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Appunti di un Pellegrino
di Gualtiero Sollazzi
Corruzione
“Se non combatti per porre termine alla corruzione e al
marciume, finirai col farne parte, cantava Joan Baez. In Italia pare che si
combatta poco, visto che siamo al 69° posto per trasparenza e considerati fra i
Paesi più corrotti d’Europa. Tristissimo. Oltretutto, c’è una rassegnazione
diffusa, di fronte a una corruzione nauseante. Fra i “rassegnati”, anche i
cristiani, purtroppo.
Conviene avere presente l’insegnamento di Honoré de Balzac: “La rassegnazione è
un suicidio quotidiano”. E’ amaro “L’apologo sull’onestà nel paese dei
corrotti” di Italo Calvino.
“In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto, loro
erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa
avrebbero dovuto fare. Così la controsocietà degli onesti forse sarebbe
riuscita a persistere ancora, senza altra pretesa che di vivere la propria
diversità, e a questo modo, magari, avrebbe finito per significare qualcosa
d’essenziale per tutti”.
Cosa si arriva a fare, invece, per una sistemazione non meritata. Sarebbe l’ora
che in politica, per esempio, i cattolici testimoniassero l’onestà: alla De
Gasperi. Sarebbe bello che i cristiani gridassero: “Non ti è lecito!”, senza
paura di pestare i piedi. Che i giovani, il nostro futuro, si incendiassero al
fuoco delle parole di don Tonino Bello: “Non barattate mai l’onestà con un
pugno di lenticchie!”.
Che
ci faccio al mondo?
E’ una domanda, questa, colma di tristezza, con dentro la
certificazione di inutilità.
Molti se lo chiedono, aspettando, forse, smentite compassionevoli. Pensare però
che la propria vita non serve a nessuno, è il massimo dello sperdimento. Siamo
storditi dall’idea condizionante che vali se fai; il non poter operare crea il
panico morale e ci sentiamo perduti. Inutili appunto.
Il credente sa che il Maestro la pensa ben diversamente: “Gli ultimi saranno i
primi” e al banchetto di Dio entreranno “gli storpi, i ciechi e gli zoppi…”.
Come dire, quelli che non contano nulla agli occhi degli stolti.
Federico Fellini nel suo film “La strada”, si fa catechista. Un matto mostra un
sassetto alla disperata Gelsomina, “testa di carciofo”. Vuol convincerla che
lei pure ha un posto nel mondo. “A cosa serve il sassetto? Se lo sapessi sarei
il Padre Eterno. Ma a qualcosa deve pur servire questo sasso, se no, tutto è
inutile, anche le stelle!”.
La tessera di un mosaico, da sola, appare inutile; eppure serve per creare
splendenti opere d’arte.
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In Gesù Cristo il nuovo umanesimo
di Giuliana Rossini
La sera del sette ottobre
scorso, la bella cattedrale di Caffaggiola era gremita: in molti avevamo
risposto all’invito del vescovo Palletti che desiderava illustrarci il
contenuto del convegno ecclesiale nazionale che si sarebbe tenuto a Firenze dal
9 al 13 novembre prossimi, dal titolo appunto ”In Gesù Cristo il nuovo
umanesimo”. Egli sosteneva che questo appuntamento, veramente fondamentale per
la Chiesa, se non adeguatamente fatto conoscere, avrebbe rischiato di passare
inosservato, soverchiato dagli altri due straordinari eventi molto più
mediatici, e cioè il Sinodo dei vescovi sulla famiglia e l’indizione dell’Anno
Santo della Misericordia.
Anzitutto, perché “nuovo umanesimo”? L’epoca contemporanea ha visto crescere in
modo esorbitante l’idea della centralità dell’individuo nella società, per cui
il punto di vista dell’uomo finisce per acquistare un valore assoluto. Si
tratta di ridefinire questo concetto, ritrovando la capacità di alzare gli
occhi al cielo e di stupirci per la grandiosità di un Dio che non disdegna di
farsi uomo, innalzando fino a Lui la nostra umanità, “cristificandola”
nell’incontro con Gesù nell’Eucaristia, nella Parola, nell’amore reciproco, nei
fratelli più piccoli.
