N° 10 - Dicembre 2009
Spiritualità
  Cos'e' l'Avvento
di Antonio Ratti


 

 

E’ il tempo di quattro settimane e altrettante domeniche con cui inizia l’Anno liturgico.

    La parola significa “venuta” di qualcosa che dà l’avvio alla memoria della serie di accadimenti, sequenziali nella loro logicità, che inizia con l’incarnazione di Gesù, nostro Signore, fino alla crocifissione e resurrezione.

    Precedendo il Natale è anche il tempo di preparazione e di attesa del giorno in cui si celebra la venuta di Cristo Gesù nella storia umana. Tale celebrazione mira a captare i segni distintivi del suo percorso terreno caratterizzato dalla rivelazione del destino di salvezza dell’uomo e della sua continua presenza quale Risorto per assistere ogni credente nel  personale cammino verso l’obiettivo finale.

   Nella liturgia romana attuale l’Avvento delinea l’inizio del percorso che la comunità cristiana ha davanti a sé in comunione con il Dio incarnatosi per farsi Agnello sacrificale a beneficio dell’intera umanità peccatrice.  Ma al sacrificio della croce va aggiunta la gloria della resurrezione per dare piena attuazione al progetto di salvezza: un Dio sottoposto alla limitazione della morte, che Dio sarebbe?

   Tutta la fede cristiana poggia su tre momenti sostanziali: nascita o incarnazione, crocifissione e morte, resurrezione o vittoria dell’infinito sul finito.

    Perché si compiano le promesse  è necessario che l’umanità si ponga in attesa del primo adempimento fondamentale: l’incarnazione del Divino nella persona di Gesù.

    Con l’Avvento la Chiesa, non solo dà consistenza storica all’attesa della celebrazione natalizia, perché non sia esclusivamente rievocativa o folcloristica, ma anche si pone in vigile attesa della venuta del Regno di Dio.

    Perché ogni tassello del progetto di salvezza vada ad occupare il suo posto, così come stabilito dallo stesso Creatore, è indispensabile cominciare con il natale del suo protagonista attuatore: Gesù.

   Questi sono i motivi di riflessione per cogliere tutta la sostanza del Natale.

Tra un regalo e un altro, tra gli addobbi e le preoccupazioni del cenone natalizio, possiamo impegnarci a trovare un momento per pensare al significato di una nascita unica nella sua essenzialità?

 

                                                                                                            

  8 Paolo - Prima lettera a Timoteo
di Antonio Ratti


 

 

 

8          PAOLO  -  Prima  Lettera  a  TIMOTEO

 

Quando si scrive una lettera amichevole, non ufficiale, ciò che conta non è tanto la forma quanto il contenuto che si vuole trasmettere all’interlocutore; quindi è possibile notare ripetizioni dello stesso concetto con espressioni diverse, sempre con l’intenzione di evidenziarne l’importanza ( repetita iuvant ) e di riuscire a farsi capire senza ombra di dubbi da parte di chi deve far propri e attuare i suggerimenti e gl’insegnamenti. Paolo, manifestando con insistenza la preoccupazione sul futuro della comunità affidata a Timoteo, non fa eccezione. Anche la giovane età è menzionata come possibile difficoltà, ma la fiducia nelle qualità e nell’equilibrio manifestati in anni di intenso lavoro al suo fianco e la certezza della profondità della fede che Paolo ha del suo figlio spirituale, sono così grandi da ritenerlo all’altezza del compito di guida di una numerosa e, spesso, instabile e irrequieta comunità come quella efesina. Da padre premuroso si preoccupa anche della sua salute: “Non bere soltanto acqua, ma bevi  un po’ di vino, a causa dello stomaco e dei tuoi frequenti disturbi.” Nel testo affronta tutte le problematiche con le quali il giovane Timoteo dovrà vedersela. Comincia con i falsi maestri: “ …ti raccomandai di rimanere ad Efeso perché tu ordinassi a taluni di non insegnare dottrine diverse e di non aderire a favole…..le quali sono più adatte a vane discussioni che non al disegno di Dio, che si attua nella fede.” E conclude  richiamando la responsabilità affidata a Timoteo: “ Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Questo è l’ordine che ti do, figlio mio Timoteo, in accordo con le profezie già fatte su di te, perché, fondato su di esse, tu combatta la buona battaglia, conservando la fede e la buona coscienza. Alcuni, infatti, avendola rinnegata, hanno fatto naufragio nella fede…..

