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Quell’incontro tra due peccatori che rivela il volto di Dio
di Maurizio Gronchi, ordinario di Teologia all’Urbaniana
La confessione è il primo vero e proprio sacramento che si celebra
consapevolmente da bambini, prima della comunione. Chi non ricorda l’ansia che
accompagnò quel momento, preceduto dall’esame di coscienza, dalla fatica di
ricordare le marachelle, dalla vergogna di ammettere bugie, parolacce,
disobbedienza ai genitori, liti con i compagni? E la mamma che, con immensa
fiducia nel prete, incoraggiava il figlio e la figlia a non avere paura.
Poi la gioia di scoprirsi davanti ad un volto paterno e sorridente, magari di
un giovane sacerdote, pronto ad ascoltare, a fare qualche domanda sulle
preghiere, sull’impegno a scuola, concludendo con una piccola penitenza. Una
volta superato il primo esame della vita, si è finalmente sperimentato cosa
vuol dire sentirsi leggeri, sollevati, puliti.
Occorre tornare alla cara memoria di questa esperienza antica ed intima per
comprendere tutto il rispetto e la delicatezza che richiede il trattare della
confessione. Quando si cresce e si diventa adulti, si scopre di avere la
coscienza e, in nome di essa, si avverte tutta la difficoltà che richiede
l’obbedienza al Vangelo. La vita insegna a fare mediazioni, a cercare
soluzioni, spesso compromessi, talvolta fughe ed inganni. Magari passano gli
anni e crediamo che il problema sia quello di dover risolvere da soli, con la
propria coscienza appunto, le situazioni complesse della vita. Comunque vada,
anche per chi si è allontanato dall’esperienza della confessione, specialmente
dopo la cresima, rimane impressa nel cuore quella sensazione di liberazione che
si è fatta in precedenza. Per quanto lungo può essere il tempo trascorso
dall’ultima confessione, che magari non si ricorda - ed è la prima cosa che si
dice quando ci si avventura in un confessionale -, per quanto si fatichi a
ricordare l’atto di dolore, ognuno sa che vi è ancora, e sempre, in una chiesa,
un prete a cui ci si può rivolgere, magari anziano e anche un po’ sordo, ma
c’è, ed in nome di Gesù.
Per molte persone, oggi, la confessione è una riscoperta, soprattutto grazie
alla coraggiosa insistenza di papa Francesco sulla misericordia di Dio, che
continua a ripetere: “Non dimentichiamolo mai, sia come penitenti che come
confessori: non esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare! Nessuno!”. Il
vero problema, tuttavia, non è quello che appare a prima vista, ovvero il
riconoscere di aver sbagliato, anche molto gravemente, e di disporsi a
migliorare, raccontando a qualcuno il proprio dolore.
Questo, in qualche maniera, lo facciamo tutti. Il problema è quello di aver
incontrato di nuovo Gesù, il Signore, quello che da piccoli si credeva che
davvero ci accompagnava, entrava nel nostro cuore, ci proteggeva. Per
confessarsi, oggi come ieri, occorre una fede semplice, che ci dona la grazia
di uscire dal groviglio di se stessi, dalla matassa intricata che non riusciamo
a sciogliere, per lasciarci finalmente dire da un Altro: coraggio, non temere,
i tuoi peccati sono perdonati, vai in pace ed impegnati a non farlo più.
Dall’incontro tra due persone - due peccatori -, che sono stati di fronte con
gli occhi bassi o che non si sono neppure visti dalla grata, l’unico volto a
rimanere impresso in entrambi sarà quello misericordioso di Dio.
(da
“Toscana Oggi”)
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Dio, Misericordia Divina, non lascia mai soli
di Giuliana Rossini
Leggo
il “diario” di suor Faustina Kowalska che una cara amica mi ha prestato per
riempire, spero con profitto, i tanti spazi di tempo che questo momento della
mia vita mi dona.
