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Santificare le feste
di Mila
Caro Sentiero,
Nel mese di dicembre, poco prima di Natale, la veglia di preghiera per le vocazioni si è svolta nella chiesa di Luni Mare. Al termine della funzione, un anziano signore che conosco soltanto di vista e che chiamano “Il cancelliere” si è avvicinato all'altare e ha chiesto di poter dire due parole: “Quando io ero un ragazzino, mia madre alla domenica andava alla Santa Messa il mattino presto, noi ragazzi invece andavamo a quella grande delle undici poi, quando ci si ritrovava tutti insieme per il pranzo, mia madre ci chiedeva: «Ditemi un po' qual'è stato il Vangelo di oggi?». Figuratevi se mia mamma non lo sapeva! Ma voleva saperlo da noi per assicurarsi che eravamo veramente andati in chiesa e che eravamo stati attenti.
Che cosa avrà voluto dire con questo discorso quel signore? Meditiamoci un po' sopra. Oggi per molti, forse troppi, di coloro che comunque si professano cristiani, l'andare in chiesa la domenica ed assolvere, almeno nella sua parte principale quel comandamento che ci ricorda l'obbligo di santificare le feste, è diventato un optional. Ci si va ogni tanto, nelle occasioni speciali oppure così, perché si è in uno stato d'animo particolare e quella domenica ci va d'andarci. Figuriamoci i figli! Se sono piccoli: poveri..iini, sono così stressati dalla scuola e da tutti gli altri impegni del tipo pallone, musica, nuoto e così via, che almeno alla domenica hanno il diritto di dormire, e i figli grandi? Beh, quelli sono ormai fuori controllo. Che faccia farebbero se a pranzo si chiedesse loro: “Allora com'era il Vangelo di oggi?”.
Naturalmente ci sono ancora tante famiglie nelle quali tutto va come dovrebbe, ma considerando la scarsa affluenza alle Messe domenicali non si può certo essere ottimisti, comunque a me sembra che ormai questa situazione la diamo un po' troppo per scontata, cosa possiamo farci? È così, inutile prendersela tanto, questi sono i tempi, e andrà anche peggio. Ma cosa possiamo fare? Niente, preghiamo. Sì, certamente, preghiamo e cerchiamo di pregare tanto perché il Buon Dio ci illumini, ma nel frattempo cerchiamo almeno di avere il coraggio del nostro credo, di proclamare la nostra fede, di dire ai nostri figli: “Ragazzi state sbagliando e parecchio, la vita potrà anche sorridervi, ma senza Dio non può che essere un sorriso arido. Pensateci!”.
Quella sera alla veglia di preghiera quel signore, dopo aver detto quelle parole ai piedi dell'altare, nel ritornare al suo posto mi è passato vicino e mi ha sussurrato: “Ho fatto bene a dirlo? Ne ho sentito proprio il bisogno. Chissà se si è capito quello che volevo dire!”
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LETTERA A “Il Sentiero”
di Carlo Lorenzini
Carissimi della Redazione
Intanto buon proseguimento di anno nuovo 2012. Poi, eccomi qui a inviarvi un po’ di roba. A voi il compito di scegliere: se scegliere e cosa scegliere. Ho visto sul Web “Il mistero della neve” e “I mestieri al tramonto”. Sono due pezzi pieni di poesia. Grazie.
Prima di tutto una riflessione su Pinocchio. E questo per un motivo molto semplice: perché entro il prossimo febbraio (parola di editore) uscirà il mio libro ‘Pinoculus’, che, in sostanza, è la mia traduzione in Latino del primo Pinocchio, quello che muore impiccato e che è il personaggio del racconto ‘Storia di un burattino’. Nel brano io spiego ulteriormente le motivazioni della mia scelta. E’ un libro in cui l’editore spera molto. (L’editrice è la ‘Golden Press’ di Genova). Infatti si può dire che sia suo. A tal punto ha curato la parte tipografica, con la copertina e i disegni all’interno, eseguiti da collaboratori della Casa. A me solo l’onore della traduzione in Latino. Che ha il testo italiano a fronte. Speriamo che abbia ragione lui e che il libro abbia successo. Anche come semplice curiosità. Sarebbe opportuno darne tempestiva notizia.
