“rivolgi a noi quegli occhi Tuoi misericordiosi ?”
Il nostro sguardo può essere catechesi.
E’ stato scritto: “Può accadere di gettare lo sguardo a chi appare come un
mendicante, per scoprire che in realtà è un principe.”
Racconta un giornalista, poco dopo la morte del cardinale Martini: “ Chi era
guardato da Martini, si sentiva figlio di Dio, fosse stato anche un
delinquente…” Le persone ‘diventano’
secondo come si guardano.
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San Martino
di Enzo Mazzini
Oggi è festa grande nella
nostra parrocchia perché si festeggia San Martino che, insieme a San Giuseppe,
è il nostro patrono.
San Martino è anche il santo protettore di tutti i viticultori e non per niente
un vecchio adagio dice che "per San Martino il mosto diventa vino" e
quindi si procederà all'assaggio per verificare se il vino è pronto ed anche
noi abbiamo offerto vino novello ai presenti che ne facevano richiesta.
La festa di San Martino è molto sentita, tant'è che la bella Chiesa di San
Martino è stipata di fedeli per partecipare alla Santa Messa solenne,
arricchita dai bellissimi canti eseguiti dalla "corale" di San
Giuseppe, diretta da Piergiuseppe . Molto significativa anche l'omelia di Padre
Michele di cui riporto, di seguito, alcuni punti importanti: "In questa
domenica celebriamo la festa di San Martino, anche se la festa ricorre domani
ma, come da tradizione, nella nostra parrocchia si celebra la seconda domenica
di novembre.
Nel Vangelo di oggi ovviamente non si parla di San Martino bensì, come abbiamo
ascoltato, si parla della resurrezione e
questo è significativo perché celebriamo la festa di San Martino che ha creduto
in Cristo, ma in Cristo vivo, cioè risorto. E il Signore ci invita oggi ad
ascoltare la Sua parola. Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato, a Gesù si
avvicina un gruppo, un gruppo chiamato "dei Sadducei". Chi sono
questi? Sono i discendenti da Sadoma. Sadoma è un personaggio dell'Antico
Testamento e fu il sommo sacerdote ai tempi del re Salomone. Loro non credono
nella resurrezione. Nella Bibbia, nell'Antico Testamento, ci sono 46 libri, ma
loro ne riconoscono solo cinque .......e questi cinque libri, secondo la
tradizione biblica, li ha scritti Mosè.
Inoltre non credono nella Resurrezione.
Poi c'è un altro gruppo che conosciamo benissimo, quello dei Farisei, che
significa "separati". Questi credono nella Resurrezione e si
avvicinano a Gesù non perché volevano cercare di imparare qualcosa, ma per
metterLo in difficoltà perché questo personaggio chiamato Gesù dava loro fastidio.
Ebbene stiamo salendo a Gerusalemme: siamo arrivati a Gerusalemme e Gesù sta per essere condannato ed inizia la Sua
catechesi, il Suo discorso e si presenta a Lui questo gruppo di Sadducei che non credono nella Resurrezione e Gli
domandano: "Maestro, Mosè ci ha prescritto: se muore un fratello che ha
moglie, ma senza figli, suo fratello prenda lei in moglie e dia una
discendenza,...........altrimenti muore la sua discendenza e quindi nella
stessa famiglia il fratello doveva prendere in moglie la cognata.......e così
della discendenza rimaneva memoria. I Sadducei non sono curiosi, ma vogliono
mettere alla prova Gesù, per farLo condannare. Erano i sommi sacerdoti, gli
aristocratici, che in quel tempo avevano potere e raccontano questa storia dei
fratelli che devono lasciare una discendenza.Ben sette fratelli. Poi muore la
donna. Di chi sarà moglie nella resurrezione? Ma Gesù non risponde
direttamente.........E risponde dicendo: "I figli di questo mondo prendono
moglie e prendono marito, ma quelli che sono giudicati nella vita futura e
nella resurrezione non prendono né moglie né marito. Infatti non possono più
morire perché sono uguali agli Angeli e poi se sono figli della resurrezione
sono figli di Dio". Ecco Gesù dice:
" Al di là non è come voi pensate"...... E noi anche se crediamo
nella Resurrezione ....... non siamo gioiosi di morire...... . Quando saremo
morti rivedremo i nostri defunti?
