|
|
|
“Il Sentiero” a Luni Mare
di Paola G. Vitale
“Il
Sentiero” a Luni Mare
Ieri, lunedì 31 agosto, andando verso il
luogo di culto, ho scorto una borsina appesa alla porta della chiesa ed ho
provato gioia. Ho pensato a Walter che, di solito, viene a distribuire il
‘prezioso giornaletto’ che ci tiene uniti e ci fa conoscere (a noi stranieri o
giovani) la bella tradizione di fede radicata su questa sovrastante collina,
dietro la quale si ergono le ultime due cime delle Apuane. Ecco, tiro il fiato
e aggiungo che ho già letto la pagina di apertura, il ‘diario’ di Walter, il
profondo pensiero di Stefania, il graditissimo resoconto di Enzo a proposito
dei 102 anni di don Giovanni Dalla Mora, che anch’io ricordo con affetto,
dacché ne risento la voce forte e serena…
Che dirvi? Grazie di esserci e di farci partecipare alla vostra presenza di “pochi
ma buoni”, come diceva spesso lo stimato e indimenticato prof. Giuseppe
Franciosi.
Qui, vedo uno stuolo di belle automobili
dei tanti turisti. Incontro qualche papà con il bebè nel passeggino; qualche
mamma in bici con dietro il figlioletto; qualche famiglia che procede in bici
verso il mare… La Messa feriale è quasi ’privata’, data la scarsa presenza,
come pure la preghiera in comune, ma tiriamo avanti e aspettiamo la presenza
dei nostri ragazzi, la cui vista rallegra e conforta, pensando ad un futuro di
fede in questo mondo sconvolto. Ora
vi saluto e vi ringrazio con affetto.
Una lettrice assidua
“Lasciate che i bambini
vengano a me”
“Se non vi farete come bambini, non entrerete nel Regno dei
Cieli”; e ancora, alla domanda: “Chi è più grande nel Regno dei Cieli?”, Gesù
pone al centro un bambino, dicendo chiaramente che è lui il più grande.
Mi è venuto questo pensiero perché al mattino, andando ad aprire il nostro
luogo di culto, ove è custodito Gesù Eucaristia, incontro tanti, tanti piccoli
per mano alla mamma, talvolta al papà o ai nonni, diretti al vasto, riordinato
asilo, qua a Luni Mare. E’ un vocìo gioioso, unito alle chiacchiere delle
mamme; e poi è un bel movimento di automobili che sostano ovunque c’è posto,
intorno alla scuola. C’è anche chi giunge a piedi, dalle case vicine, con il
bimbo per mano e anche un altro nel passeggino. Mi viene spontaneo pensare al
Bambino Gesù nato a Betlemme, cresciuto con Giuseppe e Maria: tuttavia non so
proprio se viene fatto conoscere e festeggiare. Il nostro parroco, don Carlo,
qualche volta porta o torna a riprendere un suo nipotino presso l’asilo; allora
penso che sia presente un posticino per Gesù, oltre le festicciole organizzate
per i bambini, con maestre e genitori.
Certamente è coraggio parlare di un Bambino Dio, nato per noi. In seguito si
dovrà parlare di quando, giovane e forte, ha operato miracoli tra la sua gente,
mostrando la sua divinità.
Infine si presenterà la sua dolorosa passione e morte sulla croce a cui il
comando romano lo ha destinato, causato anche dal rifiuto del popolo di
liberarlo.
Gesù è risorto! Gesù è il Risorto, e i suoi insegnamenti, se seguiti, ci
porteranno alla vita senza fine che Dio Creatore ha preparato. Ma come è difficile
questo cammino! Molti di noi lo sanno bene!
|
|
|
|
|
|
|
La fede del missionario
di Marta
Rientrato in Italia da uno dei suoi innumerevoli viaggi
in varie terre del mondo, chiesi a padre Alarico quale fosse il motivo che lo
spingeva a fare una vita di sacrifici, a volte al limite delle possibilità
umane. “La fede, mi rispose; sì, la fede in Gesù Cristo”.
Al missionario chiesi allora se avesse avuto dei seri problemi con le
popolazioni indigene che aveva visitato. Sembrò quasi divertito di quella mia
domanda e mi spiegò che poneva grandi speranze in quelle tribù; per lui erano
tutte persone gentili e cordiali e non sanguinose e brutali come alcuni
volevano far credere, magari lo erano
state tanto tempo fa, ora erano facilmente convertibili agli
insegnamenti di nostro Signore Gesù.