Poi c’è il problema Bibbia. A cui dedico due articoli. Nei quali spiego le ragioni del mio particolare atteggiamento (fra il serio e lo scherzoso) nei confronti di questo Libro. Restando inteso che nella sostanza è un libro fermo e immutabile, come la Divinità che lo ha ispirato. Il problema, infatti, non è nel Libro, ma in chi lo interpreta e in chi ne riferisce; il quale, dotato di facoltà puramente umane, si trova alle prese con un’opera di natura divina. E allora il metodo della metafora e il concetto dell’assurdo mi sembrano due chiavi di interpretazione capaci di metterti al riparo da errori troppo gravi.
Lo scritto su Edmondo de Amicis. Ne hanno parlato sabato 30 dicembre 2011 nella riunione mensile in parrocchia, a cui noi non abbiamo potuto intervenire. Io ho mandato un mio pensiero a proposito di questo scrittore, che è il risultato della rilettura del libro Cuore e della lettura di suoi altri libri, che il pubblico conosce poco e male. Con questo mio scritto credo di aver dato al Cuore e alle altre opere di questo scrittore ‘per l’infanzia’ l’importanza che si meritano.
Infine ‘dulcis in fundo’. Il racconto di Maria Giovanna ‘Quell’immagine dal manto blu’. Dopo scritti di tensione culturale, uno scritto distensivo, capace di rinfrancare e riposare lo spirito, perché pieno di delicatezza poetica e di comprensione umana. C’è una piazzetta semicircolare, la quale sul lato diametrale ha un’edicola con l’immagine di una Madonna dal manto blu. Questa piazzetta, fornita attorno al semicerchio di sedili, è il luogo di riunioni quotidiane di Giovanni e dei suoi amici. Qui, loro anziani e coetanei, si fanno compagnia, conversano, si capiscono, si ascoltano. Non così nelle loro rispettive famiglie. Giovanni poi non ha famiglia… Ma col passare del tempo il gruppo degli amici si assottiglia, finché Giovanni rimane solo, in compagnia di quella Madonna dal manto blu. Essa ha un bel viso, pieno di dolcezza e di soavità. Con questo viso lei lo guarda, ascolta quello che lui dice; e sembra sempre assentire; piena di tanta profonda comprensione.
Il racconto, prima di essere una vicenda di edificazione religiosa, è la narrazione di una storia d’amore di un vecchio, per un’immagine che lo guarda col suo viso dolce e soave di creatura terrena.
Buona lettura e buona scelta. E lunga vita al nostro”Sentiero”.
Montepulciano, 09.01.2012
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Lettera a “un’assidua lettrice”.
di Paola G. Vitale
Cara, ho iniziato a leggere i tuoi messaggi sin dall’inizio, poiché leggo con affetto tutto “Il Sentiero”. Pian piano ho riconosciuto nel tuo “cammino” il mio percorso iniziato più di trenta anni fa, anzi, ripreso in quel periodo e soltanto trascurato per una decina di anni.
La fede, un po’ trascurata, è tornata imperiosa, per la ricerca della vera felicità che è nella gioia semplice e pura delle azioni vissute alla luce di Dio. La tua testimonianza è guida per molti i quali però dovrebbero conoscerla.
Ma come si fa a far conoscere tutto ciò a coloro che sono immersi nelle realtà del mondo, quelle vane.
E qui mi riallaccio all’ansia, al desiderio delle anime sante, di portare questa gioia a tutte le anime, almeno ai battezzati e cresimati dei nostri giorni. Lo Spirito Santo ha bisogno anche della nostra inventiva. Credo che ci vorrebbero dei filmati a cui assistere almeno due volte la settimana dato che i giovani amano i mezzi “visivi”.
Antonio Ratti si fa domande sui mezzi da ricercare per ravvivare e trasmettere la fede. Spero che assieme santi sacerdoti e ad anime generose riescano ad acquistare e diffondere anche video di contenuto biblico ed evangelico. E’ un sogno? Oppure è una vera necessità? Cerchiamo insieme una valida risposta, senza perderci di coraggio!