Vedremo come sarà il mio papà, il mio nonno, la mia nonna? Saranno più vecchi o
più giovani? Ecco cosa passa per la
nostra mente. ...... E Gesù dice che sarà un'altra realtà: non è che non
ritroveremo i nostri cari, ma non sarà come in questa vita in cui abbiamo una
famiglia, ma saremo una sola famiglia e saremo rigenerati da Dio, non dalla
mamma e dal papà, ma da Dio: una vita nuova e saremo angeli, cioè al servizio
di Dio. È questa la bellezza, la "buona notizia" secondo questo brano
evangelico che sicuramente abbiamo sentito tante volte: saremo come angeli, al
servizio di Dio, una sola famiglia dove Dio sarà veramente il mio
"Papà". Diciamo che la Vergine Maria è la nostra Madre Celeste: Maria
sarà la nostra "Mamma". Sarà questa la nuova realtà: che saremo
generati da Dio, non dalla carne, ma dallo Spirito come il Figlio di Dio.
È questa la resurrezione, è questa la nostra speranza, come dice l'Apostolo
Paolo nella Sua lettera: "Lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio,
padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per Sua grazia, una consolazione
eterna è una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni
opera e parola di bene". ......... Il Signore ci dice: "Figli miei,
sarete Angeli al servizio di mio Padre quando finirà questa vita terrena". Questa è la nostra
fede: che la nostra vita fisicamente e materialmente finisce, ma continua in
una vita migliore, alla Sua presenza.........questa è la nostra fede: che
arriveremo alla presenza del Signore. E proprio questo ha creduto San Martino
che non credeva e poi si è convertito ed è diventato Vescovo. Questo Santo è
nato nel 316 e possiamo dire che fu tra i primi cristiani in quanto il
cristianesimo aveva circa 300 anni. Aveva al suo seguito un soldato romano. Voi
sapete bene che i Romani non erano credenti, erano pagani e Lui incontra un
povero, senza niente, scende dal cavallo, si toglie il mantello e copre col Suo
mantello questo uomo povero.
Poi, dopo la sua conversione racconta che ha visto in sogno qualcuno che aveva bisogno della sua
conversione in Cristo. Quello che festeggiamo oggi, a differenza di noi, non è
nato in una famiglia cristiana. I nostri genitori ci hanno trasmesso la loro
fede. Cari bambini, i vostri genitori vi hanno portati nella Chiesa, avete
ricevuto il Battesimo, poi avete frequentato il catechismo ed avete ricevuto la
Prima Comunione e la Cresima; invece questo uomo, chiamato Martino, non è nato
in una famiglia cristiana e solo da grande si è battezzato. Noi invece abbiamo
questo privilegio: di essere nati in una culla dove c'è già Cristo perché i
nostri genitori credono in questo e quindi in una famiglia cristiana, invece Martino
non era nato in una famiglia cristiana. I suoi genitori infatti non credevano
in Cristo e neppure Lui, ma a 25 anni è diventato sacerdote e poi vescovo. Noi
vediamo la Sua immagine: dopo essere stato un soldato romano, è diventato un
soldato di Cristo perché credeva in Gesù come Suo Salvatore, come Colui che
dava senso alla Sua vita. Ecco, cerchiamo questo anche noi nella nostra fede:
di dare senso alla nostra vita perché Gesù è morto per noi, ha dato la Sua vita
e, per intercessione di San Martino, possiamo diventare anche noi soldati di
Cristo.
Non con le armi per uccidere, ma con le armi dell'amore: amare i poveri come
Lui li ha amati. Noi che siamo riuniti in questa domenica, dobbiamo pregare
perché possiamo anche noi essere come questo uomo chiamato Martino e poi San
Martino per noi oggi, perché viveva in Gesù come Suo Salvatore, come Colui che
dava senso alla Sua vita. Ecco, cerchiamo questo anche noi, con la nostra fede:
dare senso alla nostra vita perché Gesù è morto per noi.
Chiediamo oggi al Signore, per intercessione di San Martino, di avere una
felicità eterna, di diventare soldati di Dio e che il Signore ci dia sempre la
Sua grazia e chiediamo l'intercessione della nostra Madre, la Vergine
Santissima. Amen".
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Ceccardo e Ortonovo
di Romano Parodi
Ceccardo
e Ortonovo
(Memoria
e poesia trasfigurano il borgo, la sua campagna, il suo torrente)
“La struttura portante del Libro dei
Frammenti, è affidata ai diversi
frammenti del Poema della Casa e del Poema della Villa sparsi nel
volumetto. I due testi di Val di Luni (Frammenti del Poema della Casa) – La
Via e la Casa dell’Amata, - posti a metà della sezione centrale del libro,
ne costituiscono la summa concettuale e tematica, il centro
psicologico e il cuore pulsante. Al centro dell’Eden sono la casa dell’amata
(Emilia) e, soprattutto, la casa materna, vigilate dalle immagini votive (le
“sante”) che custodiscono le memorie della: “rovina dei miei”. Ma se
esse rappresentano il permanere del ricordo, la rottura dello stato edenico; la
morte della madre, significa per il poeta la discesa senza ritorno nell’inferno
cittadino” – dice il prof. Zoboli.