Poi come in un piano di lavoro affronta i temi più scottanti per il buon funzionamento di una comunità          ( ekklesìa ).    Poche cose sulle quali non è consentito transigere.

Raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti….Voglio che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo le mani pure, senza collera e senza polemiche. Allo stesso modo le donne, vestite decorosamente, si adornino con pudore e riservatezza, non con trecce e ornamenti d’oro, perle o vesti suntuose, ma, come conviene a donne che onorano Dio, con opere buone.” Queste esortazioni, attuali e pertinenti, anche e soprattutto, in questi dissestati tempi moderni, sono dettate dalla profonda conoscenza dei vizi e delle poche virtù di cui è dotato il genere umano.

Dà istruzioni molto dettagliate sulle vedove che dovevano essere numerose: le più anziane devono essere a carico della comunità, mentre le giovani sono invitate a contrarre  un secondo matrimonio “ per non dare ai vostri avversari alcun motivo di biasimo.

Una parte molto importante è dedicata ai ministeri che si vanno formando, i diaconi, i presbiteri, l’episcopo. Si sofferma a lungo sulle qualità che ogni candidato deve avere: l’epìskopos, quale coordinatore del presbytèrion, colleggio dei presbiteri,“sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace d’insegnare…Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?.....E’ necessario che goda buona stima anche presso quelli che sono fuori della comunità…. Allo stesso modo i diaconi siano persone degne e sincere nel parlare, moderati…” I presbìteri, che vuol dire anziani, come l’epìscopos  - solo più tardi, agl’inizi del II° secolo né diventerà giuridicamente il capo, istituendosi così la gerarchia – hanno i medesimi impegni e doveri comportamentali e funzionali, potendo imporre le mani e quindi consacrare nuovi diaconi e presbiteri. I loro compiti specifici sono la predicazione, l’insegnamento e presiedere l’assemblea dei fedeli che si raduna sempre più spesso in case private. Timoteo è esortato a vigilare su di loro con assoluta imparzialità. “Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno ( cioè, consacrare ), per non farti complice dei peccati altrui. Conservati  puro!”

 Evidentemente il problema è grave, perché ritorna a mettere in guardia dai falsi maestri e dagl’impostori. Ma torna anche a parlare dei compiti specifici di Timoteo, invitandolo ad essere di esempio ai fedeli.              “ Allenati nella vera fede, perché l’esercizio fisico è utile a poco, mentre la vera fede è utile a tutto…….In attesa del mio arrivo, dèdicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento. Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte dei presbiteri. Abbi cura di queste cose, dèdicati ad esse interamente…….Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano.”   In altri termini, conquistati con uno stile di vita irreprensibile, sostenuto dalla Grazia, l’iperstima, la reputazione, la credibilità e una naturale leadership le più ampie possibilI, anche tra coloro che sono distanti dalla fede e diffidenti, cioè ricerca col tuo operare quel khàrisma, dono dello Spirito Santo, che mette a tacere ogni dissonanza da qualunque parte provenga e consente di esercitare il tuo ministero al di sopra di ogni sospetto e mugugno.

E’ noto che nell’antichità l’economia si è sempre avvalsa di manodopera gratuita, gli schiavi, ovvero, i senza diritti. Paolo non riesce a ipotizzare la fine della schiavitù, pertanto invita chi è “sotto il giogo della schiavitù”  a stimare i loro padroni specialmente quando questi ultimi sono credenti nella speranza  che il trattamento potesse essere più umano e dignitoso.

Ce n’è anche per i ricchi che vengono  sollecitati a “ non porre la speranza nell’instabilità delle ricchezze, ma in Dio, che tutto dà in abbondanza….  Facciano  del bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere, così metteranno da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera.

Il commento a questi suggerimenti è spontaneo: i ricchi in ogni tempo si preoccupano di diventare più ricchi di cose terrene, il resto è considerato da sempre solo ipotesi discutibili.

La lettera termina con gli ultimi consigli riservati alla prospettiva di vita di Timoteo:  Tu, uomo di Dio, tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.

O Timoteo, custodisci ciò che ti è stato affidato.

Quest’ultima esortazione racchiude la definizione di autorità; infatti, l’autorità è, sempre e comunque, la responsabilità delle cose e delle persone affidate e si è tenuti a risponderne. Concetto  che rimane  ancora oggi in mezzo al guado, perché è più facile e più comodo comandare usando il potere della forza, anziché usare la forza dell’autorità.

