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SEGNI E SIMBOLI CRISTIANI
di Ratti Antonio
16 SEGNI E SIMBOLI CRISTIANI
Unzione e Olio. Per scegliere il nome della città appena fondata, fu chiesto agli dei dell’Olimpo un regalo utile per gli abitanti. Tra i tanti, vinse l’olivo e la dea Atena, che lo aveva offerto, ebbe l’onore di dare il nome alla città che si chiamò Atene.
Questo episodio mitologico indica quanto per le popolazioni del Mediterraneo l’olivo e l’olio fossero indispensabili per la vita. L’olio, come l’aria, l’acqua e la luce, appartiene a quelle realtà elementari che meglio esprimono i doni che la divinità creatrice mette a disposizione dell’uomo. L’olio è sostanza terapeutica, aromatica e conviviale: medica le ferite, profuma e irrobustisce le membra, allieta la mensa, garantisce la luce delle lucerne. Questa natura dell’olio dal simbolismo biblico-liturgico è assunta, evidenziata e caricata di un particolare valore per esprimere l’unzione dello Spirito che risana, illumina, conforta, consacra.
Nella Bibbia l’unzione è il segno dell’elezione e della consacrazione dei re e dei sacerdoti. Dio dice a Mosè: “Farai avvicinare Aronne e i suoi figli all’ingresso della tenda del convegno……poi prenderai l’olio dell’unzione, lo verserai sul suo capo e lo ungerai” (Es 29,4-7). Nella consacrazione di Davide, “Samuele lo consacrò con l’unzione in mezzo ai fratelli e lo spirito del Signore si posò su di Davide da quel giorno in poi” (1Sam 16,12.13). Nel Nuovo Testamento l’unto per eccellenza è Gesù, chiamato il Cristo. Il vocabolo greco Christòs = unto, consacrato, traduce esattamente il termine ebraico Messia. Nella sinagoga di Nazareth, Gesù apre il rotolo del profeta Isaia e legge: “Lo spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione” (Is 61,1). Ci sono precisi riferimenti anche sull’unzione dei malati: gli apostoli “partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano” (Mc 6,12-13). San Giacomo esortava: “Chi è malato chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore” (Gc 5,14).
Quanto detto fa comprendere il significato del gesto dell’unzione nei sacramenti. Il cristiano in quanto partecipe della missione di Gesù, è un unto, quindi un consacrato. Nel battesimo vi sono due unzioni, una sul petto e una sulla fronte del battezzando; nella confermazione il vescovo unge la fronte del cresimando; nell’ordinazione dei presbiteri il vescovo ordinante unge le mani del nuovo sacerdote e nell’ordinazione episcopale unge la fronte del novello vescovo; nell’unzione degli infermi il ministro unge la fronte e le mani del malato. Anche nel rito di consacrazione di una nuova chiesa vi è l’unzione dell’altare e delle pareti nei quattro punti cardinali.
Durante le celebrazioni liturgiche vengono usati tre tipi di olio: l’olio dei catecumeni, nella prima unzione del battesimo; il crisma, composto da olio e balsami aromatici, nella seconda unzione del battesimo, nella confermazione (il termine cresima deriva proprio da crisma), nell’ordinazione sacerdotale, episcopale e nella dedicazione di una nuova chiesa; l’olio degli infermi viene usato nell’unzione dei malati. Questi oli sono benedetti dal vescovo, circondato dai presbiteri, durante la solenne celebrazione eucaristica in cattedrale la mattina del giovedi santo (detta Messa crismale). Al termine della cerimonia, gli oli vengono consegnati ai parroci che li portano nelle loro comunità.
L’unzione, in conclusione, indica consacrazione e presa di possesso dello Spirito Santo, affinché coloro che sono unti ricevano sostegno e forza nel portare a buon fine la missione assegnata. Con l’unzione ricevuta nei sacramenti il credente partecipa a pieno titolo all’unzione di Cristo, che rende realmente cristiani a condizione che l’esistenza sia vera testimonianza della missione di salvezza che la Parola e il sacrificio di Gesù hanno con chiarezza consegnato a ciascuno.