Dalle pagine infuocate emerge una grande santa che ha raggiunto abissi di
profondità nel rapporto di stretta intimità con Dio, tutta tesa ad aprirsi e
donarsi alla Sua volontà.
La sapienza che Dio dona ai puri di cuore glielo fa scoprire come Misericordia
infinita ed ella vuole donare questa rivelazione, con caparbia convinzione, al
mondo. “Iddio non nega a nessuno la Sua Misericordia. Il cielo e la
terra possono cambiare, ma la
Misericordia di Dio non si esaurisce. Oh, quale gioia arde
nel mio cuore, quando considero questa Tua incomprensibile bontà, o Gesù mio!”,
esclama. Ella intende ricondurre i peccatori al Padre, offrendo per questo
scopo i suoi intensi dolori e le pene dell’anima.
Il pensiero corre spontaneo ad un’altra grande mistica del XX secolo, mia
maestra spirituale, Chiara Lubich. Anche lei, dopo essere stata folgorata dalla
scoperta di un Dio che è Amore, ha sentito forte che doveva comunicare a tutti
questa grande certezza, ripetendo a quanti incontrava “Dio ci ama
immensamente”, incentrando la sua vita su questa novità desunta dal Vangelo. Benché
fra le due esistano profonde differenze, professando suor Faustina una forma di
ascesi intimistica – individuale, propugnando la laica Chiara uno stile di vita
profondamente comunitario, strettamente legato all’invito di Gesù di essere
tutti Uno, entrambe sono divorate dall’ansia di portare a Dio, nel loro ultimo
incontro, “il mondo fra le braccia” e la loro mistica costituisce una forte
risposta ai mali del nostro tempo.
Esse sono quasi contemporanee, essendo nata la prima nel 1905, la seconda nel
1920.
Questa felice circostanza temporale mi fa riflettere sulla tanta misericordia
di Dio che ha suscitato questi due grandi carismi nel secolo buio appena
trascorso, che è stato teatro, accanto a tante azioni e avvenimenti positivi,
di ben due guerre mondiali, genocidi di proporzioni immense, atrocità
inenarrabili… Il loro spendersi per l’umanità, cercando suor Faustina di
raggiungere la perfezione interiore per portare le anime a Gesù, Chiara
spendendosi in un’instancabile evangelizzazione certa di arrivare a Dio
attraverso i fratelli, mi proietta nel mistero di Dio Amore che non può
limitare la libertà degli uomini, mutandone la volontà, ma può porli nella
condizione di operare scelte di vita e non di morte, disponendo, accanto e di
fronte a loro, persone che li confortino, li illuminino e gli permettano di
incontrare il Dio di Amore e Misericordia.
Il XX secolo, infatti, è costellato, oltre alle due mistiche citate, di stelle
luminosissime quali Madre Teresa e gli altri numerosissimi Santi contemporanei,
far cui, San Pio da Pietrelcina, i grandi Papi che hanno preparato e
accompagnato con trepidazione e lungimiranza gli straordinari cambiamenti
avvenuti nella Chiesa in seguito al Concilio Vaticano II, gli eroici sacerdoti
e vescovi che hanno dato la vita per combattere i soprusi e le ingiustizie a
danno dei più deboli, i fondatori dei movimenti e comunità ecclesiali che hanno
preso coscienza del ruolo centrale del popolo di Dio e, più recentemente, le
schiere di martiri della fede, il cui sacrificio porterà grandi doni alla
Chiesa, e mi perdonino tutti quelli che ho tralasciato per ignoranza o
dimenticanza.
La scelta di papa Francesco (altra grande anima!) di indire nel prossimo anno
il Giubileo della Divina Misericordia assume perciò un significato profetico. Mi
sembra voler erigere un baluardo contro la violenza di questo secolo che, a
quanto pare, non vuol avere nulla da invidiare alle nefandezze compiute in
quello precedente. Solo l’Amore di Dio fatto nostro e riversato concretamente
sui fratelli può salvarci! E questi grandi carismi, tutti belli e ognuno una
sfaccettatura diversa della Divina Misericordia, costituiscono un grandioso
disegno di speranza, un arcobaleno che stipula la pace fra cielo e terra.