I punti salienti della lettera sono in prevalenza istruzioni pratiche e di tipo organizzativo, ma non mancano riflessioni di notevole importanza che diventeranno elementi di assoluto rilievo nel magistero: il desiderio di Dio “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati…”, quindi la prospettiva dell’azione evangelizzatrice e missionaria; la Chiesa intesa come “la casa” o la “famiglia di Dio” dove ciascun membro, nel proprio ruolo specifico, è tenuto a combattere la buona battaglia della fede.(continua )

 

NOTE  Diàkonos = servitore. Nella Chiesa cattolica è un ministro del culto che può somministrare Battesimo ed Eucarestia, predicare, assistere il sacerdote nella messa leggendo il Vangelo e dedicarsi ai servizi assistenziali.

           Presbyteros = anziano. In origine era il consacrato,  attraverso l’imposizione delle mani, incaricato di governare una comunità cristiana; oggi  viene chiamato prete o sacerdote.

          Epìskopos = sorvegliante, cioè presbitero incaricato di coordinare e controllare il Colleggio dei presbiteri.Dal II sec. giuridicamente  e gerarchicamente  è il responsabile del Colleggio dei presbiteri di un territorio. Nella Chiesa occidentale viene chiamato vescovo, responsabile di una Diocesi.

 

 

 

 

  Pregate il padrone della messe
di Benedetto XVI


 

 

“Pregate il padrone della messe che mandi operai!”. Ciò significa: la messe c’è, ma Dio vuole servirsi degli uomini, perché essa venga portata nel granaio. Dio ha bisogno di uomini. Ha bisogno di persone che dicano: “Sì, io sono disposto a diventare il Tuo operaio per la messe; sono disposto ad aiutare affinché questa messe che sta maturando nei cuori degli uomini possa veramente entrare nei granai dell’eternità e diventare perenne comunione divina di gioia e di amore”.

         “Pregate il padrone della messe!” Questo vuol dire anche: non possiamo semplicemente “produrre” vocazioni, esse devono venire da Dio. Non possiamo, come forse in altre professioni, per mezzo di una propaganda ben mirata, mediante, per così dire, strategie adeguate, semplicemente reclutare delle persone. La chiamata, partendo dal cuore di Dio, deve sempre trovare la via al cuore dell’uomo. E tuttavia: proprio perché arrivi nei cuori degli uomini è necessaria anche la nostra collaborazione.

         Chiederlo al padrone della messe significa, certamente, innanzitutto pregare per  questo, scuotere il Suo cuore e dire:”Fallo per favore!  Risveglia gli uomini! Accendi in loro l’entusiasmo e la gioia per il Vangelo! Fa’ loro capire che questo è il tesoro più prezioso d’ogni altro tesoro e che colui che l’ha scoperto deve trasmetterlo!”.

 

 

 

  Il Sacerdote
di San Giovanni Maria Vianney



  

L’Ordine: è un sacramento che non sembra riguardare nessuno tra voi ed è un sacramento che riguarda tutti. E’ il sacerdote che continua l’opera della Redenzione sulla terra. Quando vedete il sacerdote, pensate a Nostro Signore Gesù Cristo. Il sacerdote non è sacerdote per sé stesso, lo è per voi.
Andate a confessarvi con la Santa Vergine o con un angelo. Vi assolveranno? Vi daranno il corpo e il sangue di Nostro Signore? N0, la Santa Vergine non può far discendere il suo divin Figlio nell’ostia. Anche se aveste duecento angeli là per voi, non potrebbero assolvervi.
Un sacerdote, per quanto semplice sia, può farlo. Può dirvi: andate in pace, vi perdono. Oh! Il sacerdote è davvero qualche cosa di grande! Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa concedere a una parrocchia, ed uno dei doni più preziosi della misericordia divina.
 Il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù. Lasciate una parrocchia per vent’anni senza sacerdote: vi si adoreranno le bestie.
  

 


  Un cristiano improvvisato
di Paola G. Vitale


 

 

       

            La prima volta che ho udito questa espressione, non ho potuto notare una certa “negatività” nel tono della voce. Adesso, come allora, a me si stringe il cuore; e questo perché cresce la grazia ogni giorno poiché ho compreso: “Fa’, o Signore, che non prevalga il mio sentimento, bensì la Tua Grazia”.

