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Anno 2017…. E oltre
di Paola G. Vitale
Il cielo dà spettacolo! Nella
bassa atmosfera si sono susseguiti fenomeni inusitati. Vasti arcobaleni su
monti e pianure, zone di intenso colore, quando arancio, quando rosso fuoco tra
nube e nube per l’intero orizzonte. E poi nubi di ogni forma, quando sembravano
dipinte da bambini impauriti, quando erano cumuli nembi immensi, maestosi,
tanto da sembrare monti elevati nel celeste puro come il manto di Maria
Santissima. Questa sera il cielo al tramonto sembra un vero incendio che si
eleva tra le alte nubi e si spande fino a sud est, dove al mattino si vede il
primo avanzare dei raggi di sole; e siamo all’inizio del nuovo anno 2018:
sembra proprio il trionfo del Creatore sulla creatura, che, invece distrugge
l’ambiente, a cominciare dall’atmosfera. Intanto però lo spazio è occupato da stazioni spaziali dove si fa crescere
insalata ed altro, in attesa di dover evacuare il vecchio pianeta, cioè la
nostra Terra. Chi vivrà vedrà, ma intanto vogliamoci bene!
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Maurizio e Walter
di Maurizio
Una mattina, sfogliando il
"Sentiero", ho letto la lettera che Suor Maurizia ha scritto alla
figlia di Walter e non potete immaginare quale piacere abbia provato nel
riscontrare che Walter continua a vivere nel cuore delle persone, che lo ricordano
sempre con infinito amore e commozione.
Io ho di lui molti bellissimi ricordi che spesso riaffiorano nella mia memoria
e nel mio cuore. Lo rivedo quando era ancora giovane e corteggiava la sua
adorata Fiorenza e con lei passava ore ed ore ad ascoltare musica presso
l'ENEL. Che bella coppia! Faceva davvero invidia. E quanto si volevano bene e
che famiglia hanno cresciuto!
Ora lui è volato in cielo, ma sicuramente continua a vegliare sui suoi cari che
lui adorava.
Qualche giorno fa ho incontrato Fiorenza che tornava dall'oliveto portando
sulle spalle un sacchetto di olive. Mi ha detto: "Sono sola; ci fosse
ancora lui!"
Mi ha fatto un'immensa tristezza ed allora ho rivisto Walter che percorreva la
piccola rampa di strada e qualche volta aveva sulle spalle un sacchetto di
olive e qualche altra un fascio di legna. Io lo rimproveravo amorevolmente
ricordandogli che io gli avevo riservato una porzione di terreno che gli
permetteva di far manovra con l'auto ma lui, con la serenità e la dolcezza che
lo caratterizzavano, mi rispondeva: "Così posso fare anche due passi che
fanno bene alla salute". Questo era Walter.
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Perché vaccinarsi
di Augusto Gianfranchi
Care lettrici e cari lettori,
ho pensato in questo numero de “Il Sentiero di fare alcuni cenni sul tema delle
vaccinazioni. (Argomento di attualità). Su "Vaccini SI o vaccini NO",
i genitori si sono trovati impreparati al momento di praticarli per una serie
di motivi che durante la descrizione dell'argomento riusciremo a capire meglio.
Che cosa prevede la legge approvata a fine luglio?
1°- le vaccinazioni
obbligatorie e GRATUITE passano da quattro a dieci.
2° - quelle FORTEMENTE
raccomandate passano da zero a quattro.
3° - i 10 vaccini sono un
requisito per l'ammissione all'asilo nido ed alle scuole dell'infanzia fino a 6
anni.
4° - diviene obbligo per i
minorenni da 6 a 16 anni.
5° - la violazione comporta
sanzioni da 100 a 500 euro evitabili se si vaccina nei tempi indicati dalle
ASL.
Immunizzarsi verso le più
diffuse malattie rende più sicuri se stessi e l’intera popolazione. Alla luce
di dati scientifici attendibili non presenta rischi vaccinare i bambini. Il
fatto che esista un " obbligo" delle vaccinazioni per i bambini va
guardato come una vantaggiosa opportunità. Possiamo dire, in questo senso, che
vaccinarsi è una forma di prevenzione tanto individuale quanto collettiva, che
protegge se stessi e contemporaneamente gli altri.
