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FEDE E ACQUA
di Domenico Lavaggi (prete e vostro conterraneo)
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Nel secondo capitolo del Libro
dei Re biblico, uno dei protagonisti è il profeta Eliseo, che era un giovane
contadino. Un giorno mentre stava arando il campo di famiglia, con una coppia
di buoi, fu avvicinato dal profeta Elia che gli pose il proprio mantello sulle
spalle dicendogli: “lo sai cosa ti ho fatto?” ed Eliseo rispose “prima saluto
mio padre e mia madre e poi vengo con te”; (il mantello significava chiamata).
Camminarono fino ad arrivare al fiume Giordano; qui Elia toccò l’acqua con il
mantello e si aprì quindi un sentiero che gli consentì di attraversare il fiume
fino all’altra sponda.
Usciti che furono dal fiume, un carro di fuoco si avvicinò a loro ed Elia vi
salì ed il carro iniziò un’ascesa verso il cielo. Quando fu in alto Elia lasciò
cadere il mantello che finì ai piedi di Eliseo, il quale lo prese e, con il
mantello stesso, toccò anch’egli l’acqua, che si aprì formando un sentiero.
Eliseo diventò così profeta in Israele.
Il carro di fuoco significava Dio. Nella città di Babilonia vi era un generale
che un giorno scoprì di essere affetto da lebbra; consultò molti medici ma
nessuno di loro riuscì a guarirlo. Molto tempo prima un re babilonese aveva
dichiarato guerra ai paesi vicini, compresa Israele, e condusse a Babilonia, in
schiavitù, le ragazze più belle ed i giovani più forti, distribuendoli ai suoi
generali. Al generale diventato lebbroso diede una fanciulla di Israele la quale,
vedendo il padrone disperato per la sua malattia, gli disse che in Israele vi
era una persona che poteva guarirlo. Il soldato raccolse tesori e gioielli per
ricompensare l’uomo che lo avrebbe eventualmente sanato.
Radunò una schiera di soldati e partì per Israele. Si recò dal re di quel paese
dicendogli “non sono venuto per la guerra ma perché tu mi guarisca dalla
lebbra”. Il re si strappò le vesti dicendo: “Sono forse Dio per far questo?” La
voce giunse ad Eliseo, che alloggiava in una capanna presso le rive del
Giordano. Mandò dunque un suo discepolo dal re dicendogli: “mandalo a me perché
si sappia che in Israele esiste un Dio che castiga e usa misericordia”. Il re
pregò il discepolo di accompagnare il soldato dal profeta. Arrivati al
Giordano, Eliseo inviò un altro discepolo a dire al soldato lebbroso di
scendere nel fiume Giordano e di bagnarsi per sette volte. Il soldato non
apprezzò il gesto di Eliseo, ma scese ugualmente nel fiume e si bagnò sette
volte come gli era stato imposto. Al termine di queste operazioni scoprì che la
propria pelle era diventata bianca e liscia come quella di un neonato e ordinò
ad un soldato di raccogliere un cesto di quella terra perché da quel momento in
poi avrebbe pregato disteso sulla terra d’Israele il Dio di Eliseo che lo aveva
guarito dalla lebbra.
Voglio raccontarti, caro Sentiero, un episodio di quando ero bambino a
Serravalle : mi sedevo sul muretto che costeggiava la strada, aspettando il
passaggio di un carro di contadini tirato da buoi; arrivati all’incrocio delle
strade Casano, Ortonovo e Nicola, il contadino usava staccare i buoi dal carro
per condurli al torrente Parmignola (la
Iara) affinchè si abbeverassero dopo la giornata faticosa e
potessero così bagnarsi e ristorarsi. Questo lo dico perché l’acqua del
Giordano, come l’acqua del Parmignola, poteva servire come ristoro per gli
animali, ma non per guarire la lebbra.
Se il soldato guarì fu per la fede di Eliseo nel Dio di Abramo e per la fede
del soldato nella parola di Eliseo. Questo mi ricorda un altro avvenimento
accaduto a Lourdes, quando la
Signora che appariva a Bernadette, indicò il fondo della
grotta dicendole “bevi e lavati” e, pur non essendovi acqua, Bernadette scavò
con le mani la terra e, quando finì di scavare, dalla buca sgorgò acqua che poi
alcuni operai convogliarono in una vasca, fatta con le pietre del luogo, affinché
non si disperdesse. Presso la casa abitata da Bernadette viveva una famiglia
composta da padre, madre ed un bimbo tetraplegico che, non solo era incapace di
muovere braccia e gambe, ma anche di emettere suoni. Il medico di Lourdes fece
arrivare medici dalle città vicine affinché potessero guarire il bimbo, ma essi
dichiararono che per il bimbo non vi era più nulla da fare e che sarebbe morto
presto o, comunque, sarebbe rimasto tetraplegico per tutta la sua vita. Quel
bimbo si chiamava Carletto.
Sentendo quelle parole la madre, disperata, avvolse il bimbo di pochi mesi in
una coperta e corse verso la grotta di Massabielle.
Là arrivata, tuffò il bimbo nell’acqua gelida (era il mese di febbraio). Il
bimbo, a contatto con l’acqua, strillò, cosa che stupì tutti i presenti ed
anche, naturalmente, la madre, in quanto non ne avevano mai udito la voce.
Cominciò quindi a muovere gambe e braccia come se nuotasse. Non fu l’acqua a guarire
Carletto, ma la fede di Bernadette e quella della madre che aveva sempre
creduto alle apparizioni e quindi a Bernadette. Mi sarebbe piaciuto vedere
Carletto sgambettare nudo e vivace davanti alla commissione teologica convocata
e guidata dal Vescovo di Tarbes, per testare la natura soprannaturale delle
apparizioni. Lo spettacolo di Carletto sgambettante meravigliò la commissione
ma non Bernadette e la mamma, che avevano fede nelle apparizioni
soprannaturali. È per questo che mi sarebbe piaciuto essere anch’io presente.
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