La madonna Pellegrina
Talvolta gioco, il gioco dei ricordi.
E, improvvisamente, mi ritrova bambina,
tra il brusio del popolo, issata su di un panchetto,
nella piazza del paese illuminata a festa,
con indosso un abito bianco,
a recitare un saluto e una prece
alla Madonna Pellegrina;
subito dopo, nel chiaro del sole,
accolgo nel Santuario
un sacerdote appena ordinato,
con le parole solenni, all’antica,
dettate dalla zia, maestra e poetessa:
“Vieni, o novello Levita,
nel tempio della Vergine Santa…”.
La frase, così precisa,
da un tempo così lontano,
mi fa sussultare;
ma poi riprendo la vita di sempre,
e lascio l’inquietante gioco di ritrovare me.
Una mia amica, già al tempo di queste mie prime poesie, a proposito delle mie rievocazioni di quei tempi lontani relative al mio paese, mi domandò a bruciapelo come mai erano così tristi. Ed io a quella domanda ero rimasta stupefatta; perché non mi ero resa conto di quella tristezza. Esse mi erano sembrate piene solo di gioia e di luce. Ma poi, rileggendole, vi ho trovato anch’io una specie di ombra che le oscurava. E in quasi tutte qualcosa di ambivalente. C’è voluto del tempo in seguito, perché riuscissi a chiarirmi i motivi di tale ambivalenza.
Nelle prose dedicate alla mia vita di allora ho poi voluto in linea di massima separare, per quanto è stato possibile, la gioia dal dolore, la serenità dall’inquietudine. Ne La pace delle bambole prevalgono i ricordi più belli e positivi; qui, invece, ne La casa sepolta, prevale l’aspetto negativo delle cose: così per i ricordi della Prima Comunione, e così anche per quelli della Madonna Pellegrina che, in definitiva, sono più tristi che lieti.
Non conosco esattamente l’anno in cui la statua della Madonna Pellegrina, che fece il giro dell’Italia di parrocchia in parrocchia, giunse ad Arcola. So che io allora ero scolara del secondo ciclo delle elementari. E fui incaricata di leggere un saluto a Maria, scritto dalla prozia Malvina. IO ne fui subito felice; non provavo alcun timore ad esibirmi in pubblico, perché avevo fiducia nelle mie capacità di lettrice; ed ero lieta del mio abito bianco, corto quella volta (e mi pare di ricordare che fosse lo stesso della Prima Comunione opportunamente riadattato). Mi rivedo ancora in piazza Garibaldi, di sera, issata su di un panchetto in mezzo a tanti fiori e a tante tremolanti luci di candele, davanti al sorriso e all’invito di quella dolce Madonna, mentre leggo con sentimento, a voce alta e chiara, quelle parole di benvenuto, di invocazione, di rendimento di grazie. La lettura andò bene; ed io uscii felice da quella giornata. Ma qualcosa intervenne a guastarmene la contentezza. Per cui il ricordo si tinge di fosco ancora oggi, a causa di un episodio di cui venni a conoscenza subito la mattina dopo; e che mi fece male già allora; ma che giudicai in tutta la sua gravità solo a mano a mano che mi resi conto di quanto fosse grave la spaccatura esistente nel mio paese. Spaccatura che era risultata più evidente proprio all’arrivo della Madonna Pellegrina. Perché una parte del paese, quella di sinistra, vide nella manifestazione religiosa una specie di propaganda politica delle destre e la contrastò o se ne astenne.
Ma veniamo all’episodio che mi riguarda. Mentre stavo leggendo, un nemico della nostra famiglia aveva ascoltato dal Monticello, la piccola altura prospiciente la piazza, la mia voce resa più forte da un altoparlante e aveva domandato chi fosse quella bambina così brava. Però, appena informato da quale famiglia venivo, si era messo a gridare e poi, tacitato dai vicini, se ne era andato; ma proferendo improperi e minacce anche nei miei confronti.
Io che, verso la fine della lettura, avevo sentito delle grida provenire dal Monticello, ma che avevo pensato fossero manifestazioni di un troppo anticipato applauso, quando seppi cosa era veramente accaduto, ne rimasi scossa e stupefatta: Perché quel signore se l’era presa così tanto con me, fino a minacciarmi? Che male gli avevo fatto? Questo secondo ricordo, negativo, si è quindi naturalmente legato al primo, tutto gioia e luce, offuscandolo.