È il concetto della cosiddetta " immunità di gregge" quando si
raggiunge la soglia – (raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità)
( OMS)- del 95%. Se la quota di individui vaccinati all'interno di una
popolazione arriva a questo valore si arresta la circolazione dell'agente
patogeno, e ciò consente di tutelare anche i soggetti fragili che, a causa
delle loro condizioni di salute, non possono essere vaccinati.
È in questo modo che le vaccinazioni hanno costituito l'intervento di sanità
pubblica più importante per l'umanità, tale da aver determinato sia un
abbattimento del numero dei casi e della mortalità per molte malattie infettive
che una riduzione dei ricoveri ospedalieri e degli esiti invalidanti dovuti a
queste patologie.
Oggi però, in Italia, si è scesi, in alcuni casi in maniera molto pericolosa,
al di sotto di quella soglia precitata, e questo è avvenuto per una serie di
motivi, alcuni dei quali legati alla facilità con la quale circolano
attualmente, oltre a legittime opinioni e corrette informazioni, anche notizie
non sempre fondate e attendibili, che hanno condizionato alcune scelte negli
ultimi anni.
È così che, per esempio, i casi di " morbillo"- malattia che in
alcuni casi può anche risultare mortale- sono aumentati notevolmente nel 2017
rispetto agli stessi periodi dello scorso anno 2016
Stiamo attenti a ridurre le coperture vaccinali, si potrebbe provocare il
ritorno di patologie ormai assenti nel nostro paese ma non ancora debellate nel
resto del mondo.
Per saperne di più ci si può rivolgere:
-alle ASL dove i genitori
potranno recarsi per ricevere informazioni sulle modalità e i tempi di
vaccinazione dei propri figli.
Presso le farmacie si potranno prenotare gratuitamente tutte le vaccinazioni
obbligatorie;
-Al numero telefonico di pubblica utilità 1500 si potranno chiedere
informazioni sulle vaccinazioni, dal lunedì al venerdì tra le 10 e le 16.
Ricordiamo che tra 0 e 16 anni sono obbligatorie e gratuite i seguenti vaccini:
- anti poliomielitica, - antidifterica, - antitetanica, - antiepatite B, - antipertosse,
- anti haemophilus influenzae B, - antimorbillo, antirosolia, - antiparotite,
-antivaricella.
Delle ultime 4 potrà essere eliminata l'obbligatorietà dopo una verifica di
almeno tre anni su copertura vaccinale, in caso di malattia, e reazioni avverse.
Buona salute a tutti.
Augusto
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UNA STRADA………UNA CURVA
di Millene Lazzoni Puglia
Si sa che su tutte le strade antiche ha" camminato” la
storia; una di queste è la strada provinciale che dalla via Aurelia porta a
Fosdinovo (500 m. sul livello del mare). Il suo traffico, sicuramente composto
da animali da soma e cavalli, è iniziato tanti e tanti secoli orsono, perché
già da allora rappresentava un
collegamento con l’Emilia molto importante. Soltanto nel 1400, quando il marchesato di
Spinetta Malaspina si insedia nel castello di Fosdinovo (già esistente solo parzialmente),
si sviluppa l’esigenza di una strada percorribile anche da carri e carrozze.
Nei due secoli successivi, per agevolare questo tipo di traffico, la
carreggiata è stata migliorata e allargata tagliando alcuni tratti più stretti,
ripidi e quindi pericolosi. Uno di questi, che era anche il più lungo, circa
due Km, partiva da Caniparola ovest, oggi Via Montavecchia. La prima parte di
questa antica via era composta da bellissimi ciottoli di pietra, ricoperti,
qualche decennio fa, con l’asfalto…Un vero peccato.
Nonostante le migliorie, in quella strada era rimasta qualche curva pericolosa.
Una di queste si trova di poco sopra a Caniparola e ha avuto uno strano nome
per circa un secolo a causa di un incidente, accaduto nell’800, ad una carrozza
che trasportava dei soldati giapponesi, i quali, di ritorno da Fosdinovo, hanno
dovuto bivaccare in quella curva per due giorni impegnati a riparare il veicolo
che si era capovolto e poter proseguire per La Spezia dove erano di base. Da quell’episodio la curva è stata chiamata “dei
Giapponesi.” Ormai da tempo in pochi si ricordano.
