N° 8 - Ottobre 2013
Spiritualità
  RIFLESSIONI ESTIVE
di Antonio Ratti





 Nella solita chiesetta della Valdinievole ho partecipato alla S. Messa della domenica XIX del tempo ordinario (11Agosto).Il Vangelo di Luca riportava alcune considerazioni ed esempi sull’opportunità di tenersi sempre pronti, perché ci è sconosciuto il momento dell’incontro con l’eternità e dell’opportunità, quindi,  di attenersi in ogni momento ai suggerimenti che Gesù stava proponendo. Il giovane celebrante ha esordito nella sua omelia sostenendo che tutto il brano evangelico appena letto si poteva sintetizzare e spiegare in modo esplicito e chiaro con una sola parola, “fine”, e due articoli, “il” e “la”. Infatti, “la fine” è certa pur non conoscendone il tempo, mentre per tenersi pronti occorre darsi “il fine” che dà la ragione della vita. E continuando a “ giocare” con i due articoli, è riuscito a mostrare come la vita senza il fine che la giustifichi e la valorizzi non è vita, bensì una serie di accadimenti belli e brutti, gioiosi e dolorosi che sfilano nell’arco degli anni nella più assoluta casualità e transitorietà. Se vogliamo, sono concetti già ascoltati più volte nelle omelie domenicali, ma l’espressione “dare il fine alla fine” mi ha fortemente impressionato per la sua concisione, pur nell’ampiezza dei contenuti, e buttato nel pensatoio. Tanto più, guarda il caso, che stavo leggendo il De amicitia di Cicerone, il quale, non potendo conoscere il Vangelo, essendo morto nel 43 a.C., con le proprie forze cercava ardentemente, attraverso gli strumenti del pensiero di cui poteva disporre, di trovare una soluzione plausibile al profondo desiderio di dare un senso alla vita e di predisporre con l’agire quotidiano il modo di supportare l’anima, che, liberata dall’ingombro del corpo, potesse accedere all’immortalità, di cui l’autore ne sentiva il bisogno e ne aveva la certezza, senza averne ovviamente alcuna conoscenza, ritenendo l’Ade pagano del tutto insoddisfacente e mortificante. Leggendo questo scritto si avverte l’immenso bisogno e la determinata esigenza di infinito per l’anima che non può annullarsi con la morte del corpo. “Non sono d’accordo con quelli che hanno preso a dissertare su questi argomenti, sostenendo che l’anima muoia insieme al corpo e tutto venga distrutto dalla morte.” E ancora: “L’anima degli uomini è divina e, quando lascia il corpo, si apre per lei il ritorno al cielo, tanto più facile quanto più si è buoni e giusti.” Partendo da questa sua verità, il buon Cicerone sottolinea che per conquistare la mèta, l’uomo  deve porsi un fine con regole e comportamenti consoni, visibili, palesi e di esempio per gli altri: fine che per Cicerone è raggiungibile solo attraverso l’esercizio della “virtù”, al cui vertice è l’amicizia: “ Da parte mia posso soltanto esortarvi ad anteporre l’amicizia a tutte le cose umane: nulla è tanto adatto alla natura umana e tanto conforme  sia alla buona  che alla cattiva sorte. Prima di tutto penso che non possa esistere amicizia se non tra i buoni. L’amicizia non è niente altro che una grande armonia di tutte le cose umane e divine, insieme con la benevolenza….Alcuni preferiscono la ricchezza, altri la buona salute, altri la potenza, altri gli onori e molti anche i piaceri. Quest’ultima cosa si addice alle bestie, mentre quelle altre sono vane e incerte;….Infine, le altre cose che si desiderano sono utili ciascuna a fini specifici: le ricchezze per usarle, il potere per essere onorato (in realtà, per trarre vantaggi), le cariche pubbliche per essere lodato ( per servirsene, aggiungo io), i piaceri per godere, la salute per tenersi lontani dal dolore. L’amicizia, invece, racchiude in sé moltissime cose. Dovunque ti rivolga, è pronta; non è esclusa in nessun luogo; non è mai inopportuna, non è noiosa. E così non usiamo l’acqua, né il fuoco, come si dice, in più circostanze dell’amicizia.”  Mi pare che anche il cristianesimo ne parli parecchio e consideri la virtù l’elemento essenziale per tenere aperto il dialogo con il divino e quindi percorrere il cammino della salvezza con più speditezza. Certo per Cicerone è un concetto tutto terreno che proviene dalla vera natura dell’uomo saggio, mentre quello cristiano ha ben altre origini e modi di estrinsecarsi: eppure elementi comuni non mancano a dimostrazione che l’uomo, se si legge dentro nel suo profondo, come sosteneva S. Agostino, non può sentirsi estraneo, avverso o indifferente al progetto di eternità che il Verbo ci propone costantemente. Dunque, con le sue riflessioni e con il suo cercare Cicerone individua nell’amicizia vera, profonda, quella che si pone dinanzi ad ogni altro interesse, la chiave per dare la svolta decisiva all’esistenza e all’agire quotidiano, acquistando anche un’alta valenza morale nei rapporti privati, nella vita pubblica e sociale, cioè, cambiando l’andazzo, anche allora, corrotto, violento e pernicioso. Ovviamente siamo lontanissimi dal concetto cristiano di amore come base del procedere verso la salvezza promessa da Gesù, eppure è cosa degna di lode il profondo bisogno di andare oltre il terreno e di fornire un significato alla vita, che non sia limitato alle esigenze della quotidianità. A questo punto mi chiedo: sto ragionando o sragionando in preda della calura estiva? Chi ha la bontà di leggermi, magari per la curiosità di vedere dove andrò a parare, sostituisca nelle frasi citate la parola amicizia  con la parola amore; scoprirà che, mentre ciascuno di noi possiede il dono di conoscere e, quindi, di decidere consapevolmente del proprio futuro eterno con un aiuto chiaro e certo come il Vangelo, in altre parole, di tenersi pronto, prima di Cristo, l’uomo, anche quello pieno di buona volontà, poteva solo brancolare, anche se qualcosa era capace di azzeccare, come Cicerone.