Non ricordo preghiere recitate in famiglia: ricordo il mio gesto di bambina, di recitare il Santo Rosario davanti all’ immagine del Ricordo della Prima  Comunione, in una circostanza dolorosa riguardante il mio papà. Circostanza che, alla fine del Rosario, si manifestò risolta felicemente.

Poi ricordo il giorno in cui a Piacenza entrai a comperare il piccolo crocifisso che mi ha seguito nei vari traslochi fino a Luni Mare e si trova sopra la porta d’ingresso di casa. Desideravo tanto quel piccolo crocifisso, e quindi con i miei piccoli figli entrai nel negozio di fianco alla chiesa della SS. Trinità, fu vera gioia per me.

Qui a Luni Mare non c’era niente: solo don Angelo de Mattei (da anni defunto) venne a celebrare Messa in locali improvvisati. C’era la signora Arfini Fraeda di Piacenza che in seguito mi chiese di aiutarla nel servizio alla celebrazione e nel servizio del Catechismo. I primi nostri ragazzi e bambine ricevettero la Prima Comunione e la Santa Cresima  in S. Eutichiano a Marinella, ma il catechismo si svolgeva qui, a Luni Mare.

Dopo una decina d’anni avemmo in dotazione quell’archetto – vestibolo che ultimamente abbiamo restaurato e reso più agibile, mentre io, sempre più in servizio presso il Signore, mi riempivo di vita serena e gioiosa  che ancora continua nonostante le gravi vicissitudini trascorse.

Ringrazio il Signore perché questa “cristiana improvvisata” desidera solo servire sempre meglio questo amabile Dio, che si è consumato nella dolorosa passione e morte per tutta l’umanità.

 
 

  A Natale Dio si fa dono per noi
di Padre Carlos


 

 

A Natale Dio si fa dono per noi…

 

Carissimi parrocchiani, pellegrini del Santuario e amici tutti,

dalla prima domenica di avvento ci siamo nuovamente tuffati in un nuovo  ciclo liturgico quello  “C” che la liturgia della chiesa ci propone come itinerario spirituale-liturgico nel nostro camminare verso Dio e che noi accogliamo come dono nella solennità del Natale.

Questo sarà un natale speciale, vi rendete conto che siamo nel cuore dell’anno sacerdotale, anno di grazia per tutti noi.

Contemplando Gesù che si fa piccolo e vicino a noi ci invita a fissare pure con stupore lo sguardo in colui che quotidianamente ci fa presente Gesù nel sacramento dell’Eucaristia, dico con stupore perché solo con un atteggiamento di fede, rispetto e gratitudine possiamo  comprendere veramente la figura del Sacerdote.

A conclusione dell’anno liturgico nella festa di Cristo Re, nel brano evangelico abbiamo sentito l’interrogatorio tra Pilato e Gesù: “Sei tu Re dei Giudei” Gesù risponde : “Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me ?"

Di provocazioni di questo tipo rivolte a Dio, alla Chiesa ne siamo abituati; arrivano da una società secolarizzata e relativista, materialista e consumista, insicura e povera di pensiero.

A questa realtà Dio continua a rispondere scegliendo i poveri e semplici di cuore per confondere la sapienza umana. Ecco il Sacerdote, il dono di Dio per noi perché se pensiamo alla spiritualità a cui deve tendere il sacerdote tutti noi ne rimaniamo interpellati ; ecco la fisionomia spirituale del sacerdote quanto mai attuale :

Il Sacerdote è un dono di Dio per noi in quanto POVERO, CASTO E OBBEDIENTE  

 

Sacerdote povero:

rinuncia a tutto, ai beni di questa terra, ai titoli, pure rinuncia a se stesso, in questa povertà evangelica quanto mai necessaria e urgente da testimoniare a una società del consumo, dello spreco e del superfluo. Il santo curato d’Ars diceva: “ Il mio segreto è semplicissimo: dare tutto e non conservare niente ”. Il suo disinteresse lo rendeva premuroso verso i poveri ai quali  dimostrava una estrema delicatezza trattandoli con vera tenerezza . Alla fine della sua vita amava ripetere : “sono contentissimo: non ho più niente e il buon Dio può chiamarmi quando vorrà”

 

Sacerdote Casto

Nella società attuale prevale la mentalità edonista, venerazione del corpo dove tutto è permesso e dovuto, dove la normalità è la soddisfazione sfrenata del godimento della carne e i suoi istinti.

