‘E góse, l’aia – Le voci,
l’aria
Questo libro di poesie, uscito
nel 1988 per Guanda nella collana La Fenice, rappresenta nella storia poetica
di Bertolani un punto importante, un approdo difficile per l’autenticità del
linguaggio, che si libera e spesso diventa sfogo rabbioso, parola cruda e
crudele, aspra e sferzante. Questa raccolta di poesie in dialetto rappresenta
il Bertolani più vero nella sua collera verso il mondo attuale, nella sua
paura, nel senso di impotenza che si ha di fronte alla morte. È un libro in cui
il canto degli aspetti più dolorosi della vita, della morte, della sua
percezione, intrinseca nelle cose
sottintesa e sempre in agguato, si fa più acuto e veemente.
È suddiviso in cinque sezioni: Aiéte (Ariette), ‘E gose, l’aia (Le voci,
l’aria), Bigéti daa Lunigiana (Biglietti dalla Lunigiana), Sinagoghe
(Cerimonie/ discorsi/ moine), Cuntae (Raccontare).
È un bel libro, molto doloroso, quando il dolore si dispiega nella malinconia
della riflessione esistenziale, nella vanità di tutti i sogni che continuano
nonostante tutto, dell’amore “…a bèstia
ligordìna, dita amóe..” (la bestia ingannevole detta amore), del mistero della
morte che disfa il corpo in putridi liquami (Donde pè nasse n’idea – Da dove
può nascere un’idea)
È un bel libro, molto struggente, quando la perdita diventa consapevolezza di
ciò che non sarà mai più o quando il canto trova pace nell’osservare gli anni
che scorrono inesorabili, le belle serate che nessuno può fermare, i canti e le
voci dei morti che “restano eterne intatte nell’aria”.
È un bel libro, molto
appassionato, dove il pathos tocca i vertici più alti proprio là dove i toni si
fanno più crudi e aspri.
Tutto questo franare travolge anche le piccole cose, anche le rondinelle che
nessuno guarda più, le castagne che nessuno raccoglie più in una Italia che
aveva trovato il suo profeta in Pasolini, uomo poeta veggente malinconico, ma
disdegnato.
La scelta diventa difficile a questo punto. Quali componimenti riportare qui?
Sono tutti belli, intensi, rotondi come i sassi limati dal mare. Tutti dolenti.
Tutti tragicamente veri. E chiedo venia ai lettori per la scelta operata, ma
credo che la bellezza di questo libro si possa apprezzare solo se si va alla
radice profonda dell’ispirazione, anche se espressa con parole “forti”, perché
solo così non si snatura il dolore dell’autore. In fondo il mondo, la vita e
tutto ciò che accade non è sempre lieto e la disperazione, talvolta, supera
l’ottimismo della volontà.
Ho deciso perciò di cominciare con la poesia dedicata a Pasolini, autore
amatissimo da Bertolani.
‘E RONDINÈLE
a Pasolini
A vorélo miàe drent’a i mile
budèi chi le serpénte,
er mondo i n’apaìssa na spece
de mación scuo – e i omi che
drento
i ghe bordìghe
déntici tuti,
tuti snomà…
Dime questo, pensàlo,
l’è persuàdeme tórna,tórna
capìe
che ‘r mondo sempre pu i
combàsa
con quanto l’è sortì
daa te fronte de rèto
‘ndovìn agomì.
A son anca a patìlo ‘nti fati
quanto t’è ito, scrito. E s’a’
n parlo
a me sento mià come se mia
‘n balengo, o n’omo bevù,
en malà.
Ma artre góse la vire ‘nta sea
rendorsì de ‘sta Italia, pu
povia de quando
l’ea povia da fane pietà.
Góse ch’la véne
Dae fissadùe da tèra
a dimandàe credénsa: a dine
che quarcò
seguaménte remàna…
- ‘E rondinèle
- la dise ‘ste góse ch’la véne
de là da tute e mace e i montesèi,
i siti sbandonà.
- ‘E
rondinèle
che come vén aprie la refàn
i vói usà…
Ma daa nèbia der
mondo
chi ne confonda, diséme voi
chi rièssa
- voi góse afàbili vegnù
dae morte anàde
a dane nèva vèga –
chi trèva
l’ardìe de miàgi
(de faghe sórve ‘n sómio)
le bèle rondinèle ‘nte scuìe.
LE RONDINELLE
A volerlo guardare dentro i
mille / budelli che lo serpentano, / il mondo ci appare una sorta / di selva oscura – e gli uomini dentro / vi
rovistano / identici tutti, / tutti senza nome…// Dirmi questo, pensarlo, / è
persuadermi di nuovo, di nuovo capire / che il mondo sempre più combacia / con
quanto è uscito / dalla tua fronte di retto / profeta immalinconito. / Sono
ancora a patirlo nei fatti / quanto hai detto, scritto. E se ne parlo / mi
sento guardato come si guarda / uno strambo, o un uomo ubriaco, / un malato. //
Ma altre voci girano nella sera / raddolcita di questa Italia, più povera di
quando / era povera da farci pietà. /
Voci che vengono dalle fessure della terra / a domandare credito: a dirci che
qualcosa / sicuramente resta…/ - Le rondinelle, / che come viene aprile rifanno
/ i voli usati…// Ma dalla nebbia del mondo / che ci confonde, ditemi voi / chi riesce / - voi voci gentili venute
/ dalle morte annate / a darci nuovo slancio - / chi trova / l’ardire di
guardarle / (di farci sopra un sogno) / le belle rondinelle all’imbrunire.
In questo componimento il poeta ha una
visione assolutamente pessimistica del mondo, un mondo che combacia
perfettamente con le parole che già a suo tempo aveva “profetizzato” Pasolini.
Siamo negli anni ottanta e già allora Bertolani sentiva la stortura che
cominciava a governare il mondo. L’assoluta mancanza di speranza è
perfettamente rappresentata dal poeta che non riesce neppure a riferire ad
altri il suo punto di vista senza essere preso per un ubriaco o per matto e
dalle rondinelle, simbolo dei sogni umani, che nessuno ha più il coraggio neppure
di guardare.