Questo convegno si pone a metà strada nel programma decennale che la Chiesa
aveva definito per incontrare un’umanità dispersa e delusa, come pecore senza
pastore, per fornirle parole e percorsi di speranza e si presenta, pertanto,
sia come una possibile verifica che, ove occorra, come un aggiustamento
dell’itinerario. E in realtà, mentre cinque anni fa si era partiti da alcuni
ambiti di interesse, adesso le cinque parole chiave dell’evento sono verbi,
ossia indicano il fare, l’agire, l’uscire nelle periferie esistenziali, come
sottolinea, dall’inizio del suo pontificato, papa Francesco.
Non meraviglia, perciò, che la prima parola sia, appunto, “uscire”, abbandonare
cioè le proprie sicurezze, aprendosi alle diverse realtà, le più disagiate,
disposti ad accogliere i diversi modi di pensare. Muoversi verso l’esterno,
distaccandosi dalla propria interiorità per aprirsi all’altro, farsi l’altro,
penetrandone pensieri, desideri, bisogni, aspettative.
E’ qui il nuovo umanesimo del singolo e di tutti (la Chiesa), in questa
apertura, faticosa e a volte eroica, al fratello, ai grandi problemi
dell’umanità, pronti a collaborare per costruire insieme l’unità e la pace nel
mondo.
La seconda parola è “annunciare”, ossia far conoscere e gustare la novità e
bellezza del Vangelo nel suo messaggio centrale: l’amore. “Amerai il Signore
Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutte
le forze, e il secondo (comandamento) è simile a quello, amerai il prossimo tuo
come te stesso”. Gesù fa dei due comandamenti un unico imperativo: amare Dio
nel fratello e accogliere tutti i prossimi senza giudizio, così come sono, con
la loro storia, le loro abitudini, le loro credenze.
La terza è “abitare”, cioè calarsi nelle sofferenze altrui e preferire, come ci
insegna Gesù (“l’hai fatto a me”), i più piccoli, i sofferenti, i diseredati,
ricordandoci sempre che occorre dimostrare l’amore ai prossimi coi fatti, là
dove siamo, invece di lanciarci in proclami di amore universale, che talvolta
sono necessari, ma rischiano di rimanere inefficaci.
La quarta parola è “educare”. Solo Gesù è il vero Maestro e occorre mettersi
all’ascolto di Lui, soprattutto vivendo concretamente la sua Parola come
testimoni della verità, anziché come maestri. Non sempre si può comunicare con
la parola, ci sono situazioni in cui, talvolta, risulta più efficace il
silenzio, un silenzio pieno, fatto di ascolto, accoglienza, attenzioni, che
faccia sentire all’altro di essere accettato come persona, con le sue ricchezze
e i suoi limiti.
Infine l’ultima parola è “trasfigurare”, per avere uno sguardo che va oltre i
fatti, oltre il dolore fisico e spirituale, la malattia e la sofferenza; e non
perché Dio permette il male, ma perché il chicco di grano deve morire per
portare molto frutto.
Queste cinque parole sintetizzano e manifestano quale grande ricchezza
spirituale possegga la Chiesa e come il Vangelo possa proporsi, a pieno titolo,
come”la” risposta ai grandi mali della nostra società. La Chiesa, nel vivere la
Parola, si è sempre contraddistinta per la sua vicinanza ai bisogni dell’umanità
ed è sempre rimasta in prima linea laddove era necessaria la sua presenza.
Certamente essa non è l’unica agenzia sul territorio capace di affrontare
problemi e difficoltà e fornire risposte adeguate, e ritengo molto importante
la collaborazione fraterna ed aperta fra tutti. Ma noi cristiani dobbiamo
essere consapevoli di possedere un patrimonio morale e intellettuale di
altissimo livello.
