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LA SITUAZIONE DEL REGNO DI DIO NEL MONDO
di Don Domenico Lavaggi
Gesù propone una parabola che dice: "Il regno di Dio è
simile ad un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.
Mentre gli uomini dormivano venne un uomo che seminò zizzania e se ne andò.
Quando l'erba cominciò a germogliare apparve anche la zizzania ed i servi
dissero al padrone: "Non hai seminato del buon seme; da dove viene la
zizzania? Andiamo a strapparla”. Ma egli rispose: "No, non accada che
strappando la zizzania strappiate anche il grano”. La zizzania è un'erba
infestante che nasce nel campo del grano, fa una spiga che è simile al grano e
produce una farina velenosa.
Gesù, lasciate le folle, rientra in casa e i discepoli gli chiesero:
"Spiegaci la parabola della zizzania". Gesù disse loro: "Il buon
seme sono i figli del Regno, la zizzania sono i figli del maligno, gli
spergiuri, i fedifraghi, i calunniatori, cioè gli operatori di iniquità”.
Gesù non vuole che sia strappata la zizzania dal buon grano, perché nel mondo i
figli del Regno devono convivere con i figli del maligno sino alla mietitura.
La storia è espressione del tempo in cui i figli del Regno devono convivere con i
figli del maligno. Difatti Gesù prega il Padre che li custodisca dal maligno
(Giovanni 17. 15) e li fa pregare così: "Non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal maligno". Gesù non pensa ad una comunità di perfetti, ma
di persone che si sforzano di essere perfetti o vicini ad essa. La separazione tra i figli del
Regno ed i figli del maligno avverrà soltanto alla fine del mondo. Allora,
quando il grano sarà maturo, solo i giusti risplenderanno come il sole nella
luce del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ora siamo la luce del mondo e soltanto alla fine la luce vera apparirà in tutta la sua bellezza. Per questo Gesù dice che i figli del Regno
splenderanno come il sole. Ora i figli del Regno devono convivere con i figli del
maligno, facendo sì che questi ultimi possano trasformarsi in figli del Regno.
Ora, caro Sentiero, voglio riferire ai tuoi lettori una mia esperienza di
quando ero cappellano del lavoro alla OTO Melara.
Con alcuni amici si decise di vivere un fine settimana speciale programmando un
pellegrinaggio al Santuario de La Verna. Arrivati al paese, sotto il Santuario
feci fermare il pullman. Sapevo che per arrivarci c'era un cammino difficoltoso,ma volevo che ci sgranchissimo le gambe anchilosate dal viaggio. Quando
iniziammo la salita io dissi agli altri: "Siccome la salita durerà una
ventina di minuti, sarà bene recitare il Rosario ". Iniziai a recitare e
tutti risposero.
Dopo cena chiesi al Superiore del convento se fosse possibile una visita alla
Cappella delle Stigmate, il luogo dove S. Francesco le aveva ricevute, nelle mani, nei piedi e sul costato. Il superiore ci fece accompagnare da un
anziano frate che spiegò a tutti il significato delle Stigmate. Finito il giro
io dissi loro: "Domani è domenica e celebriamo la Messa alle 7,30; se
qualcuno desidera fare la comunione sarà meglio che scenda prima; i frati sono
a disposizione per la confessione”. All’indomani, quando arrivai, li vidi tutti
seduti sulle panche e uno di loro mi disse che si erano confessati tutti.
Andai in sacrestia per indossare le vesti della celebrazione e al momento della
Eucarestia tutti si comunicarono.
Ritornati in fabbrica, chiesi loro che cosa aveva lasciato La Verna e mi risposero
che avevano scoperto il senso della fede in Dio e in Gesù.
È vero che la zizzania può trasformarsi in grano buono.
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Maestro dove abiti ?