La castità sacerdotale “Ornamento insigne dell’ordine nostro”, chiamata così da San Pio X . Non vi è che una maniera di darsi a Dio nell’esercizio della rinunzia e del sacrificio;  “darsi interamente”, diceva il santo curato d’Ars. Egli  praticò in grado eroico l’ascesi della castità. La castità brillava nel suo sguardo.

Ecco quanto è bella la castità, lungi dal chiudere il sacerdote in uno sterile egoismo, rende il suo cuore più aperto e più pronto a tutte le necessità dei suoi fratelli. “Quando il cuore è puro- diceva ottimamente  il Santo curato d’Ars – non può fare a meno di amare, poiché ha ritrovato la fonte dell’amore che è Dio. Quale beneficio per la società avere nel suo seno uomini che, liberi dalle preoccupazioni temporali, si consacrano completamente al servizio divino e dedicano ai propri fratelli la loro vita, i loro pensieri e le loro energie! Il sacerdote davvero è disegno dell’amore divino, il Santo curato d’Ars esclamava “il sacerdozio , ecco l’amore del Cuore di Gesù”

 

Sacerdote obbediente

Alla prepotenza, al senso di superiorità, al successo a scapito dei deboli, ecco l’umiltà  della risposta nella pedagogia divina. Il sacerdote configurato in Cristo obbediente al Padre fino alla morte in croce, vive permanentemente fedele alla sua vocazione di agire in “persona Christi” con filiale appartenenza alla Chiesa, nostra madre nella persona del Papa, vescovi e superiori.

Il Sacerdote è obbediente alla voce dello spirito, sa vivere in ascolto profondo della Parola e sa soprattutto spiegarla con la vita, anzi diventa lui "Parola" .

Capite, fratelli, quanto è bella e necessaria la figura del sacerdote per la Chiesa, per i poveri, i sofferenti, i peccatori, i deboli , insomma per tutti noi.

Vi invito  a sostenerci con la preghiera,  la collaborazione nel nostro apostolato, con l’amicizia pura e trasparente.

E' un invito a diventare degni di avere tanti santi sacerdoti.

Auguro a tutti voi Buon Natale nell’anno sacerdotale.

 

 

  Parola di vita
di Chiara Lubich


 

 

E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”.

        Ti fa una certa impressione questa frase? Penso che hai ragione a rimanere perplesso e di pensare a quanto è opportuno che tu faccia. Gesù non ha niente per modo di dire. E’ necessario quindi prendere queste parole sul serio, senza volerle annacquare.

        Ma cerchiamo di capire il vero senso di esse da Gesù stesso, dal suo modo di comportarsi con i ricchi. Egli frequenta anche persone benestanti. A Zaccheo, che dà soltanto metà dei suoi beni, dice: la salvezza è entrata in questa casa.

        Gli Atti degli Apostoli testimoniano inoltre che nella Chiesa primitiva la comunione dei beni era libera e quindi che la rinuncia concreta a tutto quanto si possedeva non era richiesta. Gesù non aveva dunque in mente di persone chiamate a seguirlo, che lasciano da parte ogni ricchezza. Eppure dice:

“E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”.

        Cosa condanna allora Gesù? Non certamente i beni di questa terra in sé, ma il ricco attaccato ad essi.. E perché?

        E’ chiaro: perché tutto appartiene a Dio e il ricco invece si comporta come se le ricchezze fossero sue. Il fatto è che le ricchezze prendono facilmente nel cuore umano il posto di Dio e accecano e facilitano ogni vizio. Paolo, l’apostolo, scriveva: “Coloro che vogliono arricchire cadono nella tentazione, nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione. L’attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori” (Tim 6,9-10).

        Già Platone aveva affermato: “E’ impossibile che un uomo straordinariamente buono sia a un tempo straordinariamente ricco”. Quale allora l’atteggiamento di chi possiede? Occorre che egli abbia il cuore libero, totalmente aperto a Dio, che si senta amministratore dei suoi beni e sappia, come dice Giovanni Paolo II, che sopra di essi grava un’ipoteca sociale.

        I beni di questa terra, non essendo un male per se stessi, non è il caso di disprezzarli, ma bisogna usarli bene. Non la mano, ma il cuore deve star lontano da essi. Si tratta di saperli utilizzare per il bene degli altri. Chi è ricco lo è per gli altri.