Mi sia permesso, perciò, di ringraziare il nostro Vescovo che ha voluto portare
a conoscenza di tutti questi tesori che rischiano di rimanere patrimonio di
pochi, permettendoci di arricchirci e di rafforzarci di fronte a situazioni
che, talvolta, ci lasciano interdetti e sfuggono alla nostra comprensione.
Grazie, caro nostro pastore, per averci fatto riflettere sulla ricchezza della
spiritualità della Chiesa di oggi e di sempre, in grado di rispondere ai grandi
problemi dell’umanità.
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Credo… la comunione dei Santi
di Paola G. Vitale
Questa affermazione del Credo mi ha
da sempre fatto pensare. Che cos’è “la comunione dei Santi”?. La parola
‘comunione’ mi spinge ad una visione dei beni comuni, un tesoro accumulato nei
secoli, un tesoro positivo. Allo stesso tempo, mi viene da pensare al male
accumulato da noi battezzati in Cristo, quando ci allontaniamo dai suoi santi
voleri.
Questo ultimo pensiero mi sollecita a fare molta attenzione a tutto ciò che
esprimo, penso, dico e faccio; e di conseguenza a chiedere perdono nel caso di
ogni caduta in errore.
Si cade facilmente in errore, se non si è disposti a riflettere; e a riflettere
sulla strada percorsa dalla Madre di Dio, dalla santa Famiglia di Nazareth e…
avanti così!
Quindi, tanti auguri per Ognissanti!
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La nostra vita terrena è una preparazione alla pienezza della vita eterna
di Stefania
Sono rientrata da qualche giorno da
quel ‘centro benessere’ dell’anima (Santuario di Medjugorie), da dove, il 24
ottobre 2010, è iniziato il mio cammino quotidiano di conversione. E pensare
che quel giorno salii sul pullman perché avevo voglia di fare un pellegrinaggio
per fermarmi, riflettere, pregare, chiedere…; ma soprattutto ero partita per
andare a ringraziare la Madonna per “l’uomo retto” che avevo accanto dalla
Santa Pasqua del 1984 (mio marito), del dono di essere mamma e per tutto ciò
che avevo imparato e vissuto grazie a mio figlio. Mai avrei pensato che, al
ritorno, sarei scesa da quel pullman con la consapevolezza e certezza che la
mia fede era troppo tiepida e che dovevo decidermi a iniziare da subito, senza
perdere ulteriore tempo (avevo già perso oltre quarant’anni della mia vita),
uno stile di vita nuovo, basato sulla ricostruzione del mio cuore
‘mangiucchiato’, perché mi rendevo conto che per troppo tempo non avevo messo
Gesù al centro della mia vita. Non lo conoscevo e non lo cercavo perché non
leggevo assiduamente la sua Parola, già da quando ero in famiglia con i miei
genitori, e aver continuato, per un certo tempo, con la stessa superficialità
anche nella famiglia che, assieme a mio marito, abbiamo deciso di formare
unendoci col sacramento del matrimonio, per creare così la nostra Chiesa
domestica.
Purtroppo ci siamo, chi più chi meno, ma tutti, allontanati da Dio, ma ora
penso che non dobbiamo più assolutamente perdere questa grazia che abbiamo
riconquistato. Siamo ormai alle porte dell’Anno Santo della Misericordia:
invochiamola quindi per tutti noi e specialmente per i nostri figli. Scrisse un
grande scienziato: “Dio non creò il male. Il male è il risultato dell’assenza
di Dio nel cuore degli esseri umani”.
Tra qualche giorno (il 24 ottobre) è un anno che il nostro caro Doretto ha
terminato il suo cammino terreno ed è passato alla pienezza della sua vita
eterna e come non ricordarlo per dirgli grazie per tutto quello che ci ha
donato e che mai dimenticheremo. Grazie, Doretto, e anche tu aiutaci. Dacci una
mano a ricostruire il nostro cuore ‘mangiucchiato’ perché ci siamo allontanati
da Colui che ci ama tantissimo.
Buon cammino di conversione quotidiana a ciascuno di noi.
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