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Il dopo cena con...
di Paola G. Vitale
I lavori
sono terminati, la giornata è conclusa. I giovani escono, il babbo si appresta
a seguire il suo programma preferito alla TV. Mi accomodo in cucina e stendo
sul tavolo la copia di ”La Porta aperta” (supplemento di “Avvenire”). Vorrei
avere intorno a me i miei cari in carne e ossa, invece dovrò contentarmi del
mio angelo custode.
La lettura si fa intensa ed ogni pagina è una vera e propria catechesi. Il mio
cuore si allarga nella gioia, venendo alla conoscenza di tante belle realtà, di
tanti gruppi e del loro modo di porsi a Dio: e sempre, sempre la Madre di Dio è
esempio e via di apertura, di serena obbedienza, di rafforzata fiducia e
vicinanza nelle più difficili e tortuose circostanze della vita nostra e
altrui.
Non so quante volte invoco il Santo Curato d’Ars, ed ecco che stasera, su quel
giornale, ammiro il Santuario, meta di tanti pellegrinaggi, della parrocchia di
Ars. E poi leggo: “Tutti in ritiro col Papa, assieme ai sacerdoti”, giovedì 2
giugno e non solo. E conosco tutto il programma che potrò seguire su TV 2000.
Ogni pagina è un capolavoro di esercizio di Fede e di conoscenza, specialmente
per me, che rimango qua, a sostegno del mio sposo, tanto tanto malato. E per
quanto io chieda, nessuno viene a trovarci, a farci un po’ di compagnia.
Tuttavia non ci sentiamo soli, anche se bisognosi di assistenza spirituale e
materiale.
Questa settimana, dunque, sono in attesa dello Spirito di Pentecoste, così, in
lettura sacra, anche se ho dovuto saltare l’adorazione interparrocchiale per il
mancato accompagnamento alla distante sede del Santuario collinare del Mirteto.
La carità, così come l’apostolo Pietro ce la descrive e presenta, ci sia segno
di unione, come dono di una rinnovata Pentecoste.
Un caro saluto a ciascuno e a tutti.
Luni Mare, venerdì 13 maggio: Madonna di Fatima
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Una gita in "muntan bai" (art. già pubblicato nel 1990)
di Giuseppe Cecchinelli
Gli inviti erano partiti per tempo, ma il
Sindaco e le altre autorità, certamente pressati da importanti impegni, non
erano arrivati. Il problema era che anche Lui mancava: il Presidente onorario!
Dopo estenuanti ricerche lo trovammo tutto intento ad innaffiare le sue
pianticelle sotto il sole cocente di un sabato di luglio. Con la faccia un po’
seria Gli ricordammo che un piccolo gregge di sue pecorelle aveva urgente
bisogno di amorevoli cure. Era nella classica tenuta da innaffio: pantaloni
corti (riciclati da sacchi Caritas), scarpe al tennis, maglietta con
l’ombellichino al vento. Voleva mettere la tonaca: ma a qual fine? In fondo si
trattava di una manifestazione sportiva: la presentazione ufficiale della
squadra di mountain bike (muntan bai) “Nicola Nostra”. Gli atleti erano schierati, orgogliosi, nella loro tenuta sociale, con le”molto
belle” magliette rosa lilla e verdolino. Solo i “mutandon” erano diversi, per
adattarsi alle esigenze di illustri panieri, ma tutti regolamentari, aderenti,
lunghi fino al ginocchio e sostenuti da salde bretelle. E furono proprio le
bretelle a fare la prima vittima. Infatti, impedirono al geometra,
ciclistico-vestito, di levarsi i “mutandon” in tempo utile per poter deporre
quanto si conviene dove si conviene durante un attacco acuto di diarrea. Dopo i saluti di rito ed un accenno all’utilità del casco, soprattutto per
abbellire il ciclista, si passò al tanto atteso buffet-freddo: deliziose
acciughine ed olivette, sgabei e gorgonzola, innaffiati da vino bianco di
Sarticola, furono ben bene stipati negli omasi e abomasi degli atleti. Poi, con
la pancia piena, tutti in piazza per il defilé sul sagrato e le foto di rito
con le bici schierate. E, finalmente, via in sella, a rotta di collo. Ma ecco
la seconda vittima: nella foga di un atletico balzo per salire sulla bici, il
soprasella già emorroidato del fondatore, subì un danno irreparabile.
La parte iniziale del percorso comprendeva un giro per le stradine di Nicola,
lungo il classico anello ‘processionale’. Ultima foto nella Piazzetta
dell’Acacia dove, purtroppo, il dottore è costretto all’abbandono per rovinosa
caduta in seguito ad inutile quanto inopportuno tentativo di posa in surplace.
Intanto l’ex corridore, già in fuga fin dai primi metri, si accorgeva di essere
solo al Ponte di San Rocco e, fermatosi ad aspettare i Brocchi, rimase in
attesa fino a notte inoltrata. Infatti, il gruppo degli intrepidi ciclisti
aveva preferito la strada asfaltata alla difficile discesa del Pino. Ma l’unico
a compierla in sella fu un tipetto tutto pepe, di cavallo molto basso che,
presa la “svoga” riuscì provvidenzialmente a fermarsi schiantandosi contro “ ‘l
palon d’l Mont’ d’ N’ghiolin”. Ormai la squadra era decimata ma eran rimasti i
migliori, e lo dimostrò il fatto di essere sfuggiti alla mandria di lupi
azzannanti usciti da villa Gigetto.
Dopo il traguardo volante sulla Montagnola del Lozzo, al Ziro, passati
stranamente indenni tra damigiane, marmettole, fiaschi e materassi, i Nostri
decisero di andare a rifarsi gli occhi e il naso alle limpide acque del
Parmignola, da Lucco. Un ponticello di legno, stretto e a pelo d’acqua, preoccupava
l’artista che però volle tentare: un bel colpo di pedale e, pluffete, dentro il
torrente. I superstiti non si arresero ma, nei pressi di Ca’ del Bianchino,
strani rumori li allertarono; ed ecco che dal capanno dei cacciatori, con
grufolare sinistro, uscirono cinghiali e cinghialetti. I ciclisti
spaventati si diedero alla fuga: chi su piante, chi dentro il torrente, chi in
mezzo ai macchioni… Il recupero degli atleti fu assai difficoltoso, anzi pare
che non fu mai completato e che ancora oggi qualcuno di loro si aggiri sui
Ponticelli. Se per caso li incontraste avvisate “Nicola Nostra”.
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Dialogo tra Collaboratori
di Paola G. Vitale
Signor Antonio Ratti,
ho letto con piacere la ricerca su “Il pesce d’Aprile” ma desidero subito
aggiungere che leggo con lo stesso interesse tutte “le graffiature”. Un cuore
desideroso di pulizia, di giustizia, per naturale e umana reazione, commenta -
almeno in cuor suo - la realtà di tanti fatti e, se è un po’ cristiano, vi si
oppone. Se mai la reazione è frutto dell’amore di Dio verso l’uomo, da quando
Dio si è degnato di mettere le sue leggi, le sue volontà nel cuore dell’uomo.
Aggiungo, però, che per conseguire un buon frutto, nella realtà occorre davvero
la grazia di Dio. Questo misterioso, meraviglioso dono si esprime a suo modo,
anche nell’umiltà; talvolta anche nel silenzioso opporsi a ciò che ci separa
dalla gioia cristiana.
Per esempio, se seguo qualche programma in TV, sono spettacoli della natura,
del creato e non mi interrogo troppo circa i loro misteri. Sei d’accordo su
questo? Oppure no!
Un caro saluto, ringraziandoti.
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