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LA CHIESA E LE DONNE
di Don Romeo Rossetti, già parroco (50 anni fa) di S. Martino di Iliolo, Casano
LA CHIESA E LE DONNE
(cioè l’altra metà e più della Chiesa e del Cielo)
Abbiamo letto tempo fa il Vangelo di San Giovanni (20, 11-18) che ha come argomento l’episodio di Maria di Magdala che vede Gesù Risorto e in questa circostanza si nota il grande apprezzamento di Gesù Risorto nei riguardi della Maddalena perché è a lei ch’Egli appare per primo all’uscita dalla tomba, ed è a lei che affida il messaggio della sua Resurrezione affinché sia lei a comunicare la buona novella ai suoi Apostoli.
Gli incontri di Gesù con alcune donne, rompendo con la consuetudine del suo tempo e del suo Paese, non hanno nulla di anormale, perché Egli si circondava volentieri di compagnia femminile e sono stati raccontati per la nostra istruzione. Egli manifesta la sua gloria per la prima volta a Cana su preghiera di Maria, sua madre; a più riprese erige delle donne a modello di fede e compie delle guarigioni che imputa alla loro fede; dell’unzione ricevuta da una donna alla vigilia della sua morte fa un memoriale della sua passione; accredita due sorelle sue amiche, Marta e Maria, come autentiche discepole, ricevendo dall’una la migliore testimonianza della sua divinità: “Tu sei la Resurrezione e la Vita”, e dell’altra afferma: “Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta”; il colloquio con la Samaritana, quello con l’Adultera; le ‘pie donne’ che lo seguono fino alla Croce con Maria, sua Madre, la Maddalena, Giovanni, l’unico apostolo che rimane fedele, mentre tutti gli altri tradiscono e fuggono, compreso Pietro.
Da questi esempi risalta che Gesù ha creduto in loro, si è affidato a loro, che ha affidato a loro il suo Vangelo, come ai suoi Apostoli, in modo diverso forse, Egli non le invia a percorrere il mondo ma in modo non meno autentico le destina alla stessa missione di diffondere la Vita nel mondo. Invitava così la sua Chiesa a fare delle donne una risorsa per continuare la sua opera.
San Paolo ne ha tratto il solo principio fondatore del cristianesimo, l’esclusione di qualsiasi esclusivismo: “Non c’è giudeo, né greco; non c’è schiavo, né libero; non c’è maschio, né femmina, perché tutti voi siete Uno in Cristo Gesù”. Infatti risalta dalle sue Lettere una grande stima e considerazione per le donne, specialmente quelle che erano sue collaboratrici nell’apostolato come responsabili di comunità, o diaconesse, dedite alla cura dei poveri, dei malati e dei bisognosi in genere e, in casi particolari, donne dedite alla preparazione dei catecumeni al battesimo. C’è tuttavia ancora in Paolo un certo senso di maschilismo dovuto al tempo e all’istruzione ricevuta.
La Chiesa si è sempre vantata d’avere essa stessa insegnato il rispetto della donna al mondo profano o barbaro, d’averla sempre difesa e sostenuta e di professare l’eminente dignità della donna chiamata alla stessa santità dell’uomo: ha infatti elevato un gran numero di donne all’onore degli altari e ne ha perfino dichiarato diverse “Dottori della Chiesa universale” (S. Teresa d’Avila) e perfino una giovanissima suora, S. Teresina del Bambin Gesù, allo stesso titolo di vescovi e teologi illustri.