Un raggio di sole penetra, attraverso i vetri, nella mia stanza e gioca col
pavimento.
Quanto sei bello Dio nella ricchezza di luci, colori, profumi, forme… che ci
hai donato!
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Sempre pronti a giudicare, mai a giudicarci
di Stefania
Sono rientrata da qualche
giorno da quel salutare “centro benessere” dell’anima, Medjugorie. Lì ci si
ferma e si riflette sul nostro personale rapporto quotidiano con Gesù e Maria
e, di conseguenza, sul nostro cammino cristiano in mezzo agli altri per poi
fare ritorno a casa e riprendere così il vero nostro pellegrinaggio. Certo, in
quei luoghi si ritrova veramente la ‘pace interiore’; a contatto con tanti
altri fratelli e sorelle che condividono questo cammino tutto è molto più
facile, e non vorremmo mai lasciare quel posto o, al più, pensare di ritornarci
presto, magari con i nostri cari. Invece arriva il momento del rientro ed è il
momento in cui dobbiamo testimoniare tutto quello che abbiamo sperimentato,
trovato (o ri-trovato): Gesù Risorto.
Dobbiamo quindi impegnarci ogni giorno, con tutta la nostra buona volontà, a
vivere da veri ‘cristiani credenti’ e poi dei
‘credenti credibili’ (come dice suor Cornelia a Medjugorie); in caso contrario il nostro pellegrinaggio,
forse, non sarà servito a nulla e
buttiamo via così un'altra opportunità di ritrovare ciò che è ‘Essenziale’ per
la nostra pace interiore.
E’ meraviglioso, ogni volta, ritornare a casa con la consapevolezza che noi
tutti siamo veramente in cammino e, in questo cammino, dobbiamo sempre avere
dei punti fermi: i valori cristiani. Nessuno di noi deve sentirsi superiore o
inferiore ad un altro; abbiamo tutti un unico Dio che ci ama tanto e tutti
indistintamente e, allo stesso tempo, ci ha creati liberi e diversi; ad ognuno
ha dato dei doni, sta a noi scoprirli e metterli al servizio uno dell’altro con
il massimo rispetto reciproco, lealtà, onestà e con la consapevolezza della
responsabilità che abbiamo in tutto questo. Tuttavia ognuno di noi deve essere
se stesso: io non posso essere come te e
tu come me; abbiamo però delle regole per convivere nell’amore tutti insieme.
Rimettiamo nelle nostre azioni quotidiane le tre famose parole consigliate da
papa Francesco: Permesso – Scusa – Grazie. Sicuramente le relazioni tra noi
miglioreranno, a partire dall’ambiente da dove parte tutto: la famiglia.
Se tutti ci impegniamo, con questi piccoli suggerimenti, chissà che non
riusciamo a togliere un po’ del male che affligge la nostra società e far
trionfare, invece, la pace.
Sta a noi decidere con chi e come vogliamo camminare e quindi consiglio di
seguire Colui che è la Via, la Verità e la Vita: Gesù Risorto e Misericordioso.
Scusatemi, amici, ma, come detto più volte, porto solo la testimonianza di
quello che ho ricevuto, sapendo che proprio io sono la prima che ogni giorno
deve impegnarsi e scegliere come e con chi camminare per migliorarmi. Se stiamo
uniti alla Chiesa, in maniera cristiana, non ci possiamo perdere: possiamo
inciampare, cadere, ma con l’aiuto di Gesù e Maria e dei nostri fratelli,
saremo in grado di rialzarci e proseguire assieme questo meraviglioso viaggio
che è la vita. Viviamola bene questa nostra vita, non accontentiamoci della
mediocrità. Abbiamo delle serie responsabilità verso le generazioni future. “Esistono
molte cose nella vita che catturano lo sguardo, ma solo poche catturano il
nostro cuore: seguiamo queste”, dice un famoso detto.