Sopra alla suddetta curva esiste
tutt’oggi una casa, che all’epoca era molto piccola e antica, dove risiedevano
i “dragoni” ( i finanzieri del passato ) che controllavano il traffico delle
merci e riscuotevano il dazio. C’era chi si ricordava come, nel secondo
decennio del ‘900, in quella casa disabitata (ma oggi tornata viva e molto ampliata)
fossero state girate alcune scene di un film.
La “curva dei Giapponesi” cambia nome in “Murela” quando nella seconda metà
degli anni ’40 è stata ampliata di molto con un grande muro di contenimento che
terminava con un rialzo, sempre in pietra ( i guard-rail del tempo ). Poco dopo per tutta la provinciale è arrivata
l’asfaltatura, la quale, oltre a sassi e buche, ha posto fine anche alla
polvere: un altro dei tanti problemi delle antiche strade.
Fu così che quel rialzo in pietra è
stato chiamato “murela” e ha dato il nome al luogo e che in breve tempo è
divenuto un punto d’incontro nelle serate estive e non soltanto per la
ricorrenza di San Pietro del 29 giugno. Infatti, da tempi remoti c’era l’usanza
del “falò”. La preparazione del grande fuoco iniziava un po’ di tempo prima
della sera fatidica. Tutte le persone
dei dintorni s’impegnavano a portare fascine di legna o, addirittura, grossi
rami potati dagli alberi, per accendere e partecipare insieme al falò della
vigilia di San Pietro. Era un’occasione di aggregazione fra le persone molto
sentita da tutti. A stimolare il massimo impegno perché il falò fosse il più
grande era la concorrenza con quello della parte alta di via Montavecchia e di
qualche altro della piana di Caniparola. In quel luogo, con una vista
panoramica della Valle del Magra e del mare, il cambiamento è continuato con la
costruzione nei primi anni ’50 della strada per i paesini di Caprignano e
Zignago; così il vecchio sentiero diventa “Via Fravizzola”. In quel paesaggio di uliveti, con poche antiche
case, si era iniziato a costruirne altre e, di lì a poco, è stata posta la
“prima pietra” del Ristorante Il Selvatico ( diventato in seguito anche pizzeria ) che da subito anima la zona con i numerosi clienti che
arrivano; a questi presto si aggiungono quelli di ben due sale da ballo: prima
la discoteca che richiamava molti giovani, poi, la sala per il ballo liscio al
piano di sopra, che costituivano nelle serate festive degli anni ’70 il massimo
della “movida” di allora per la presenza
di giovani e meno giovani. A questi luoghi di divertimento si aggiungeva il
ristorante di successo.
A “Nocè”, autore e
gestore dell’intero complesso “Il selvatico”, non mancava la capacità
imprenditoriale, né l’estro creativo, così tante sono state le iniziative a
sfondo sociale; una di queste è stata la pista di pattinaggio per i bambini,
dove anche i nostri figli, Federico e Martina, hanno imparato a pattinare.
Iniziativa molto bella che è andata avanti per alcuni anni.
Poi sono arrivati i cassonetti per i rifiuti che sono stati posizionati nel
grande spazio della curva, così la “Murela” ha perso gran parte della sua
primitiva attrazione.
Le nuove generazioni, poco sensibili alle usanze e ai legami col passato, si
sono dimenticate del “falò” di San Pietro. Si diceva per evitare i rischi
d’incendio, ma in realtà, le persone che lì s’incontravano con il sacchetto dei
rifiuti in mano, avevano sempre più fretta …. per perdersi a ricordare i valori
delle tradizioni contadine.
Ormai la “Murela”, che si stava deteriorando, non invogliava più a sedersi per
fare due “parole” con vista panoramica. Sicuramente l’arrivo della televisione,
che da subito ha “catturato” le persone intorno ad essa, ha provocato un
cambiamento epocale e a farne le spese sono state quasi tutte le antiche
tradizioni. Il resto è cronaca quotidiana come l’esplosione di tante altre
tecnologie che hanno portato le persone verso un’inconsapevole chiusura e
dimenticanza di quei semplici luoghi e modi di aggregazione. Nel 2008, quando nel Comune di Fosdinovo si arriva
virtuosamente alla raccolta differenziata con il “porta a porta,” i cassonetti spariscono, ma la “Murela” non esisteva quasi più, perché mezza
diroccata, ed era già stata sostituita in gran parte dai moderni guard-rail. Lo
spazio rimasto vuoto è spesso parcheggio della vicina pizzeria. La gente non s’incontra più lì nelle serate d’estate, tanto meno per il falò di
San Pietro, come non è più luogo di saluti e di commiati tra amici o coppie
d’innamorati. Sì, ben venga il progresso, ma a dimensione umana…. mentre
non è proprio così, tanto è freddo e privo di calore umano.
