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Appunti di un Pellegrino
di Gualtiero Sollazzi
Cenere
Quaresima di nuovo. Il rischio è pensare
all’anno liturgico, quaresima compresa, come un tran-tran anziché come a vento
impetuoso dello Spirito da far sbattere le porte.
Vale anche per questo “tempo quaresimale”: viene per scuoterci, con l’aiuto dei
“segni” che si fanno segnali. La cenere, intanto. Il rito appare un po’ strano
con quelle teste da porgere perché sopra ci cada un pizzico di polvere grigia.
Ma se scaviamo, ce n’è da imparare. Per esempio, che siamo provvisori. Che un
giorno somiglieremo a quella cenere che ci facciamo mettere sul capo con un po’
di fastidio, specie se pelati, e che diventa maestra.
Vien da ridere quando sentiamo in un alterco: “Lei non sa chi sono io!”. Già,
chi sei? Uno importante, un ricco, un dirigente che fa il bello e il
brutto? Al Papa, dopo l’incoronazione,
come usava una volta, mentre incedeva sulla sedia gestatoria, gli si avvicinava
un cerimoniere con una stoppa che si consumava bruciando e gli proclamava in
latino: “Così passa la gloria del mondo”.
Totò, nella celebre “A livella” dirà: “a morte o ssaje chd’è?..è una livella”.
Come a dire: ma di che ti vanti? Benedetta la cenere, allora; ci racconta il
momento provvisorio, ci annunzia che siamo “nell’attesa della beata speranza”,
ci fa realisti e umili come, del resto, Dio ci sogna.
Come
le rondini
Convegni
ecclesiali a raffica in questo periodo. Una benedizione e un pericolo. Il
pericolo è che rimangano solo parole. La benedizione: che siano una seminagione
piena. La riuscita di questi eventi è legata a diversi fattori: preghiera,
preparazione, coinvolgimento delle realtà pastorali. Anche il tema ha da essere
bruciante, per avviare rivoluzioni di amore.
Papa Francesco è stato chiaro, aprendo il Convegno della diocesi di Roma: “Un
cristiano se non è rivoluzionario, non è un cristiano”. Tali riunioni
dovrebbero essere un mettersi insieme per ascoltare “ciò che lo Spirito dice
alle Chiese” (Apocalisse 2, 1-7) con confronti a più voci nella libertà dei figli
di Dio. Le comunità parrocchiali ne raccoglieranno i “semi”, verificando poi i
cammini compiuti. Così i Convegni daranno frutto.
La Pira diceva: “I giovani sono come le rondini, vanno verso la primavera”.
Allargando l’immagine, sarebbe bello pensare a cristiani, arricchiti dal fuoco
di questi incontri, che si impegnano a rendere la Chiesa il più vicina
possibile al Vangelo: “leggera, danzante, povera, libera, sorridente,
coraggiosa, sottomessa solo a Gesù” (C.M.Martini). Ne annuncerebbero la
primavera. Come le rondini.
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(4 ) IL CONCILIO DI ARLES
di Ratti Antonio
Secondo le disposizioni (Apostolica
sollecitudo) di Paolo VI (vedi 1° puntata) quello di Arles non è un
Concilio, perché locale, ma un Sinodo
speciale; infatti si affronta un problema urgente della Chiesa africana (diocesi
di Cartagine e suffraganee), della Chiesa romana e delle diocesi del sud-est
della Gallia (Francia), cioè, interessava una parte della Chiesa latina. Appena
un anno dopo l’editto di tolleranza e di liberalizzazione del cristianesimo (Editto di Milano, feb. 313, che fa
seguito a quello di Galerio del 311 con il quale venivano sospese le
persecuzioni ordinate da Diocleziano) l’imperatore
Costantino interviene decisamente nella disputa che dilaniava le comunità
cristiane citate.
Molti cristiani terrorizzati dalla morte
violenta per le persecuzioni volute da diversi imperatori (es.,Decio nel 250 e
Diocleziano dal 303 al 311) avevano sacrificato agli dei e all’imperatore,
ponendosi fuori dalla comunità cristiana. Costoro sono chiamati lapsi, cioè caduti in errore. (Ancora
oggi si dice “ è stato un lapsus” per
indicare un errore compiuto per disattenzione o per timore.)
Passato il momento della paura, si pone il problema di come ricucire lo strappo
e rientrare in seno alla Chiesa da parte di questi fragili confratelli.
Donato, presbitero africano, e i suoi seguaci, ostinatamente contrari a ogni
forma di perdono e di reintegro, anche dopo un adeguato periodo di riflessione
e di penitenza, occupano chiese, denunciano di tradimento alcuni vescovi,
colpevoli solo di tentare di spegnere l’incendio mediatico e di far valere il
principio del perdono dopo un serio ravvedimento. In questa disputa tutta interna
alla Chiesa, anche se ha riflessi nella società civile, cosa c’entra
Costantino? A causa della vastità dell’Impero e delle oggettive difficoltà di
tenere sotto controllo i confini sui quali premono agguerrite popolazioni che
intendono entrare nei ricchi e progrediti territori romani, Diocleziano divide
nel 305 l’Impero in due parti, Oriente e Occidente, governate da due Augusti,
che gestiscono il potere con un Cesare ciascuno: in pratica, l’Impero è diviso
in quattro.
Costantino, succedendo al padre Costanzo Cloro, è uno dei quattro, ma, per
ambizione, progetta di rimanere l’unico padrone. Il famoso sogno della croce
sormontata dalla scritta “In hoc signo
vinces” lo avrebbe avuto la vigilia dello scontro finale (battaglia di
Ponte Milvio, 28,10,312) contro l’usurpatore Massenzio, penultimo degli
antagonisti.