Buon cammino di conversione quotidiano a ciascuno di noi e non dimentichiamoci
che la nostra Madre Celeste è da tempo che ci consiglia un’arma potente, il
Rosario. Impegniamoci in questo mese mariano a recitarlo un po’ più
frequentemente.
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Commento ai Vangeli del mese di maggio
di Stefania Grassi
Domenica 03.05.2015 (Gv
15, 1-8)
In quel tempo Gesù disse ai discepoli: “Io sono la vite vera e il Padre è
l’Agricoltore”. Gesù utilizza immagini molto semplici e comprensibili e parla
del rapporto che ci deve essere tra Lui e i suoi discepoli, paragonandolo a
quello che intercorre tra la vigna e i tralci.
Anche noi, infatti, corriamo continuamente il rischio di staccarci dalla vigna
che è la grazia di Dio, quando confidiamo in noi stessi fuori che nell’aiuto
del Signore. “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca,
poi viene raccolto e bruciato”.
Domenica 10.05.2015 (Gv 15, 9-17)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Come il Padre ha amato me, anch’io
ho amato voi: se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore”.
Gesù chiama i suoi discepoli amici, noi sappiamo che in realtà fuggiranno e
lasceranno il loro Maestro da solo. Ma il Signore vede più in là e sa che i
suoi un giorno saranno in grado di dare la vita, proprio come ora Egli la sta
dando per loro.
Domenica 17.05.2015 -
Ascensione del Signore (Mc
16, 15-20)
In quel tempo Gesù apparve agli Undici e disse loro: “Andate in tutto il mondo
e proclamate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato si
salverà, ma chi non crederà sarà condannato”.
Siamo sempre tentati di pensare che il Signore, una volta asceso al cielo, si
sia dimenticato di noi; ma ogni parola e ogni nostro pensiero viene ascoltato.
Egli è risorto e sta sempre accanto a noi per darci la forza di testimoniarlo.
Domenica 24.05.2015 – La Pentecoste (Gv 15, 20-27)
La solennità della Pentecoste porta a compimento il Tempo di Pasqua. Il dono
dello Spirito Santo costituisce infatti il connubio Risurrezione-Ascensione per
testimoniare l’intera missione di Gesù sulla terra.
Chi ascolta lo Spirito riceve la visita del Padre e del Figlio. Dunque la
nostra vita diventa come una casa, all’interno della quale Dio, come ospite
gradito, si ferma con noi. Perché ciò avvenga, l’unica cosa è quella di provare
ogni giorno a mettere in pratica la parola del Signore. Dagli Atti degli
Apostoli ricordiamo: “Apparvero delle lingue di fuoco che si posarono sugli
Apostoli, era lo Spirito Santo che diede loro la forza di portare il Vangelo in
tutto il mondo”.
Domenica 31.05.2015 – La
Santissima Trinità (Mt 28, 16-20)
In quel tempo gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù
aveva loro indicato. Quando lo videro si prostrarono. Essi però dubitavano, ma
poi ascoltarono le sue parole: “Andate e fate discepoli tutti popoli della
terra, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
Queste parole che concludono il Vangelo di Matteo ci danno un indizio molto
importante.
La fede nella Santissima Trinità risale alla primitiva comunità cristiana. Questo
è un dono di grazia perché il mistero di Dio trino e unico poteva esserci
rivelato soltanto dall’Alto. Nessun uomo, per quanta intelligenza possa avere,
vi può entrare. Ma è un mistero d’amore: quanto più facciamo entrare il Signore
nella nostra vita con la preghiera, tanto più questa realtà diventerà
essenziale per noi.
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