N° 9 - Ottobre 2015
Spiritualità
  Il Concilio ecumenico di Costantinopoli 1° (seconda parte)
di Antonio Ratti


                                                               

La fede apostolica riguardante lo Spirito Santo e la conferma del Credo niceno, che diventa niceno-costantinopolitano, sono i principali provvedimenti adottati dai padri conciliari con l’inserimento nel testo del concetto di consustanzialità dello Spirito Santo con il Padre e il Figlio attraverso questa espressione: Et in Spiritum Sactum, Dòminum et vivificàntem: qui ex Patre Filioque procedit… (e [credo] nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita: che procede dal Padre e dal Figlio…). Si afferma, così, la divinità del Figlio (contro gli ariani che la negano) e dello Spirito Santo (contro gli pneumatòmachi o macedonianisti, dall’eretico Macedonio, che negano la consustanzialità dello Spirito Santo, riducendolo al rango di emissario della volontà divina: letteralmente, da pnèuma, cioè, soffio di Dio e basta).
Il Concilio, a dimostrazione di quanto fosse già forte, unificante e chiaro il ruolo di Maria nel progetto di salvezza, aggiunge al testo del Credo, che Gesù nasce da Maria Vergine.
Involontariamente, così, si creano i presupposti per le defatiganti discussioni che porteranno al Concilio di Efeso (431) dove si dovrà decidere anche se Maria è Theotòkos o Christostòkos?  (madre di Dio o solo di Cristo), perché ora l’attenzione si sposta su come in Gesù possano integrarsi le due nature divina e umana. Il concetto di Trinità e le nature di Cristo sono il tormentone dei primi sei secoli di storia della Chiesa: ogni volta che sembra un argomento teologicamente definito e chiuso, si riapre con altre angolazioni.
 E’ solamente la pretesa umana di voler capire ad ogni costo, rompendosi ostinatamente le corna e facendo tanto male al messaggio evangelico. Come detto, Gregorio Nazianzeno, psicologicamente e fisicamente stremato nel tentativo di guidare i padri conciliari a comportamenti consoni e degni dell’alto compito cui sono chiamati, e accusato di occupare illegittimamente il ruolo di vescovo di Costantinopoli, in quanto già vescovo di Sàsima (piccola realtà della Cappadocia, dove non può andare perché preda ariana), si sfoga così prima di abbandonare i lavori nel giugno del 381: “Abbiamo diviso Cristo, noi che tanto amavamo Dio e Cristo! Abbiamo mentito gli uni agli altri a motivo della Verità, abbiamo nutrito sentimenti di odio a causa dell’Amore, ci siamo divisi l’uno dall’altro…”.
“Ora lasciatemi
riposare dalle mie lunghe fatiche, abbiate rispetto dei miei capelli bianchi… Sono stanco di sentirmi rimproverare la mia condiscendenza, sono stanco di lottare contro i pettegolezzi e contro l’invidia, contro i nemici e contro i nostri. Gli uni mi colpiscono al petto, e fanno un danno minore, perché è facile guardarsi da un nemico che sta di fronte. Gli altri mi spiano alle spalle e arrecano una sofferenza maggiore, perché il colpo inatteso procura una ferita più grave… Come potrò sopportare questa guerra santa? Bisogna parlare di guerra santa così come si parla di guerra barbara. Come potrei riunire e conciliare questa gente? Levano gli uni contro gli altri le loro sedi e la loro autorità pastorale e il popolo è diviso in due partiti opposti… Ma non è tutto: anche i continenti li hanno raggiunti nel loro dissenso, e così Oriente e Occidente si sono separati in campi avversi”.
Se non ricordo male, papa Francesco quando ha parlato di terza guerra mondiale a pezzi si è anche soffermato sull’assurdo concetto di guerra santa. All’amico Procopio, Gregorio confessa cosa pensa dei Concili e delle riunioni molto partecipate e visivamente convenienti: ”Temo i concili, non ne ho mai visto alcuno che abbia fatto più bene che male, e che abbia avuto una buona riuscita: lo spirito polemico, la vanità, l’ambizione vi dominano; colui che vuole riformare i maliziosi si espone a essere a sua volta accusato senza averli corretti”. Quanta modernità nelle amare parole di un grande Padre della Chiesa e visione profetica, che, poi, è solo la capacità di capire la illogica logica che guida l’umana realtà. Al termine dei lavori conciliari l’imperatore Teodosio emana un decreto imperiale (30 luglio) col quale si dà disposizione che i vescovi, che avevano sostenuto la consustanzialità delle tre persone della Trinità, siano reintegrati nelle loro sedi episcopali, allontanando i filo ariani.
Il potere politico tende di suo a prevalere in ogni occasione, spesso viene favorevolmente “tollerato”, se non sollecitato, quando s’intravvedono vantaggi. A mio avviso è solo real politic da guardare con sospetto: tanti eventi in secoli di storia sono i poco edificanti esempi sotto gli occhi di tutti.



