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Il Concilio ecumenico di Costantinopoli 1° (seconda parte)
di Antonio Ratti
La
fede apostolica riguardante lo Spirito Santo e la conferma del Credo niceno,
che diventa niceno-costantinopolitano, sono i principali provvedimenti adottati
dai padri conciliari con l’inserimento nel testo del concetto di
consustanzialità dello Spirito Santo con il Padre e il Figlio attraverso questa
espressione: Et in Spiritum Sactum, Dòminum et vivificàntem: qui ex Patre
Filioque procedit… (e [credo] nello Spirito Santo, che è Signore e dà la
vita: che procede dal Padre e dal Figlio…). Si afferma, così, la divinità del
Figlio (contro gli ariani che la negano) e dello Spirito Santo (contro gli
pneumatòmachi o macedonianisti, dall’eretico Macedonio, che negano la
consustanzialità dello Spirito Santo, riducendolo al rango di emissario della
volontà divina: letteralmente, da pnèuma, cioè, soffio di Dio e basta).
Il Concilio, a dimostrazione di quanto fosse già forte, unificante e chiaro il
ruolo di Maria nel progetto di salvezza, aggiunge al testo del Credo, che Gesù
nasce da Maria Vergine.
Involontariamente, così, si creano i presupposti per le defatiganti discussioni
che porteranno al Concilio di Efeso (431) dove si dovrà decidere anche se Maria
è Theotòkos o Christostòkos? (madre di Dio o solo di Cristo), perché ora
l’attenzione si sposta su come in Gesù possano integrarsi le due nature divina
e umana. Il concetto di Trinità e le nature di Cristo sono il tormentone dei
primi sei secoli di storia della Chiesa: ogni volta che sembra un argomento
teologicamente definito e chiuso, si riapre con altre angolazioni.
E’ solamente la pretesa umana di voler
capire ad ogni costo, rompendosi ostinatamente le corna e facendo tanto male al
messaggio evangelico. Come detto, Gregorio Nazianzeno, psicologicamente e
fisicamente stremato nel tentativo di guidare i padri conciliari a
comportamenti consoni e degni dell’alto compito cui sono chiamati, e accusato
di occupare illegittimamente il ruolo di vescovo di Costantinopoli, in quanto
già vescovo di Sàsima (piccola realtà della Cappadocia, dove non può andare
perché preda ariana), si sfoga così prima di abbandonare i lavori nel giugno
del 381: “Abbiamo diviso Cristo, noi che tanto amavamo Dio e Cristo! Abbiamo
mentito gli uni agli altri a motivo della Verità, abbiamo nutrito sentimenti di
odio a causa dell’Amore, ci siamo divisi l’uno dall’altro…”.
“Ora lasciatemi riposare dalle mie lunghe fatiche, abbiate rispetto dei
miei capelli bianchi… Sono stanco di sentirmi rimproverare la mia
condiscendenza, sono stanco di lottare contro i pettegolezzi e contro
l’invidia, contro i nemici e contro i nostri. Gli uni mi colpiscono al petto, e
fanno un danno minore, perché è facile guardarsi da un nemico che sta di
fronte. Gli altri mi spiano alle spalle e arrecano una sofferenza maggiore,
perché il colpo inatteso procura una ferita più grave… Come potrò sopportare
questa guerra santa? Bisogna parlare di guerra santa così come si parla di
guerra barbara. Come potrei riunire e conciliare questa gente? Levano gli uni
contro gli altri le loro sedi e la loro autorità pastorale e il popolo è diviso
in due partiti opposti… Ma non è tutto: anche i continenti li hanno raggiunti
nel loro dissenso, e così Oriente e Occidente si sono separati in campi
avversi”.
Se non ricordo male, papa Francesco quando ha parlato di terza guerra mondiale
a pezzi si è anche soffermato sull’assurdo concetto di guerra santa. All’amico
Procopio, Gregorio confessa cosa pensa dei Concili e delle riunioni molto
partecipate e visivamente convenienti: ”Temo i concili, non ne ho mai visto
alcuno che abbia fatto più bene che male, e che abbia avuto una buona riuscita:
lo spirito polemico, la vanità, l’ambizione vi dominano; colui che vuole
riformare i maliziosi si espone a essere a sua volta accusato senza averli
corretti”. Quanta modernità nelle amare parole di un grande Padre della
Chiesa e visione profetica, che, poi, è solo la capacità di capire la illogica
logica che guida l’umana realtà. Al termine dei lavori conciliari l’imperatore
Teodosio emana un decreto imperiale (30 luglio) col quale si dà disposizione
che i vescovi, che avevano sostenuto la consustanzialità delle tre persone
della Trinità, siano reintegrati nelle loro sedi episcopali, allontanando i
filo ariani.
Il potere politico tende di suo a prevalere in ogni occasione, spesso viene
favorevolmente “tollerato”, se non sollecitato, quando s’intravvedono vantaggi.
A mio avviso è solo real politic da guardare con sospetto: tanti eventi
in secoli di storia sono i poco edificanti esempi sotto gli occhi di tutti.
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Ottobre: mese del Rosario
di Carlo Carretto
“Il Rosario
appartiene a quel tipo di preghiera che precede di poco, o che accompagna, la
preghiera contemplativa dello Spirito. Meditate o non meditate, distraetevi o
meno, se amate il Rosario a fondo, e non potete trascorrere la giornata senza
recitarlo, significa che siete uomini di preghiera.