Ma la donna moderna ha voluto emanciparsi da una condizione che era la stessa che veniva riservata alla donna dei costumi delle società patriarcali e tradizionali nelle quali il popolo della Bibbia aveva meditato e trascritto la legge del Creatore e in cui la Chiesa era nata e poi si era sviluppata senza cercare di trasformarla, impegnandosi ben poco nella difesa delle donne. La Chiesa tendeva dunque ad opporsi all’emancipazione della donna e quest’ultima ha finito per vedere nella Chiesa il maggior ostacolo alla sua promozione sociale: una tale ostilità ha compromesso gravemente il futuro del cattolicesimo, bloccando la sana evoluzione delle donne. Invece, al contrario, le donne non erano e non sono soltanto le più numerose tra i fedeli, erano e sono più che mai le più attive in tutti gli ambiti. Le donne laiche sono oggi di gran lunga le principali collaboratrici del clero. Occupano posti di responsabilità: catechesi e catecumenato, Azione Cattolica, spiritualità, insegnamento religioso, opere missionarie, animazione liturgica… talvolta l’unico sostegno alla vita parrocchiale.
Il Concilio Vaticano II aveva affidato alle donne delle responsabilità a tutti i livelli. Davanti a noi c’è l’esempio di Casano (San Giuseppe e San Martino) come d’altra parte tutta la zona e così è nella mia attuale parrocchia dove le donne sono “tutto”; così fu nelle parrocchie da me amministrate. Purtroppo quando le donne si sentivano soddisfatte e stavano dando il massimo delle loro possibilità ci fu, verso gli anni ’80, un certo capovolgimento: la Chiesa, nei suoi vescovi e nei suoi preti, ha cominciato a rallentare, a fermare questa bellissima e sanissima ascesa delle donne, forse paurosa che esse si attribuissero delle funzioni riservate finora ai preti; è allora che nascono e si sviluppano i diaconi che si appropriano di tante funzioni esercitate finora dalle donne, con la paura, pare, che un bel momento le donne aspirassero addirittura al sacerdozio. Si arrivò a proibire la scelta dei chierichetti tra le bambine. Si spera che il buon senso o meglio una integrale applicazione delle norme del Concilio, prevalgano e che da parte della gerarchia ci sia un ripensamento tale da riportare le cose come erano prima in modo che le donne, che rappresentano la parte più ben disposta e più dotata, abbiano a riprendere il loro cammino verso la più autentica collaborazione del clero, che va sempre più rarefacendosi, mentre continua a diminuire il numero degli uomini frequentanti la Chiesa.
Stando così le cose non si tratta di rovesciare alcunché ma di innalzare ciò che è ingiustamente abbassato. Non è forse a proposito di una donna e per bocca di Lei che fu profetizzato: “Ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili?”. Un po’ di femminilità non guasterà. La donna è il futuro della Chiesa? La donna è e sarà, a mio avviso, il futuro della Chiesa!
Possiamo concludere con le parole del Papa, Benedetto XVI, la massima autorità in materia, che nella sua opera “Gesù di Nazareth” dichiara: “Se pure la struttura giuridica della Chiesa è necessariamente maschilista, sono sempre di nuovo le donne ad aprire la porta al Signore, ad accompagnarlo fin sotto la croce e a poterlo così incontrare anche quale Risorto. Da questo cruciale punto di vista le donne hanno un ruolo decisivo anzi hanno la preminenza a confronto degli uomini”.
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LA SANTA SINDONE
di Marisa Lisia
Cerco il Tuo volto, o Signore, nei tratti di un uomo crocifisso. Vedo le tracce delle spine pungenti, dei crudeli flagelli dei chiodi, del costato squarciato, del sangue versato, delle sofferenze immani che hai subito.
Sei Tu il mio Dio? E’ questa la Tua gloria? La fede mi dice di sì, anche se la ragione fatica a comprendere; ma Tu non finisci di sorprendere e di confondere i disegni umani di superbia. Tu sai che sono piccola, poca cosa, quasi insignificante, eppure quanto mi hai amato, Signore, fin dove si è spinta la Tua compassione per le nostre sofferenze!
Hai preso sulle Tue spalle non solo la croce, ma tutti i dolori dell’umanità, per salvarci, perché nessuno si senta solo, perché chi soffre abbia conforto, perché i poveri, i piccoli, i deboli non sentano il peso delle ingiustizie che subiscono ogni giorno, perché sentiamo accanto la Tua presenza. Vedo impressa nel sacro lino, nel volto pacato e sereno, l’impronta del Tuo immenso amore.
Mio Signore e mio Dio, io credo in Te!
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