“E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”.

 

 

 

  I Vangeli
di Angela Diamanti


 

 

1) Luca 3,1-6                                                                            II Avvento

 

La Parola entra nella storia degli uomini, offusca gli anni dei potenti della Terra, raggiunge Ebrei come Romani, arriva sino a noi.

È così vicino a noi il deserto… nella povertà di uomini e donne soli, nelle miserie morali, nel potere asservito che non sa più servire.

La Parola sceglie la voce forte e chiara di un uomo libero.

Giovanni ha saputo rinunciare anche all’ultima veste tessuta da sua madre, ha dimenticato il profumo del pane caldo, ha sfidato Erode - re che affanna il popolo e vive nella lussuria – ricordandogli il giudizio di Dio.

Giovanni uomo libero, ultimo profeta, uomo scomodo che chiede a noi di preparare la via.

Bisogna rimuovere gli ostacoli: Dio non entra dove ci sono orgoglio e arroganza (monti e colli) freddezza o indifferenza (burroni). Dobbiamo eliminare le tortuosità, spianare dove sono i centri di potere e livellare dove sono gli squilibri sociali.

O saremo muti per sempre di fronte alla domanda: “E tu cosa sei andato a vedere nel deserto?”

 

 

 

 

2) Luca 3,10-18                                                                          III Avvento

 

Io non c’entro con questa folla, io non ho mai cercato l’acqua nel deserto; sono tranquillo, ragionevole, non do fastidi e non ne cerco…

Veramente?

Veramente tu non sei uno della folla?

Non ti sei mai sentito bisognoso? Anche se vivi in un tranquillo benessere… O fiero della tua posizione? Magari sei un genitore che pensa di dover decidere per un figlio o un insegnante che crede di avere potere su un alunno…

Una domanda senza risposta l’abbiamo tutti, un’attesa la viviamo tutti, ognuno di noi prima o poi entra nell’acqua del Giordano.

Questo è il luogo dove lasciare l’apparenza con la quale ci rivestiamo, il superfluo che pretendiamo come necessario. Il Giordano non è la nostra meta ma la nostra partenza. Partire purificati… verso Betlemme.

 

 

 

3) Luca 1,39-45                                                                             IV Avvento

 

Betlemme, un piccolo paese lontano da Gerusalemme.

Maria, una ragazza di famiglia onesta con l’età giusta per sposarsi.

Elisabetta, una donna matura col dispiacere di non aver avuto figli.

Poi l’incredibile diventa esperienza, l’eterno diventa storia quotidiana, la povertà diventa pienezza, un ventre sterile dà vita alla profezia e un corpo vergine diventa culla dell’Amore.

Perché nessuno pensi più di essere escluso…

Benedetto tu se accoglierai il Signore nella tua vita.

Perché nessuno pensi più di essere povero…

Benedetto tu se vivrai la pienezza che il Signore ti offre.

Perché nessuno pensi più di essere incapace…

Benedetto tu se saprai riconoscere il Signore che viene.

 

 

4) Luca 2, 41-52

 

Giuseppe stringe a sé Maria tremante di spavento tra i vicoli di una Gerusalemme che straripa di folla. Da tre giorni e te notti, in un affanno senza posa, nel caos e nell’indifferenza della gente cercano il figlio dodicenne smarrito.

Rassicura la sua sposa “Lo troveremo, stai tranquilla, lo troveremo”, sa che è così che deve dire ma il suo cuore è angosciato.

Come la notte dopo la notizia della gravidanza di Maria, come la sera che non trovava una stanza dove lei potesse partorire, come l’alba che la fece salire su un asino con il piccolo Gesù tra le braccia per fuggire verso una terra straniera ad affrontare l’ignoto.

Giuseppe è uomo giusto perché la fede sostiene ogni sua decisione e illumina ogni sua azione;

come le altre volte la sua mano scivola sulla testa di Maria, col lembo del velo le asciuga le lacrime “ Torneremo indietro, verso il Tempio, lo troveremo”

Gesù è li, la Parola ha risuonato per la prima volta per bocca del Figlio, figlio che per Maria è un adolescente da rimproverare.

Giuseppe tace.

Altre volte ha già detto si col cuore e con la mente senza fare domande, anche se non aveva capito.

Tace l’uomo giusto perché sa quando non c’è bisogno di capire.

Quando c’è solo il Mistero da amare.

 

 

 

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