N° 4 - Aprile 2019
Spiritualità
  Alfa e Omega
di Antonio Ratti


  Le due vocali, per la loro collocazione nell’alfabeto greco, acquistano nella tradizione cristiana della liturgia pasquale importanza e significati specifici.Sono la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto che vengono accostate, perché i due estremi contengano anche tutta la realtà intermedia.
Citate insieme alludono a Dio: principio e fine di tutta la realtà visibile e invisibile.

Nel Nuovo Testamento questa qualità divina viene riferita chiaramente a Gesù, principio e fine della storia del creato, così come scrive Giovanni: “Io sono alfa e omega – dice il Signore Dio – Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente! “ ( Ap 1,8 )
Durante la Veglia pasquale le due lettere sono incise dal sacerdote celebrante sul grande cero pasquale, mentre pronuncia la formula: “Il Cristo ieri e oggi: Principio e Fine, alfa e omega. A Lui appartengono il tempo e i secoli. A Lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno. Amen.”           
Gesù è veramente principio e fine delle cose anche come finalità che dà un senso, perché è colui che realizza le aspirazioni degli uomini e perché “il Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia di ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni.” ( Gaudium et spes 45  )
Sempre riferendosi a Gesù, alfa e omega rappresentano l’inizio e l’epilogo del ciclo della redenzione. Il Dio Incarnato inizia, infatti, il suo percorso terreno nella gioia del Natale e lo conclude nella gloria della risurrezione a Pasqua.
Tra questi due estremi è scritta la grande avventura dell’uomo che, attraverso il sacrificio dell’Agnello divino, da creatura sperduta nel tempo finito può, se vuole, uscirne e approdare a pieno titolo nella luce di “Colui che è”  ( A Mosè che gli chiedeva il nome, Dio risponde semplicemente: “ Io Sono” )
Il Battesimo, che costituisce il nostro alfa personale di cristiani, è l’imprimatur dell’adesione al messaggio che Gesù è venuto a donarci e verso il quale ci siamo impegnati ad adeguare il nostro agire quotidiano durante il tempo terreno per arrivare al nostro omega pronti  ad entrare nella vita eterna. Non a caso durante il rito del Battesimo e delle esequie è presente il cero pasquale che reca incise le due lettere.
Sono lì a ricordare e a testimoniare che Cristo è il Signore del tempo, pertanto è una miope forzatura ignorarne la presenza, emarginarlo o accantonarlo nella  vita, se l’obiettivo finale, che ci siamo prefissati, è uscire dal tempo finito per entrare nella luce dell’Eterno e non rimanere asserviti dal luccichio dell’effimero sempre più accattivante e di moda nella nostra quotidianità.

 

                 


  AGOSTINO NUOVO DIACONO
di Enzo Mazzini



Sabato 23 febbraio la Chiesa Cattedrale di Cristo Re della Spezia, per una mattinata, è stata dominio incontrastato dei cattolici ortonovesi che sono corsi in massa, per fare da cornice ad un grande avvenimento: al loro concittadino Agostino Cavirani, della Parrocchia di San Martino e San Lorenzo, è stata conferita l'Ordinazione diaconale permanente dal Vescovo diocesano, S.E. Mons.Luigi Ernesto Palletti.
Tutto Ortonovo è corso in massa per prender parte a questo importante avvenimento.
Erano presenti anche molti parrocchiani dell'intero Vicariato di Luni che hanno utilizzato mezzi propri e l'autobus messo a disposizione, accompagnati dai loro parroci che tutti hanno voluto essere presenti in questa significativa cerimonia.
Anche la Corale, diretta dal Maestro Renato Bruschi, era presente al gran completo per accompagnare, in modo davvero coinvolgente e solenne, i vari momenti della cerimonia.
Bellissimo il canto d'ingresso: “Rallegriamoci nel Signore ", a cui ha fatto seguito la Liturgia della Parola, accompagnata dall'invocazione dei fedeli: “Ti servirò con gioia, Signore, nella tua casa". Molto commovente la Liturgia dell'Ordinazione, iniziata con la "Presentazione ed Elezione" e molto profonda e coinvolgente, come sempre, l'omelia del Vescovo che di seguito riporto:
"Il Vangelo ci ha ricordato come, se il chicco di grano non cade e muore, rimane solo. È la radice di ogni servizio all'interno del popolo di Dio, ma è soprattutto la conformazione al Signore Gesù il quale veramente, facendosi uomo, dai cieli si è lasciato cadere sulla terra per morire e risorgere per noi e con noi. E dunque non rimanere solo, ma con una moltitudine di fratelli. Egli chiama tutti alla santità: a tutti insegna e dà la possibilità di pregare il Padre, chiamandoLo Padre, Abbà; costituisce un popolo di Dio che vada, annunzi l'Evangelo e porti realmente la novità della Resurrezione in ogni parte della terra, ma all'interno di quel popolo costituisce dei pastori per la guida del popolo e dei servi particolarmente dediti alla carità e all'annuncio della Parola. Ecco noi oggi viviamo proprio questo: l'ordinazione di un Diacono, servo della carità, annunziatore della Parola. E allora, per cercare di comprendere, o meglio per vivere insieme, nella pienezza, quello che ora stiamo compiendo, vediamo veramente alcuni momenti fondamentali che precederanno immediatamente l'ordinazione del Diacono, che coinvolgeranno lui, perché sarà lui a dover dare delle risposte, ma che interpellano anche ognuno di noi, come persone nella propria singolarità e, come popolo di Dio, nella comunione dell'unica fede, dell'unica Chiesa.

