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25 marzo dell’Anno Santo della Misericordia:
di Stefania
Combinazioni o segni?
Essendo rientrata da poco dalla terra
dove vissero nostro Padre e la nostra Madre, la Terrasanta, dove ho provato ovviamente
tantissime emozioni, di tutto questo dovrei raccontare. Oggi, invece, mi sembra
giusto scrivere dell’intrecciarsi di tanti avvenimenti importanti che vanno
tutti a concentrarsi in questa data: 25 marzo 2016, Anno Santo della
Misericordia.
Innanzitutto oggi si celebra la festa dell’Annunciazione: ricordiamo il giorno
in cui “…l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea…”;
ricordiamo quindi l’Incarnazione di Gesù.
Ma oggi è anche il Venerdì Santo, giorno in cui ricordiamo la passione,
crocifissione e morte di nostro Signore.
Gesù ha subìto tutto questo per me, per te e per tutti, per darci, se lo
vogliamo, l’opportunità di entrare a far parte del suo popolo e del suo Regno,
liberandoci dal peccato e passare così dalla morte alla vita ed intraprendere
con Lui un nuovo cammino di salvezza. Ricordiamoci sempre che il nostro Dio è
un Dio d’amore e in ogni momento ci dà l’opportunità (come ricordiamo proprio
oggi con Dismas, il buon ladrone), con la sua misericordia, di cancellare ogni
nostra colpa e ritornare a Lui.
Oggi è anche il giorno dell’inizio della novena alla Divina Misericordia.
Inizia proprio oggi, 25 marzo, e si conclude il 2 aprile, giorno della morte di
San Giovanni Paolo II, il quale si era tanto impegnato per farci conoscere il
Messaggio della Divina Misericordia che Gesù aveva lasciato a Santa Faustina e
aveva istituito questa nuova festività nella prima domenica dopo Pasqua,
quest’anno il 3 aprile. “Nessuna anima troverà giustificazione finché non si
rivolgerà con fiducia alla mia misericordia”, ha detto Gesù a suor Faustina, e
ha promesso: ”Elargirò alle anime grazie di ogni genere…”, e inoltre: “Esorta
le anime ad una grande fiducia nella mia insondabile misericordia…”.
Oggi è anche il giorno - per noi che abbiamo sperimentato la veridicità dei
fatti di Medjugorie -, del messaggio di Maria che, come ha fatto a Lourdes, a
Fatima e in altri luoghi, dal 1981 sta parlando alla nostra generazione,
ammonendoci sempre di ritornare al suo Figlio.
E infine oggi la Chiesa invita - alle ore 12 - a recitare la supplica alla
Madonna di Loreto.
Penso che il nostro Dio è veramente
‘cotto’ di noi, così diceva il prof. Aceti ad una conferenza, perché con
noi di pazienza ne ha veramente tanta ed inoltre tramite il Papa Francesco e
tanti bravi sacerdoti ci dà l’opportunità di ripartire sempre con buona volontà
e riprendere la giusta strada.
Buon cammino di conversione quotidiana a ciascuno di noi e buona Domenica della
Divina Misericordia a tutti.
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Essere “fuochisti”
di Giuliana Rossini
Lassù,
sui Castelli Romani, nonostante sia l’inizio di marzo, un vento freddo ci
sferza il volto rischiando di far volare i nostri berretti. Le cime dei
cipressi si piegano quasi fino a terra e le foglie, rimaste abbandonate lì fin
dall’autunno, turbinano intorno. Ma noi siamo così felici che quasi non ce ne
accorgiamo: con un gruppo di amici mi sto recando all’appuntamento annuale
tanto atteso, dove, tutti insieme, cercheremo di dar vita ad una comunità
unita, una famiglia legata dall’amore reciproco, adoperandoci per vivere le
parole di Gesù: “Padre, che tutti siano uno!”.
