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And Death Shall have No Dominion
di Dylan Thomas
E la morte non avrà più
dominio.
I morti nudi saranno una cosa
Con l’uomo nel vento e la luna d’occidente;
Quando le loro ossa saranno spolpate e le ossa pulite scomparse,
Ai gomiti e ai piedi avranno stelle;
Benché impazziscano saranno sani di mente,
Benché sprofondino in mare risaliranno a galla,
Benché gli amanti si perdano l’amore sarà salvo;
E la morte non avrà più dominio.
E la morte non avrà più dominio.
Sotto i meandri del mare
Giacendo a lungo non moriranno nel vento;
Sui cavalletti contorcendosi mentre i tendini cedono,
Cinghiati ad una ruota, non si spezzeranno;
Si spaccherà la fede in quelle mani
E l’unicorno del peccato li passerà da parte a parte;
Scheggiati da ogni lato non si schianteranno;
E la morte non avrà più dominio.
E la morte non avrà più dominio.
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Satura
di Eugenio Montale
Ho sceso dandoti il braccio,
almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
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Padre tu che muori tutti i giorni un poco
di Camillo Sbarbaro da ‘Panissimo’
Padre tu che muori tutti i
giorni un poco
e ti scema la mente e più non vedi
con allargati occhi che i tuoi figli
e di te non t'accorgi e non rimpiangi se penso la fortezza con la
quale hai vissuto; il disprezzo c'hai portato a tutto ciò che è piccolo e meschino; sotto la rude scorza il tuo candido cuore di fanciullo; il bene c'hai voluto a tua madre, a tua sorella ingrata, a nostra madre morta; tutta la tua vita sacrificata e poi ti guardo come ora sei, io mi torco in silenzio le mani. Contro l'indifferenza della vita vedo inutile anch'essa la virtù e provo forte come non ho mai il senso della nostra solitudine. Io voglio confessarmi a tutti, padre, che ridi se mi vedi e tremi quando d'una qualche premura ti fo segno, di quanto fui codardo verso te. Benché il rimorso mi si alleggerisca, che più giusto sarebbe mi pesa sul cuore, inconfessato... io giovinetto imberbe ti
guardai
con ira, padre, per la tua vecchiaia...
stizza contro te vecchio mi prendeva.. Padre che ci hai tenuto sui
ginocchi nella stanza che s'oscurava, in faccia alla finestra, e contavamo i lumi di cui si punteggiava la collina facendo a gara a chi vedeva primo– perdono non ti chiedo con le lacrime che mi sarebbe troppo dolce piangere ma con quella più amare te lo chiedo che non vogliono uscire dai miei occhi. Una cosa soltanto mi conforta di poterti guardare a ciglio asciutto: il ricordo che piccolo, al
pensiero
che come gli altri uomini dovevi
morire pure tu, il nostro padre,
solo e zitto nel mio letto la notte
io di sbigottimento lacrimavo.
Di quello che i miei occhi ora non piangono
quell'infantile pianto mi consola,
padre, perché mi par d'aver lasciato
tutta la fanciullezza in quelle lacrime.
Se potessi promettere qualcosa se potessi fidarmi di me
stesso se di me non avessi anzi
paura, padre, una cosa ti
prometterei: di viver fortemente come te sacrificato agli altri come
te e negandomi tutto come te, povero padre, per la fiera
gioia di finir tristemente come te.
da ‘Panissimo’
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Requiem
di Patrizia Valduga
Sedevi e ragionavi al tuo
dolore:
per non darci dolore
custodivi
il tuo dolore tutto dentro al
cuore,
e quella poca vita benedivi
e la perdevi quasi con onore
giorno per giorno, per noi
così vivi
nell’estate dei morti al sole
d’oro.
Forse dicevi il tuo dolore a loro.
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IL RIPOSO DEL VECCHIO MARINAIO
di Piero Albertosi
Il riposo
del vecchio marinaio
è fatto di notti lunghe
e sgombre di affanni.
Adesso il mare
può anche avvolgere la nave
nelle sue ire: lui ne sarà fuori.
Ma non avrà modo
di godere degli incanti
che quello stesso mare
quando è in vena
sa offrire: addio pacifiche
e voluttuose lune
che vengono quasi
a sfiorarti la faccia.
E stelle somiglianti
alle lucciole che rincorrevi
nelle giovanili notti di maggio.
E tramonti e aurore
Dai colori furenti e delicati
Piero Albertosi
Direttore di “Castelnuovo oggi”.
Condoglianze alla redazione.
Riposa in pace amico mio. r. p.)
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A VOLTE NEL TEMPO
di Angela Grassi
A volte le parole sono troppe a volte non bastano Nasce così la poesia tra queste sponde, ma come qualcosa che sporge come un fiore dal ciglio della strada e può essere colto e può essere visto e contemplato.
Così la poesia non è nelle parole ma in questo spazio che sporge come un fiore a cui il passante può tagliare la testa.
Angela Grassi
(giovane infermiera di Molicciara
conosciuta sul letto di morte
dell’ospedale di Carrara. r. p)
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