- Era giovane assai: e lo aspettava / la
città con le sue opre sonanti / e baci d’orgia, e fango, e biancheggianti /
notti di luce elettrica,… Calava / egli giovane assai, timido assai, / nel gran
tumulto ignoto: un poco grullo / era e un sognator: quasi un fanciullo. / Al
vecchio piano non tornerà mai – scriverà poi Ceccardo.
Ortonovo è lo sfondo unico del Libro dei Frammenti,
ma è ormai un viaggio dell’anima, una terra di memoria. La memoria e la poesia
trasfigurano il borgo, la sua campagna, il suo torrente: il Parmignola (la
Jara) e i suoi colli, le sue strade e i suoi sentieri costeggiati di muriccioli
diruti, i suoi pioppi e i suoi ulivi, in un vero e proprio mito edenico. Ed è
proprio un’aurora incantata su una terra vergine quella che colora Ortonovo ad
apertura di libro.
(Jacopi
nel suo: - Il primo Ceccardo - definisce Il Libro dei Frammenti: “il
primo, in ordine cronologico, fra i libri della poesia italiana contemporanea”).
La prima poesia del libro dei
frammenti è
Glorie Mattutine
“Appena
un rigo d’or luce sui monti / che, verdi, posan ne l’azzurra pace: / sotto
ancor la vallata ampia si tace / benché il dì per il ciel brilli e sormonti: /
tace ricolma d’ombra, incoronata / d’un tenue vel di nebbia inargentata” / “arriva al borgo ne la valle ascoso / e lo
cinge di un nimbo radioso” (il
sole arriva prima al piano e poi a Ortonovo...)
Ma molti altri sono i sonetti
e articoli oggi dispersi (Gli ultimi inediti li ha pubblicati Francesca Corvi
due anni fa). Ceccardo, scriveva
all’editore Mario Novaro, fratello dell’amico Angiolo Silvio: “Ed ella poi
sa benissimo che i miei versi sono dispersi in fogli e riviste, come povere
foglie d’autunno” (“Gazzetta del Popolo di Domenica” Torino, “Vita
Moderna” Milano, “La Tavola Rotonda” Napoli, “Caffaro, l’Elettrico” e molti
altri, Genova, Firenze, Pontremoli, Versilia, etc.”). Oltre ai 38 sonetti del
Libro, scritti dal 1890 al 1895, Ceccardo ne compose altre, belle e “nostre”;
fra queste:
San Martino del G’iolo (Ghinolo
- Iliolo)
Te
predilesse/ quella mia gentile/ piccola chiesa millenaria a valle/ che a
l’ombre indugi, e levi il campanile/ come stelo a fiorir sul bruno colle/
perché ai tuoi riposi d’ombra/ tengon alfin di pace/ un pio dono/ i figli de’
campi faticosi:/ Essi che il breve cerchio della valle/ non tentarono mai/ pago
il desio d’umil donne e de l’avito calle.
Parafrasi:
La mia anima poetica te predilige mia piccola chiesa millenaria...( Un tempo la
montata per il paese era qui, e gli ortonovesi stanchi dal lavoro dei campi, si
riposavano all’ombra dei suoi pioppi, dove c’era anche un posadoro. Gli
ortonovesi non oltrepassavano mai la nostra valle, e vivevano accontentandosi
di umili donne e del natio paese.
Valentina
Ornella (la sorellina)
Come
nel cuor dei Miei da l’algida notte ora torno/ a un richiamo, e balzando gitto
un ilare grido,/ oh tale io resti, io sempre; la bimba dal tenero nome/
Ornella, piccoletta signora di due case; / io che tra ‘l terzo e il quarto anno
scorréami dal tetto/ del padre a quel de’ Nonni con gentil grazia alterna,/ e
l’uno e l’altro empiendo di strilli e di baci, canora/ messaggera, la vita,
come rondin, varcai. (fine)
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La Cilena non era sola.
di Marino Bertocci
Avere
scritto della “Cilena” mi ha incuriosito sulla sua sorte e così…chiedi ad uno,
chiedi all’altro…ho scoperto che si chiamava Emma, aveva sposato in Cile un mio
compaesano che, fatta(poca) fortuna in quella remota parte del mondo, era
rientrato al paesello con la sola moglie, non avevano figli e, ulteriormente
caduto in disgrazia economica, ne era morto per il dispiacere…lasciando la
poveretta in un mare di miseria e di guai. Però
ho anche scoperto quanta umana solidarietà fosse intorno a lei. All’epoca
i servizi sociali, soprattutto per gli anziani, erano quasi inesistenti. La
loro assistenza era affidata alla carità di organizzazioni, generalmente religiose.
