N° 6 - Giugno 2015
Spiritualità
  Appunti di un Pellegrino
di Gualtiero Sollazzi



Amorizzare

            E’ stato lo slogan di un gran prete toscano, Arturo Paoli, 103 anni fra qualche mese. Questo verbo, così traballante grammaticalmente ma espressivamente potente, racconta la scelta di vita del sacerdote. Una vita tribolata e talvolta incompresa; sempre al servizio dell’uomo che non conta: l’uomo ignoto.
Non piacque quando scrisse nel 1954 “Sulla croce dell’economia capitalista è stato inchiodato il povero”. Ha rischiato la vita per salvare tante vite di ebrei perseguitati: 800; meritandosi la medaglia d’oro al valore civile, e dallo stato di Israele il titolo “Giusto tra le nazioni”.
“L’amorizzare” ha fatto da colonna sonora ai suoi giorni, rendendolo uomo di comunione.
Lui che, missionario in Brasile, ha visto assai spesso la morte in faccia, non ha esitato a scrivere ai giovani: “L’esistenza è bella, non facile; ma bella”. E ancora, vecchio nella carne ma freschissimo nell’animo, non esita ad affermare che “il mondo è pieno di occasioni di amore”.
In un tempo che sembra dominato da belve e sciacalli, è doveroso diventare discepoli di un “amorizzato”:
Arturo Paoli, un prete di razza.                                      

 

 

Senza pudore

            Siamo sommersi dalla cronaca nera. Con la TV a fare la parte del leone. Una parte diseducativa. Il refrain quotidiano è fatto di “Concordia”, “Sarah Scazzi”, “Yara Gambirasio e così via. Si scelgono temi di sangue. Così si accarezzano gli istinti peggiori della gente, si fa di tutto per affrontare, o almeno sfiorare,  qualcosa di pruriginoso, si sezionano morti e vivi pur di fare audience a ogni costo. E’ onesto tutto questo? Si cerca davvero la verità?
Parlano ad excusandum di “diritto di cronaca”. E, in nome del “diritto”, non ci si cura delle lacrime di tanti che vedono o sanno come si parla e cosa si mostra di persone a loro care. Non ci si preoccupa dei minori,  spettatori impreparati a certe cronache e, anche, di persone fragili che ne possono essere pesantemente condizionate.
E’ morto il “diritto” al rispetto? Si inzuppa senza decenza il pane nelle disgrazie altrui che  per certi giornalisti diventano purtroppo una miniera d’oro. Ci si nutre del dolore di tante famiglie che subiscono, umiliate, in silenzio.
Oggi si segnalano tante emergenze: c’è anche, urgente, un’emergenza pietà.

  Ah, questi cattolici!
di Umberto Folena



            Bergoglio, ah Bergoglio! Dov’è finita la parola “verità”? E la Tradizione con la T maiuscolissima? E la Messa in latino? E poi queste telefonate, i pranzi alla mensa tra i comuni mortali, le distanze ravvicinate tra lui il Sovrano e noi i sudditi… Troppo cuore, troppe parole, troppe telefonate; questo suo ostinarsi a parlare a braccio, questa prolissità! Decisamente poco sacrale. Ma si sa, è sudamericano…
Ratzinger, ah Ratzinger! Troppo cerebrale: un po’ di cuore, che diamine! Rarissimo che parlasse a braccio. Troppo teologo, decisamente rigido. Ma si sa, è tedesco…
Wojtyla, ah Wojtyla! Troppo carismatico, troppo cuore, troppo attore; e poco cerebrale, diciamolo: troppo poco teologo. Estroso come può esserlo uno slavo. Ma si sa, era polacco…
Montini, ah Montini! Sempre alla ricerca del dialogo e della mediazione, fin troppo; chiaro che alla fine qualcuno se ne approfittasse. Tormentato, troppo tormentato e troppo poco sicuro e normativo come deve essere un Romano Pontefice, com’era Pacelli…
Pacelli, ah Pacelli! Normativo e sicuro. Ma un Papa nel cuore dei conflitti caldi e freddi, del confronto mortale tra i due blocchi, della minaccia comunista, di un mondo lacerato ancora preda delle ideologie, possibile non fosse almeno un poco tormentato?
Roncalli, ah Roncalli! Aveva un cuore grande così. Il Papa buono, la luna, la carezza ai bambini… Un papà! Ma un padre deve essere anche severo. Deve premiare ma soprattutto vigilare e punire. Con i soliti sorrisi non si va da nessuna parte; anzi no, si va a indire un Concilio: che disastro!
I cattolici, ah questi cattolici italiani…

                                                                        (da ‘Avvenire’) 


  La recita del rosario nelle famiglie
di Giuliana Rossini



Che bello fare famiglia sotto il manto protettivo della Madonna, madre di Gesù e madre nostra! E’ accaduto nella parrocchia di San Giuseppe, a Casano, in cui, durante il mese mariano, il rosario è stato recitato nelle varie famiglie, dal lunedì al venerdì compreso, alle ore 21.
Ognuno ha aperto la propria casa e, sopra un piccolo altarino, allestito di volta in volta con tanto amore, la statua della Madonna Immacolata, bellissima nella sua semplicità e purezza di linee, sembrava voler abbracciare tutti i presenti tra le sue braccia aperte e accoglienti. A Lei abbiamo affidato, attraverso le parole di padre Onildo, le nostre pene, difficoltà e gioie e, soprattutto, la protezione della famiglia.
Infatti, chi più di lei, la Regina della famiglia, che ha accompagnato con sapienza la crescita di Gesù in età e grazia ed ha saputo stabilire con Giuseppe un rapporto tenero e affettuoso, è in grado di offrire protezione e aiuto a questo bistrattato, ma importantissimo fondamento della società in tutti i tempi?
Ricordo, in particolare, una di quelle sere, di aver provato un’emozione profonda. Leggendo, tutti insieme, la preghiera di papa Francesco alla Santa Famiglia, al termine delle litanie; mi si è presentata, dinanzi agli occhi, l’immagine della casetta di Nazareth che avevo visitato, qualche tempo prima, a Loreto. Immaginavo Gesù, Maria e Giuseppe affaccendati in quello spazio angusto, ma pieni di luminosa armonia: Gesù che aiutava il padre Giuseppe nel suo lavoro di falegname, Maria immersa nelle attività domestiche.
Essi vivevano “alla Trinità” incarnando l’amore che circola fra le Tre Divine Persone. Il cuore ha aderito con immediatezza alla richiesta di papa Francesco alla Santa Famiglia di Nazareth che anche le nostre famiglie fossero luoghi di comunione, di preghiera, scuola di Vangelo e di piccole chiese domestiche.
Anche tra di noi si è stabilito un rapporto di profonda amicizia e di fiducia reciproca, ricco di serenità, che aveva un profumo soprannaturale. E i canti che accompagnavano le preghiere contribuivano a rendere più intima questa atmosfera e ad esternare il nostro grande affetto e il nostro abbandono fiducioso nel cuore della Beata Vergine.
Mamma del cielo, prega per noi e per le nostre famiglie!

  


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