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L’estremismo del dialogo
di Giuliana Rossini
E’ giunto il tempo degli
arrivederci. Abbiamo trascorso insieme un anno (così mi sembra) ricco di
relazioni e di scambi reciproci, durante il quale, talvolta, abbiamo messo a
nudo la nostra anima per condividere sentimenti, emozioni, scoperte… Mi sento
di ringraziare tutti e, in primo luogo, i Lettori per la loro pazienza, poi gli altri collaboratori che,
con i loro contributi, mi hanno arricchita tanto e, infine, tutta la redazione
(in particolare l’amico Walter) che, ogni mese, con un costante impegno e pochi
mezzi a disposizione, permette il quasi miracolo dell’uscita puntuale del
nostro bollettino interparrocchiale fresco di stampa.
Mi auguro che l’estate sia per ognuno occasione di riposo e serenità e doni la
ricarica necessaria per affrontare i, talvolta, pesanti impegni ordinari. Ma,
prima di lasciarci, vorrei riproporvi un avvenimento di qualche tempo fa, che,
per me ricopre un carattere assolutamente eccezionale al quale invece, i media
hanno dato poco rilievo.
Il 21 e 22 aprile scorso, all’ONU si è svolto un incontro sulla “Promozione
della tolleranza e della riconciliazione: favorendo società pacifiche,
accoglienti e contrastando l’estremismo violento”. Ritengo straordinario il
fatto che i capi dei 193 Stati del mondo che appartengono a questa
organizzazione si siano resi conto dell’urgenza di dover essere espressione di
un mondo più unito e in pace, ma mi sembra un evento senza precedenti che,
nella seconda giornata del convegno, essi abbiano sentito la necessità di ascoltare
il parere dei più accreditati leader religiosi del mondo. Per la prima volta,
nella sua storia, l’Onu non ha considerato la religione un fatto personale, ma
una vera e propria fonte di saggezza, secondo quanto affermava il suo
Segretario generale, Ban Ki-moon. Così come mi sembra degno di rilievo che i
‘grandi’ del pianeta abbiano riconosciuto l’impotenza e la sconfitta della
politica fin qui adottata ed abbiano chiesto aiuto ai vari esponenti religiosi.
Erano presenti, con la loro testimonianza, capi religiosi ed esponenti di
spicco buddisti, induisti, ebrei, musulmani e cristiani delle diverse
confessioni. Tra questi vi era anche Maria Voce, presidente del Movimento dei
Focolari, la quale ha suscitato profonda impressione anteponendo all’estremismo
della violenza “l’estremismo del dialogo”. Un dialogo che punta a recidere le
radici dell’incomprensione, della paura, del risentimento. Si tratta, ella
diceva, di dar vita, non tanto ad una alleanza di civiltà, ma di una vera e
propria “civiltà dell’alleanza”: “una civiltà che fa del dialogo la strada per
riconoscersi liberi, uguali, fratelli…”.
Mi sembra che, pure in questi tempi difficili, di altissime tensioni tra i
popoli, lo Spirito Santo non smetta mai di soffiare: sta a noi permettergli di
agire con la nostra docilità e il nostro discernimento per comprendere i suoi
suggerimenti e tradurli in pratica.
Coraggio, dunque, c’è ancora tempo per la speranza! Buone vacanze!
( Nella fotografia Maria Voce presidente del Movimento dei Focolari)
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Suicidio: solo il silenzio ha senso
di Renato Bruschi
Tre
suicidi in pochi giorni hanno sconvolto la città di Carrara. Una donna di 39
anni si è gettata, alla stazione, sotto un treno merci. Un giovane, 25 anni, si
è buttato dal viadotto di Pulcinacchia a Torano. Un uomo di 56 anni, di
Carrara, ha trovato la morte a Calice al Cornoviglio, lanciandosi da un ponte
sul torrente Ri.
Tre casi diversi che, una coincidenza di tempo, ha unito in un tragico epilogo.