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Il compleanno del Papa
di Adele
Come ogni anno, Adele spedisce
a Papa Francesco una letterina per augurargli buon natale e inviargli i suoi
auguri di compleanno, dato che condividono la stessa data di nascita (il 17
dicembre). Anche quest’anno il Papa non ha deluso le aspettative di Adele: è infatti
arrivata una busta indirizzata a lei che conteneva una lettera personalizzata,
un’immagine della natività e una medaglietta papale.
Inseriamo qui di seguito la lettera inviatale. Cliccare sulla foto piccola per ingrandire l'immagine
Cara Adele Papa Francesco ha accolto con gioia il grazioso messaggio che Gli hai inviato in occasione del Suo 81° compleanno, informandolo che condividi la Sua stessa data di nascita e chiedendo il dono della Benedizione. Nel ricambiare i più cordiali auguri, il Santo Padre chiede il favore di pregare sempre per Lui. Egli ti ricorda che< é molto bello sentire i passi del Signore che segnano il trascorrere dei giorni della nostra esistenza e questo ci riempie di gioia perchè Lui è sempre accanto a noi>. Nel contempo t'incoraggia a ritrovare nella semplicità di Gesù Bambino la forza di vivere l'autentico Natale cristiano e a non accontentarti soltanto del "natale dei regali" che ti lascia nella tristezza per qualche cosa che sempre ti mancherà. Invocando l'intercessione della Madre di Dio, il Santo Padre imparte di cuore la Benedizione Apostolica, accompagnando tale gesto con l'accluso dono appositamente benedetto, e con l'auspicio di camminare sempre, insieme alle persone care, sulle strade del Vangelo per scoprire il senso luminoso della vita. Anch'io ti saluto cordialmente, augurando ogni bene nel Signore. Mons. Paolo Borgia.
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Un negozio che chiude
di La Sig.^ Carla
Colgo l'occasione del Sentiero
per abbracciare idealmente e salutare tutta quella parte di cittadinanza di
Casano, che ha trovato nella mia bottega, non solo oggetti di vestiario da comprare,
ma un'occasione di incontro, conoscenza, affetto ed allegria.
Mi piacerebbe poter abbracciare ad una ad una tutte le mie clienti! Con ognuna
di loro, infatti, c'è stata una storia, una relazione, un affetto tuttora
presenti nel mio cuore.
Purtroppo il tempo è passato in fretta! I quarantaquattro anni trascorsi in
negozio hanno lasciato il segno su di me e questa volta devo chiudere. Lo
faccio. Lo devo fare, ma prima un grande ringraziamento a tutti voi, perché
senza questa comunità "la Carla" non sarebbe stata la stessa!
Grazie di cuore per la collaborazione, l'affetto e l'amicizia
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Gli edifici da spettacolo nell’antica Roma
di Giorgio Bottiglioni
Il Teatro Marcello
La rivalità fra Cesare e
Pompeo, dapprima alleati insieme a Crasso nel cosiddetto “primo triunvirato”
(60 a.C), sfociò nella guerra civile del 49 a.C, quando Cesare osò passare il
fiume Rubicone col suo esercito andando contro l’ordine del Senato. Giunto a Roma
e conquistato definitivamente il potere (46 a.C ), Cesare intese non essere da
meno del rivale nell’ambito delle costruzioni pubbliche. Fra le varie opere intraprese
ci fu la costruzione di un teatro in muratura nei pressi del Circo Flaminio,
non molto distante dal teatro inaugurato da Pompeo nel 55 a.C. Sfortunatamente
per Cesare, erano appena state gettate le fondamenta del nuovo teatro quando,
il giorno delle Idi – cioè il 15 –Marzo del 44 a.C, venne sorpreso dalle famose
ventitrè pugnalate nella Curia di Pompeo dove si riuniva il Senato. Fu
Ottaviano Augusto, primo imperatore di Roma, a farsi carico del completamento
dei lavori pubblici di Cesare, compreso il nuovo Teatro. Augusto espropriò
un’area più vasta di quella precedentemente impegnata e fece demolire quattro templi
poi in seguito ricostruiti nelle vicinanze. L’edificio fu terminato nel 17 a.C.