Luni Mare, 2 febbraio 2012
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1° SABATO COL VESCOVO
di Paola G. Vitale
Destinazione “Le grazie”: una vasta insenatura che si annuncia “Paese dei Palombari”, con la sua bella distesa di nobili edifici e su fondo, in alto, il Santuario di N. S. delle Grazie, alla sommità di un’ampia e alta scalinata. Con particolare emozione attorno al nostro vescovo, Francesco, abbiamo intrapreso questo pellegrinaggio tra la neve e sotto uno sferzante vento. L’emozione era dovuta alla recente nomina a Patriarca di Venezia data al nostro Vescovo, dopo appena quattro anni di cura della nostra diocesi. Sembra l’altro ieri quando andammo alla sua ordinazione nella Cattedrale di Genova!
La mite immagine di Nostra Signora sovrastante il bell’altare, sembrava un irrinunciabile invito all’obbedienza serena, sotto la gloriosa croce di Gesù, proposta in almeno quattro diverse dimensioni, nel ricco e ornato Santuario. Numerosi erano i sacerdoti e i seminaristi e facile è stato accedere alla Santa Confessione. Le preghiere ferventi, l’omelia stessa del Vescovo, riflettevano l’emozione dell’imminente distacco anche se l’addio alla diocesi avverrà dopo la festa di San Giuseppe, dopo la metà del mese di marzo.
Davanti a me, un anziano signore elevava la sua sentita preghiera; accanto a lui la sua sposa: esempio fedele di sposi cristiani. Mi è venuta spontanea una intercessione per le giovani coppie: “Se Dio è con voi, chi sarà contro di voi?”.
Abbiamo chiesto anche il dono di un nuovo santo Vescovo che sappia tenerci uniti e forti in Gesù, sotto l’immenso amore di Maria Santissima. E allora, avanti con mitezza e forza, verso il prossimo appuntamento al Santuario di Soviore e verso la Santa Pasqua. E spero di rivedere la cara Giulia, che ho conosciuto in questo viaggio.
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Don Romeo Rossetti e San Martino
di Romano Parodi
Le parole giacciono nei libri; inumate tra le pagine. Le parole sono fatte di segni minuscoli. Come accade allora che, a volte, queste zampette di gallina allineate in righe geometriche siano capaci di strapparci la maschera e farci vivere una vita più vasta? Quando la vita è sprofondata nella noia e nella ripetizione di giorni insopportabilmente monotoni, solo le parole ricordano la vita vera.
Si apre un libro, si legge una frase e qualcosa di misterioso accade. In ogni riga puoi scoprire il potere devastante delle lettere stampate: i segni che sembravano morti cominciano a parlare con più fascino dei sedicenti vivi, e il mondo evocato da quelle lettere che parevano spente, brilla come l’unico mondo davvero reale.
Nella scrittura è nascosta una terribile e straordinaria verità, vi soffia un vento che chiede la resurrezione della vita vera: il verbo si è fatto carne. E’ tutta una finzione?
Che gioia le parole di don Rossetti! La chiesetta di Iliolo (Ghinolo - G’iolo), anche per me ha sempre avuto un fascino particolare, ma le sue parole mi hanno commosso e portato lontano. Addirittura al VI secolo. “Non ha mai cessato di essere il centro di tutta l’attività religiosa”. Era la chiesa di tutta la vallata: a Corficiano – Ortonovo e Nicola non c’erano chiese.
“Lì ho passato il periodo più felice della mia vita sacerdotale”, scrive. Non esiste per tutti un’ora in cui, più di sempre, le immagini della felicità sono le benvenute e si ricordano? Ho letto una statistica che indica i “mestieri” che rendono più felici; ebbene, al primo posto c’è il sacerdozio (al secondo il pompiere). Ed io credo proprio che questa statistica sia esatta perché ho visto sacerdoti veramente felici. “Quante preghiere e pianti, anche di notte, alla sola luce del lumicino del Santissimo”… “quante ore pregando sul piazzale alberato davanti alla chiesa!”.
Sacerdoti vecchi e invalidi dai quali mi arrivano saluti periodici, come il caro don Emilio, al quale mando un saluto fraterno attraverso il giornalino che puntualmente gli arriva ogni mese, sprigionano questo concetto: si sono realizzati e sono stati felici.
“Arrivai ad amare quella chiesa, come si ama una sposa… ogni pietra un tesoro...”, continua con nostalgia don Rossetti. Caro don, mi ricordo appena di lei e certo non mi conosce; io la conosco tramite l’amico Doretto, la ringrazio delle sue parole e di questo amore verso la nostra chiesetta.