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  Ottobre: mese del Rosario
di Carlo Carretto



“Il Rosario appartiene a quel tipo di preghiera che precede di poco, o che accompagna, la preghiera contemplativa dello Spirito. Meditate o non meditate, distraetevi o meno, se amate il Rosario a fondo, e non potete trascorrere la giornata senza recitarlo, significa che siete uomini di preghiera.
Il Rosario è come l’eco di un’onda che percuote la riva, la riva di Dio: “Ave Maria… Ave Maria… Ave Maria…”. E’ come la mano della Madre sulla vostra culla di bambino; è come il segno di abbandono di ogni difficile ragionamento umano sulla preghiera, per l’accettazione definitiva della nostra piccolezza e della nostra povertà.
Il Rosario è un punto di arrivo, non un punto di partenza”.

                                                                                        

  Sia lodato Gesù Cristo
di Mila



Caro “Sentiero”,

ci sono due argomenti dei quali vorrei scrivere: uno lo rimugino da un po’ di tempo ma non so come affrontarlo, anche perché non vorrei fare la petulante e magari contrariare qualcuno. L’altro mi si è presentato ieri sera e, in un certo senso,  è legato al primo.
Provo a spiegarmi e vediamo cosa ne viene fuori.
Quando ero una ragazzina: “Once upon a time” (Quanto mi piacerebbe  avere un sito su internet dove poter raccontare dei tempi passati, lo chiamerei proprio così: “Once upon a time”, cioè “C’era una volta”,  ma torniamo al dunque). Quando ero una ragazzina si sentiva spesso questo saluto: “Sia lodato Gesù Cristo!”. Era il saluto che noi ragazzi  rivolgevamo al nostro parroco quando lo incontravamo. Questo era il saluto usato entrando in un confessionale e il confessore rispondeva: “Ora e sempre.” Lo dicevano i Parroci prima di iniziare la loro omelia e, se non mi sbaglio, lo ripetevano alla fine.
Comunque  era come un saluto ai fedeli. Era come dire: ”Cari fratelli e sorelle siamo qui riuniti in nome di Cristo e nel Suo nome vi saluto e vi dò il benvenuto”.  Adesso niente, vanno all’ambone, dicono quel che devono dire e poi ritornano a celebrare. Non un saluto né all’inizio né alla fine delle omelie.  Perché?  C’è forse  un motivo liturgico che non conosco, una scuola di pensiero,  un volersi sentire più moderni e distinguersi magari dagli integralisti che purtroppo ci sono in tutte le religioni, o forse più semplicemente si è pensato che quel saluto potesse mettere in imbarazzo i fedeli? Mah! Comunque a me manca molto quel saluto in nome di Gesù.
Ritorniamo al tempo  di quando ero una ragazzina.  Mio padre aveva un piccolo ristorante sulla spiaggia e tutte  le estati, nel mese di luglio, avevamo un cliente fisso, un ingegnere di Milano. Lui veniva a passare le ferie nella nostra zona, soggiornava in un albergo ma tutti i giorni veniva a mangiare nel nostro ristorante. Era una persona di mezza età, sempre solo, molto fine ed educatissimo. Con  mio padre aveva stabilito una certa amicizia e a volte parlavano anche di religione, entrambi erano molto devoti. Un’estate gli raccontò di Padre Pio da Pietrelcina, di quando era andato giù in Puglia per ascoltarlo, di come fosse rimasto turbato e allo stesso tempo affascinato dalla personalità di quel frate.
Era ritornato a casa con fede rinnovata e col desiderio di trasmettere a tutti le sensazioni provate. Disse che pensava di trasferirsi a Pietrelcina non appena raggiunta la pensione.  Cercò di convincere mio padre ad andare anche lui a fare una visita  a Padre Pio: lui disse di sì, ma non trovò mai  il tempo per andarci. L’anno seguente  l’ingegnere ritornò per l’ultima volta,  venne solo per pochi giorni per portarci in regalo un libro sulla vita di Padre Pio da Pietrelcina. Che io mi ricordi non ne abbiamo mai più saputo niente.
Anni dopo, in Nigeria, ho conosciuto una coppia che aveva avuto un incontro molto significativo con Padre Pio: una signora italiana sposata con un ex marine americano, conosciuto in Italia alla fine dell’ultima guerra. Quando si incontrarono: lei piccolina, esile, delicata, lui un vero marine come si vedono nei film, quasi due metri,  muscoloso, capelli rasati a zero. Lei fervente cattolica, lui battezzato ma ateo, proprio  ateo convinto.
Si sposarono,  ma in viaggio di nozze lei volle andare a trovare Padre Pio. Adesso non ricordo bene quello che mi raccontò del loro incontro con Padre Pio, ma ricordo che mi disse che da allora il marito  tutte le mattine, prima di andare al lavoro, andava ad assistere alla celebrazione dell’Eucaristia.
Ma adesso veniamo al nesso tra queste due storie. Ieri sera c’è stata, a  San Lazzaro, una cerimonia in onore di San Pio da Pietrelcina. E’ stata posata una bella statua del Santo - statua fatta restaurare dal nostro don Carlo - in una nicchia molto bella, costruita nel giardinetto di fronte alla chiesa. Naturalmente Santa Messa solenne, chiesa gremita, diversi sacerdoti a concelebrare, ha presieduto don Piero, parroco di San Terenzo, il quale avvicinatosi all’ambone per l’omelia ha iniziato con: ”Sia  Lodato Gesù Cristo!”. Grazie don Piero: ”Sempre Sia Lodato”.



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