T’ mè mandà a ch’amare

e me a son v’nù,

sub’to al’ato.

D’acordio: ho magnà

e, pur volendo, a n’ho pagà.

Ma mandar’m a ch’amare,

r’nfaciarm ‘l pan

e ofend’rme

d’è sta come spararme ala sch’ena:

t’ disc che dopo averm aidà

a t’ fac n’efeto!!!

Adora, a sti punti, t’ s’è cos a ‘t disce?:

se me a t’ face n’efeto,

te t’ m’ fa schifo,

t’ m’ fa oibò,

t’ sen ‘n puzon..zon..zon.

A t’ fac n’efeto eh?

Puzon!

I m’ar’nfac ‘l pan!

Puzon!

A gh fac n’efeto!

Schifo t’ m’ fa: te e ‘l tu pan!

Puzon!

L’EFFETTO (cambiario) – (Da un racconto curioso, uno dei tanti, di Ch’u ch’u, cioè Cervia Danilo)- Mi hai mandato a chiamare e io sono venuto subito, immediatamente: d’accordo, ho mangiato e, pur senza volere, non ho pagato. Ma mandarmi a chiamare, rinfacciarmi il pane e offendermi è stato come spararmi alla schiena. Dici che dopo avermi aiutato ti faccio un effetto!!! Allora, a questi punti, sai cosa ti dico?: se io ti faccio un effetto, tu mi fai schifo, mi fai oibò, sei un puzzone, zone, zone. Ti faccio un effetto, eh? Puzzone. Mi rinfaccia il pane, puzzone. Gli faccio un effetto! Mi fai schifo: te e il tuo pane, puzzone!

N.B. L’effetto: la storia è basata su un’incomprensione: il primo chiede un “effetto” a saldo delle spese accumulate alla bottega; il secondo che, forse, di saldare non ne aveva intenzione o possibilità, intende “l’effetto” come un’offesa e passa al contrattacco: se io ti faccio “effetto”, tu mi fai schifo, mi fai oibò, sei un puzzone. E il debito non viene estinto.

Si fece tenue il sole

nel penetrare l’ombra della volta antica.

L’immagine di cielo

su fili  luminosi apparve

recando con un giglio

preludio di un’armonia,

che mutar si doveva in voce di preghiera.

Ave Maria:

fu saluto alla fanciulla di Galilea,

lode alla Generatrice del Divino,

alla Madre del mondo.

Amore che la musica esprime

all’Amore senza tempo.

Ogni bene di Dio

sgorga dalle Tue mani:

grido di speranza

che frantuma l’odio,

addolcisce i cuori

e a tutti fa bramare l’Infinito.

E pioggia e nebbia e brina e neve e vento

e, non rara, mischiata, anche la grandine:

sono i doni sgraditi dell’inverno.

Da tempo sono in gara, ininterrotti;

e, intanto, io faccio voti nel mio cuore,

che al primo raggio pallido del sole

possa brillare ancora il fuoco vivo

che arde sul petto al vispo pettirosso.

Ogni santo porta all’amore,

ma tu, san Valentino

sei l’emblema dell’amore.

I giovani innamorati

in te confidano;

gli sposi ti adorano;

gli amanti ti invocano.

Il giorno della tua festa

è festa per tutti.

Si intrecciano i pensieri,

volano i ricordi,

crescono le speranze

e salgono al cielo

mille olezzanti profumi

nello scambio dei fiori.

Per l’amor mio,

o san Valentino,

 ti sono grato anch’io!

Camigliano piccolo borgo

Ridente fra gli ulivi

Sui poggi di Versilia.

Dall’antica Selene

Si rifugiavano in te

Profughi da saracine offese.

Candide di marmi le Apuane

Si specchiano nelle azzurre

Onde tirrene.

Nascesti qui ad onorar l’Etruria

Mistica terra

Dove Caterina

Lanciava il suo grido

Di fuoco e di sangue

A redimere secoli a Cristo.

Qui tu intonavi il canto del tuo nulla

Amore a fornace di amore

A rapire il Cuore di Dio.

L’angelo e la Madre di Gesù

Ti disser figlia

Della sua Passione

E Lui ti stabiliva in croce

Piccola sindone viva.

Abbandonata

Come Gesù nella sua sete

Vittima come Lui

Vivevi le sue piaghe

E invocavi vittime nuove

Alla divina arsura.

I poeti piangono

Quando i diluvi affogano le pianure,

le viscere della terra

rigurgitano l’inferno,

gli uragani schiantano le coste

il cielo infuria le tempeste.

Scorrono le lacrime dei poeti

Quando improvvisi mostri volanti

Giungono ad azzannare

Alcove, chiese, scuole

Seppellendo fra le macerie

Cuori d’innocenti.

Nessuna lacrima

Di celebre poeta,

nessuna preghiera

di santissimo pastore

intenerisce i violenti usurpatori:

puntuale l’infallibile clessidra

segna il tempo alla novella alba

che sorgerà.

La terra trema

Le montagne franano

I mari irrompono

Il cielo tempesta

E

I sultani sugli olimpi

Gagliardamente a suon

Di cetre e flauti vaneggiano