Innanzitutto gli verrà chiesto se vuol essere consacrato al ministero della Chiesa per mezzo dell'imposizione delle mie mani e col dono dello Spirito Santo: è ovvio che è una cosa scontata questa, altrimenti non sarebbe qui.

Però è importante pensare che quello che oggi viene celebrato non è il conferimento di un incarico, ma è un'ordinazione; dunque coinvolge, con un gesto forte, un gesto della Chiesa: coinvolge l'effusione dello Spirito, fa sì che chi è incaricato venga anche consacrato e che realmente quello Spirito rimanga con lui sempre. Gli incarichi possono mutare; l'Ordinazione rimane sempre la stessa. Dunque, oggi noi non viviamo un mandato, ma viviamo soprattutto un'ordinazione. Lo Spirito scende; lo Spirito modella in modo nuovo: non è solo un incarico. Certo, modellato in modo nuovo, dobbiamo agire in modo nuovo e ricevere un incarico nuovo. È vero, ma non è un solo incarico. Il rito, la liturgia ce lo fa comprendere bene: consacrato al ministero della Chiesa per mezzo dell'imposizione delle mani, con il dono dello Spirito Santo. Siamo di fronte a un Sacramento, a un'azione di Cristo e della Sua Chiesa. Ma, subito dopo, viene chiesto che, una volta ricevuto questo dono, veramente se lui lo voglia vivere e allora vien detto: “Vuoi esercitare il ministero del Diaconato con umiltà e carità, in aiuto dell'ordine sacerdotale a servizio del popolo cristiano?". Anche qui la Liturgia entra proprio nel merito, nello spessore più profondo del servizio: l'umiltà, quell'atteggiamento interiore che ci fa sentire servi per poter servire. Abbiamo bisogno dell'umiltà evangelica.

Tutti abbiamo bisogno dell'umiltà evangelica per non servirci di chi stiamo servendo, ma invece servire gratuitamente coloro che il Signore ci ha affidato. E allora questo servizio va fatto nell'umiltà interiore e nella carità manifesta, soprattutto in questo grado dell'Ordine, dove realmente il Diacono è posto come segno della carità, all'interno della comunità di fede e questa umiltà e questa carità non è però posta a caso: non è posta in modo confuso; non è posta in qualche posto, in qualche luogo, ma in aiuto dell'ordine sacerdotale. È questo il posto corretto del primo grado: in aiuto dell'ordine sacerdotale. È bello questo, perché se fosse semplicemente l'andare in un luogo o in un altro a compiere un'azione o un'altra, beh! sarebbe certamente un mandato importante, come tanti mandati importanti esistono nella Chiesa, ma qui c'è un legame profondo: per il Diacono l'imposizione delle mani non è data per il sacerdozio, ma è data per collaborare, in aiuto all'ordine sacerdotale. Ecco allora perché la presenza all'Altare, nella divina liturgia, nella proclamazione dell'Evangelo, nella ministerialità che a lui compete e che la Chiesa gli ha affidato, nella testimonianza di vita, ma è bello pensare come realmente, se vuole essere tale, non può prescindere da questa comunione profonda con l'Ordine sacerdotale, perché questo lo pone al servizio del popolo di Dio. Allora, quanto è importante questo secondo passaggio!

Poi gli verrà chiesto se vuole custodire in una coscienza pura il mistero della fede, per annunziarla con le parole e le opere, secondo il Vangelo e le tradizioni della Chiesa. E qui abbiamo sentito la seconda Lettura: Quant'è importante l'Apostolo; custodire in una coscienza pura il mistero della fede.

Vuol dire che siamo servi della Parola, che la Parola è superiore a noi e che noi dobbiamo portarLa con fedeltà, con autenticità, senza nulla togliere e nulla aggiungere, permettendo al popolo di Dio di comprenderLa e lasciandoci interpellare anche lì dove la Parola interpella per primo noi stessi. AnnunziarLa con le parole e con le opere, caratteristico dei discepoli del Signore Gesù, il quale, viene detto, agì con parole ed opere. Dunque, le opere della salvezza, dunque le parole del Vangelo che annunziano, che rendono presente il Signore Gesù, misteriosamente ma realmente presente e questo fatto, secondo il Vangelo e la tradizione della Chiesa. È anche bello pensare a questo, non solo secondo il Vangelo, ma il Vangelo e la tradizione della Chiesa; perché? Perché tradizione vuol dire consegna, passaggio fedele, dall'inizio ad oggi, all'eternità.