La donna, a quanto si è appreso, sarebbe stata affetta da problemi psichici. Il
ragazzo, stando alle indiscrezioni, avrebbe lasciato un biglietto ai familiari
per chiedere scusa del gesto che si accingeva a compiere. Infine, l’uomo di 56
anni è uscito di casa senza cellulare e portafogli e, a quanto raccontano i
familiari, dopo avere fatto visita all’obitorio per unirsi al dolore dei
parenti della giovane donna suicida, ha fatto perdere le proprie tracce.
Qualcuno ha parlato di una ”maledizione” che sta colpendo la città o ha tentato
di dare spiegazioni ricorrendo alla sociologia e alla psicologia. No, non si
tratta di una vendetta di qualche “forza oscura”, né di un “destino” che
opprime la vita dell’uomo. Né le analisi della condizione umana possono offrire
qualche spiraglio interpretativo: sono sempre insufficienti a capire fino in
fondo il perché di certi gesti. Di fronte ad un atto estremo, definitivo,
maturato spesso nel buio della solitudine, non resta che chiudere le labbra.
Come diceva un filosofo “su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”. E,
aggiungiamo noi, pregare. Crediamo, infatti, che la vita non si esaurisca nella
sola dimensione fisica, orizzontale, materiale. I credenti sanno che solo Dio
può vedere nell’intimo. Che solo Dio è in grado di comprendere il peso reale
delle nostre responsabilità e valutare, nell’abbraccio della sua misericordia,
le ragioni profonde che hanno motivato e sostenuto la decisione fatale di
mettere fine alla propria esistenza.
Le nostre spiegazioni, per quanto articolate, non saranno mai in grado di fare
chiarezza.
Per queste tre persone invochiamo il silenzio, la comprensione, il rispetto.
Così per le loro famiglie, ferite dal dolore. Silenzio, comprensione umana e
cristiana vicinanza.
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Non è cambiato niente!
di Marta
E’ come nel Medio Evo!
Quando la gente scappava dalla prepotenza di chi aveva il potere.
Potere di una signoria, di un feudo, una baronia o di un despota qualsiasi, che
aveva sempre la meglio sul popolo; un popolo ignorante (non sapevano né leggere
né scrivere) al quale veniva fatto credere cose assurde e loro chinavano
sempre la testa, obbedienti al loro signore, subendo angherie d’ogni genere.
Solo se il tempo non era stato favorevole e il raccolto non era abbondante,
venivano picchiati e poi sfrattati dalle terre e i più morivano di fame o di
freddo tra patimenti e stenti. Per tutti questi poveracci spesso l’unica ancora
di salvezza erano i conventi, dove dei buoni frati cercavano di assicurare loro
un pasto caldo e altre cose di cui avevano bisogno. Un vero atto di pietà per
questi esseri umani privati della dignità di un lavoro, della libertà e del
diritto di sopravvivenza. Ed ecco anche l’afflusso verso le grandi cattedrali
con i loro portali imponenti, con le guglie che svettavano altissime nel cielo:
entrare lì era come entrare in un paradiso, e in un certo senso lo era.
Ancora oggi, dopo mille anni, ci sono uomini, donne e bambini che scappano dai
propri Paesi più o meno per i soliti motivi. Un esodo di gente che non sa nemmeno
dove andare: basta un poco di accoglienza ed ecco l’approdo. Nei centri
Caritas, come i buoni frati di allora, tanti volontari si adoperano per dare
aiuto a questi uomini più sfortunati di noi.
Nel XXI secolo siamo molto più istruiti, ma questo non basta, perché il potere
e l’egoismo rende l’uomo cattivo, disumano e senza cuore. Basta vedere quante
nuove guerre si stanno svolgendo nel mondo , certamente, la prima vittima di
una guerra è la Giustizia.
Signore misericordioso, proteggici!
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Lettera a “Il Sentiero”
di Mila
Caro Sentiero, se non sbaglio questo
dovrebbe essere l’ultimo numero prima della pausa vacanze e allora vorrei
scrivere, così tanto per parlare di cose allegre, di un argomento che mi
opprime sin da quando ero una ragazzina. E’ un argomento che il nostro vescovo,
mons. Palletti, tratta molto spesso nelle sue omelie: la persecuzione contro i
cristiani attualmente in atto. Non mi sono mai azzardata a trattare questo
argomento perché lo ritengo troppo importante per le mie modeste capacità di
“collaboratrice” del Sentiero e poi, a riportare le parole del Vescovo, ho
sempre paura di sbagliare. Siccome però ho sentito dire che la miglior terapia
per liberarsi di qualcosa che ci opprime è parlarne, io ne parlo, poi… si
vedrà.