Praticamente inesistenti le laiche… Diverse
famiglie, ancorché umilissime, si preoccupavano per lei, spesso non facendole
mancare un piatto di minestrone in compagnia con i loro bambini, facendola
sedere al caldo, non solo materiale… della loro semplice tavola. Un
negoziante tutti i giorni provvedeva a donarle un poco di pane e formaggio…,
senza nemmeno dirlo alla moglie ed alla figlia…che lo scoprirono solo quando,
dovendo lui per malattia chiudere l’attività, cercò di continuare ugualmente quel
gesto di carità. La
plurisecolare istituzione di carità parrocchiale ogni mese interveniva in aiuto
di Emma, con grande discrezione, aiutandola nel pagamento di bollette ed
affitto ma purtroppo la solitudine, l’assenza di adeguata protezione sociale,
non possedendo pensione alcuna e l’isolamento (non ha mai imparato a parlare
l’italiano, oltre al livello elementare), l’hanno rinchiusa sempre più in casa
con i suoi, gatti. Fino a quando fu rinvenuta morta in casa, forse alla fine
degli anni 70. Dimenticata
da molti ma, vogliamo crederlo, non dimenticata da Dio, che dopo tanta
tribolazione certamente l’ha accolta nella Sua Gloria. Riparlare
di questa storia della mia infanzia ha in me rinvigorito il convincimento che
dobbiamo sempre pensare a come eravamo, cosa avevamo da bambini e quanto queste
esperienze abbiano contribuito al nostro diventare adulti. Essere consapevoli
di cosa, e chi, eravamo deve esserci di aiuto affinché riusciamo ad insegnare
ai nostri figli il semplice valore delle nostre esperienze perché anche loro
possano guardare con fiducia al loro avvenire ed a loro volta trasmetterne i
valori di umana solidarietà ai loro figli. Guardarmi
talvolta indietro, però, non mi fa perdere di vista la realtà attuale e non
perdo speranza che la difesa del povero, del solo, dell’emarginato, del malato,
dell’anziano, insomma la promozione umana rimarrà una costante preoccupazione
di ogni uomo di buona volontà. Proprio
al riguardo qualche giorno fa ho casualmente ascoltata una chiacchiera da bar …Delle
persone, peraltro non più giovanissime, parlavano della loro difficoltà di
assicurare adeguata assistenza agli anziani genitori. Difficoltà sia di
carattere pratico che di carattere economico. La curiosità statistica mi ha indotto
a documentarmi sulla nostra realtà sociale locale. Ebbene: benché il nostro
territorio non presenti che pochissimi casi di eclatante povertà…,
effettivamente in carico ai competenti servizi sociali o alla Caritas, osservo
che su una
popolazione di 8387, al 31 dicembre 2018, ben
688 nostri concittadini ultra sessantacinquenni risultano vivere da SOLI
. E’ quindi di tutta evidenza che il problema dell’assistenza a questo sensibile
numero di anziani (la, cui progressione numerica, a fronte di un marcato
mancato ricambio generazionale, non è destinata a regredire…bensì, semmai, ad ulteriormente
incrementarsi) non appare rinviabile, rappresenta una vera emergenza sociale da
studiarsi, ed affrontarsi, con adeguati e concreti strumenti. Se una volta
l’anziano veniva accudito quanto più possibile in casa, oggi. il turbinio della
vita rende l’opzione sempre meno praticabile .Il problema, quando attuale, non è purtroppo rinviabile ad un'altra
generazione…Cosa possiamo dunque operare in merito noi cattolici, sempre meno
incisivi nella società moderna …ed anche noi sempre più anziani? Certamente
nell’immediato applicare ciò che ci viene dalla nostra fede (Caritas Christy urge
nos…ci muove l’amore di Cristo) ovvero assistere e proteggere l’anziano…ogni
anziano ma…poiché le azioni individuali, per quanto lodevoli, non possono bastare…impegnarsi come membri di
uno società solidale, affinché anche il Pubblico
faccia la sua parte non facendo mancare
doverosa assistenza agli Anziani.
Luni, 13 novembre 2019
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A Natalo d’ sbadig’io d’n gado (gallo)
di Romano Parodi
A
Natalo d’ sbadig’io d’n gado (gallo)
Questo antico adagio ort’noeso
spiega in poche parole una grande verità. Il 25 Dicembre le giornate si sono
allungate di un niente: ma è iniziato il trionfo della luce sul buio. La notte
più lunga s’arrende alla luce e inizia a perdere terreno. Una nuova porta si è
spalancata; al di là c’è la luce. Nasce Gesu Bambino, nasce la nuova vita: il
Natale Cristiano.