Poi la conversazione passò sulle diverse usanze delle tribù che aveva
incontrato nei primi tempi del suo sacerdozio, durante i suoi viaggi in
Brasile. Dal modo che mi guardò e sorrise, capii che avevo fatto la domanda
giusta e per il successivo quarto d’ora mi spiegò il sistema destinato a divenire
l’unità rurale del futuro. Mentre mi parlava capivo chiaramente che l’unità di
quel tipo avrebbe costituito un veicolo perfetto per la propagazione della
religione cristiana. Gli chiesi: “Dunque, questi indios sono pacifici?”. “In
generale, sì, mi rispose, sono dei guerrieri e non si fidano tanto dell’uomo
bianco e con quest’ultima tribù sono stato molto fortunato, perché prima di me
c’era un’altra coppia di missionari; questi avevano imparato la loro lingua e
tradotto il Nuovo Testamento. Mi hanno accettato bene perché sono anche medico;
aiutavo le loro donne a partorire e a curare i bambini. Gli adulti sono ancora
un po’ reticenti, ma qualcuno si sta avvicinando”.
“Certo, voi missionari andate orgogliosi del fatto di incontrare le popolazioni
più sperdute del pianeta e insegnare loro i basilari principi religiosi e del
vivere in comunità”. “Questo è il nostro spirito, ma badate che tante tribù non
amano essere civilizzate; la nostra civiltà non fa per loro. Il passare del
tempo della loro vita è solare: seguono le stagioni come un fiume che scorre
lento, immutabile il suo percorso”. “Padre Alarico, tutto questo sembra
magico!”. “In fondo la magìa cos’è? Non è altro che un prodotto di conoscenze
che altri non hanno. Ricordo che in una tribù di guerriglieri nativi delle
montagne del Perù avevano rapito due missionari di un villaggio non lontano dal mio. Ma Dio li
ha salvati: sono stati rilasciati incolumi quattro anni dopo e ora sono ancora
in Brasile e la popolazione è contenta di loro. Hanno ancora tanti problemi con
i corrieri della droga, ma nessuno si spinge fin nel cuore del Pantanal. In
questo periodo siamo nella stagione delle piogge per cui gli spostamenti
avvengono con le barche lungo i tanti fiumi che poi sfociano in Paraguay, ma
bisogna fare molta attenzione per non perdersi nella vegetazione della foresta
con tutte le sue insidie: caimani, serpenti, malattie varie, inondazioni…”.
“Padre Alarico, che il Signore sia sempre con te e ti protegga tutti i giorni
della tua vita!”.
|
|
|
|
Clicca sulla foto per ingrandirla |
|
|
Uscire-annunciare-abitare-trasfigurare
di Marino Bertocci
Il
Vescovo è per definizione il primo catechista per la sua Diocesi, ed è per questo
che, qualche sera or sono, ha tenuto, presso la chiesa di Caffaggiola, una
seguitissima ed attenta catechesi sull'ormai prossimo convegno ecclesiale nazionale
di Firenze.
Presentandoci il documento di impianto del convegno, ci ha invitati a leggere e
meditare quelle sessantaquattro rapidissime pagine.
Tornato a casa ho letto, e scaricato, il documento dal web e l'ho
riassunto in queste cento e una parole che propongo alla vostra pazienza.
Molti pensano che noi cristiani, in particolare noi cattolici, siamo fuori
dalla storia e dal tempo, ma non è così, noi viviamo appieno il (e nel) nostro
tempo, ed è per ciò che
non abbiamo paura ad uscire
dal nostro ambito, per annunciare,
nella gioia, la bellezza della nostra fede, intenzionati ad abitare
“questo” mondo nel servizio, impegnati
ad educare ed educarci per non
appiattirci su modelli forse alla moda, ma che rischiano di svuotare il nostro
essere uomini, per quindi trasfigurare la nostra esistenza, perché
da essa sia visibile ad ogni uomo il senso del divino che la riempie.
|
|
|
|
|
|
|
La strega
di Romano Parodi
Visto
che l’amico Romano ci ha detto che ha bisogno di un periodo di riposo (è un po’
scarico), abbiamo pensato di riproporre alcuni suoi racconti già pubblicati
circa vent’anni fa. Per tanti dei nostri lettori sono senz’altro una novità,
per altri saranno una riscoperta. LA REDAZIONE
Dopo un mese e più d’ininterrotto fuoco lento, le
castagne erano secche. Messe poi in un sacco lungo e stretto, due uomini, con
movimento rotatorio, le ‘sbattevano’ su un grosso ceppo per liberarle dalla
buccia; infine le donne, con la ‘soreta’, eliminavano le scorie. Erano
abilissime; non una ne andava perduta. Ora, tre sacchi di ‘guscion’ facevano
bella mostra dentro la cassapanca. Un’altra ‘infornata’ era pronta sulle canne.
Altri grossi ciocchi accatastati contro la parete. Il fiasco era sul tavolo
d’angolo. Le panche sistemate tutt’intorno. Un altro mese di ‘frole’ attendeva
grandi e piccini nelle lunghe veglie invernali. Nella penombra del ‘caniccio’
quella sera di fine secolo si udiva solo la magica cadenzata voce del ‘arcontafrole’.