Quando ero ragazzina e andavo alla “dottrina” dalle suore di Tellaro, la catechista
ci parlava spesso dei Martiri cristiani che avevano dato la loro vita per la fede,
spesso tra atroci sofferenze. Tonando a casa, finita la dottrina, dovevo
percorrere un bel pezzo di strada solitaria ma molto bella, tutta fiancheggiata
da ulivi che, ad un tratto, si interrompono per dare il passo ai pini e al di
sotto il mare. Una strada che porta proprio a ringraziare il Signore per le
meraviglie del Creato, ma io non guardavo il paesaggio, pensavo ai poveri
Martiri cristiani e soprattutto mi chiedevo: ”Ma io sarei capace di accettare
tutto questo in nome della fede?”. Ero
proprio scoraggiata ma poi mi consolavo pensando che erano cose avvenute tanto
tempo addietro e che certamente non sarebbero più avvenute nella nostra civiltà
moderna. E invece guarda un po’: ci risiamo; e la mia domanda è sempre la
stessa: “Ma ce la farei io, se sottoposta ad atroci torture, a continuare a
dire Sono cristiana?”. Mi consolo pensando che nel corso degli anni di
“persecuzioni” per restare fedele al mio Credo ne ho subite tante, dovrei dire
ne abbiamo subite tante, e qualche volta abbiamo anche vinto le nostre
battaglie, ma questa volta è dura! Preghiamo il buon Dio perché non ci
sottoponga a questa nuova prova e preghiamoLo ancora di più per tutti coloro
che, invece, la stanno già subendo.
Per alleggerire un po’ questo argomento, che ho affrontato più che altro come
terapia e per augurare a tutti una buona estate vi mando questa poesia che mi
ha molto rasserenata. E’ di un poeta dialettale napoletano vissuto tra l’800 e
il ‘900. Descrive la Madonna proprio come una mamma qualunque che va a
consolare il suo piccolo che è stato sgridato. Speriamo che la nostra Madre
celeste ci stia sempre vicina per aiutarci e per consolarci in tutti i momenti
della nostra vita.
‘A
Madonna d’ ‘e mandarine
di Ferdinando Russo
Quanno ‘n cielo ‘n angiulillo
nun fa chello c’ha da fà,
‘o Signore int’a na cella
Scura scura ‘o fa nzerrà.
Po se vota a ‘n ato e dice:
- Fa venì a San Pietro ccà!
E San Pietro cumparisce:
- Neh, Signò, che nuvità?
- Dint’ ‘a cella scura scura
‘n angiulillo sta nzerrato:
miettammillo a pane e acqua
pecché ha fatto nu peccato!
E San Pietro acala ‘a capa
E risponne: - Sissignore!
Dice Dio: - Ma statt’ attiento
Ch’ha da stà vintiquatt’ore!
L’angiulillo, da llà dinto,
fa sentì tanta lamiente…
- Meh, Signò, dice San Pietro,
pe’ sta vota… nun fa niente.
- Nonzignore! Accussì voglio!
Statte zitto! Dice Dio;
si no ognuno se ne piglia!
‘N Paraviso cumann’ io!
E san Pietro avota ‘e spalle.
Da la cella scura scura
l’angiulillo chiagne e sbatte,
dice ‘e metterse paura!
Ma ‘a Madonna, quanno ognuno
sta durmenno a suonne chine,
annascuso ‘e tuttequante
va e lle porta ‘e mandarine
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Ricordare è continuare a vivere
di Romano Parodi
Mescolare = rumara, m’sh’dara - “gira, prida e
m’sceda”.
Miglio = paniko, - “piz pizin, ‘l
cicin k’ g’ier ki, ki a da magnà? “ ‘l gato!” “ ‘l gat dond g’iè ‘ndà?” “ ‘n
t’l foko!” “ ‘l foco ki a da smorzà?” “d’akua!”