 

                                                                                                                  

  “In un solo corpo ci sono molte membra, ma non tutte hanno la stessa funzione” (Rm 12)
di Un’assidua lettrice




            E’ molto importante per ognuno di noi, per progredire spiritualmente, riuscire a radicare in noi questo fondamentale concetto: Cristo è come un corpo che ha molte parti e queste parti (le membra) siamo ognuno di noi. Ma ce ne rendiamo conto? Questo fondamentale concetto dovrebbe spazzare via tutto ciò che ci disunisce tenendo a mente, invece, tutto ciò che ci unisce. Dobbiamo quindi coabitare, rispettandoci uno con l’altro anche se abbiamo idee diverse; è proprio così che riusciamo a crescere e ad arricchirci spiritualmente. Nelle nostre famiglie, nel lavoro, nelle nostre comunità parrocchiali, tutti abbiamo bisogno dell’altro per contribuire al progetto di Dio. Ognuno dà e ognuno riceve; per questo dobbiamo sentirci in maniera naturale, essendo membra dello stesso corpo, tutti fratelli e tutti uguali, seguendo l’insegnamento del Vangelo di Gesù e non quello dello Spirito Oscuro che porta solo disunione.
All’inizio della scorsa settimana il Santo Padre, Francesco, ci diceva di stare attenti poiché il Diavolo è “furbo”, e aggiungeva che lui è un prete come tutti gli altri e che non si sente superiore a nessuno. Dobbiamo radicare in noi che l’altro non è inferiore a noi, ma uguale, perché siamo membra di un unico corpo, legati attraverso lo Spirito Santo e per questo ci dobbiamo quotidianamente impegnare al rispetto reciproco. Siamo ricchi di doni diversi: dobbiamo solo cercarli dentro di noi e metterli al servizio dell’altro. Quindi ricordiamoci sempre che nelle battaglie quotidiane lo Spirito Santo, presente in noi, ci indirizza verso l’unione, la pace; lo Spirito Oscuro, invece, verso la divisione, l’individualismo. Per questo è importante usufruire di tutti quegli aiuti che il buon Dio ci ha dato e ci ha messo a disposizione: il Vangelo, i nostri sacerdoti, i sacramenti.
Domenica scorsa, festa della Madonna Addolorata, il nostro vescovo, Luigi Ernesto, ci ha consigliato due cose molto importanti: il silenzio e la contemplazione della Croce. Il silenzio, per fermarci e riflettere su quello che stiamo facendo e per essere in dialogo col Signore attraverso la preghiera; la contemplazione della Croce, perché Cristo è morto per ciascuno di noi, ha sofferto con la sua Passione per tutti noi, perché ci ama, perché ci ha creati a sua immagine e dobbiamo nutrirci di Amore per ritornare da Lui al termine del nostro pellegrinaggio terreno.

