In ambito ecclesiale si fa un gran parlare di pastorali (es, della famiglia, della comunicazione, dei migranti, ecc.ecc.) e di catechesi; è tutto un fiorire di iniziative che, per me, danno per scontato ciò che scontato non è: l’interesse da parte di coloro cui tutto questo lavorio è destinato.
Perché una qualsiasi iniziativa abbia una qualche probabilità di successo sono insostituibili, per la loro essenzialità, la disponibilità degli interlocutori a riconoscersi e la capacità di ascoltarsi. In aggiunta a questi due elementi è condizione “sine qua non”, che colui, che è il destinatario, si ponga il problema esistenziale, più volte ribadito da Benedetto XVI: chi sono e a cosa sono destinato?
Per coloro che si sentono soddisfatti del loro non cercare la verità della vita, non c’è pastorale o catechesi che tengano: l’indifferenza e la risposta negativa alla sollecitazione sono l’atteggiamento che non si può non aspettare.
In questi giorni di gennaio i negozi e le attività commerciali sono in manifesta agitazione per i saldi. Che cosa sono? Un palese tentativo di far nascere nel cliente indifferente (ovvero, che finora non ha sentito alcuna necessità) il forte bisogno di un acquisto: tra i possibili, il vantaggio economico, come insegna l’esperienza, può rivelarsi l’elemento determinante. Questa incursione nel marketing mi serve a sottolineare che occorre, prima di tutto, cercare e trovare metodi di lavoro atti a richiamare l’attenzione dei lontani sull’essenza della vita e del suo intrinseco valore, che non è stato mai così basso come in questi tempi.
Gli evidenti segni di secolarizzazione devono porci di fronte alla realtà per analizzarne le origini e studiare possibili medicine: agli europei, italiani inclusi, non interessa rimarcare le evidenti origini cristiane della società, della cultura, della democrazia, dei valori etici. La ragione è chiara: la fede nel trascendente e le regole che ne discendono non sono più ritenute prioritarie per dare una giustificazione, un filo logico e un significato all’esistenza. Quindi è un predicare nel deserto con le metodiche e il tran tran tradizionali, anzi, spesso, sono controproducenti. Se queste considerazioni hanno un succo, la conclusione mi appare scontata. Il venditore, a qualunque livello appartenga, sa che la vendita comincia quando il cliente ha detto no. Questo è il punto di riferimento da cui partire per tentare di instaurare un dialogo coerente e rigoroso che potrà convertire il no in un sì convinto, così ogni cristiano, a qualunque livello, davanti al rifiuto dell’indifferenza, deve provare a scovare la chiave per aprire un dialogo che miri a far trovare vivo interesse là dove c’è disinteresse da non conoscenza, o, peggio, da parziale e distorta conoscenza.
Gesù ai suoi miracolati non chiede mai “ sei contento?”, ma afferma cose che mettono i presenti nel pensatoio: “va, ti sono rimessi i tuoi peccati” oppure “la tua fede ti ha salvato”. Chi è costui che può asserire e fare simili cose?
Si interrogavano in tanti, spianandosi la strada alla conversione.
Nella speranza di essermi fatto capire senza distorsioni, ritengo che prima di catechesi, pastorali e catechismi, occorra suscitare il bisogno di avere una fede, cioè è necessario porre il ragazzo, il giovane e l’adulto nelle condizioni razionali (la ragione e la conoscenza aiutano la fede, dice il Papa) e psicologiche di accedere alla fede come insostituibile bisogno (anche egoistico, purchè sia sano egoismo = amor proprio) di dare una levatura alla vita che trascenda l’umano quotidiano. Altrimenti corriamo, e il più delle volte è così, il rischio di fare nozionismo appiccicaticcio e senza futuro.
La chiave di tutto sta nell’individuare la capacità di far conseguire agli indifferenti la giusta evidenza di un principio che è un valore non negoziabile: vivere senza un progetto di futuro eterno è solo un vegetare che svilisce la dignità che il Progettista-Creatore ci ha messo a disposizione. Occorrono idee e strumenti di comunicazione e dialogo che sappiano scuotere l’apatia, la disinformazione, l’ostilità preconcetta di chi, spesso, non vuole sentire parlare di fede o del valore trascendente della vita nel timore, se coinvolto, di dover ammettere che, forse, è in errore. Quando queste, per me, ovvie fondamenta avranno trovato la loro solidità, allora il gioco è fatto: catechesi e catechismi troveranno accoglienza convinta e la voglia della ricerca non si arresterà più.
E’ ancora fresco il ricordo dei Magi, misteriosi personaggi di altissimo lignaggio, che sentono l’irrefrenabile bisogno di dare compiutezza alla loro sapienza elevandola a saggezza; così partono da terre lontane alla ricerca, che non è al buio, di quel “qualcosa” che sentono mancare alla loro pur importante esistenza. E il bisogno trova il suo premio davanti alla grotta di Betlemme. L’esigenza di dare un senso compiuto al proprio esistere è la molla del cercare, quindi il primo contributo da fornire è aiutare a uscire dall’indifferenza stagnante, se non ostile. Il compito è arduo, ma è il solo possibile nell’azione missionaria, dovere primario di ogni credente.
Qualcosa che mi aveva fatto ben sperare è stata la “sfida educativa”, ma temo che siano ben pochi a ricordarsela e, peggio, ad avere capito il significato del progetto: difatti è entrata rapidamente nella sfera dell’oblio; tutt’al più se ne festeggerà qualche compleanno ad aprile per poi continuare come prima.