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L’ultimo abbandono
di Doretto
Ci sono dei momenti in cui ci pare di
essere gettati nella sventura e abbandonati da cielo e terra. Eppure questo
disorientamento e questo abbandono rientrano nella trama paterna. Gesù, ma come
faccio io, così piccolo, a comprendere la tua volontà quando sono nel dolore?E
allora ho imparato una cosa: mi lascio abbandonare in te. Sì, mi abbandono in
te! Io so che tu vuoi solo il mio bene. Non mi affatico più, non rifletto più.
Mi metto nelle tue mani…e godo la pace. Se mi ribello e pongo intralci, io
ritardo la mia felicità. Poi penso: ormai siamo a novembre, e il giorno 2 di
questo mese commemoriamo i nostri cari defunti. Ecco, loro hanno già
sperimentato l’ultimo abbandono! Quando sarà l’ora e arriverà lo Sposo, io mi
auguro di avere la mia lampada ancora accesa, nel momento in cui dovrò entrare
con Lui nel banchetto celeste mi auguro di essere in grado, ancora una volta,
di abbandonarmi tra le sue braccia e lasciarmi amare come un bambino tra le
braccia della mamma.
Gesù, ma quanti invece muoiono senza averti conosciuto? E in quel momento
fatidico, cosa penseranno?Penso alla disperazione, alla immensa solitudine, al
buio che apparirà loro davanti e alla paura che, forse, li assalirà. Poi penso
a San Francesco d’Assisi: lui è arrivato a chiamare la morte “sorella morte”!
Dio ci ama, siamo sue creature, e lui ci vuole tutti salvi. Se ascoltiamo la
sua parola e la mettiamo in pratica, volendoci bene tra noi, siamo già felici
su questa terra e lo saremo ancor più e per sempre nell’altra vita che ci
attende. Siamone certi!
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Uno squillo amico
di Giuliana Rossini
Ore
8,40. Un breve muggito, accompagnato da qualche squillo mi avvisa che ho appena
ricevuto un messaggio telefonico. Corro con l’entusiasmo di una bambina e ciò
che leggo mi riempie di gioia: “Tenere viva la carità fra noi”. Già, si tratta
di una breve frase che vola di cellulare in cellulare (ma la si trova anche sul
computer) che ogni giorno, in modo diverso, ci riporta alla realtà che dovremmo
vivere quotidianamente. Anch’io la spedirò ad altre amiche e questo semplice
gesto intesse tra noi una rete che dà sapore a tutta la giornata, permettendoci
di iniziarla in unità di intenti.
Tenere viva la carità, l’amore scambievole, tra noi e fra tutti non è un
impegno facile, ma so che l’importante è provarci e ricominciare sempre quando
qualcosa non va nella giusta direzione. Sono d’altronde consapevole che da soli
non siamo capaci di nulla, ma che c’è Qualcuno, al Quale nulla è impossibile,
che tiene molto a noi e non è insensibile alle nostre richieste d’aiuto.
Ad uno sguardo frettoloso, nella nostra società, basata su una feroce ideologia
del profitto, la carità, intesa nel suo significato più profondo, sembrerebbe
una merce in disuso; invece, proprio i tempi difficili che stiamo vivendo,
stanno suscitando veri e propri miracoli di fraternità. Così non è difficile
venire a conoscenza di persone che, pur non navigando nell’oro, si privano di
qualcosa per aiutare il fratello più bisognoso. Ogni giorno apprendiamo di
famiglie in difficoltà, perché il capofamiglia ha perso il lavoro e non sono
più in grado di pagare l’affitto, le varie bollette, le spese scolastiche… Ma
quando queste realtà vengono allo scoperto (e non è facile manifestare agli
altri le proprie difficoltà) si assiste a vere e proprie gare di solidarietà
che ci fanno capire che il cuore dell’uomo è più aperto all’amore verso il
prossimo di quanto potremmo pensare. Ma dice Gesù: avevo fame, sete, ero
ignudo, forestiero… e voi mi avete dato da mangiare, bere, vestiario,
accoglienza, ecc.?