Mi piacerebbe avere una breve documentazione storica: “a disposizione”.
A questo proposito; anche lo storico e poeta Ceccardo Roccatagliata Ceccardi amava questa chiesetta, la sentiva piena di pace e vi sostava spesso. Lo ricorda parecchie volte nei suoi scritti e, ancora giovinetto, le ha dedicato questa bella poesia intitolata: San Martino del Ghiuolo.
Te predilesse(1)
quella mia gentile
piccola chiesa millenaria a valle
che a l’ombre indugi, e levi il campanile
come stelo a fiorir sul bruno colle...
Un tempo la montata da Rigoletto non c’era ancora e gli ortonovesi rientravano al paese, dopo una giornata di lavoro agricolo, carichi dei frutti della terra, passando proprio davanti alla chiesetta. Arrivavano dal ponte di san Rocco e, prima di iniziare la salita, costeggiavano la Jara (c’è ancora il ciottolato) e arrivavano alla chiesa di San Martino di Iliolo dove c’era il posadoro, e qui sostavano e pregavano, poi prendevano la via d’l Cafagio che immetteva nella via d’ la Bancola e arrivavano in paese (20- 30 minuti).
E Ceccardo spiega:
perché ai tuoi riposi d’ombra
tengono alfin di pace
un pio dono
i figli de’ campi faticosi:
Essi che il breve cerchio della valle
non tentarono mai(2)
pago il desio d’umil donne e de l’avito calle”.
1) La mia anima poetica.
2) di oltrepassare
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DON ANDREA SANTINI
di Mara Lorenzini Barbieri
PARROCO AL PREZ.MO SANGUE DI LUNI-ISOLA
Domenica, 12 febbraio, è stata per tutta la comunità di Ortonovo una giornata grande di gioia e di partecipazione per la presenza del vescovo amatissimo Francesco e per presa di possesso della parrocchia del Preziosissimo Sangue di Luni - Isola da parte di un prete altrettanto amato, don Andrea Santini.
Moltissime le persone presenti nella chiesa: fra queste molti giovani e molte famiglie con bambini. Su tutti i volti si leggeva commozione, attesa, gioia. Questo evento è stato anche una grande testimonianza di come nella nostra società, non solo secolarizzata ma dove è in atto una pianificata scristianizzazione, ci sia un forte bisogno di Dio e della Sua Chiesa illuminata dallo Spirito Santo. In fondo abbiamo dimostrato che, nonostante il secolarismo diffuso, la nostra comunità è ancora “radicata nella fede del Signore Risorto”.
Salutando il nostro Vescovo e facendogli gli auguri per il nuovo incarico, ci sentiamo anche noi molto orgogliosi che il Patriarca eletto di Venezia abbia iniziato il ministero come Vescovo proprio nella nostra diocesi, ma, anche un po’ rattristati, abbiamo voluto ricordare tutto il bene che ha seminato in quattro anni ed anche il legame particolare che lo ha unito alla comunità di Ortonovo. Nel nostro territorio ha iniziato le Sacre Visite Pastorali, ha dedicato a Maria Addolorata la nostra chiesa del Preziosissimo Sangue, è venuto due primi sabati del mese in pellegrinaggio al nostro Santuario del Mirteto ed infine ha compiuto qui l’ultima nomina di un parroco a conclusione del suo mandato. Davvero la Provvidenza di Dio ci ha legati a doppio filo con questo nostro Vescovo! Gli auguriamo ogni bene, ringraziandolo della carità con cui ha pensato a noi donandoci don Andrea.
Si è realizzato anche il sogno di don Lodovico (che mai dimenticheremo per la generosità con cui ha speso la sua vita per la nostra Chiesa) che espressamente e pubblicamente aveva chiesto al Vescovo un prete giovane per la Chiesa del Preziosissimo Sangue, lui che ben conosceva e stimava don Andrea. Questi ora si trova di fronte un grande impegno ma, come ha detto il Vescovo, noi siamo certi che grazie al suo buon carattere, alla sua intelligenza, alla capacità di relazionarsi con i giovani, alla disponibilità verso tutti, alla conoscenza del territorio, sarà il Pastore di cui tutti sentiranno il bisogno, sia a Isola sia a Cafaggiola, ormai unica parrocchia del Preziosissimo Sangue di Luni - Isola.