Voglio qui riportare una frase, letta sul “Tirreno” di ieri (18 settembre), sulla belle iniziativa del parroco di Gragnana, don Primiero: “…Possiamo ancora ricominciare, con l’aiuto della Grazia di Dio e auspico che la Grazia di questa iniziativa (Missione popolare) sia un forte stimolo per la comunità a ravvivare la fede e a crescere nell’amicizia con Dio e con i fratelli”.
Il mese di ottobre è un mese pieno di belle ricorrenze: S. Francesco (auguri al nostro Papa), S. Faustina (che ci ricorda la Misericordia di Gesù), la Madonna del Santo Rosario. A questo proposito permettetemi di consigliarvi “Il Rosario della Pace”, l’ho scoperto su “Pregate, pregate” la mattina delle dimissioni di Benedetto XVI. E’ un Rosario molto riflessivo, almeno per me, che ci porta a pensare come è importante la Pace non solo nel nostro cuore, nelle famiglie, nella Chiesa, ma anche nella nostra Nazione e in tutto il mondo; d’altronde, come detto, facciamo parte di un unico Corpo e non possiamo essere indifferenti a ciò che ci circonda.

            Buon cammino quotidiano a tutti noi.

                                                                                             

 

P.S.) Trascrivo di seguito una bella riflessione sul Silenzio, affissa nella chiesa di Maria Mediatrice (Avenza).

 

SILENZIO- L’uomo oggi vive nel rumore./Nella civiltà delle parole;/non sa più cos’è il Silenzio/. Ma la vita nasce nel Silenzio/ e la morte viene in Silenzio./ Dio s’incontra nel Silenzio./ Il Silenzio è indispensabile/per la vita dell’uomo./ Esso ti stimola a pensare,/ti serve per non sbagliare,/ti dispone ad ascoltare,/ti aiuta a pregare.

 

            Dice Santa Faustina nel suo “Diario”: “Il Silenzio è una spada nella lotta spirituale; non raggiungerà mai la santità un’anima ciarliera”.




  “UBI CARITAS”
di Don Michele Do (parroco di S. Jacques in Val d’Aosta)





            Dove c’è amicizia e amicizia vera, lì c’è Dio. E lì c’è l’uomo. L’amicizia è il più grande di tutti i sacramenti. Senza di essa, dice San Paolo, tutto è vano. Dio è amicizia!
L’amicizia si offre: non si impone, non si mendica, non si simula: l’amicizia, come Dio, è una presenza sempre offerta, anche se non sempre accolta. E’ come la sorgente nel bosco: essa deve dare al passante assetato l’acqua più pura che ha, ed il meglio di sé.
Nelle ore di cupo abbandono in cui l’uomo avverte con angoscia il suo Dio assente e lontano, è l’amicizia che aiuta a ritrovare la presenza amica di Dio, del Padre.

 

               (P.S.) Da parte di don Ferruccio Brunod, parroco di Aymaville)




  PREGHIERA A SAN FRANCESCO
di Card. Angelo Comastri




Le nostre piazze e le nostre chiese,

o mite Francesco,

custodiscono ancora viva l’eco della tua parola,

che nasceva dal silenzio e dalla povertà,

profumava di Dio ed entrava nel cuore,

perché veniva dal cuore.

 

Oggi, frate Francesco, poverello di Dio,

le strade sono mute di parole,

perché il rumore occupa ogni spazio,

consumando la vita che è più vita.

 

O Francesco, prega per noi,

affinché diamo voce a Cristo

con una vita piena di Vangelo

e con parole fedeli alla Parola.

 

Guidaci nelle vie dei cuori e delle città

senza forza e senza ricchezza,

senza orgoglio e senza vanità,

per annunciare con umiltà e letizia

che Gesù è il salvatore del mondo.

Amen.



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