Rimaneva Licinio a Oriente, con il quale resta alleato fino al 324, quando lo
costringe con la forza ad abbandonare il potere. Oltre che un grande stratega
militare, Costantino è anche uno smaliziato politico. Dopo gli eventi
spregiudicati e traumatici che gli hanno dato il potere assoluto in Occidente,
ha bisogno di un periodo di pace interna e di tranquillità sociale. Solo così
si spiega l’Editto di Milano, scritto con Licinio, e l’impegno a favorire il
cristianesimo che, con lungimirante opportunismo, ha compreso essere la forza
nascente in grado di dare linfa nuova, vigore e unità all’Impero in difficoltà.
Torniamo ai donatisti. Per Costantino,
che, per le sue esigenze di governo, voleva una Chiesa forte, coesa e concorde,
la disputa tra le varie posizioni e fazioni e le iniziative violente e
destabilizzanti di Donato e dei seguaci hanno superato il limite di guardia,
così convoca il Concilio di Arles, obbligando tutti i vescovi interessati a
presenziare, perché nel 313 a Roma si era tenuto un analogo Concilio che i
donatisti non riconoscono a causa dell’esiguo numero di vescovi presenti, solo
19. I vescovi si riuniscono ad Arles dal 1 agosto del 314. Per facilitare il
viaggio dei partecipanti e del loro seguito, l’imperatore mette a disposizione
i mezzi di trasporto della posta imperiale (cursus
publicus). Alle sedute conciliari sono presenti 44 sedi episcopali: 16
della Gallia, 8 dell’Africa, 10 dell’Italia, 6 della Spagna, 3 della Britannia,
1 della Dalmazia. Il vescovo di Roma, papa Silvestro (314-335), non è
personalmente presente, ma è rappresentato da due presbiteri e due diaconi. La
presidenza è affidata al vescovo locale, Marino. Sono, altresì, presenti
Ceciliano, vescovo di Cartagine e i suoi accusatori, compreso Donato.
Intenzione di Costantino è che il
Concilio si comporti come una specie di tribunale ecclesiastico incaricato di
affrontare ed emettere un giudizio risolutivo che ponga fine per sempre alla
questione all’ordine del giorno, ma non ha fatto i conti con la testardaggine
di Donato e i suoi. Vengono confermate le decisioni del Sinodo romano del 313 e
ribadita l’innocenza di Ceciliano. I vescovi approfittano della riunione
colleggiale per decidere su altre questioni riguardanti la disciplina
ecclesiastica. Il risultato finale è la stesura di 22 canoni che offrono un
panorama esauriente delle problematiche pastorali e disciplinari ricorrenti.
Alcuni ci riguardano ancora oggi, come i matrimoni misti, cioè tra persone di
diversa religione.
Gli argomenti trattati nei singoli canoni si possono così riassumere: la data
unica della Pasqua (uno die et uno
tempore per omnenorbem); interdizione ai chierici di cambiare, senza
autorizzazione, la chiesa nella quale sono stati ordinati; minaccia di
scomunica per chi rifiuta o diserta il servizio militare ( Costantino non
faceva niente per niente!!); interdizione ai laici di compiere il mestiere
dell’auriga e il mestiere dell’attore; interdizione ai laici di esercitare
funzioni municipali o pubbliche senza il controllo del vescovo di competenza (cura episcopi); validità del battesimo conferito
dagli eretici se conferito correttamente nel nome della Trinità (manus ei tamen imponatur ut accipiat
Spiritum sanctum); invito ai mariti (quantum
possit), abbandonati ancora giovani dalle mogli, a non risposarsi, vivente
la sposa, anche se adultera; scomunica temporanea (aliquanto tempore) per le donne che sposano uomini pagani; validità
delle ordinazioni conferite dai traditores.
(Nei 22 canoni non si fanno nomi di persone, solo di confessores e traditores),
ma i traditores (i donatisti) devono
essere deposti; scomunica per i falsi accusatori ( riferimento esplicito ai
donatisti); proibizione assoluta ai diaconi di celebrare l’Eucarestia (è la
prima volta che compare il preciso distinguo tra presbitero e diacono);
imposizione di sette, ma almeno tre, vescovi per procedere ad una consacrazione
episcopale; condizioni per il perdono e la riconciliazione degli apostati e dei
lapsi. Anche Arles non è sufficiente a tacitare Donato, tanto che Costantino
convoca davanti al suo tribunale civile di Milano i due vescovi competitori:
nessuno dei due recede dalle proprie posizioni. Costantino decide a favore di
Ceciliano, ordina la restituzione delle chiese e dei beni usurpati e condanna
gli scismatici all’esilio. Neppure questi provvedimenti hanno effetto e dopo
cinque anni Costantino decide di tollerare gli scismatici e suggerisce ai
cattolici che la cosa migliore è lasciare che il tempo e il cambio
generazionale facciano esaurire il muro contro muro. Conclusione. Si tratta del
primo Concilio convocato dalla massima autorità civile e del primo pesante
intervento del potere civile su quello religioso. In sostanza, Arles
rappresenta l’inizio di quel rapporto di sinergia tra Chiesa e Impero o potere
civile, che, nel bene e nel male (molto di più per la voglia di non ricercare
una giusta reciprocità, ma solo di prevalere), per tanti secoli è stato una
costante, direi, decisamente negativa, anche se, è bene ricordare, che, senza
Costantino, il Concilio di Nicea avrebbe consegnato la Chiesa ad Ario. Ma di
questo si parlerà nella prossima puntata. (4)
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