A Isola c’è stata l’accoglienza del Vescovo, il saluto a don Andrea e, in processione, abbiamo raggiunto la chiesa di Cafaggiola; qui è stata celebrata una Santa Messa, presieduta dal Vescovo attorniato da molti sacerdoti, accompagnata con i canti di una splendida corale (nata in tempi brevissimi) composta da cantori dei cori di Isola e Cafaggiola. E’ seguita un’agape fraterna nell’oratorio “don Capellini” offerta dai parrocchiani. Molto apprezzato è stato il saluto, caloroso e sentito, del Sindaco di Ortonovo. Un parrocchiano, Dino Bologna, ha fatto una sintesi perfetta della nuova straordinaria realtà: la nuova parrocchia, più ricca di opportunità per tutti.
Merita rileggere ciò che ha detto un parrocchiano di Isola, Angelo Angelini, che il Vescovo stesso ha ripreso nella sua omelia e che è il senso più profondo della straordinaria liturgia del 12 febbraio: “Il santo curato d’Ars diceva: - Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio può accordare ad una parrocchia…- “Consolideremo la costruzione di una comunità che nell’amore e nella stima reciproca pone le sue fondamenta per essere sempre più simili alle prime comunità cristiane: “assidui nella predicazione, nelle riunioni comuni, nella frazione del pane e nella preghiera”.
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I FRUTTI DELLA VITA
di Marta
Nora è stata una famosa cantante; il cielo e la natura le avevano dato in dono una voce limpida e cristallina; aveva calcato le scene di quasi tutto il mondo; famosa e ricca scoprì ben presto la miseria; si ritrovò sola, malata e alcolizzata. Ormai avanti con gli anni si ritrovò in una casa per persone anziane. Tra quelle compagne ritrovò la sua personalità, la propria vita, la voglia di vivere pienamente il tempo che le restava ancora da vivere: e conobbe Dio! E da quel giorno non smise mai di pregare.
Come Nora, altri uomini e donne, ognuno col proprio vissuto, con l’avanzare dell’età, scoprono e frequentano la Chiesa, hanno occasione di riflettere sulla fugacità della vita trascorsa, sul tempo che scorre veloce, presi da mille inutili perché. E’ come respirare una boccata d’ossigeno: si rinasce. Si scopre che quel grosso fardello accumulato nella precedente vita è solo una pesante zavorra senza alcun valore: miserie terrene. “Comodo”, si sente dire, “guardate, hanno vissuto una vita alquanto discutibile ed ora, anziani e malandati fanno tutti i religiosi!”. Eh, sì! Un vecchio detto, molto saggio, dice: “Quando il corpo si guasta, l’anima si aggiusta!”. Che dono, il Signore nella sua misericordia, ci ha donato! Rimettere i nostri peccati e prepararci alla meravigliosa vita che ancora ci attende. Tutti siamo ancora in tempo per meditare e dare una svolta alla nostra esistenza per raccogliere i frutti promessi.
Marta
Il frutto del silenzio è la preghiera.
Il frutto della preghiera è la fede.
Il frutto della fede è l’amore.
Il frutto dell’amore è il servizio.
Il frutto del servizio è la pace.
La pace incomincia con un sorriso.
Madre Teresa di Calcutta
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RIFLESSIONI DI UN LETTORE
di Doretto
Come il solito la domenica vado a Messa a Casano, nella chiesetta di S. Giuseppe. Lì ritrovo le mie “anime sorelle”, e quando ci ritroviamo è gioia; il ‘Gesù in mezzo’ dei nostri incontri lo ritroviamo ogni volta che ci incontriamo. Poi, ecco la celebrazione della Santa Messa.
Nella chiesetta c’è raccoglimento; il coro, diretto da Lucia, è qualcosa che ti prende l’anima e la innalza verso il cielo; padre Onildo, un prete venuto da lontano, sembra un prete nato a Casano, mentre invece la sua terra si trova oltre oceano. Le sue prediche sono avvincenti, chiare, attuali, rapportate sempre al Vangelo del giorno. Poi la consacrazione del pane e del vino, la distribuzione dell’ostia consacrata ai fedeli e, infine, si esce.