Le
tradizioni provengono da tempi remotissimi e questa del solstizio d’inverno,
21-22 dic., è sempre stata la notte più magica dell’anno.
La
data del 25 dic. non è stata scelta a caso: è il trionfo del sole in tutte le
grandi religioni antiche. Ma perché la data di queste nascite sacre si
festeggia il 25 e non il 21-22? Perché il sole per tre giorni sorge sempre
(apparentemente) nel solito posto. Solstizio significa, appunto: sole-fermo.
“Così, come il sole rinasce e la sua luce sconfigge il freddo
e le tenebre donando di nuovo la vita al mondo materiale, nello stesso modo il
Cristo invincibile (immortale) rinasce, e la sua luce, che è amore per il
prossimo, sconfiggendo il freddo del peccato originario e le tenebre del
peccato attuale, dona di nuovo la salvezza eterna”.
La nascita di Gesù Cristo a Betlemme rappresenta,
l'archetipo della nascita della coscienza spirituale nella nostra
consapevolezza umana, perché quando ci risvegliamo alla luce del Sole ed
usciamo dalle tenebre interiori, date dalle cattive abitudini, dall’indifferenza,
dall’egoismo, ritroviamo il valore della vita e la nostra serenità. r.p
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Le meraviglie della prima età imperiale
di Giorgio Bottiglioni
Seconda parte.
Vespasiano vide completati
solo i primi due ordini di posti e toccò al figlio Tito la grande inaugurazione
nell’80 con ben cento giorni di giochi. Domiziano, fratello di Tito e suo
successore, completò l’opera adornandola di scudi in bronzo dorato e realizzando
i sotterranei dell’arena. Proprio questi sotterranei sono uno degli elementi
più curiosi dell’edificio: oggi si possono vedere in un rifacimento del III o
IV secolo. Essi si articolano in un ampio passaggio centrale lungo l’asse
maggiore e in dodici corridoi curvilinei, disposti simmetricamente sui due
lati. Qui si trovano i montacarichi che permettevano di far salire nell’arena i
macchinari o gli animali impiegati nei giochi e che, in numero di 80, si
distribuivano su quattro dei corridoi. Il pubblico aveva accesso all’interno
tramite ognuna delle 80 arcate che scandiscono l’ellisse, sopra le quali si
trovava un numero progressivo che doveva essere ugualmente riportato al di
sopra delle tesserae che ognuno degli
spettatori doveva portare con sé: dalle arcate si accedeva quindi alle
scalinate interne ed ai vari settori della cavea attraverso i vemitoria.
I posti più vicini all’arena erano completamente di marmo e recavano i nomi
dei personaggi illustri che li occupavano. Via via salendo prendevano posto gli
uomini delle classi inferiori fino al quarto piano in alto, ligneo, simile alla nostra piccionaia, dove sedevano le donne,
ammesse da Augusto ai giochi solo distanti dagli uomini.
La capienza totale doveva aggirarsi sulle 40-45000 persone sedute, più circa
5000 in piedi, nella parte superiore. Completato al meglio il maestoso
anfiteatro, l’imperatore Domiziano volle dotare Roma di altri due straordinari
edifici da spettacolo: lo Stadio e l’Odeon. Lo Stadio di Domiziano venne
costruito nell’85 d.C.; era lungo 275 metri e largo 106, e poteva ospitare fino
a 30000 spettatori. Lo stadio era riccamente ornato di statue, una delle quali
è il famoso Pasquino, ora nell’omonima piazza. Nella topografia odierna lo
stadio di Domiziano corrisponde esattamente a Piazza Navona, originariamente
piazza “in agone”, a ricordo delle gare che qui si svolgevano nell’antichità.
Dagli anni Trenta è possibile vedere un tratto del lato curvo perfettamente
conservato in Piazza di Tor Sanguigna: da qui ci si può rendere conto che tutti
gli edifici che circondano la piazza sono fondati sulle gradinate della cavea
del vecchio stadio. La cavea comprendeva due settori sovrapposti e quindi anche
la facciata esterna doveva avere due ordini.
I fornici d’ingresso ospitavano, come nel Circo Massimo, i lupanari, in uno dei
quali l’agiografia cristiana localizza il martirio di Santa Agnese, ricordata
nella piazza dalla chiesa a lei intitolata, nota opera del Borromini. Trattandosi
di uno stadio e non di un circo, l’obelisco che si vede al di sopra della fontana
del Bernini non ha nulla –o quasi! – a che vedere con questo edificio.