di Don Carlo
"In comunione con la Voce di Radio
Maria, che è l'espressione più alta dell'amore e tende ad arrivare nei cuori
più profondi, nelle storie più silenziose, anche nelle case più lontane, una
voce delicata che apre il cuore dell'uomo alla speranza cristiana, oggi la
Chiesa ci fa vivere la dedicazione della Basilica Lateranense costruita da
Costantino al tempo di Papa Silvestro I (314-355). È la madre di tutte le
chiese dell'urbe e dell'orbe. È la grande chiesa che ci richiama alla presenza
meravigliosa di un Dio-amore. Vediamo di riflettere un attimo su una
delle più belle domande che è nata dal cuore dei discepoli un giorno:
"Maestro, dove abiti?" Dopo aver ascoltato Gesù che parla alle folle,
il vero credente deve poterLo incontrare a lungo e restarGli vicino, deve
sapere dove abita e qual è in mezzo a noi il luogo del Suo riposo, là dove si è
sicuri di vederLo tornare se solo Lo si aspetterà un poco, là dove Egli non ci
può sfuggire. "Maestro dove abiti?" La Sua casa noi non potremo
conoscerla, se Egli stesso non ce la mostra, se Egli stesso non ci conduce con
Sé: "Venite e vedrete!" Si arriva a Lui solo attraverso di Lui; Egli
è insieme la via, la verità e la vita. Per questo, solo i cuori illuminati
dalla Sua luce, solo le anime che si lasciano guidare dalla Sua volontà possono
scoprirLo e restare con Lui. Dove abita? "In mezzo a noi": perché il
mondo intero è riempito della Sua presenza invisibile, e se Egli sembra
assente, la nostra fede ci assicura che è soltanto nascosto. Egli è presente
nella nostra vita: noi siamo diventati la Sua casa, il Suo Tempio; acquistati a
caro prezzo, ci ha liberati dal peccato e dalla morte offrendo Sé stesso sulla
croce per la nostra liberazione. Maestro dove abiti? Insegnami le strade che
conducono a me stesso, rivelami il rifugio profondo che il Tuo amore ha voluto
costruirsi nell'intimo del mio cuore: fammi scoprire la Tua immagine sul volto
di ogni fratello, fammi scoprire la Tua presenza anche nel dolore e nella
sofferenza perché io possa diventare testimone dell'umanità redenta dal Tuo
amore e gridare al mondo intero che l'uomo è la gloria del Dio vivente. Signore
Gesù, aiutami a riconoscerTi nelle piccole occasioni di fare il bene o di
accettare la sofferenza: nell'Eucarestia dove sei realmente presente e offri Te
stesso per la nostra salvezza; nel volto di un visitatore importuno, nella
malattia fastidiosa, in un sacrificio che mi viene richiesto. Signore, aprimi
gli occhi: che io impari a conoscerTi nell'umiltà di ogni Tuo abbassamento e a
ritrovarTi nel quotidiano della mia vita. Perché Tu abiti proprio qui, in
questa mia piccola storia, rendendola infinitamente grande".
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LA VITA: COS’E’?
di Doretto
La vita, la cosa più semplice!
Dopo nove mesi di gestazione nella pancia di una donna, ecco che… esci nel
mondo! E subito un bello sculaccione da parte dell’ostetrica o di chi ti ha
aiutato a venire al mondo…e… uaaa! ... uaaa! ... Nessuno ha mai capito se
questo pianto primordiale sia di gioia o di dolore. Ecco, la cosa più semplice
è la vita. Uno sculaccione e vai! Ti basta poi il latte della
mamma, gli omogeneizzati, i pampers! Una cosa semplice, una cosa facile che si
ripete dagli albori del mondo. Ma qual è la cosa più difficile della vita? È la
stessa. Cioè… VIVERE! Quanti di noi possono dire: “IO VIVO!”. Una mattina nel programma televisivo religioso “A sua immagine” ho visto e
ascoltato un uomo relegato su una carrozzina dopo un incidente stradale che
ringraziava Dio per averlo ridotto così! Perché Dio gli aveva fatto capire
l’importanza della vita dopo che non era più come prima. Cioè, prima viveva, ma non sapeva apprezzare ciò che gli stava intorno, mentre
ora gioiva al solo sentire un canto di un uccellino. Non sapeva apprezzare
tutti i doni che ogni giorno il Signore gli mandava. Ebbene, guardiamoci intorno! Siamo tutti presi nel nostro andare di qua e di
là, sembriamo più macchine che esseri umani e non ci accorgiamo di quell’albero
fiorito che sta germogliando perché è primavera; di quell’acqua limpida che
scorre nel torrente dopo le piogge d’autunno; di quei campi prima spogli e adesso
si riempiono d’erba e di fiori. Viviamo, forse, come dice S. Paolo, da “uomini vecchi” e non ci accorgiamo del
mondo meraviglioso che ci circonda, della natura che è lo specchio dell’Amore
di Dio verso di noi e soprattutto non ci accorgiamo dei nostri fratelli che
soffrono vicino a noi, nemmeno li guardiamo, perché esiste “solo” il mio “IO” e
basta! Ecco, se anche noi facessimo come quell’uomo sulla carrozzina! Forse questa
sarebbe la vera Pasqua! Rinascere a nuova vita come la natura.
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