E qui, ecco la mia riflessione. Le persone non vanno via. Si fermano davanti alla chiesa nel piccolo piazzale antistante e si mettono a parlare tra loro. Parlano d’ogni cosa; dei piccoli o grandi problemi che ognuno si porta dietro, dei figli, dei loro progetti immediati o futuri. Un giorno, mentre osservavo tutto questo, la solita vocina mi dice: “Ma non ti accorgi di niente?” Guarda se tra loro c’è qualcuno che alza la voce, se c’è qualcuno che non sorride, se non ha lo sguardo luminoso, se non è contento! Guarda come si vogliono bene! Ed è vero.
Ma che significato ha tutto questo? Dove c’è Amore, lì c’è Dio! (Ubi caritas et amor, Deus ibi est!). Forse ha proprio ragione padre Onildo quando dice: “Almeno per un quarto d’ora, dopo che avete fatto la Santa Comunione, cercate, nel raccoglimento, di volervi bene tra voi”. Un quarto d’ora solo? Mi sembra un po’ poco. Sono invece sicuro che ognuno di loro, quando ritornerà nel proprio ambiente, porterà questa gioia anche agli altri. Non ce lo vedo proprio uno di loro litigare col vicino perché il cane gli sporca il marciapiede!
Ognuno invece porterà gioia e pace, e allora si realizzerà quello che ha detto Gesù: “Voi siete il sale della terra!”. Facile? Difficile? Chiediamo aiuto a Gesù: Lui non ci abbandonerà.
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UN MONDO AL TRAMONTO
di Carlo Lorenzini
Altra figura caratteristica: la signorina, cioè la ragazza di famiglia benestante che cresceva senza studiare e senza dedicarsi ad una qualche attività, ad una professione. Un po’ erede del giovin signore di pariniana memoria. Ma più malinconica e forse anche più drammatica. Perché più sola.
Anch’io la ricordo la Signorina. E anch’io la ricordo solo come la Signorina. E neanche conosco il suo nome personale, perché credo di non averlo mai sentito pronunciare. Le ragazze del nostro paese allora, e certo anche ora, si chiamavano Rosa, Rita, Gina, Amanda, Carla Sandra e così via. Lei, per quanto io ricordi, non aveva un nome, era solo la Signorina. Così la chiamavano le persone del paese quando parlavano di lei, quando la vedevano passare. E così, semplicemente, io me la ricordo. Ricordo anche che quando lei passava e noi stavamo giocando, smettevamo di giocare, per salutarla. Perché anche noi ragazzi avevamo imparato a rispettarla e a considerarla come una specie di nobile, diversa, per ricchezze e origini, dalle altre persone del paese. Le altre donne erano la Rosì, erano la Irma, la Degó, la Cristì... Lei invece era la Signorina.
Piccola di statura e piena di grazie era in quel suo viso che aveva di un candore da suore di clausura. Gli occhi li aveva nella luce di una malinconica dolcezza. Gli occhi glieli vedevo quando il babbo mi mandava “Vai tu a portare la posta a ... C’è solo il giornale”. Il giornale era il Telegrafo. Io andavo in quella grande casa buia e silenziosa. Bussavo al portone. Generalmente veniva lei ad aprire. E dal momento che ero io a consegnare la posta, diceva: “Aspetta!”: Rientrava un momento. E ritornava con delle noci e delle nocciole o dei fichi secchi. Prendeva il giornale e mi dava la frutta: “Tieni!”. E io allora potevo vedere quel suo viso candido e il sorriso di quegli occhi che aveva dolci e malinconici. Evidentemente dentro di lei una vita nascosta fatta di sogni e di aspirazioni.
Usciva raramente in giro per il paese. E se usciva, era sempre accompagnata. Generalmente la sua compagnia era una pia donna, sua coetanea, animata da una religiosità ostentata e passionale. Uscivano per la Messa, per i Vespri e per le manifestazioni religiose, le processioni. In fondo la religione, oltre essere la sua prigione, era anche l’unico motivo di svago. Già potevano essere distrazione le stesse cerimonie; in occasione delle quali, era lei, assieme ad altre devote, ad adornare e a render bella la chiesa. Ma soprattutto perché, generalmente, dopo la cerimonia, prima di rientrare nel suo eremo, c’era una breve passeggiata assieme a qualche amica, per la via nuova del paese.