La storia dell’obelisco è particolarmente curiosa: Domiziano fece tagliare
questo grande monolite di imitazione egizia e ricoprire con geroglifici che
ricordavano il suo nome; lo fece poi porre ad ornamento della sua Villa Albana
o, secondo altri studiosi, nel cortile del Tempio di Iside poco lontano dal
Pantheon; da qui l’imperatore Massenzio avrebbe trasportato l’obelisco sulla
Via Appia per collocarlo sulla spina del suo nuovo circo; Domiziano, in quanto
imperatore particolarmente cruento e inviso al popolo, venne condannato alla damnatio memoriae per cui il suo nome fu
cancellato da qualsiasi monumento pubblico, tranne che da questo obelisco
perché scritto in geroglifico e non codificato; il caso volle che nel 1651
venisse trasportato dal circo di Massenzio fin sulla fontana del Bernini,
esattamente al centro del più grande edificio del suo stesso dedicatario, senza
che nessuno lo sapesse! In Piazza dei Massimi, poco più a Sud di Piazza Navona,
si incontra l’unica colonna rimasta dell’Odeon di Domiziano. L’edificio venne
costruito tra il 92 e il 96. Era una struttura imponente, con una scena alta
quattro piani e poteva accogliere sino a 10000 spettatori. Può a buon diritto
considerarsi la prima, prestigiosa sala da concerti di Roma. Venne
probabilmente abbandonato durante il basso Medioevo e suoi resti utilizzati
come materiale da costruzione o per produrre calce, così come accadde a molti
edifici antichi di Roma. La cavea sopravvisse sino al XV secolo, quando sui
suoi resti venne edificato palazzo Massimo alle Colonne, la cui facciata ripete
la curva dell’antico edificio.
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Buon Natale
di Mila
Manca soltanto un mese a
Natale. Torniamo a festeggiare quel giorno in cui tutto il Creato trattenne il
respiro nel vedere quella strana luce brillare sopra una povera grotta in
quell'arida terra, laggiù, a Betlemme, poi un coro di alleluia irruppe nel
Cielo, era nato il Figlio di Dio e il suo nome sarà Gesù. Gesù, figlio di Dio e figlio dell'uomo, piccolo e tenero bambinello, già sapevi
il perché della tua nascita ma, quel giorno, eri ancora troppo piccolo per
pensare al tuo futuro, sorridevi felice stretto tra le braccia della tua mamma
e con un papà accanto che avrebbe fatto da baluardo tra voi e il mondo, fino a
quando Dio glielo avrebbe permesso. San Giuseppe, un uomo che per amore, solo
per amore, ha accettato una missione che forse neanche Giobbe, “il paziente per
antonomasia” avrebbe accettato. Ma torniamo al Natale. Per me la Santa Messa
della notte di Natale è sempre stata magica: con le luci, gli addobbi e i canti
di Natale, che mi riportano a quand'ero piccolina e ce la mettevo tutta per
riuscire a vedere il Sacerdote che portava il Bambin Gesù sull'altare. E poi i
gospel di Natale in Nigeria, con un altare innalzato tra le palme perché la
chiesa non riusciva a contenere tutti i fedeli in quella Notte Santa. Per farla
breve per me la Santa Messa della notte di Natale è sempre stata la più bella e
gioiosa dell'anno. Speriamo che sia così anche quest'anno perché non so se ci
sarà qualcuno a suonare e senza organista addio musica, anche domenica scorsa
non c'era nessuno. Io ho sempre proposto di cercare qualcuno, magari
tassandoci, noi gruppo della parrocchia, anche con l'aiuto di qualche fedele generoso,
per poter contribuire alle spese di un eventuale “maestro di musica”, ma pare
che la mia proposta sia non fattibile, peccato perché io credo che con la
musica si possa lavorare bene con i ragazzi. Pazienza. Mettiamo tutto nelle
mani della Sacra Famiglia: gioie, dolori e speranze.
Un calorosissimo BUON NATALE a
tutti.
