N° 8 - Ottobre 2010
I nostri poeti
  I TUOI OCCHI ARDENTI E LUMINOSI, SEMPRE
di Carlo e Maria Giovanna


 

 

 

 


            Avanti l’ora di apertura dell’ambulatorio, dopo il cappuccino e la pasta nel bar profumato di sigarette, di caffè e di vaniglia, abbiamo girovagato per le antiche vie, abbracciati, nella fresca e dolcissima mattina del caldo luglio di Sinalunga. Il tuo volto era bellissimo e splendido di giovanile incanto. I tuoi occhi riflettevano l’intima beatitudine di essere assieme a me, in giro per il mondo; come in altri tempi. Ed erano pieni di riso. Ed erano ardenti e luminosi.

         E a me, in quel tuo appassionato fervore; in quei tuoi limpidi sguardi; in quelle tue continue risa, nervose di femminile compiacimento; in quel tuo non smettere mai di avere il tuo viso a ridere al mio viso; a me, in quella tua gioiosa esaltazione dello spirito e dei sensi; in quella tua ostinata e tenera dedizione di moglie e di amante: sembrava di contemplare ancora la fanciulla dei nostri primi incontri d’amore.

         E, mentre ti stringevo al mio cuore in quella tua indifesa ebbrezza di felicità, e mentre ti guardavo, pensavo che i tuoi occhi sarebbero rimasti così, ardenti e luminosi, sempre; anche se si fossero avverate le angosciose paure che ci conducevano a quell’appuntamento oculistico nel tempo di piena estate.

                                                                                                                                    

                                                                                                                                Carlo

 



IL MIO LUNGO AMORE


Mentre s’addorme ogni vitale slancio,

resta nel fondo un fioco fuoco cremisi,

un tizzo ricoperto ormai di cenere,

che, pur, traluce come fulva lava,

che brilla, intatta, sotto bianca neve…

E sai che parlo del mio lungo amore.

 

                                                                               Maria Giovanna

 

 

 

 

 

  IL SEGRETO
di Berny


 
 
 

Ecco il segreto!

Gira la testa come una botte!

Arriva la notte.

Pensa, se tutti camminassimo

insieme in un senso:

avremmo luce o buio a piacimento.

Si potrebbe provare:

senza dormire e lavorare.

Ma poi, a voi piace la luce,

a me la notte…

e giù, sarebbero botte!

Chi potrebbe creare armonia?

Mhm…solo Colui

che alla natura ha dato il via.

Lasciamo stare:

ognuno scelga

il senso di strada da fare.

 

                                  

 
 

  PERCHE’?
di Annamaria Venturini


 
 

 


Cosa vuoi da me?

Non capisco.

Perché

Mi insegni ancora?

Tu!

Luce brillante

Vaghi per le stanze

Parla

Indicami il cammino

La giusta via

Sono qua perduta

Trafitta svuotata

Una spada nel cuore

Sempre riappari

Tu stella di Betlemme

Portami felicità.

 

                                         

 

  SAN VENERIO
di Anna Maria De Ghisi


 
 

SAN  VENERIO


Qui, alla piccola isola

ove il silenzio scava nel profondo,

giungesti.

Nulla t’indicava l’approdo:

c’era in te serenità di Fede

e posasti ogni brama

ai piedi di Colui che l’universo regge.

Tra marosi e ondeggiar di rami e spighe

crebbe quel potere dell’anima

che su la nuda pietra lasciò l’orma

d’una testimonianza eterna.

Furono chiare albe, limpide notti

vissute orando

a rivelarti la Divina Luce:

e il cuore che spiega le sue ali grandi

accolse chi cercò pace e amore.

Da questa solitudine

che emana splendore d’infinito

passarono stagioni e vele,

ma legata all’Eremo

e al primo Faro che accendesti

rimane la realtà dell’Eremita Santo.

 

Settembre 1981             

Tratta dal libro “Fra incantevoli silenzi” - Edizioni Giacchè

 

  VITO’
di Mario Orlandi


 
 

 


Vitò,

che godù gh’av pogo,

ma patì mai,

i s’ n’è ‘ndà svelto,

rompend ‘na vita

fata d’ l’nteza

e r’sparmio d’energia.

‘N bich’ero d’ vin nero,

‘n grostel’o d’ pan

p’r far ‘na zupeta,

‘n par d’ bafon bianchi,

la parlata pronta

anc se limità,

la pas’giata ‘n pian

p’r pigh’ar i giornali

e ber ‘n bich’er d’ bon

gh’er’n la cosa bela

d’ Vitò

che mo, d’ boto,

i s’ha lascià

p’r spostars calm d’ là

a gustar

l’eterna felicità.

                                                            Mario Orlandi

 

 

 

VITTORIO – Vittorio (Gherardi) che goduto aveva poco, ma patito mai, se n’è andato svelto, rompendo una vita fatta di lentezza e risparmio di energia, un bicchiere di vino nero, una crosta di pane per fare una zappetta, un paio di baffoni bianchi, la parlata pronta anche se limitata, la passeggiata al piano per prendere i giornali e bere un bicchiere di buono erano le cose belle di Vittorio che ora, di botto, ci ha lasciati per spostarsi calmo di là, a gustare l’eterna felicità.

 

 

 

  SOLITUDINE
di Lorella Devoti


 
 
 

 

 

La vita è movimento

ciascuno ha qualcosa

da dire , da fare, da dare

ma non sempre riesce nel suo intento.

Avverte la sua impotenza

e percepisce di essere solo

in mezzo a tanta gente.

 

                                          

 

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