N° 9 - Novembre 2014
I nostri poeti
  2 novembre
di Silvano Puglia (da Di cuore…d’amore)



Risonanza di passi

nella ghiaia.

Odore penetrante

di fiori.

Odore di ceri.

Alzi lo sguardo

e vedi facce afflitte.

Odi bisbigli,

senti preghiere.

Mani che scivolano

veloci sulle lapidi,

come se il freddo

del corpo che vi dimora,

trasmettesse loro.

Ti guardi attorno

e capisci

che c’è qualcosa

che va oltre

i nostri voleri:

la morte.

                                                

 Silvano Puglia (da Di cuore…d’amore)



  La preghiera di un poeta (silloge di poesie religiose)
di Carlo Lorenzini



La preghiera di un poeta

(silloge di poesie religiose)

 

Ci è pervenuto in questi giorni un nuovo volumetto di poesie della nostra collaboratrice Maria Giovanna Perroni Lorenzini, fresco fresco di stampa. Sono tutte poesie su tema religioso, quindi molto pertinenti col nostro bollettino, per cui ne iniziamo subito la pubblicazione. In questo numero, però, vogliamo proporre anche la bella ‘Introduzione’ del marito, Carlo Lorenzini e la poesia ‘La preghiera di un poeta’, tratta da ‘Il Diamante’ della stessa Autrice. Terni 1991.

La Redazione

 

 “Ma com’è la preghiera di un poeta? Certo, un poeta, proprio perché è poeta, non prega come tutti gli altri mortali; il suo è un pregare semplice, ma nobile ed elevato, un pregare tutto personale. Non è una ripetizione di formule, ma è l’espressione della creazione di situazioni psicologiche. Intanto il poeta dice a Dio “Tu, o Dio” e gli dice anche: “Se io ho fatto questo per Te, Tu fai questo per me”; cioè il poeta è in totale confidenza con Dio, tanto da parlargli con la spontaneità del ‘bussate e vi sarà aperto’.
Il pensiero del poeta che prega è elevato, ma lo spirito è semplice; e anche i modi di esprimersi sono semplici. La sua preghiera è come la preghiera di un bambino, piena di pretese, ma anche di fede: Tu che “puoi fare rinverdire un ramo”, Tu che hai fatto “varcare il mare Rosso”. La preghiera del poeta è chiara e piena di sicurezze, come quella che ci ha proposto Gesù nel Vangelo, quando ci ha detto: pregate così: “Padre, dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano”. Le parole del poeta, quando prega, non sono scritte “su foglie di quercia sparse al vento”, lusingatrici e ingannatrici, ma hanno la sicurezza della voce veritiera degli angeli, che promette “gioia viva, amore e pace vera”. Pace in terra agli uomini di buona volontà.  Perché la preghiera del poeta ha come ‘humus’ l’amore ed è tutto un invito all’amore, amore per questa umanità disastrata, per la quale il poeta vorrebbe essere balsamo che lenisce ogni ferita; vorrebbe essere pungolo che è stimolo al bene; vorrebbe essere fiamma che incendia i cuori d’amore; e faro vorrebbe essere, cioè, luce che guida gli uomini verso porti sicuri; e voce vorrebbe essere, per mettere la sua parola a disposizione degli infelici che non hanno difesa; e, inoltre, perché l’amore prolifichi e non rimanga sterile; colore e profumo per rendere sempre più bella la vita; e infine vorrebbe essere ala, quell’ala, certo, di dantesca memoria, ala dell’angelo del Purgatorio che conduce le anime alla vita di beatitudine.
La preghiera del poeta è la preghiera di una religione che è soprattutto umanesimo, dove chi prega è un poeta, cioè colui che è portavoce degli uomini, nella loro povertà esistenziale e nella loro infelicità. E se il poeta, in un momento di scoramento, si rivolge a Dio esprimendosi in un moto di protesta (sì, o mio Dio, tutto è bene, ma non possiamo rassegnarci al fatto della morte), questa protesta fa parte, come il volgersi delle sue pupille ad altra luce fredda, distante, come il guardare dell’anima sua non più con gli occhi di bambina, fa parte di quella presunzione di razionalismo, che sembra far luce sul nostro cammino esistenziale, mentre invece lo riempie di tenebre e di smarrimento.
Questa silloge è un ‘itinerarium’ dell’anima verso la redenzione. Ottenuta tramite la confessione della nostra nullità. Poesia dopo poesia, la Poetessa, con lo scalpello dell’umiltà, riuscirà a scolpire ‘angelo, e a presentarlo nella sua armoniosa purezza, senza più scorie che ne deturpino la bellezza, Tramite questo cammino di piena fiducia in Dio, essa potrà guardare nuovamente alla divinità con quegli occhi con cui la guardava da bambina,
grandi occhi trasparenti e luminosi, ricchi di fede e vivi di speranza”.

Carlo Lorenzini

 

 

La preghiera di un poeta

Signore, io vorrei farmi immagine:

balsamo, per addolcire ogni ferita;

pungolo, per scuotere le coscienze assopite;

fiamma, per incendiare i cuori con l’amore;

faro, per segnalare il porto nelle tempeste;

seme, per riprodurmi nella terra calpestata;

voce, per difendere chi non ha difesa;

oro, per incastonare i valori spregiati;

colore e profumo, per restituirne alla vita;

ala, per trasportare fino a Te.