“Quando si sposarono, Beppe e la Cecca, erano felici, benvoluti e ammirati da
tutti. La donna, però, aveva portato in dote un piccolo peccatuccio: la vanità.
Sapeva d’essere la più bella e aveva per la propria persona un’attenzione quasi
maniacale. Con l’intento di perfezionare l’opera di madre natura, stava ore e
ore davanti allo specchio. Ciprie, creme, ceneri, concimi, acque marce, erbe,
infusi organici naturali e animali…, sperimentava ogni cosa.
Avendo poi saputo che una vecchia megera, che abitava nel Noceto, preparava dei
filtri, pozioni e pomate, non esitò ad interpellarla all’insaputa del marito.
“Domani ti preparo la ‘Crema di luna’ che farà diventare la tua pelle ancora
più bella”, le disse la vecchia. Ed era vero:quando la Cecca si spalmava questa
crema, la sua pelle diventava così splendente che la giovane, novello Narciso,
s’adorava da sola.
Nel frattempo Cecca partorì un figlio che, disgrazia volle, morì nel periglioso
travaglio.
Gli Ortonovesi, sempre vicini, li consolavano: “Siete giovani e belli, ne
avrete degli altri”. Ma anche il secondo, poi il terzo e il quarto, tutti
facevano la stessa triste fine. L’infelicità regnava ormai sovrana nel cuore di
Beppe; la gente mormorava che fosse la Cecca a stringere le cosce e far morire
i nascituri. La bellezza della donna pian piano cominciava a sfiorire; anche la
crema miracolosa non faceva più effetto; dopo due ore dal trattamento la sua
pelle prendeva un colore verde squamoso che la faceva vergognare perfino ad
uscire di casa, obbligandola a continui ‘restauri’, ed anche i rapporti col
marito si erano guastati.
Beppe, insospettito dalla sonnolenza che lo prendeva sempre dopo cena, si mise
a spiarla e così una sera si accorse che la donna gli aveva messo qualcosa nel
bicchiere. Finse di bere, ma quella notte dormì con un occhio solo. A
mezzanotte in punto la moglie si alzò dal letto e uscì di casa. Lui la seguì di
nascosto fino nel Noceto, dove ad attenderla c’era la vecchia megera che la
denudò e iniziò a spalmarla con la “Crema di luna”. Ora, nella notte lunare, la
Cecca risplendeva di una bellezza eterea, come una dea. Ma, mentre si
compiaceva del suo corpo, una metamorfosi spaventosa ebbe luogo sotto gli occhi
terrorizzati del marito nascosto: a poco a poco diventò un caprone; poi ne
arrivarono altri e, sotto gli occhi disgustati dell’uomo, ebbe luogo un’orgia
disgustosa.
Beppe rientrò a casa risoluto; aspettò seduto nel buio dell’entrata e, appena
vide un’ombra insinuarsi furtivamente nella stanza, sprangò il portone e impugnò
la ‘misericordia’ (frusta per torture)… Quel mattino urla e gemiti strazianti
lacerarono il silenzio. La donna nuda si rotolava sul pavimento tentando
vanamente di sfuggire ai colpi che le scorticavano la pelle. L’insolita
sveglia, nel frattempo, aveva portato davanti al portone una moltitudine di
gente spaventata e preoccupata per le urla che si udivano. Poi la porta si aprì
e, mentre i paesani si precipitarono in soccorso della sventurata, Beppe
afferrò un piccone, si diresse nel Noceto e demolì la casa di quella strega
(ancora oggi si possono vedere i ruderi) che fuggì via per sempre.
Passarono gli anni, la Cecca guarì, ritornò l’amore, nacquero dei bei bambini e
vissero felici e contenti”.
|
|
|
|
|
|
|
Chiesa Cattolica e Chiesa Ortodossa
di Vincenzo Di Martino
Chiesa
Cattolica e Chiesa Ortodossa
Viviamo
un momento della nostra società in cui tra i tanti fattori di crisi sembra
riaffiorare, purtroppo in alcune zone della terra con inconsueta violenza e
tragicità, una nuova guerra di religione ispirata dal fanatismo islamico. Non
possiamo non condividere gli appelli di papa Francesco che invita sempre al
dialogo, respingendo con decisione l’idea che una Fede religiosa possa portare
a conflitti. Ma ritengo che, proprio nell’ambito di questa visione generale,
s’imponga uno sforzo collettivo dei cristiani, dei credenti in Cristo, per
superare le varie divisioni. Ne ebbi a parlare in margine alla ‘Settimana per
l’Unità dei Cristiani’, e penso sia opportuno che ognuno di noi, nell’ambito
dell’ecumenismo, sia pure sommariamente, prenda conoscenza di quel che sono le
varie confessioni cristiane, diverse dalla cattolica, per valorizzare gli
elementi comuni e cercare di superare le divergenze. Queste non sono solo
dell’epoca moderna, ma risalgono ai primordi della cristianità.