e venne subito utilizzato per i ludi saeculares. La dedica avvenne solo nel 13
a.C a nome del nipote di Augusto, Marcello, principe designato, ma morto
prematuramente. A tal proposito così scrisse l’imperatore nelle sue Res Gestae:
“ Teatrum ad aede Apollinis in solo magna ex parte a privatis empto feci, quod sub
nomine M. Marcelli generi mei esset.” (“Presso il tempio di Apollo su suolo
comprato in gran parte da privati costruii un teatro, che volli fosse intitolato
a mio genero, Marco Marcello”). Fu nel
giorno dell’inaugurazione che si verificò l’incidente popolarmente noto. Mentre
gli attori si presentavano sulla scena, la sella curale, sulla quale era seduto
l’imperatore, si ruppe provocando un bel capitombolo dell’augusto personaggio.
Tra l’ansia dei senatori e del popolo, Augusto si rialzò sorridente e con un
gesto della mano ordinò che si riprendesse la rappresentazione. La facciata
esterna della cavea, tutta in travertino, era costruita in origine da 41
arcate, inquadrate da 42 pilastri; si sviluppava su tre piani, dei quali il primo
era di ordine dorico e il secondo di ordine corinzio, come ben si può ancora
oggi vedere negli abbondanti resti ancora in situ. Il terzo piano era un attico
chiuso con paraste corinzie, ma di questo non restano che pochissime tracce.
L’altezza originaria era di circa 32,60 metri, ma quella conservata fino ad
oggi è poco più di 20. Sulle chiavi dei fornici vi erano grandi maschere teatrali
di marmo, alcune delle quali sono state recuperate durante gli scavi. Sotto la
cavea si sviluppano una serie di muri radiali in opera quadrata o reticolata e
due ambulacri in mattoni che garantivano l’accesso alle scale destinate a
raggiungere le varie parti della cavea. Gli spettatori potevano prendere posto
sui tre livelli della cavea o nell’orchestra del diametro di 37 metri, dove
però vi erano i proedria, i posti riservati per gli uomini più facoltosi della
città. La capienza era di 15.000 spettatori, ma in casi eccezionali, il teatro
di Marcello poteva ospitarne fino a 20.000. La scena, purtroppo non conservata
e ricostruibile solamente grazie alla Forma Urbis Severiana – la mappa lapidea
di Roma che stava appesa alle pareti del Templum Pacis – e ad alcune
testimonianze antiche che ne decantano il fasto e la sontuosità, si presentava
rettilinea e con un portico di sei colonne verso l’esterno. Ai lati della scena
erano due ambienti absidati coperti con volti a crociera detti “aule regie”; di
una di queste, quella di sinistra, rimangono ancora in piedi un pilatro e una
colonna. Dietro la scena si trovava un’ampia esedra con due tempietti dedicati
a Pietas e Diana, in memoria di quelli distrutti per fare spazio al grande
teatro. In esso si tennero non solo gli spettacoli teatrali, ma, come dettava
la moda del tempo, gare di poesia e musicali. I restauri di età romana
interessarono principalmente la scena e furono condotti dagli imperatori
Vespasiano (69-79 d.C. e Alessandro Severo (222-235 d.C.) Nel 370 d.C. alcuni
blocchi di travertino della facciata vennero asportati dal teatro per essere
reimpiegati nel restauro del ponte Cestio, Il ponte che collega l’isola
Tiberina alla terraferma sul lato occidentale, verso Trastevere. Nonostante ciò,
pare che il teatro venisse ancora utilizzato se nel 421 d.C. il prefetto della
città, Petronio Massimo, finanziò il restauro delle statue presenti nel teatro.