“d’akua ki a da bu?” “‘l bo!” “ ‘l bo
dond g’iè ndà?” “a som’nar ‘l panikin!” “‘l
panikin ki a da magnà?” “d’usc’din!” “dusc’din dond g’iè ‘ndà?” “‘n t’l mak’ion!” “‘l prim k’al parla, tanti or’k’ion!” (tirate
d’orecchio).
Moglie = mog’iera - “g’ià na bela mog’iera: ki con la pag’ià e
ki col fen tut i la manten” - ”non
lodart col v’shin, né d la mog’iera né d’l vin”.
Mortaio= mortalo “’l
mortal g’iè rar e bedo, ma si na ‘l su pistedo…” – pista ‘l pistedo drent al
mortalo, mira ‘l mi bin k t fa malo, armet ‘l mortalo ‘n t d scafaleto, vena bi
ka t meto ‘n leto”.
Morire - “i m vo’ dar da ‘ntend’ra
ke Kristo g’iè mort dal fredo, lu k’ g’ier padron d’ tut la legna”.
Mucca= vaka - “’n t’l so’ la vaka al vinc al bo” – “vaka
a mugnara e palanka da contara” (ce ne vorrebbero).
Natale - “a Natalo d’ sbadig’io d’n
gado, a paskueta n’oreta, a la kand’lara n’ora para” (l’allungarsi delle
giornate); “sa n’ son v’nu a
sant’Andrea, spet’ma a Natalo ka t dak ‘l colp mortalo” (il gran freddo).
Noce – nocia - “a san Lorenzo a si
mir drento, a san Bartolomè la nocia sot al pè”.
Notte - “p’r santa Lucia la nota pu
lunga kai scia” – “kuand ‘l tempo i s’armet d’ nota, i n’ val na pota” (non dura).
Nuvola – “kuand la nuola al van ‘n
su, pig’ la roka e met’t giù, kuand la nuola al van al maro, pig i bo e met’t
al caro” – “nuola fat a pan, sa n pioa ‘n kò, al pioa doman” – “nuola ‘n t d
Scud’din (località sopra Ortonovo) acqua
v’shin” – “s’al pioa p’r santa Bibiana, al pioa quaranta dì e na s’timana e sal
troa su kushina a n’arfà na quindishina e sa d’ncontra ank la su kompagna a dar
pioa ‘nkamò na stimana”.
Ohimé – “anziké oimé la mi
sk’iena, anzi oimé ‘l mi buzo”.
Olivo – “g’naro ‘ngen’riscia,
f’braro ‘nt’n’riscia, marz ‘mbotoniscia, april ‘nfioriscia” (gennaio impollina, cioè genera; febbraio
intenerisce i rametti; marzo mette le gemme, cioè i bottoni, aprile fiorisce. “S’al pioa p’r l’Asc’nson tut i fior i
‘np’rdizion” (tutto riferito all’olivo); “olia, cèro ed agnitan, ank verd i brusc’n ‘n’ man” (la legna di
olivo, cerro ed ontano bruciano anche se verdi.
Olmo = ormolo - “t’ sen pu gros ke
d’ormolo d la Lama” (persona grossolana: l’olmo della Lama (località) era
gigantesco).
Ombroso = shombrin - “al shombrin a ni fa gnenta” (dove c’è
l’ombra non cresce nulla).
Ora – “g’ià fat la bon’ora, g’ià fat
la sopr’ora” -‘l kauadoro i laora da steda a steda (si alza molto presto, è
rientra tardi).
Orecchi = orek’ia – “kuand al
fisk’ia d’orek’ia drita, parola trita; kuand al fisk’ia d’orek’ià manca, parola
santa”.
Ortonovo - “Ort’no a kauad an bo -
Nicola da la pancia moda - Con ‘n k’ioc d campana, tut i ladri a Sarzana, con
‘n k’ioc d campanedo tut i ladri a Sarzanedo” -“Ort’noeso giura giura, ke d’l
diaolo i na paura, i port ‘l kristo a la r’nversa, ort’noes da d’an’ma persa” (si
portava la croce girata verso il popolo, antica usanza dei disciplinati).
Ospedale – “D’osp’dalo e la p’rshion
i nan mai fat n’omo bon”.
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