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Piccole artiste
di Giuliana
Piccole artiste
Sfogliando l'ultimo numero di
Famiglia Cristiana, e precisamente il numero 46 del 17 novembre, un articolo in
particolare mi colpisce: "Mary Poppins, dietro le quinte siamo così "
e subito mi accingo a leggerlo perché so che un po’ mi riguarda. Infatti fra le piccole protagoniste femminili
del musical ci sono Margherita e Giulietta Rebeggiani, figlie di Marco e
Manuela Mazzini e dunque nipoti di mio cugino Enzo. Le due sorelle si alternano nell'impersonare
al Sistina di Roma e successivamente al Nazionale di Milano, Jane, una dei due
figli dei coniugi Banks, i quali hanno affidato l'educazione dei loro pargoli
alla straordinaria e imprevedibile Mary Poppins. Margherita e Giulietta sono
figlie d’arte. La loro mamma Manuela, diplomatasi in pianoforte a pieni voti al
conservatorio di Lucca, dopo un master di perfezionamento presso il grande Uto Ughi,
iniziò con successo la carriera di concertista che interruppe per amore avendo
seguito il marito, pilota di aviazione militare, negli Usa, dove tuttavia partecipò
a master prestigiosi. Tornata in Italia, essendo cresciuta la famiglia è non
avendo più la possibilità di dedicarsi ai concerti, fondò una scuola d’arte, la
Musical Theatre and Dance Academy, nella quale sono cresciute le due bambine e
che ha diplomato molti piccoli artisti. Margherita e Giulietta hanno doti
naturali notevoli, disinvoltura, bella voce squillante, agilità di movimenti e
la capacità di entrare, di volta in volta, nei vari personaggi. In particolare ricordo due espressioni memorabili
di Giulietta che, nell'opera "Attila " di G.Verdi in scena al teatro
alla Scala di Milano, rivisitata in chiave moderna, pur non facendo ovviamente
parte del cast, esprimeva, fuori scena, secondo le intenzioni del regista, un
dolore così intenso, da rappresentare in modo superbo la drammaticità degli
eventi che accadevano nell'opera lirica. Le due ragazzine avevano già calcato
le scene con altri lavori. In
particolare ricordo Margherita in "Marshall e l'orso " rappresentato
anche alla Versiliana, mentre Giulietta ha alle spalle diverse esperienze in
telefilm trasmessi in televisione.
Non bisogna dimenticare l'impegno scolastico che le due giovani artiste portano
avanti con successo; tra l'altro Margherita frequenta già il Liceo scientifico, ciò comporta loro sacrifici con levatacce e
spesso, poche ore di sonno. Ma
Margherita e Giulietta sono felici: il divertimento è superiore alla fatica,
dice la loro mamma e finché le cose andranno così, nulla si opporrà alla
continuazione della loro attività.
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CIASCUNO DI NOI DEVE IMPEGNARSI PER UN MONDO MIGLIORE
di Stefania Del Nero
Siamo noi a decidere per il
futuro, chiediamo aiuto a Dio.
Nella stradina che conduce al paesino di Zignago c'è un monumento con sotto una
targa; da quando io e mio marito l'abbiamo scoperto, se ci troviamo da quelle
parti, ci piace andare a rileggere e poi meditare sulla frase che i due comuni
confinanti di Fosdinovo e Castelnuovo Magra posero il 29 novembre1977 in
ricordo perenne del rastrellamento nazi-fascista del 30 novembre 1944 dove
persero la vita sette giovani ragazzi di età tra i 19 e i 23 anni. Questi, come
scritto sulla targa " Non conobbero la vecchiaia perché noi conoscessimo
la libertà". Mentre sul monumento c'è scritto " Agli uomini di
queste valli perché ricordino nel tempo a cosa valse il
sacrificio di giovani speranti di una umanità migliore ". …Speranti di
un'umanità migliore...perché anche noi, ora, non siamo nella solita
situazione? Il mondo che noi uomini abbiamo rovinato dobbiamo sforzarci di risanarlo,
non possiamo più permetterci di stare a guardare e ad aspettare che l'altro
faccia qualcosa, ognuno di noi deve fare la sua parte per un futuro e presente
migliore. Diceva Martin Luther King " Può darsi che non siate
responsabili delle situazioni in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate
nulla per Cambiarlo..." Non possiamo farcela solo con le forze
umane, abbiamo bisogno di Dio, dell’onnipotente, perché noi siamo deboli,
fragili, non siamo onnipotenti. È assurdo, svegliamoci, ma come possiamo
pensare di vivere nel regno di Dio già qui sulla terra, se noi escludiamo dalla
nostra vita, nel nostro quotidiano, nelle nostre relazioni, colui che si è
fatto uomo per insegnarci come possiamo vivere nel paradiso già qui sulla
terra. Ma come possiamo pensare di essere cristiani solo perché con
il battesimo siamo diventati figli di Dio e che avendo un unico padre siamo
tutti fratelli, se non ci interessa far parte della chiesa ?? La chiesa è la casa