Io che la conoscevo e la vedevo, non l’ho mai pensata diversamente da come era Signorina. Una figura fissata in quella caratterizzazione, come un personaggio pirandelliano. Per me non era come tutte le altre persone del paese che nascevano, crescevano, vivevano e poi morivano. Per me lei non aveva una storia, era fissata in quel suo essere la Signorina, priva di fanciullezza e di vecchiaia. Mai l’avevo immaginata anziana e invecchiata; né mai l’avevo potuta immaginare nell’attitudine delle altre ragazze come io le avevo conosciute: petulanti e rumorose compagne d’asilo; oppure composte e diligenti compagne di scuola con il grembiule bianco e le treccine infiocchettate; oppure riservate e sospettose compagne di adolescenza. La Signorina, per me, non era stata bambina, non era stata scolara, non era stata adolescente; non aveva conosciuto la libertà e l’amore; solo, forse, le aveva sognate, in quella sua dolce malinconia degli occhi. Perché lei era nata così; era nata che era già Signorina. Una dimensione che l’avrebbe accompagnata immutabile per tutti i giorni della sua esistenza. Un’esistenza prigioniera della sua paesana nobiltà e della sua aristocratica diversità.
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Diario di un parrocchiano di Casano S.Giuseppe
di Walter
27 febbraio 2012.
Oggi, verso le ore 12, sono andato dal “preside” (qui a Ortonovo tutti lo chiamiamo così, il prof. Giuseppe Franciosi, per la sua lunghissima militanza da preside nella locale Scuola Media) per portargli la bozza di questo numero del ”Sentiero” per le correzioni. “Tutto pronto”, gli ho detto. E lui: Sì, tu hai tutto pronto, ma io non ho niente di pronto. Ci ho pensato tutta la notte per qualcosa da scrivere, ma non mi è venuto in mente niente. Te l’ho già detto altre volte che non ce la faccio più a scrivere: non vado più da nessuna parte, non partecipo a niente… Fai tu: tu sei sempre dappertutto, avresti tantissime cose da raccontare, come le racconti sempre a me e come lo fai sul bollettino. Basta, non insistere più! Continuerò a collaborare facendo le correzioni, tenendo la contabilità, ma scrivere no.
Cari amici lettori, a questo punto ci dobbiamo veramente rassegnare a non leggere più le solite interessanti cose del nostro “preside”. Eppure so di certo (perché loro stessi me lo dicevano) che tante persone cominciavano a leggere il bollettino proprio dal suo articolo. Certo, anni addietro riempiva quattro di queste colonne; da un po’ di tempo, invece, riusciva a completarne solo due: dopo la morte della sua cara Giulia la sua ‘verve’ si era sempre più affievolita.
Col suo ritiro il nostro bollettino perde veramente un pezzo importante poiché il suo “diario” era veramente un bollettino ed è questo il vero spirito della nostra pubblicazione: avere notizie dalle varie parrocchie. Ogni parrocchia dovrebbe avere una persona (catechista o altri) che riporti mensilmente qualcuna delle tante cose che avvengono nella propria comunità. Un caloroso invito anche ai reverendi Parroci affinché anche loro si adoperino perché questo avvenga, anzi, siano proprio loro a stimolare qualcuno a svolgere questo compito. Sì, vanno bene i bei racconti del prof. Carlo Lorenzini, vanno bene i ricordi del vecchio parroco, don Romeo Rossetti, i puntuali approfondimenti di Antonio Ratti o le altre varie rubriche: le prime notizie che interessano questo bollettino sono quelle che arrivano dalle parrocchie.
Non so se il titolo di questa pagina rimarrà questo, ne parlerò con gli amici della Redazione: la notizia di questa rinuncia è arrivata proprio mentre stavamo completando questo numero per cui non c’è stato il tempo di ragionarci sopra.
Invito i lettori a commentare questa decisione del “preside” inviando qualche considerazione in merito.
Comunque, caro professore, resta inteso che, in qualunque momento decidesse di riprendere il dialogo con i lettori, ci sarà sempre spazio per i suoi interventi. A nome dei lettori un sincero GRAZIE. Vorremmo tutti noi scrivere come lei fino a novant’anni e tanti, tanti auguri per il suo prossimo onomastico e compleanno!
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