Saliamo sul pullman che dall’albergo ci porta dove si svolgerà il nostro
congresso (proprio di questo si tratta); con noi c’è un folto gruppo di persone
provenienti dalla cerchia, con le quali non riusciamo a comunicare se non
attraverso cenni e sorrisi, perché non conosciamo la loro lingua. D’altronde,
qui, i sorrisi sono merce di scambio molto gettonata. Al
Centro Mariapoli siamo circa mille persone di ogni provenienza, tra cui molti
libanesi, filippini e gruppi dell’America Latina. Non mancano fratelli di altre
Chiese: evangelici, luterani, ortodossi… Ci sentiamo subito in famiglia, perché
animati dallo stesso desiderio di volersi bene, di farsi uno. L’unità, il sogno
di un Dio che la chiede al Padre poco prima di morire, sarà l’argomento
dell’incontro. Essa è un dono di Dio, infatti Gesù la chiede al Padre: solo Lui può
realizzarla, tuttavia noi possiamo collaborare a questa realizzazione se ci
amiamo l'un l'altro. Ci viene richiesto un amore concreto, coi “muscoli”, ora e
qui, verso chi ci sta accanto. In particolare, si tratta di amare tutti
indistintamente, di amare per primi, facendo il primo passo, di amare il
nemico, di fare il vuoto dentro di sé, per farsi l’altro… Non è un compito
facile, tutt’altro: richiede un morire a se stessi, che si può ottenere poco a
poco, con una ginnastica continua. Ma Gesù conosce i nostri limiti: gli basta la nostra sincera adesione e il
nostro impegno a ricominciare sempre, al resto pensa Lui. Risuonano le parole
dell’umiltà e servizio a imitazione di Gesù che, dopo aver istituito
l’Eucaristia, lavò i piedi ai suoi discepoli. Ci sforziamo di vivere, almeno un po’, queste parole e, durante gli intervalli
e nel tempo libero, s’innesca tra noi una gara di generosità. Chi ti offre il
caffè, chi ti ascolta con interesse e partecipazione (trascurando magari altri
impegni) come se, tra mille persone, ci fossi solo tu, chi, nelle lunghe file,
ti cede il posto, chi rinuncia ad un programma per fare compagnia a qualcuno
che non si sente tanto bene…. Piccoli gesti che, però, fanno la differenza, ti
sembra di vivere in un altro mondo, una specie di paradiso. Anche le testimonianze sono preziose e servono di stimolo a fare sempre meglio.
Mi colpisce, in modo particolare, quella di una signora inglese, di fede
evangelica, di cui ascoltiamo le parole in traduzione simultanea. Dovendo
incontrarsi con un folto gruppo di cattolici, è piena di pregiudizi nei
confronti di chi, come lei pensa, non legge il Vangelo, attaccato solo alla
tradizione ed è quasi incline a non partecipare alla riunione. Ma poi si rende
conto che i suoi “avversari”, non solo, leggono la Parola di Dio, ma, anzi, la
vivono concretamente, pronti a dare la vita l’uno per l’altro. L’incontro
subisce una rapida svolta e, tra loro, nasce l’unità. Oppure il prodigarsi verso gli ultimi, i poveri, gli emarginati, in una parola
“i piccoli”. In una località del Nord-Est del Brasile (ma è uno dei tanti
episodi vissuti), giovani appartenenti all’associazione AFAGO (che significa
fare una carezza) sono disposti a morire per la propria gente e si industriano
di dare un tetto, cibo, vestiario, dignità a chi vive in “favelas” fatte di
lamiere e cartone. Costruiscono case, strade, acquedotti, fognature e scuole, e
spesso riportano il sorriso sui volti dei più poveri fra i poveri. I giorni volano veloci: è già ora di tornare a casa, di scendere dal “Tabor”.
Abbiamo ricevuto una forte consegna: di accendere fuochi di amore per Dio e per
i fratelli ovunque, in modo da provocare un incendio; qualcuno, scherzosamente
ci dice: “Siate come “fuochisti”, alimentati dalla mutua carità, per
testimoniare l’unità fra tutti”. Le nostre piccole comunità dovranno essere un
ponte per l’irradiazione del Vangelo, affinché, nelle città, torni a vivere
Dio. L’impatto con la dura realtà, però, si fa subito sentire: guerre, violenze,
delitti incomprensibili, sfruttamento degli uni sugli altri e ultimi, ma solo
in ordine di tempo, i terrificanti atti di terrorismo a Bruxelles che hanno
coinvolto anche la mia famiglia, per fortuna, senza conseguenze per loro.
L’orrore e lo strazio sono inimmaginabili. Noi, però, siamo consapevoli che il
male non può avere l’ultima parola. Il Bene avrà il sopravvento: “Confidate, ho
vinto il mondo!” continua a ripeterci Gesù. E tuttavia è grande la paura, la
rabbia, lo sgomento, lo sconforto, il dolore. Ma poi dal cuore mi sgorga una
preghiera: “Signore, dammi di pregare, perché questi efferati assassini si
convertano e comprendano che Tu sei Amore infinito, che ami immensamente tutti,
anche loro, perché non sanno quello che fanno. Tu, che ci chiami per nome e hai
dato la vita per tutti, fa che comprendano che la vita di ogni persona, non
importa di quale razza o religione, è preziosissima; che comprendano che non si
può costruire il tuo regno con l’odio e la violenza, ma solo con l’amore, la
fraternità, l’accoglienza reciproca. Apri Tu, che sei l’Onnipotente, i loro
cuori. Noi ti offriamo solo ciò che possediamo: le nostre incessanti preghiere.
Accoglile!
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