Basta spostare l’accento su AIDO – acronimo di Associazione Italiana Donatori Organi – perché nel dialetto del nostro paese diventi aìdo, tipica espressione ortonovese che significa aiuto (a t’aìdo = ti aiuto – aìdara = aiutare).
Per parlare di trapianti e donazione ci piace partire da qui: dalla singolarità di un termine tipico del nostro territorio che ci porta immediatamente al concetto di sostegno che, nel caso della donazione di organi, diventa forma estrema e assoluta di aiuto e di protezione della vita.
Da sempre sentiamo dire che “donare è meglio che ricevere”, ma, come spesso accade, quando ascoltiamo alcune affermazioni degli adulti, non riusciamo sempre a comprenderne fino in fondo il significato. Certo, la prematura scomparsa di Nicole, la nostra compagna morta tre anni fa in un tragico incidente stradale, e soprattutto la generosità d’animo e l’altruismo della sua famiglia capace di dominare l’immenso dolore e razionalmente scegliere di donare gli organi della propria figlia quattordicenne compiendo un gesto eroico, ci ha obbligati a riflettere sul concetto di vita e di morte.
Ne abbiamo parlato in classe con gli insegnanti, tra di noi, nei corridoi. In realtà non siamo riusciti ancora oggi ad accettare il fatto che non rivedremo più la nostra compagna. Abbiamo però riflettuto a lungo sull’importanza di aiutare e sostenere la vita.
Con i professori abbiamo approfondito alcune tematiche legate alla donazione degli organi: dagli aspetti medici, a quelli normativi, a quelli etici, e nonostante tutto alla fine non tutti siamo riusciti a pensarla nello stesso modo.
Sono state ben sette le persone trapiantate (forse bambini, giovani, anziani) che Nicole ha riportato alla vita e questo ci ha colpito davvero molto, al punto da essere certi che la nostra amica, vittima passiva del suo destino, meriterebbe una medaglia al valore civile. Grazie a lei, alla sua coraggiosa famiglia e a quanti hanno saputo o sapranno superare preconcetti privi di fondamento, anteponendo la capacità di donare alla paura di rinunciare, seppur post-mortem, ad una parte di sé, abbiamo imparato che ogni essere umano, anche in situazioni estreme, dovrebbe ricordare di essere parte integrante di una comunità che è tale e resa nel tempo migliore da scelte spesso difficili e dolorose.
Sofia Maria Nespolo e Irene Passani
(Scuola Media C. Roccatagliata Ceccardi – Ortonovo)