  Nuova genesi
di Anna Maria De Ghisi 1976




Solo quando non ci sarà più niente

da desiderare e da inventare e da violare,

né valori morali da negare

o da infangare,

allora tornerà la Luce.

 

Quando voci umane taceranno,

e la violenza e l’ingiustizia

non potranno più infierire

contro gl’ideali, natura e religione,

perché l’uomo sarà estinto

e con lui gli animali suoi servi,

allora tornerà la Luce.

 

Quando il sole e i venti più non troveranno

alberi e case da distruggere

né terre né acque da sconvolgere

e l’Uomo non potrà più maledire

la Vita e il Tempo,

perché la terra sarà massa informe,

e oceano il deserto,

allora tornerà la Luce.

 

Quando l’ultima parvenza dell’esistere

sarà morta, il nulla prenderà lo spazio,

e sarà infinito di tenebre e di silenzio.

 

Solo il respiro di Dio si reggerà sull’abisso.

 

Allora tornerà la Luce,

e il mare a cantare lungo le rive,

e le stelle a disegnare i cieli.

E ancora, dopo secoli,

sulla terra spunterà un filo d’erba

accanto al primo vagito umano:

una stella illuminerà la sua lacrima.

 

Soltanto così è certezza

di una nuova gènesi purificata.

 


  Pallida magia
di M.Giovanna Perroni Lorenzini




 

Scintillano

i frammenti dell’anima,

cocci rotti

del vaso di rose.

Chi la ricomporrà?

Forse il gran guru indiano,

che me la ridarebbe

un solo istante.

Illusione? Follia?

E intanto, incerta,

tra le mani

trema

 la pallida magia

della poesia.

 



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  Tempo fa
di Roberto Bologna, 1985



 

Mezz’ora da solo

Fra gli alberi,

Col cielo minaccioso,

fuori dal tempo:

Solamente io non vivevo,

Ma pensavo.

E già in me

È morta

Quella giovinezza

Che tu neppur

Crederesti sorta.

 



  Per il 2 novembre
di Marisa Lisia




 

Persone a me tanto care

sono tornate alla Casa

da cui erano uscite

per percorrere un tratto di vita con me.

Speravo di godere per lungo tempo

della loro presenza.

Tu hai preso, Signore ciò ch’era Tuo,

ma la perdita è grande.

Solo mi conforta il pensiero

che le hai accolte nel seno

della Tua misericordia.

La mia vita declina ogni giorno:

concedimi la forza nella debolezza,

aiuto nella miseria.

Perdona le mie mancanze,

non tenerne conto

e conservami nella Tua grazia.

Degnami di unirmi ai miei cari, o Signore:

io so che il mio Redentore vive!

 

 


  Vecchiezza sorride
di Padre Alberto Beggi.



 

Vecchiezza sorride

alle cose

quanto di fanciullezza

emanano calore.

Labirinto di sé

tra finitudine e barocco

ripiega nel sogno solare

non indifferente

al letto che raffredda

le cocche di lenzuolo

anch’esse assetate

del tepore del sacro

che illumina la stanza.

Della stessa luce,

sceso il crepuscolo cristallo,

non lascia traccia

l’esistenza spenta.

 Al di fuori di noi

la conoscenza del Risorto

è Epifania dell’incontro.





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  QUANDO TE CAPIE’
di Giuseppe Carducci


 

Quando te capiè…… che libertà

né vè die: fae come te paa;

quando te capiè…..che democrassia

né vè dìe: èsse tuti a ‘n pao;

quando te capiè…..che amoe

né vè dìe: fae a l’amoe;

quando te capiè…… che èsse forti

né vè dìe: spacàe tuto;

quando te capiè….che ò te dirito

i finìssa onde comènsa quelo di àotri;

quando te capiè…. che travagiàe besògna

e che ò repòso i n’è l’òssio d’ò pelandron;

quando te capiè….che o demòò ciu bèo

te l’è dentro a ò te servèo

e che ‘r piazè ciu grande

i è ‘n bazìn ‘n t’a fronte a ‘n figio tòò;

quando ‘nfin te capiè….. d’avèè capì

a belessa de st’e còse

che te pàe i t’à ‘nsegnà,

ch’i pào facili e i né l’èn,

finarmente, o figio mèo,….

te saè ‘n “omo grande”,

te saè ‘n “omo vèo”.

(Giuseppe Carducci, 1980)

 

QUANDO CAPIRAI. Quando capirai che libertà non vuol dire fare come ti pare; quando capirai che democrazia non vuol dire essere tutti uguali; quando capirai che l’amore non vuol dire fare l’amore; quando capirai che il tuo diritto finisce dove comincia quello degli altri; quando capirai che è necessario lavorare e che il riposo non è l’ozio dello scansafatiche; quando capirai che il desiderio più bello l’hai dentro il tuo cervello e che il piacere più grande è il bacino sulla fronte a un figlio tuo; quando infine capirai di aver capito la bellezza di queste cose che tuo padre ti ha insegnato, che sembrano facili e non lo sono, finalmente, o figlio mio, tu sarai un uomo grande, tu sarai un uomo vero.

 

 

 

 

 

 

PREGHIERA di papa Albino Luciani

 

“ Ti chiedo una Grazia, Signore: vorrei che tu mi fossi vicino nel momento in cui chiuderò gli occhi alla terra, vorrei che tu tenessi la mia mano nella tua come fa la mamma con il suo bambino nel momento del pericolo.”

 

 A Doretto, sono sicuro piacerebbe moltissimo.



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