Il Vangelo ci viene consegnato dalla Chiesa, va letto nella Chiesa, va interpretato secondo il magistero della Chiesa, va donato nella fedeltà della fede della Chiesa. Allora realmente, realmente possiamo dire di essere servi che annunziano la Parola di salvezza.

E poi gli viene chiesto se vuole custodire e alimentare, nel suo stato di vita, lo spirito di orazione e adempiere fedelmente l'impegno della liturgia delle ore, secondo la condizione ovviamente propria del diacono, insieme al popolo di Dio, per la Chiesa e per il mondo intero. Questo è un affidamento che a volte si coglie meno, ma si coglie meno nel Diacono, meno nel Sacerdote, meno nel Vescovo. Rimaniamo più colpiti da quando agiscono, compiono le celebrazioni che a loro competono, mettono in opera i gesti di carità dovuti nel Vangelo, ma ci dimentichiamo invece che la Chiesa affida a chi ha ricevuto il sacramento dell'Ordine anche un altro compito fondamentale e importante, a volte molto meno visibile, ma non meno importante, che è quello della preghiera quotidiana per tutto il popolo di Dio. E allora ecco questa fedeltà alla liturgia delle ore, quella liturgia che scandisce, momento per momento, la nostra giornata e che permette a tutto il popolo di Dio di potersi realmente unire e anche ricevere questa preghiera, continuamente, dei ministri ordinati. È un'intercessione particolare; è l'intercessione che Cristo chiede a coloro che, avendo chiamati a Sè, li ha inviati per annunziare l'Evangelo del Regno.

Ecco, tutto questo realmente si dovrà realizzare, ma questo sarebbe ancora poco, anche se sembra tantissimo, se non si realizzasse l'ultimo passaggio: "Tu che sull'Altare sarai messo a contatto col Corpo e Sangue di Cristo, vuoi conformare a Lui tutta la tua vita?". Questo è il passaggio decisivo: "Vuoi conformare a Lui tutta la tua vita?". In effetti la conformazione la riceve già attraverso il Sacramento, però sappiamo anche che ciò che siamo lo dobbiamo vivere e allora, se da una parte è un dono, perché è conformato diacono secondo il modello della carità di Cristo, attraverso l'imposizione delle mani e il dono dello Spirito, dall'altra parte è un impegno perché quel dono va vissuto, attivato, custodito e messo a disposizione dei fratelli.

Nessuno di noi riceve un dono per sé stesso perché, se il il dono è un dono per la comunità, ogni dono va posto al servizio della comunità.

Ecco, noi oggi vogliamo vivere questo. Vogliamo dire grazie al Signore, vogliamo implorare il dono della vocazione, al Signore, ma soprattutto vogliamo camminare insieme perché l'annunzio del Vangelo raggiunga veramente tutti, sino ai confini della terra.

Chiediamolo e affidiamoci in modo particolare all'intercessione della Beata Vergine Maria".

Dopo l'omelia, l'eletto diacono si alza in piedi e si pone davanti al Vescovo che lo interroga in merito alla volontà di assumere precisi impegni, da manifestare davanti al popolo di Dio, prima di ricevere l'ordine del diaconato ed in particolare:

- la volontà ad essere consacrato al ministero della Chiesa per mezzo del l'imposizione delle

   mani del Vescovo con il dono dello Spirito Santo;

- la volontà ad esercitare il ministero del diaconato con umiltà e carità in aiuto dell'ordine

   sacerdotale, al servizio del popolo cristiano;

- la volontà a custodire in una coscienza pura il mistero della fede, per annunziarla con le parole  

   e le opere, secondo il Vangelo e la tradizione della Chiesa;

- la volontà a custodire ed alimentare nella vita lo spirito di orazione ed adempiere fedelmente

 l'impegno della Liturgia delle ore, insieme con il popolo di Dio per la Chiesa e il mondo intero.
Inoltre, lui che sull'Altare sarà messo a contatto con il corpo e il sangue di Cristo, esprime la volontà, con l'aiuto di Dio, di conformare a Cristo tutta la sua vita.
Quindi promette al Vescovo ed ai suoi successori filiale rispetto ed obbedienza.
A questo punto, il Vescovo conclude: "Dio che ha iniziato in te la Sua opera la porti a compimento ".
Dopo la recita delle Litanie dei Santi, l'eletto diacono si avvicina al Vescovo, che sta in piedi alla sede con la mitra in capo, e si inginocchia davanti a lui per ricevere l'ordinazione. Il Vescovo impone le mani sul capo dell'eletto senza dire nulla. Poi, il Vescovo recita la solenne preghiera di ordinazione. Quindi l'ordinato diacono si alza ed un diacono gli impone la stola diaconale e lo riveste della dalmatica.
La commovente cerimonia termina con la consegna del Vangelo all'ordinato, da parte del Vescovo, con la seguente esortazione: "Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei diventato l'annunziatore: credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni". Prosegue quindi la celebrazione della Santa Messa.

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