Sì, nell’ultimo giorno saremo giudicati sull’amore che saremo stati capaci di
donare, perché questo solo conta. Questo amore verso il fratello ha la sua
radice più profonda nell’amore a Dio: quanto più amiamo Dio, tanto più amiamo i
prossimi.
Mi sembra già di sentire le proteste di qualcuno che mi suggerisce che molti
“laici” amano i fratelli più di molti credenti tiepidi: è vero, perché i primi
amano Dio anche senza saperlo e i secondi, invece, non lo amano affatto.
Infatti dice San Giovanni che non possiamo dire di amare Dio che non si vede se
non amiamo i fratelli che abbiamo accanto e che vediamo.
Più
gocce insieme formano il mare, anzi l’oceano. Abbiamo questa opportunità:
sfruttiamola! Certo, le autorità competenti devono fare la loro parte e sta
anche a noi stimolarle convenientemente, ma occorre sempre cominciare da noi:
siamo noi i mattoni di una società sana, accogliente, vivibile, in una parola:
fraterna.
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E’ il tempo del ritorno: non perdiamo più tempo!
di Stefania (24.10.2014)
Abbiamo
gettato via già troppo tempo senza vivere in maniera piena le nostre azioni
quotidiane, o meglio senza renderci conto dove “ora” saremmo arrivati per il
nostro mancato impegno e volontà di mettere il Creatore al centro della nostra
vita. Forse abbiamo pensato, chi più chi meno, che potevamo fare tutto da soli,
poi ci siamo resi conto che senza l’aiuto dello Spirito Santo, non riusciamo a
trovare la pace interiore. “Senza la Tua forza nulla è nell’uomo, nulla è senza
colpa…”; senza quello Spirito al centro della nostra vita, e quindi nella
famiglia, nel lavoro, nella Chiesa, nelle associazioni e in tutta la nostra
quotidianità, non possiamo fare nulla di buono: anzi, senza rendercene conto,
induriamo sempre più il nostro cuore, aumentiamo il nostro egoismo, aumentano i
nostri errori e perdiamo la nostra pace interiore.
Ma questo è il periodo della Misericordia: dipende solo da noi se vogliamo
accoglierla o rifiutarla, e in questo siamo pienamente liberi di scegliere. Ma,
come già detto, è il tempo del ritorno, ognuno di noi siamo un “figliol
prodigo”: abbiamo un Padre che nonostante tutto quel che abbiamo combinato, ci
aspetta sempre a braccia aperte per aprirci il suo cuore misericordioso.
Riprendiamo quindi il nostro cammino facendoci accompagnare dal nostro
Creatore, senza più rifiutarlo col nostro comportamento; diventando dei buoni
cristiani praticanti, utilizzando gli strumenti di aiuto che la Chiesa ci mette
a disposizione: i Sacramenti, i sacerdoti, ecc. Iniziando a praticare e ad
utilizzare questi “strumenti”, capiremo sempre di più come ognuno di noi ha
bisogno di essere “guarito”, come era accaduto al famoso cieco della parabola
al quale Gesù aveva detto: “Va’ a lavarti nella piscina di Siloe…”. E’ andato,
si è lavato e ha cominciato a vedere! Se non vogliamo essere guariti, Dio non
ci può guarire.
E’ la nostra volontà, il nostro impegno, la nostra libertà, il nostro
svegliarci, il nostro amarci, il nostro coraggio che determinano il nostro destino
e che ci portano al personale incontro
con Colui che ci ha creato, che tanto ci ama e ci vuole donare la vera pace. La
nostra vita sarà inutile e sprecata se non mettiamo in pratica queste cose.
Sarebbe come fare una escursione in montagna riempiendo lo zaino di cose
superflue e lasciando a casa le cose necessarie per la scalata. Non perdiamo
più tempo per la nostra salvezza e la salvezza delle persone a noi care. Senza
la grazia di Dio, siamo come un bel fiore a cui non diamo l’acqua giornalmente:
subito appassisce.
Buon cammino di conversione quotidiana a
ciascuno di noi, e non dimentichiamoci mai che camminare da soli ci fa perdere
la strada, camminare nella Chiesa ci fa ritornare e ritrovare la strada giusta
e assaporare già qui la vera Pace, quella Pace che solo camminando ogni giorno
con Lui, Egli ci dona.
(24.10.2014)
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