I papi non vedevano di buon occhio gli spettacoli teatrali e inevitabilmente
anche il teatro di Marcello cadde in disuso e si trasformò in cava di materiale
edilizio. Molto del materiale demolito crollava sullo spazio antistante la riva
del Tevere, formando un’altura da cui è nato il toponimo di Monte Savello. Nel
XIII secolo i Fabi edificarono un palazzo sulle rovine del teatro, passato poi
ai Pierleoni, ai Savelli e infine agli Orsini. Ancora oggi sono visibili le
case dei Savelli alle spalle del teatro Marcello in Via Portico di Ottavia. Nel
1712, il palazzo fu acquistato dagli Orsini per il prezzo di 29.000 scudi dalla
“Congregazione dei Baroni”. Negli anni 1926-1932, nel meritevole progetto di
rivalutare il teatro, vennero demolite le abitazioni costruite dentro le arcate
inferiori ma, soprattutto vennero demolite abitazioni e chiese medioevali,
colpevoli di celare il teatro stesso agli occhi dei cittadini, gran parte dei
quali ne ignorava perfino l’esistenza. Durante la risistemazione del teatro
vennero alla luce i templi di Apollo Sosiano e di Bellona, antistanti il teatro
Marcello. Il templio di Apollo Sosiano (cosiddetto perché ricostruito
interamente da Caio Sosio nel 34 a.C) fu costruito nel 431 a.C., in seguito ad
una pestilenza e perciò dedicato ad Apollo Medico. Il tempio fu demolito ed
arretrato in occasione della costruzione del teatro. L’interno della cella era
un vero e proprio museo, pieno di opere d’arte che i Romani avevano portato
dalla Grecia nel II secolo a.C.. Sul podio del tempio rimangono le tre
magnifiche colonne corinzie, alte, complessivamente, poco più di 14 metri: in
origine, erano sei sulla fronte e tre sui lati. Nel tempio si svolgevano spesso
riunioni del Senato come nel vicino santuario di Bellona. Questo, costruito da
Appio Claudio Cieco nel 296 a,C., mantiene le strutture del podio e quelle del
portico: qui si svolgeva il rito della “lancia insanguinata”, scagliata sopra
la columna bellica in occasione della, dichiarazione di guerra. |
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FIORI CHE PASSIONE (ovvero DITELO CON I FIORI)
di Marta
Nel mese di gennaio, il primo
dell’anno appena nato, domina il Bucaneve
( galanthus nivalis ), detto anche il “ fiore del coraggio”, perché nasce e
cresce nella neve. Poi c’è l’albero del
calicanto ( chimonanthus praecox ), che ci allieta precocemente con i suoi
timidi fiorellini gialli: si dice che sia amato dagli dei per il soave profumo.
Febbraio, è il mese delle primule, i primi fiori dei prati dopo lo scioglimento
della neve, quindi nessun insetto può ancora impollinarle. Shakespeare le
chiamava piccole primule che muoiono nobili. I magnifici mandorli in fiore ci
avvisano che la primavera è vicina.
A Marzo, camelie, tulipani, gardenie, glicini, mimose… allietano le nostre case
e i nostri giardini.
Ad Aprile la primavera ormai è arrivata! Non passa giorno che non sbocci un
fiore e che non crescano germogli, così che giacinti, lillà, viole del
pensiero, violette, garofani, biancospino ( crataegus monogyna ) - chi più ne ha più ne metta – ci sorprendono con i
loro variopinti e vivaci colori.
Maggio è tradizionalmente il mese dedicato alla Madonna, dal Medioevo a oggi. Le
statue di Maria sono incoronate di rose, perché maggio è il mese delle rose. In
“ las cantigas de Santa Maria” si celebrava Maria come la rosa delle rose, da
ciò trae origine il nome della preghiera del Rosario. Le rose, ci inebriano,
con la varietà della loro bellezza e il profumo; da ammirare è anche il maggiociondolo
( laburnum anagyroides ), la bellissima
pianta che si ammira in tutti i giardini delle grandi città per la sua ricca
fioritura molto scenografica. Non è da trascurare la paulownia tomentosa con le
sue infiorescenze a grappolo e il fiore a bocca di leone dai colori tenui
giallino -chiari o lillà. Ma la rosa è
la rosa: simbolo d’amore e di purezza.
Giugno: nell’aria c’è tanto odore di tiglio, sambuco, acacia, mentre nei campi
il grano è maturo e, in mezzo a quella distesa dorata, troneggiano le macchie
di papaveri rossi. In questo trionfo di colori che madre natura ci regala, ecco
i gladioli, zinnie, gerani, ortensie e “non ti scordar di me” (in greco,
myosotis = orecchie di topo per la forma delle foglie). E ancora i tanti tipi di bignonia (dal nome
dell’abate Bignon) con i suoi fiori arancioni, plumbago celeste ( geranio
azzurro ) e il bellissimo giglio di Sant’Antonio che fiorisce proprio nel
periodo delle Prime Comunioni.