Il Rosario è come l’eco di un’onda che percuote la riva, la riva di Dio: “Ave
Maria… Ave Maria… Ave Maria…”. E’ come la mano della Madre sulla vostra culla
di bambino; è come il segno di abbandono di ogni difficile ragionamento umano
sulla preghiera, per l’accettazione definitiva della nostra piccolezza e della
nostra povertà.
Il Rosario è un punto di arrivo, non un punto di partenza”.
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Sia lodato Gesù Cristo
di Mila
Caro “Sentiero”,
ci
sono due argomenti dei quali vorrei scrivere: uno lo rimugino da un po’ di
tempo ma non so come affrontarlo, anche perché non vorrei fare la petulante e
magari contrariare qualcuno. L’altro mi si è presentato ieri sera e, in un
certo senso, è legato al primo.
Provo a spiegarmi e vediamo cosa ne viene fuori.
Quando ero una ragazzina: “Once upon a time” (Quanto mi piacerebbe avere un sito su internet dove poter
raccontare dei tempi passati, lo chiamerei proprio così: “Once upon a time”,
cioè “C’era una volta”, ma torniamo al
dunque). Quando ero una ragazzina si sentiva spesso questo saluto: “Sia lodato
Gesù Cristo!”. Era il saluto che noi ragazzi
rivolgevamo al nostro parroco quando lo incontravamo. Questo era il
saluto usato entrando in un confessionale e il confessore rispondeva: “Ora e
sempre.” Lo dicevano i Parroci prima di iniziare la loro omelia e, se non mi sbaglio, lo ripetevano
alla fine.
Comunque era come un saluto ai fedeli. Era
come dire: ”Cari fratelli e sorelle siamo qui riuniti in nome di Cristo e nel
Suo nome vi saluto e vi dò il benvenuto”. Adesso niente, vanno all’ambone, dicono quel
che devono dire e poi ritornano a celebrare. Non un saluto né all’inizio né
alla fine delle omelie. Perché? C’è forse
un motivo liturgico che non conosco, una scuola di pensiero, un volersi sentire più moderni e distinguersi
magari dagli integralisti che purtroppo ci sono in tutte le religioni, o forse
più semplicemente si è pensato che quel saluto potesse mettere in imbarazzo i
fedeli? Mah! Comunque a me manca molto quel saluto in nome di Gesù.
Ritorniamo al tempo di quando ero una
ragazzina. Mio padre aveva un piccolo
ristorante sulla spiaggia e tutte le
estati, nel mese di luglio, avevamo un cliente fisso, un ingegnere di Milano.
Lui veniva a passare le ferie nella nostra zona, soggiornava in un albergo ma
tutti i giorni veniva a mangiare nel nostro ristorante. Era una persona di
mezza età, sempre solo, molto fine ed educatissimo. Con mio padre aveva stabilito una certa amicizia
e a volte parlavano anche di religione, entrambi erano molto devoti. Un’estate
gli raccontò di Padre Pio da Pietrelcina, di quando era andato giù in Puglia
per ascoltarlo, di come fosse rimasto turbato e allo stesso tempo affascinato
dalla personalità di quel frate.
Era ritornato a casa con fede rinnovata e col desiderio di trasmettere a tutti
le sensazioni provate. Disse che pensava di trasferirsi a Pietrelcina non
appena raggiunta la pensione. Cercò di convincere
mio padre ad andare anche lui a fare una visita
a Padre Pio: lui disse di sì, ma non trovò mai il tempo per andarci. L’anno seguente l’ingegnere ritornò per l’ultima volta, venne solo per pochi giorni per portarci in
regalo un libro sulla vita di Padre Pio da Pietrelcina. Che io mi ricordi non
ne abbiamo mai più saputo niente.
Anni dopo, in Nigeria, ho conosciuto una coppia che aveva avuto un incontro
molto significativo con Padre Pio: una signora italiana sposata con un ex
marine americano, conosciuto in Italia alla fine dell’ultima guerra. Quando si
incontrarono: lei piccolina, esile, delicata, lui un vero marine come si vedono
nei film, quasi due metri, muscoloso,
capelli rasati a zero. Lei fervente cattolica, lui battezzato ma ateo, proprio ateo convinto.
Si sposarono, ma in viaggio di nozze lei
volle andare a trovare Padre Pio. Adesso non ricordo bene quello che mi
raccontò del loro incontro con Padre Pio, ma ricordo che mi disse che da allora
il marito tutte le mattine, prima di
andare al lavoro, andava ad assistere alla celebrazione dell’Eucaristia.
Ma adesso veniamo al nesso tra queste due storie. Ieri sera c’è stata, a San
Lazzaro, una cerimonia in onore di San Pio da Pietrelcina. E’ stata posata una
bella statua del Santo - statua fatta restaurare dal nostro don Carlo - in una
nicchia molto bella, costruita nel giardinetto di fronte alla chiesa.
Naturalmente Santa Messa solenne, chiesa gremita, diversi sacerdoti a
concelebrare, ha presieduto don Piero, parroco di San Terenzo, il quale
avvicinatosi all’ambone per l’omelia ha iniziato con: ”Sia Lodato Gesù Cristo!”. Grazie don Piero: ”Sempre
Sia Lodato”.
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