I NOSTRI RAGAZZI
Un amico un giorno ci ha consegnato una busta con dentro le
copie di una ricerca fatta circa vent’anni fa da uno
dei suoi figli sul territorio di Ortonovo. Senz’altro pensiamo che sia stata
curata dal prof. Franco Marchi, il quale ci teneva molto a queste ricerche e
crediamo inoltre di fare cosa gradita ai lettori pubblicarla, dato che è già un
po’ di tempo che non pubblichiamo più articoli su questo argomento.
ORTONOVO
(CENTRO STORICO)
Hortus
novus e horti novi = Ortonovo
Dopo l’anno 1000, qui, come altrove nella penisola, si iniziò lo scasso dei
terreni e il disboscamento dei boschi con opere di terrazzatura,
regolamentazione di canali… Su questa collina, gradualmente, si creò un borgo
omogeneo al territorio. Ortonovo, infatti, è posto alla sommità di una propaggine collinare ed è strutturato
ad anelli concentrici, il perimetrale del quale costituisce anche la cinta
muraria. Vi sono due porte: la ‘Porta di Sotto’, in corrispondenza del
primitivo accesso della strada che da Casano saliva a Ortonovo e di qui ai
campi coltivati sotto il paese, verso il cimitero; la ‘Porta di Sopra’, presso
il valico per la montagna. Il castello, oggi chiesa parrocchiale di San
Lorenzo, era posto nella parte alta del borgo, dove ora è rimasta solo la torre,
trasformata in campanile. La chiesa, anche se costruita fuori delle primitive
mura, si è fusa poi in modo omogeneo con l’intero borgo.
Arrivare a Ortonovo in macchina significa perdere la cognizione storica
dell’abitato e del borgo, mentre se si salisse dal sentiero, parte della storia
locale diventerebbe più comprensibile. Questo borgo, già prima dell’anno 1000,
era noto per essere soggiorno di ricche famiglie lunensi che vi trovavano asilo
nella bella stagione, sia per la salubrità dell’aria che per il clima ameno.
Questa ‘villa’ era conosciuta sotto il nome di ‘horti’ per i piccoli
appezzamenti di terra ivi coltivati dai contadini lunensi. Gli abitanti di
Ortonovo, come quelli di Nicola, che erano stati sciolti dalla soggezione
gastaldo – vescovile di Iliolo, avevano cominciato ad accapigliarsi per motivi
di rivalità, per cui pregarono il Vescovo di trovare una soluzione. Il vescovo
Guglielmo credé che l’unico mezzo per eliminare gli attriti fosse quello di dar
vita ad un nuovo centro di popolazione dove potessero stabilirsi tutti quelli
delle due comunità che lo desiderassero, ma sotto, però, ad un’unica
amministrazione con un solo statuto, un solo Console e Podestà.
Siamo nel 1259, il Vescovo ordina agli uomini di Ortonovo e di Nicola di
unificare il nuovo borgo in località Ceppata, assegnandogli il nome di
Serravalle. Il decreto però non ha seguito, né il borgo è edificato;
ciononostante le due comunità si fondono in una sola, costituendo un Comune
solo che ha per nome Serravalle. Questo stato di cose ebbe poca durata per
nuove discordie sorte tra gli abitanti delle due ‘ville’ che presto si divisero
nuovamente in comunità distinte. Nicola rimase Comune distinto fino al 1806.
Nell’anno 1404, Paolo Guinigi, erede di Castruccio, comprava dai Visconti: Carrara,
Avenza, Moneta e Ortonovo ed in quest’ultima località faceva costruire, vicino
al castello di Castruccio, un’altissima torre a presidio dei due versanti del
monte. Il vivo ricordo che la tradizione popolare tramanda del Guinigi, ci fa
supporre che Ortonovo, per la sua posizione incantevole, venisse da lui scelto
per lasciarvi, di tanto in tanto, la sposa Ilaria del Carretto ed il figlio,
per godervi momenti di tranquillità e di pace.
Dopo varie guerriglie tra i Signori di Firenze e i Visconti, Ortonovo passò
definitivamente, nel 1573, sotto l’influenza di Genova, pur avendo una propria
amministrazione.
Problemi economici e fiscali del Comune di
Ortonovo (Anni 1600-1700)
Imposizioni
fiscali – Ogni comunità ha a suo carico numerose spese da sostenere,
per cui occorre trovare dei cespiti di entrata per farvi fronte. Tra questi si
poteva contare sull’appalto della raccolta delle castagne, dei pascoli in beni
comunali, dell’esercizio del mulino, della raccolta del legname e rami nei beni
comunali. Ma la risorsa che uguagliava tutte le altre da sola consisteva
nell’appalto dei frantoi, con redditi variabili, ma sempre abbastanza
sensibili. Vi si possono aggiungere altri introiti occasionali, come l’appalto
dei balli popolari, della pizzicheria, del forno, della senseria dell’uva,
dell’affitto dei beni di Marinella e di altre terre comunali.
Spese
ordinarie - Le
spese della comunità ripartite in ordinarie e straordinarie, sono costituite le
prime dai bisogni dell’amministrazione e dal pagamento delle imposte da pagarsi
al Commissario di Sarzana e al governo centrale di Genova. Per queste bastano
le entrate della comunità.
Spese
straordinarie - Queste
sono provocate da situazioni impreviste, come le carestie, le inondazioni, il
contributo per il mantenimento dei soldati o guardie civiche. Per esempio:
durante un’epidemia di peste a Messina, furono messe delle guardie costiere
sulla spiaggia di Marinella per impedire lo sbarco di navi provenienti da
quella città, alle cui spese Sarzana non intendeva partecipare.
Il
torrente Parmignola - Contribuiscono
a impoverire le risorse economiche e finanziarie le dannose inondazioni del
Parmignola, alle quali poco rimedio possono fornire gli scarsi mezzi tecnici e
finanziari della comunità, la quale tenta di sfruttare positivamente il corso
del Parmignola ricavandone forza motrice per frantoi e molini. Solo nel 1792
l’inaugurazione di un nuovo argine sul fiume, costruito secondo le più moderne
tecniche, permette di allontanare o diminuire il pericolo permanente delle
inondazioni. Ma c’è voluto l’intervento diretto del governo genovese, a prova
che la piccola comunità e l’intera Lunigiana non possono far da sole e devono
spezzare l’isolamento economico e politico in cui vegetano, per sperare di
migliorare le proprie condizioni. Tuttavia Genova è molto restia a impegnarsi
in questo senso e le migliori energie locali finiscono per languire.
Arretrati sistemi di
coltivazione e mancanza di capitali - Una
delle preoccupazioni principali che emerge dai dibattiti del Parlamento,
concerne l’aumento della produttività del suolo, come viene dimostrato da un
regolamento generale emanato il 18 settembre 1773 “per le entrate della
comunità di Ortonovo e per i frantoi”. Difatti, se si toglie la produzione
dell’olio, le altre risorse consistono nella raccolta delle castagne e del
legname, da una limitata coltivazione di cereali poveri e di legumi, miglio,
orzo, fave e lupini. Scarsa è la produzione del grano. La tecnica primitiva
della lavorazione della terra, la scarsità della popolazione in confronto
all’estensione del territorio e all’assenza assoluta di investimento di
capitali, limitano la lavorazione della terra al minimo indispensabile per il
mantenimento della famiglia contadina. Solo una minima parte del terreno
produttivo della comunità è destinato alla coltivazione intensiva, il resto si
riduce all’espansione del bosco e dei luoghi impervi, paludosi e semideserti,
alla vegetazione spontanea.