A Luglio, gl’iris blu, bianchi e pure i gialli, crescono nei fossi formando lunghe file ai margini dei campi di
granoturco. Nei laghetti le tife ( typhia latifolia ) svettano superbe e le
climatidi rampicanti danno spettacolo.
Agosto,pieno di sole, ci offre aiuole e vasi di petunie, surfinie, verbene,
alisso (alyssum maritima), gaillardie ( gaillardia pulchella e aristata )e
cespugli di tritomi, e, poi lei, la lavanda super odorosa.
Settembre è ancora tempo di fiori dell’estate, ma fanno la loro comparsa l’achillea,
bella da ammirare con i fiorellini riuniti ad ombrello, l’agapantus, le
gerbere, le calle di due colori, nere e bianche, quest’ultime le più ammirate
per il loro grande fiore bianco a forma di calice; si narra che sia stato il
bicchiere che abbia dissetato la Madonna. L’albero della magnolia ci regala un
grande fiore bianco odoroso, ineguagliabile. Non si possono dimenticare i
settembrini ( aster naovae e frikartii ) per i quali grande è l’imbarazzo del
colore, ma quelli azzurri sono incantevoli. Ottobre ci propone i bellissimi
lisianthus, poetici fiori, dai colori delicati, romantici come il violetto
chiaro, il rosa antico e il bianco. Incominciano a fiorire anche i crisantemi
nelle loro molteplici varietà.
Novembre: anche l’autunno può portare sui nostri balconi un po’ di colore,
sebbene sia la stagione in cui cadono le foglie, è anche il momento in cui
alcune piante, come il ciclamino a fioritura invernale, ci allieta con tanti
colori di nostro gusto e nostra scelta, mentre nei boschi crescono a macchia di
color ciclamino puro. Fioriscono anche i crocus, quelli di tarda stagione. Pure
l’edera è in fiore.
Dicembre: periodo, molto freddo, che non può offrire le stesse scelte e
opportunità dell’estate, però…c’è la
stella di Natale ( euphorfia pulcherrima o poissentia ) che rallegra, con le
sue grandi foglie rosse e i minuscoli fiori a grappolo, le nostre case proprio
nel periodo natalizio, così come l’agrifoglio (ilex aquifolium ), con le sue
bacche rosse e il pungitopo (ruscus aculeatus ) dalle tipiche foglioline
aculeate e pallini rossi sparsi che paiono finti. Come dimenticare la rosa di
Natale ( helleborus niger ) bianca nostalgica e il vischio ( viscus album )
anche lui con foglie aculeate, ma con pallini bianchi? Tutti quanti i fiori,
quelli da giardino e quelli più umili, ma altrettanto belli del campo, sono la
gioia di chi ama la natura e ne sa cogliere i suoi splendidi momenti. Il buon
Dio li ha posti vicino agli uomini perché il solo vederli ingentilisca loro
l’anima e imparino a trasmettere al prossimo tutta la bellezza, la gentilezza e
l’amore che i fiori ci ispirano.
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IN RICORDO DI NONNA DORIDE
di La tua famiglia.
Il giorno 22 Novembre u.s., l’adorabile nonna Doride ci ha
lasciati per raggiungere la casa del Padre.
Gli ultimi 20 anni della sua vita sono stati segnati da dolore e sofferenza, ma
grazie a tutti noi, suoi familiari, che siamo stati la sua cornice quotidiana,
è riuscita a vivere con serenità e ad affrontare con forza e coraggio le
avversità della sua infermità.
Si, il nostro compito è stato particolarmente impegnativo, ma siamo convinti
che la centralità della persona umana in ogni luogo o situazione si trovi,
aiuti a coltivare l’amore contro ogni egoismo e riaccenda il senso della
dedicazione, della sopportazione, della comunicazione e della solidarietà.
Voglio sottolineare a proposito, l’importanza che la famiglia riveste per la nostra
società. I nonni oltre a darci lezioni di vita, di pazienza e di saggezza,
riescono a non farci disperdere un grande tesoro: la memoria di ciò che il
tempo fa passare.
Grazie, Nonna Do per averci insegnato a camminare sulla strada dell’onestà,
della generosità e della fratellanza. Il tuo spirito vitale e il tuo esempio
continueranno a sostenerci per tutta la vita.
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