di Dio, quindi dei suoi figli, è ogni figlio dovrebbe avere il desiderio di
entrare in relazione, in comunione con il padre e riuscire a vivere questa esperienza di
"amarci gli uni con gli altri ". Tra poco ci prepareremo all'evento
più importante della storia, il Natale. Il giorno che ci ricorda che Dio
è sceso dal cielo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi."Dio si è fatto
uomo e si è incarnato per opera dello spirito Santo nel seno della Vergine
Maria. " Ma perché è sceso dal cielo? perché si è fatto uomo? Per
chi l'ha fatto? Per donarci la salvezza, la vita eterna, ma noi lo
desideriamo questo? Se lo desiderassimo ci dovremmo sforzare quotidianamente di
metterlo al centro della nostra vita, a vivere da cristiani, facendolo entrare
nella nostra casa e in tutte le relazioni. Svegliamoci, non ci
comportiamo come se non avessimo la capacità di intendere e di volere, come se
non avessimo memoria. Nella preghiera della mattina diciamo " ti offro le
azioni della giornata: fa che siano tutte secondo la Tua volontà per la maggior
tua gloria…ti ringrazio di avermi creato e fatto Cristiano..." Non
dimentichiamo che per farci rinascere a vita nuova, attraverso il battesimo,
lui ci ha riscattato a caro prezzo, con il suo sangue, crocifisso, è in ogni
celebrazione della Santa messa, muore e risorge per noi, è vivo
sull'altare. Attraverso l’Eucarestia riceviamo la sua presenza dentro di
noi. Santa Teresa di Lisieux ha scritto” se la gente conoscesse il valore
dell’Eucarestia, l’accesso alle chiese dovrebbe essere regolato dalla forza
pubblica ". Ma ahimè anch'io non l'avevo capito, perché non conoscevo e
non mi interessava di conoscere e di capire che solo con la Grazia di Dio
possiamo diventare creature nuove. Sono rientrata da circa un mese da Medjugorje,
dove il paradiso è sceso sulla terra; nel 2010 per me è stato il luogo che mi
ha permesso di fare il foro nell'enorme ghiaccio che avevo messo tra me e il
creatore. Proprio in quel luogo è ripartito in me il forte desiderio di conoscerlo
meglio e di incontrarlo attraverso la sua parola, il Vangelo, e di
sforzarmi di essere meno superficiale con gli impegni cristiani nella
chiesa. In questo ultimo ritiro spirituale ho riportato dentro di me una
frase della nostra guida spirituale " se ci sentiamo giusti, vuol dire che
siamo lontani da Dio e più ci sentiamo peccatori più ci avviciniamo a Dio
". Ma se sentiamo peccatori come facciamo a non avere il desiderio della
chiesa? Del sacramento? Della riconciliazione? Gesù ci ha donato la sua misericordia,
uno strumento per fare il foro nel nostro cuore. È la nostra ignoranza che ci
ha portato al mondo in cui viviamo, è l’indifferenza, “Dio non creò il male, il
male è il risultato dell'assenza di Dio nel cuore degli esseri umani
". È iniziato da poco il catechismo e noi genitori da diverse generazioni
abbiamo mandato i figli al catechismo con tanta superficialità, perché ci siamo
dimenticati dell'impegno educativo di fede che ci siamo assunti nel giorno del
loro battesimo. Che bello quando in chiesa si vedono le famiglie, babbo
mamma e bambini, che bella testimonianza, che nell’insegnamento, io non l’ho fatto
per ignoranza! Non avevo neppure capito che il catechismo, e di conseguenza i
catechisti, accompagnano i bimbi all'incontro con Gesù per la loro prima Eucarestia,
ma che anche noi genitori cristiani siamo chiamati dal battesimo, a
comunicargli la nostra cristianità, la nostra fede. Siamo noi genitori i primi educatori,
non spetta ai catechisti, loro accompagnano. Noi genitori abbiamo una
grande opportunità, infatti con l'iscrizione al catechismo anche noi genitori superficiali ci
impegniamo a compiere insieme ai nostri figli un cammino di crescita nella
fede. La catechesi senza la famiglia è impossibile. Ne abbiamo la prova infatti durante
l’estate che termina il catechismo, i bambini e i genitori non si vedono
più in chiesa. Ahimè anch'io ho fatto così, la mia ignoranza mi portava a
mandare Gesù in vacanza nel periodo estivo.... Oppure terminate le due tappe
del catechismo anche noi genitori non frequentiamo più tanto " la
prima comunione e la cresima l'hanno presa!" Io stessa stavo per fare
questi sbagli, ma per fortuna ho seguito i consigli di don Andrea. È
bello scoprirsi ignorante e avere il desiderio di colmare e di
conoscere. Buon Natale a tutti voi, è non dimentichiamo per chi facciamo
festa a Natale!!
Buon cammino di conversione
quotidiano a ciascuno di noi, uniti alla chiesa di Dio, con l’aiuto di Maria e
dei nostri sacerdoti non possiamo perderci, ma possiamo contribuire a
realizzare un mondo migliore. Il nostro futuro dipende solo da ciascuno
di noi così come quei ragazzi di Zignago del 1944.
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