Ne parlava già Paolo che esortava i cristiani di Corinto ad essere unanimi nel
parlare “perché non vi siano divisioni tra voi”, perché Cristo è uno e uno solo
è il più grande comandamento di Gesù: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il
cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente…, amerai il prossimo tuo come
te stesso”; e ancora: “Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli
altri come io vi ho amato”.
Orbene, se questo è il grande comandamento di Gesù (che ci chiede di amarci
senza distinzione alcuna) il primo amore che deve portare a superare le
divisioni è quello verso chi ci è più vicino e cioè verso quelli che professano
la fede in Cristo Gesù, Figlio di Dio: ortodossi e riformati. Conoscere ciò che
ci unisce e ci divide è un fatto molto importante per trovare un punto
d’incontro, quella unione che già Paolo predicava.
Comincerò a dire che la Chiesa Ortodossa è quella a noi più vicina e che in
questo periodo di migrazioni dall’Est (polacchi, rumeni, ucraini, russi, ecc.)
mi sembra acquisti particolare rilievo anche nel nostro territorio. La Chiesa
Ortodossa è una comunione di Chiese cristiane nazionali quasi tutte autocefale,
cioè autonome nei relativi Patriarcati, storici o moderni. Essa è l’erede della
cristianità dell’antico Impero Romano d’Occidente, chiamato poi Romanico o
Impero Bizantino e poi Ottomano, allora suddiviso nei quattro patriarcati
storici di Gerusalemme, Antiochia, Alessandria e Costantinopoli.
Gli ulteriori cinque patriarcati moderni (serbo, bulgaro, russo, rumeno e
georgiano) sono invece riconosciuti non di diritto, ma di fatto.
Essa ritiene che solo al proprio interno, quindi in via esclusiva, come la
Chiesa cattolica romana, sussista la cristianità della Chiesa universale
fondata da Gesù Cristo. Tale comunità riconosce un primato d’onore alla sede
patriarcale di Costantinopoli, autodefinitasi ecumenica nel Sinodo del 587. Le
Chiese Ortodosse più conosciute sono quella greca e quella russa. Nel suo
complesso la Chiesa Ortodossa è, per dimensioni, la terza maggiore confessione
Cristiana, contando 250 milioni di fedeli in tutto il mondo, anche se in larga
prevalenza nei paesi dell’Europa orientale.
La nascita dell’Ortodossia può essere collocata intorno al quarto secolo;
letteralmente significa ‘retta dottrina’, concetto che vuole esprimere la
professione della retta fede cristiana. Le singole Chiese tramite un loro
Sinodo e un loro Primate, e pur essendo in piena comunione sacramentale e
canonica tra loro, agiscono indipendentemente una dall’altra dal punto di vista
amministrativo, L’inizio ufficiale della Chiesa Ortodossa viene fatto risalire
all’anno 1054, cioè dopo quello che le fonti storiche definiscono come il
grande scisma, in seguito al quale quella che fu l’unica Chiesa Cattolica
romana, cioè la Chiesa di stato dell’Impero romano, ormai definitivamente
diviso, vide la sua parte orientale e quella occidentale separare le strade
definitivamente.
D’altro canto la Chiesa occidentale ha sempre parlato di scisma d’Oriente,
mentre quelle orientali hanno parlato di scisma dei Latini per indicare
l’ultima rottura della comunione nel 1054.
Le Chiese Ortodosse ritengono allora la Chiesa Cattolica romana non solo
scismatica, ma anche eretica per l’aggiunta del ’Filioque’ nel ‘Credo’:
cioè l’affermazione che recita “lo Spirito Santo procede dal Padre e dal
Figlio”. Ma, posto che gli ortodossi credono in Dio Uno e Trino, cioè nelle tre
persone, Padre Figlio e Spirito Santo, la polemica su questo punto che per
secoli ha tormentato il rapporto con la Chiesa Cattolica, a livello teologico
non ha motivo di essere, poiché siamo di fronte al mistero della Trinità che la
mente umana può solo intuire ma non capire appieno. E va sottolineato che nel
periodo pasquale la Chiesa Cattolica recita il Credo come definito nel Concilio
di Costantinopoli del 381 d.C. in cui si afferma che lo Spirito Santo discende
dal Padre senza far riferimento al Figlio, con ciò riconoscendosi da entrambe
le Chiese che il Padre è l’unica causa trinitrina o principio del Figlio e
dello Spirito Santo. (Fine della prima parte)
(da ‘Communio’,
periodico della parrocchia S. Pietro apostolo-La Spezia)
|
|
|
|
<-Indietro |
|
|
|